la nera
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venerdì 31 luglio 2020
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fedenisi
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mercoledì 22 luglio 2020
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una domanda
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olivettigiorgia
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domenica 5 luglio 2020
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stupidissimo
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Ogni cosa di questo film è presa da altri film molto migliori. Le scelte di regia sono deprimenti, sconfortanti. Recitazione di basso livello. Se fosse un ristorante su tripadvisor metterei... meno uno!
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lizzy
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sabato 28 marzo 2020
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un quarto di film.
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Tanto ne è durata la visione.
Onestamente non si sarebbe riusciti ad andare alla fine. Una noia mortale a cominciare dai titoli di testa fino alla colonna sonora.
Se in alcuni particolari casi infatti (vedi "La Grande Bellezza" o "The Tree of Life" ad esempio) l' uso di un certo tipo di musica (lirica, classica, sinfonica) è addirittura oltre che obbligatorio anche "essenziale", in pellicole come "I Figli della Notte" diventa pure fastidioso.
Che poi, più che "della notte" il film avrebbe dovuto appellarsi "Figli di Papà" visto l'argomento.
Qua della notte ci si vede ben poco essendo la parte del film che ho visto io girata perlopiù in interni con scene che non me ne han suggerita l'atmosfera (no, manco i giovanotti a letto!).
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Tanto ne è durata la visione.
Onestamente non si sarebbe riusciti ad andare alla fine. Una noia mortale a cominciare dai titoli di testa fino alla colonna sonora.
Se in alcuni particolari casi infatti (vedi "La Grande Bellezza" o "The Tree of Life" ad esempio) l' uso di un certo tipo di musica (lirica, classica, sinfonica) è addirittura oltre che obbligatorio anche "essenziale", in pellicole come "I Figli della Notte" diventa pure fastidioso.
Che poi, più che "della notte" il film avrebbe dovuto appellarsi "Figli di Papà" visto l'argomento.
Qua della notte ci si vede ben poco essendo la parte del film che ho visto io girata perlopiù in interni con scene che non me ne han suggerita l'atmosfera (no, manco i giovanotti a letto!).
I ragazzi spiati, il nonnismo (o bullismo che dir si voglia) accettato e giustificato, le storie personali tribolate dei vari alunni (quello muto poi, il massimo...).
E su tutto un edificio che fa tanto, più che Overlook Hotel, un Grand Budapest Hotel, a mio immodesto avviso.
La recitazione è quel che è, però piatta come i visi dei protagonisti. Penso che aver buttato circa venti minuti di vita a cercare di cavar un ragno dal buco sia stato anche troppo.
Meno male che la visione era stata involontaria ed utilizzata come mezzo per prender sonno.
Ma manco il sonno ha agevolato.
Qualcuno mi sa spiegare come finisce il film e quale sarebbe il suo scopo o la sua morale?
Capisco benissimo che vedendo solo un quarto di film non si può magari pretendere troppo, ma quantomeno si desidererebbe che il film possa appassionarti per poter continuarne la visione.
E invece...
O_O
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(di bhjo)
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peergynt
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domenica 10 giugno 2018
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l'inquietante collegio sulle alpi
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L'opinione non vuol essere del tutto negativa, anzi! Ci sono elementi che convincono: una location indovinata e capace di portare a sviluppi inattesi, una sapiente composizione dell'inquadratura, un'ottima colonna sonora capace di generare un'atmosfera di inquietudine, dei giovani attori volenterosi (anche se alcuni dei personaggi minori non convincono). I problemi nascono sul fronte più propriamente narrativo: una trama non originalissima e soprattutto con colossali buchi narrativi, dei dialoghi talvolta didascalici e dei personaggi che o si risolvono in macchietta (il grassone, lo spilungone, il ragazzo dal bel canto) o non vengono ben sviluppati, tanto da sembrare incompiuti (Mathias, l'educatore ex-allievo, interpretato in modo convincente da Fabrizio Rongione).
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L'opinione non vuol essere del tutto negativa, anzi! Ci sono elementi che convincono: una location indovinata e capace di portare a sviluppi inattesi, una sapiente composizione dell'inquadratura, un'ottima colonna sonora capace di generare un'atmosfera di inquietudine, dei giovani attori volenterosi (anche se alcuni dei personaggi minori non convincono). I problemi nascono sul fronte più propriamente narrativo: una trama non originalissima e soprattutto con colossali buchi narrativi, dei dialoghi talvolta didascalici e dei personaggi che o si risolvono in macchietta (il grassone, lo spilungone, il ragazzo dal bel canto) o non vengono ben sviluppati, tanto da sembrare incompiuti (Mathias, l'educatore ex-allievo, interpretato in modo convincente da Fabrizio Rongione). Infine, dei modelli di riferimento evidenti (su tutti Lynch e Kubrick) ma che giocano a sfavore del film, segnalando l'abisso che separa questo racconto dai suoi miti di riferimento. Alcuni temi poi sono buttati lì (il bullismo, l'amicizia fra maschi) o addirittura banalmente rappresentati (il locale delle spogliarelliste). Insomma, un'opera prima che mostra capacità e voglia di fare, ma ancora un'opera prima, con tutte le sue ingenuità.
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ragthai
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sabato 9 dicembre 2017
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decisamente cupo
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Vado controcorrente rispetto a tanti intelletuali che hanno recensito precedentemente. Un film cupo, in tutti i sensi, dai colori allo sviluppo della trama, l'unica cosa in cui riesce bene e' annoiare. Se poi ci vogliamo trovare il messaggio sociologico a tutti i costi ... beh questo stucchevole compito lo lascio ai critici di professione che devono far finta di esaltarsi quando il pubblico dorme.
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francesca.montaguti
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martedì 10 ottobre 2017
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i figli della notte
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I figli della notte è un film contraddittorio: la bellezza delle immagini, dovute ad un'ottima fotografia, si scontra con una storia a tratti inconsistente. Tutta la suspance che la prima parte del film crea nello spettatore non trova la giusta forza nell'epilogo che risulta, infatti, poco convincente.
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loland10
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lunedì 19 giugno 2017
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nemesi notturne
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“I figli della notte” (2016) è il primo lungometraggio del regista Andrea De Sica.
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“I figli della notte” (2016) è il primo lungometraggio del regista Andrea De Sica.
Un’opera prima succinta, breve, forte, annerita e, sagacemente, accademica.
Il regista, nipote di Vittorio e figlio di Manuel (morto nel dicembre 2014 a cui il film è dedicato con dolcezza) riesce in un modo personale e senza fronzoli a raccontare(si) dei ragazzi con le loro crescite interiori, le ansie e i dubbi. E il luogo sembra austero dove il palazzo-collegio assurge a simbolo di potere che fu e di uno sviluppo dirigenziale d’elite mentre le menti contrastano con la voglia di scoprire il fuori e il notturno che maschera ogni volto.
In un cinema italiano dove si cercano novità vere, nuovi linguaggi e pensieri da sviluppare, è positivo che il regista abbia avuto il coraggio di girare un film dove si mescolano letture scambiali tra autori di vaglia, assuefazioni di famiglia e generi soffusi quasi inetti. La cosa che sgorga agli occhi e al l'udito è la ripresa mai banale, l'asciuttezza nei dialoghi, il campo tra interni ed è esterni, i luoghi distaccati e a se stanti. Tutto in un gioco di solitudine e di vuoto rimandando come contraltare a fiabe di un'infanzia perduta. Qui abbiamo dei ragazzi (che dovranno crescere in fretta) sbattuti nel chiuso di una scuola ‘per bene’
Inizio bianco folgorante, accecante, poi appaiono i lineamenti di un viso a sinistra guardando lo schermo, un ragazzo pensieroso e muto, un silenzio inquietante, un arrivo, un frontale di ghiaccio, immagini oscure e tediose, regole severe, finestre chiuse, lezioni asettiche e voci che rintonano dentro.
Luoghi claustrofobici, martelli da incudine, corridoi lunghissimi, stanze assottigliate, adulti leziosi, balli e cuoricini, buio e luci arrossate, vuoti e donne sul cubo.
Il tempo dei balocchi è finito, le favole hanno fisicità oscure e luci laser, i corpi inglobati nelle notti, gli occhi tetri nelle stanze sconosciute, le forme delle ragazze asettiche e impaurite, le note della canzone ‘ti sento’ (Matia Bazar, 1985) assaggiano lo spazio e assottigliano i corpi delle prostitute, una voluttuosità da ‘sogno’ e un incontro che porterà segni con se.
Giulio, Edoardo, Mathias e gli altri sono soli e amici, sono insieme e non si conoscono, sono viziati a loro modo e vogliono la fuga, sono deboli e sono pieni di invidia. Un finto amore, una conoscenza, una voglia di possedere e una luna dispersa possono portare alla lotta, al sangue e a una corsa come vendetta di un nulla attorno. Il mondo è un bosco da passare e da oltrepassare. La neve diventa orma e fredda avidità di amore impossibile.
Il bianco abbagliante arriva anche sui titoli di testa (con il refrain ‘ti sento’) quasi a chiudere un circolo vizioso di oscurità, incertezze, paure e follie mentali di una crescita di vita ancora da venire.
Luoghi kubrickiani dentro al collegio e bosco innevato (quasi) dei Coen: antipodi ad un realismo virtuoso e ad un sapore lancinante di bella vita inesistente per ‘la classe dirigente del futuro’.
Il film di Andrea De Sica mostra un volto acerbo, legnoso e rissoso negli sguardi dei ragazzi: una ripresa non appesantita, una linearità onesta e una corposità minima ed essenziale. Cast giovanissimo ed efficace; pellicola breve e personale
Voto: 7/10.
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mariaelena
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mercoledì 7 giugno 2017
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sublime
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I figli della notte sono questi che il registra ci indica, ma essi si trovano in qualsiasi contesto sociale,perchè la notte a cui appartengono è la notte di questi tempi privi di etica, di morale, di certezza del bene e rifiuto del male.
Il film si offre con durezza e profondo sconvolgimento emotivo supportato da vari elementi che ricordano il gotico più nero: scenari, angolazioni, e musica, una musica diversa
anche quando è la più attuale perche il contesto la modifica in modo da suggestionare gli animi degli spettatori; gli stessi dialoghi, spesso sussurrati, sono comunque ridotti all'essenziale e questo rende l'atmosfera più coinvolgente, lasciando libera la fantasia.
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I figli della notte sono questi che il registra ci indica, ma essi si trovano in qualsiasi contesto sociale,perchè la notte a cui appartengono è la notte di questi tempi privi di etica, di morale, di certezza del bene e rifiuto del male.
Il film si offre con durezza e profondo sconvolgimento emotivo supportato da vari elementi che ricordano il gotico più nero: scenari, angolazioni, e musica, una musica diversa
anche quando è la più attuale perche il contesto la modifica in modo da suggestionare gli animi degli spettatori; gli stessi dialoghi, spesso sussurrati, sono comunque ridotti all'essenziale e questo rende l'atmosfera più coinvolgente, lasciando libera la fantasia.
E' un baratro di souspence in cui ogni attore , gioca il proprio ruolo in un'ambiguità che lo sostiene fino alla fine. Così il goivane ribelle
che si oppone alle consetuidini ipocrite e manipolatrici del collegio e pare indicare una forte personalità contestatrice, alla fine potrà solo suicidarsi per non soccombere e tener
alti i propri ideali, tra cui quello dell'amicizia, anche questa velata da una leggera ambiguità, per il compagno preferito.
Anche lo sbocciare se non dell'amore , dell'attrazione per la giovane prostitut,a è intorbidito dall'ambiente greve del postribolo dove nasce e cresce malato di possesso e di perversione per poi distruggersi nel drammatico e nello stesso tempo scenografico omicidio, quasi romantico per la visione delle macchie rosse e dei capalli biondi della giovane affondata in una coltre immacolata di neve nel silenzio assoluto di cime montuose irragiungibili e di fitte abeti custodi assolutii di segreti insoldabili
Ma la cupezza e la drammaticità dei tempi, di cui il film è un novello quadro di Dorian Gray, trovano la loro "apoteosi" nel gelido razionalismo dell'altro protagonista autore del delitto che si appropria subito del suggerimanto utilitaristico dell'inquisitore addossando la colpa all'amico suicidatosii ricordando la sua presunta passione per la giovane prostituta.
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ocean88
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mercoledì 7 giugno 2017
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il film che non ti aspetti
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Ho visto il film per la prima volta a Torino al TFF34, incuriosita dal fatto che fosse l’unico film italiano in concorso e l’ho voluto rivedere domenica, sì perché è un film che va visto almeno due volte per poterlo apprezzare appieno. E a me è piaciuto tanto. Non è il film che ti aspetti e attenzione, non è il film che la locandina (non mi è piaciuta per niente e non c’entra nulla con il titolo e poco con il film anche se c’è la faccia del protagonista) né il trailer annunciano, quindi andate a vederlo. Solo allora potrete dare un giudizio vero. Ma quindi perché l’ho visto per ben due volte? E’ un film che ti tiene con il fiato sospeso dall'inizio alla fine e racconta una storia dura e per certi versi attuale: la solitudine di tanti adolescenti che solo apparentemente hanno tutto.
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Ho visto il film per la prima volta a Torino al TFF34, incuriosita dal fatto che fosse l’unico film italiano in concorso e l’ho voluto rivedere domenica, sì perché è un film che va visto almeno due volte per poterlo apprezzare appieno. E a me è piaciuto tanto. Non è il film che ti aspetti e attenzione, non è il film che la locandina (non mi è piaciuta per niente e non c’entra nulla con il titolo e poco con il film anche se c’è la faccia del protagonista) né il trailer annunciano, quindi andate a vederlo. Solo allora potrete dare un giudizio vero. Ma quindi perché l’ho visto per ben due volte? E’ un film che ti tiene con il fiato sospeso dall'inizio alla fine e racconta una storia dura e per certi versi attuale: la solitudine di tanti adolescenti che solo apparentemente hanno tutto. Bravi i due giovani protagonisti. Un’attenzione particolare, secondo me la merita Succio e credo ne sentiremo parlare in futuro. Ruolo complesso, emotivamente coinvolgente, il suo, risulta davvero credibile nel lasciare trasparire la fragilità dietro un’apparente spavalderia. Cosa non mi è piaciuto? La sceneggiatura lascia a desiderare per quanto riguarda i personaggi minori che vengono introdotti all'inizio del film e riappaiono alla fine senza che la loro storia sia sviluppata. La scelta del titolo fa pensare ad una coralità che non trova risposta, ma nel complesso il risultato è ottimo e lo consiglio. In definitiva un film da non perdere!
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