shingo tamai
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martedì 6 dicembre 2016
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holmes e la sposa cadavere
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Per buona parte del film ho provato molto interesse e mi sono appassionato ai contenuti esposti.
Ottime anche le interpretazioni dei protagonisti,i personaggi di contorno,i costumi,i dialoghi forbiti,le ambientazioni e la trama non affatto banale.
Purtroppo la parte finale non mi è piaciuta e non mi ha convinto molto,non per la soluzione dell'enigma che ho trovato brillante,piuttosto per questo passaggio temporale forzato, perchè collegato strettamente alla serie tv.
Non essendo infatti un seguace degli episodi televisivi,tutta la faccenda di Moriarty mi è sembrata alquanto scollegata dal resto della pellicola ed invasiva rispetto alla storia della sposa cadavere.
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Per buona parte del film ho provato molto interesse e mi sono appassionato ai contenuti esposti.
Ottime anche le interpretazioni dei protagonisti,i personaggi di contorno,i costumi,i dialoghi forbiti,le ambientazioni e la trama non affatto banale.
Purtroppo la parte finale non mi è piaciuta e non mi ha convinto molto,non per la soluzione dell'enigma che ho trovato brillante,piuttosto per questo passaggio temporale forzato, perchè collegato strettamente alla serie tv.
Non essendo infatti un seguace degli episodi televisivi,tutta la faccenda di Moriarty mi è sembrata alquanto scollegata dal resto della pellicola ed invasiva rispetto alla storia della sposa cadavere.
Probabilmente non si poteva fare altrimenti,ma la pellicola finisce per pagare pegno anche se tutta la parte del 1881,ripeto, è davvero ben fatta e da sola vale il prezzo del biglietto.
Non oserò svelarvi minimante gli eventi narrati,voglio solo dire che le donne hanno un senso della vendetta decisamente più alto,più fine e più sensato degli uomini,ma questo,amici miei,probabilmente lo sapete già.
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kyotrix
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mercoledì 26 ottobre 2016
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deluso
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Questo miscuglio tra passato/sogno e presente (parte minima del film) proprio non l'ho digerito. Non mi ha catturato, annoiato ed estraniato.
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elgatoloco
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giovedì 29 settembre 2016
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complessivamente efficace, good sherlock
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"Modernizzare"mister Sherlock Holmes è sempre rischioso e talora viene fatto con risultati penosi; qui, invece, lavorando sul doppio binario, sul parallelismo(come metafora, dato che in senso propriamente geometrico, come noto, le rette parallele non s'incontrano mai, qui invece i piani, molto sfasati, tuttavia si incontrano, convergono a tratti), sull'allucinazione(molto accentuata la componente, in sir Arthur Conan Doyle, solo accennata, della"mitica"soluzione 7%), il regista Douglas Mackinnon, con dialoghi metaletterari, con la diègesi marcata, anzi marcatissima-cioè l'esibizione, l'esplicitazione della storia, della narrazione-recupera comunque sempre molto fortemente i dualismi comunque presenti nella scrittura conan-doyliana, ossia il contrasto Holmes(il"bene", pur se positivisticamente inteso)versus Moriarty, morto ma sempre vivo e fatto rivivere-evocato nella mente di Holmes, quello tra positivismo(il canone scientifico inteso come assoluto, versus filosofemi e credenze religiose)e "superstizione metafisica", dove bisognerà pur ricordare che anche nello scrittore-medico sir Conan Doyle il dualismo è sempre presente, non tanto perché sir Arthur scriveva su e di tutto, ma perché , se in"Sherlock Holmes"è razionalista, altrove crede a fantasmi e "superstizioni" varie, dunque la dicotomia magari permane, ma si attenua nella scrittura, dove non sappiamo più dove trovare la vera essenza dell'autore, se in"Sherlock Holmes"o nel resto della sua opera.
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"Modernizzare"mister Sherlock Holmes è sempre rischioso e talora viene fatto con risultati penosi; qui, invece, lavorando sul doppio binario, sul parallelismo(come metafora, dato che in senso propriamente geometrico, come noto, le rette parallele non s'incontrano mai, qui invece i piani, molto sfasati, tuttavia si incontrano, convergono a tratti), sull'allucinazione(molto accentuata la componente, in sir Arthur Conan Doyle, solo accennata, della"mitica"soluzione 7%), il regista Douglas Mackinnon, con dialoghi metaletterari, con la diègesi marcata, anzi marcatissima-cioè l'esibizione, l'esplicitazione della storia, della narrazione-recupera comunque sempre molto fortemente i dualismi comunque presenti nella scrittura conan-doyliana, ossia il contrasto Holmes(il"bene", pur se positivisticamente inteso)versus Moriarty, morto ma sempre vivo e fatto rivivere-evocato nella mente di Holmes, quello tra positivismo(il canone scientifico inteso come assoluto, versus filosofemi e credenze religiose)e "superstizione metafisica", dove bisognerà pur ricordare che anche nello scrittore-medico sir Conan Doyle il dualismo è sempre presente, non tanto perché sir Arthur scriveva su e di tutto, ma perché , se in"Sherlock Holmes"è razionalista, altrove crede a fantasmi e "superstizioni" varie, dunque la dicotomia magari permane, ma si attenua nella scrittura, dove non sappiamo più dove trovare la vera essenza dell'autore, se in"Sherlock Holmes"o nel resto della sua opera. Psicologismi esasperati a parte, il tutto filmico qui regge, anche nel rapporto conflittuale tra i due piani, facendo comunque emergere fortemente uno Holmes che oggi verrebbe"curato a forza"(anche senza virgolette relativizzanti, però)e un tempo"altro", passato(la fine del 1800), invece, nel quale Holmes appare(meglio: può apparire)un corifeo delle età che vengono, che si annunciano, di un postmoderno e "postecnotronico"allora impensabile, quasi una sorta di Prometeo che strappa il fuoco ai detentori del potere, gelosi di loro segreti da non gettare(nella loro concezione)come"perle ai porci". Teatralità scenica, riferimenti storici(le suffragettes, il"femminismo"nelle sue varie declinazioni, allora anche"settarie") che poi proseguono nel presente(e nel lontano futuro, per chi guarda dal punto di vista del tardo Ottocento), efficacia narrativa. bravura interpretativa, con un ritmo che può essere fuorviante solo per chi non sia convintamente"sherlockiano"anche nel leggere le implicazioni varie e iper-polisemiche del personaggio inteso come simbolo, diremmo anzi proprio quale archetipo. El Gato.
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kondor17
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martedì 16 febbraio 2016
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divertente e ben fatto
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Dopo gli ultimi obbrobri cinematografici, mi sono avvicinato a quest'ultima trasposizione filmica con un certo sospetto, sospinto più dai due ottimi attori che dall'amore per sir Conan Doyle, per cui sinceramente soffrivo dopo le ultime uscite. Devo invece dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso nel trovarmi, finalmente, di fronte a una storia accattivante, moderna, arricchita da una sceneggiatura brillante, interpretazioni all'altezza e divertenti gag e salti temporali, mediati però dall'uso sempre più frequente di droghe, quasi a significare un must abusato di molti, troppi serial, artisti e professionisti. Chissà se sir approverebbe, ne dubito. Bella l'inversione dei valori intellettivi tra i fratelli Holmens e tra Watson e consorte, dove l'intelligente diventa sciocco e la stolta incredibilmente arguta.
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Dopo gli ultimi obbrobri cinematografici, mi sono avvicinato a quest'ultima trasposizione filmica con un certo sospetto, sospinto più dai due ottimi attori che dall'amore per sir Conan Doyle, per cui sinceramente soffrivo dopo le ultime uscite. Devo invece dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso nel trovarmi, finalmente, di fronte a una storia accattivante, moderna, arricchita da una sceneggiatura brillante, interpretazioni all'altezza e divertenti gag e salti temporali, mediati però dall'uso sempre più frequente di droghe, quasi a significare un must abusato di molti, troppi serial, artisti e professionisti. Chissà se sir approverebbe, ne dubito. Bella l'inversione dei valori intellettivi tra i fratelli Holmens e tra Watson e consorte, dove l'intelligente diventa sciocco e la stolta incredibilmente arguta. Film femminile e femminista, dove la presenza delle donne e della loro cospirazione diventa dominante. Spassosi i dialoghi. Voto 7+
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dinoroar
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giovedì 14 gennaio 2016
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delusione completa
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Mi scuso con i gli irriducibili della saga del grande detective, ma questo film non mi è piaciuto. Lo trovo solo un mega-spot per la serie televisiva ed i flash-back invece di movimentare la storia la spezzano al solo scopo di riportarci al prodotto TV. Storia debole, e una esasperante, ripetitiva, ridondante sequenza di primi piani di un Holmes che si, bravo attore, ma un filino monoespressivo. Diciamo che è stato allungato il brodo per dilatare i tempi di una puntata tv creando un film, che si può tranquillamente perdere. I tanto pubblicizzati "contributi speciali" che hanno portato il prezzo a 12 €uro nelle sale The Space, sono a dir poco scandalosi. Un autocelebrazione dei vari personaggi con intervistine lampo intrise di sorrisetti e ammiccamenti che non apportano nulla, anzi aumentano la noia accumulata durante la visione del film.
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Mi scuso con i gli irriducibili della saga del grande detective, ma questo film non mi è piaciuto. Lo trovo solo un mega-spot per la serie televisiva ed i flash-back invece di movimentare la storia la spezzano al solo scopo di riportarci al prodotto TV. Storia debole, e una esasperante, ripetitiva, ridondante sequenza di primi piani di un Holmes che si, bravo attore, ma un filino monoespressivo. Diciamo che è stato allungato il brodo per dilatare i tempi di una puntata tv creando un film, che si può tranquillamente perdere. I tanto pubblicizzati "contributi speciali" che hanno portato il prezzo a 12 €uro nelle sale The Space, sono a dir poco scandalosi. Un autocelebrazione dei vari personaggi con intervistine lampo intrise di sorrisetti e ammiccamenti che non apportano nulla, anzi aumentano la noia accumulata durante la visione del film. Si salvano costumi e ambientazioni ... ma non è un periodo così difficile da rappresentre e permette non poche licenze.
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[+] prodotto per la tv non per il cinema
(di mau741)
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claudiofedele93
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mercoledì 13 gennaio 2016
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sherlock e il caso dell'abominevole sposa
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“Non esistono eroi nella realtà”
Difficile comprendere quanto Sherlock Holmes sia frutto della fantasia del suo assistente John Watson e quanto, al contrario, sia reale, il detective nato dalla mente del medico scozzese, Arthur Conan Doyle, ha goduto, con il trascorrere degli anni, di innumerevoli trasposizioni ed incarnazioni, prodotto di pregevole fattura, caposaldo della letteratura anglosassone e pioniere del giallo con complice l’uso del “metodo della deduzione”, egli rimane un icona pop capace di andare oltre la parentesi temporale in cui è racchiuso e affascinare masse di lettori e spettatori che, a distanza ormai di un secolo dalla prima indagine scritta e pubblicata, reclamano ancora qualche storia dal residente di Baker Street.
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“Non esistono eroi nella realtà”
Difficile comprendere quanto Sherlock Holmes sia frutto della fantasia del suo assistente John Watson e quanto, al contrario, sia reale, il detective nato dalla mente del medico scozzese, Arthur Conan Doyle, ha goduto, con il trascorrere degli anni, di innumerevoli trasposizioni ed incarnazioni, prodotto di pregevole fattura, caposaldo della letteratura anglosassone e pioniere del giallo con complice l’uso del “metodo della deduzione”, egli rimane un icona pop capace di andare oltre la parentesi temporale in cui è racchiuso e affascinare masse di lettori e spettatori che, a distanza ormai di un secolo dalla prima indagine scritta e pubblicata, reclamano ancora qualche storia dal residente di Baker Street. Leggenda, ispirazione, fantasia o semplice fanatico degli orrori umani, Holmes rientra nella mitologia di un’intera nazione, e con i suoi quasi duecento anni non sembra minimamente pronto passare il testimone ad altri investigatori, unico ed inimitabile grande one-man-show della scena del crimine.
La soluzione adottata, nel 2010, da Mark Gatiss e Steven Moffatt, nome, quest’ultimo, non del tutto nuovo per coloro che seguono le avventure legate alla serie Doctor Who, di voler fare una interpretazione dei romanzi di Doyle nel mondo di oggi, è apparsa geniale e innovativa, sia dal punto di vista della sua realizzazione sia nell’essere fedele al materiale di partenza, con la variante, marcata e voluta, di voler inscenare le oscure vicende del brillante investigatore in una Londra odierna, prendendo le distanze dall’ambientazione tipicamente vittoriana dei romanzi.
Sherlock, con il passare degli anni, è diventata un’icona, un simbolo e un appuntamento che purtroppo non è riuscito mai a mantenere una stabilità pari a tante altre produzione, dettaglio che ha portato ad una spasmodica attesa, tra le fila dei propri seguaci, ogni volta che si inizia a parlare di nuovi episodi o speciali occasionali. Giunti finalmente alla stagione tre, conclusasi ben due anni fa, il pubblico chiedeva a gran voce una nuova storia con protagonisti Cumberbatch e Freeman, affinché si potesse, momentaneamente, placare quel bisogno e quella folle dipendenza che aveva animato fino all’inverosimile chi si era lasciato catturare dagli episodi precedenti.
Arriva, perciò, in pompa magna questo Speciale Natalizio, che si presenta in tutto e per tutto come un lungometraggio vero e proprio, tant’è che è possibile trovarlo al cinema il 12 e il 13 Gennaio 2016, ambientato nella Londra del XIX secolo ed apparentemente distaccato dalla trama principale che lo legherebbe allo Holmes contemporaneo.
L’Abominevole Sposa, di fatto, è un thriller che, nella sua veste più estetica, potrebbe realmente essere stato scritto da Conan Doyle, poiché ne ricalca, sotto molti aspetti, le dinamiche ed i processi, sia quando si tratta di prendere in considerazione determinati passaggi narrativi, sia quando siamo messi di fronte a tutta una serie di passaggi logici importanti per la soluzione del caso al quale Sherlock e Watson sono messi di fronte.
Come ogni racconto vittoriano che si rispetti, Gatiss e Moffatt sono stati incredibilmente furbi nel dare una sfumatura di mistero e sovrannaturale rispetto alle altre puntate, giocando sapientemente con le scenografie e lo sfondo storico a loro disposizione. Il fantasma della Sposa, morta suicida dopo un raptus di follia, appare e miete vittime tra le fila dell’alta società inglese, Scotland Yard sprofonda nel caos e Lestrade è costretto a chiedere aiuto allo scaltro detective privato ed al suo instancabile aiutante. Holmes, da prima scettico, con il complicarsi delle dinamiche, decide di accettare il caso, convinto che qualcosa di oscuro, ma al contempo concreto e reale, stia lentamente venendo alla luce, dando vita ad una guerra che vede coinvolta l’umanità intera.
Dimenticati i taxi neri con la targa luminosa, e messi da parte il London Eye sullo sfondo con le sue luci pirotecniche o il gran chiasso del cuore di Londra, così come le luci di Piccadilly Circus o i grattaceli nel cuore della City, The Abominable Bride è un tuffo nel passato dal sapore puramente retrò e nostalgico che riesce, tuttavia, a rimanere impresso e colpire sotto ogni suo punto di vista. Il 221 B di Baker Street, che non vede, dinnanzi a se, passare macchine o autobus, ma carrozze trainate da cavalli, trova, nel suo ritorno alle origini, una sfumatura inedita ed al contempo originale a cui si fa l’abitudine istantaneamente. Coloro, infatti, che hanno amato Sherlock e che restano suoi fedeli appassionati, non avranno a disposizione che un lauto banchetto con cui festeggiare il ritorno di un anti-eroe reso celebre dalle annotazioni di Watson ed idolatrato fino all’inverosimile.
Questo episodio in costume rivela fin da subito un forte senso dell’ironia, avvertibile attraverso brillanti battute e dialoghi meta-letterari, con cui sa inscenare siparietti di vita londinese che dimostrano la dimestichezza, con il materiale di partenza, dei suoi creatori e sceneggiatori. Sherlock è un eroe, il popolo ha bisogno di lui, ma è proprio lui, in primis, a dover fare i conti con la figura che il suo assistente Watson a creato e che, sulle pagine dello Strand Magazine, raccoglie centinaia di consensi e plausi; i casi, ormai scritti in nero su bianco su i diari del dottore, affascinano la gente, la convincono a credere in una persona risoluta, ma pur comunque generosa verso i problemi che attanagliano il prossimo. In tutto questo c’è solo un piccolo intralcio: Sherlock non è esattamente come viene descritto (o illustrato) nei celebri reportage dei giornali o nelle illustrazioni relegate ad essi e ciò crea una profonda dualità che analizzerà affondo il distacco tra reale e fittizio, o per dirla come lo stesso protagonista: “tra immaginazione e realtà”.
Come era presumibile aspettarsi, la prima parte della storia, oltre che a mettere in scena il caso vero e proprio, è un ottimo trampolino di lancio per cogliere alla leggera tutti i riferimenti all’opera di Conan Doyle, scherzare con i propri idoli, prendersi gioco di se stessi e servire alle masse tutto un campionario di fan-service che, di certo, i più gradiranno. Sapientemente L’Abominevole Sposa ripercorre le fasi iniziali già viste nel primo episodio della serie, dove Watson, arrivato a Londra dalla guerra anglo-afgana cerca un appartamento dove sistemarsi, e che, grazie all’aiuto di un suo vecchio amico di college, troverà con all’interno il particolare detective e la signora Hudson, critica nei confronti di Watson per averle affidato un ruolo marginale nei suoi manoscritti e averla fatta apparire poco interessata all’ordine ed alla pulizia della casa.
Se analizzato con maggior attenzione, ad ogni modo, questo episodio non dimostra d’essere una mera operazione commerciale (necessaria) attuata per accontentare un determinato tipo di pubblico, ma, pur non aggiungendo niente di nuovo nella vicenda madre che rimane stroncata bruscamente dal ritorno apparente di Moriarty, offre comunque un campionario di riflessioni prepotentemente attuali. Vengono, infatti, presi in considerazione molti degli aspetti dell’epoca, a partire dall’insorgere di movimenti femministi come quello delle suffragette, determinate ad affermarsi e decise a reclamare alcuni diritti fondamentali come quello di voto. Il nemico invisibile, di cui Mycroft Holmes (il fratello più intelligente tra i due, a dire della signora Watson) conosce l’esistenza e verso il quale ammonisce Sherlock, si aggira fin dalla notte dei tempi nella vita di ogni essere umano, e adesso, risvegliatosi del tutto, ha deciso di immolarsi in una causa che gli uomini sono destinati a perdere, costretti, giustamente, a farsi da parte per permettere alle donne di prendere attivamente parte alla società.
Così viene messa in luce la misoginia del tempo, riscontrabile da un lato in Holmes e dall’altro, ancor più evidente, in Watson, personaggi che, ancor più che negli altri appuntamenti, dimostrano di essere figli di una scrittura la quale permette loro di avere un’introspezione psicologica completa e sofisticata. Per quanto, infatti, ci si ostini a considerarlo quasi come un super-eroe del suo tempo, Holmes è un semplice uomo, e come tale ha delle debolezze, le quali emergono con il lento procedere dei minuti e si rivelano essere l’abuso di sostanze stupefacenti, di cui fa uso e con le quali può compiere tutta una serie di passaggi mentali indispensabili per i risvolti dei casi di cui si fa carico.
E’ esattamente l’utilizzo di svariate droghe, delle allucinazioni e del ritorno di nemici iconici ormai deceduti, che Moffat e Gatiss ricorrono intelligentemente ad un salto temporale che fa tornare la storia sui binari intrapresi fin dalla sua genesi. Con l’ausilio dell’immaginazione, della realtà onirica e del palazzo mentale di Sherlock, The Abominable Bride si sposta su più piani di lettura e su più frammenti temporali, amalgamando sapientemente passato, letteratura, citazioni in un messa in scena ispirata e che non riesce mai a stonare con la storia narrata, sovrapponendo l’immaginario ad il reale.
L’Abominevole Sposa, nome dato al caso nei diari del Dottor Watson, resta un appuntamento immancabile e appassionante, leggero, ma tutt’altro che frivolo, colto ed al contempo (auto) ironico, che non ha paura di prendere in analisi alcuni elementi caratteristici dei tempi in cui è ambientato ed allo stesso modo non si scomoda a far divertire lo spettatore con sequenze riuscite grazie a dei dialoghi brillanti e ben strutturati. La figura della sposa, che appare brevemente durante l’intera indagine, ma rimane impressa nella mente dello spettatore grazie ai costumi ed al suo sorriso slabbrato, gode di un fascino particolare ed immortale, degna compagna di tante altre donne sposate condannate ad una vita miserabile e desiderose di reclamare la propria vendetta nei confronti di uomini senza scrupoli, e qui i rimandi a Kill Bill ed al cinema di Tarantino si fanno senza dubbio pesanti, ormai portate, dal tempo e dai costumi, a immolare la propria esistenza per una giusta causa, per un futuro migliore, per coloro che verranno e continueranno a combattere affinché possano ottenere il posto che meritano nel mondo.
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