Mizuki, un'insegnante di pianoforte che vive a Tokyo, è raggiunta da Yusuke, il marito morto annegato tre anni prima.Lei l’ha cercato a lungo ma lui con semplicità spiega che il suo corpo non è stato mai trovato perché l’hanno mangiato i pesci.Yusuke entra nel soggiorno open air di Mizuki senza far rumore.Fermo, in piedi, è lì, in tutta la sua fisicità di uomo alto, bello, con gran soprabito color zucca.
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Mizuki, un'insegnante di pianoforte che vive a Tokyo, è raggiunta da Yusuke, il marito morto annegato tre anni prima.Lei l’ha cercato a lungo ma lui con semplicità spiega che il suo corpo non è stato mai trovato perché l’hanno mangiato i pesci.Yusuke entra nel soggiorno open air di Mizuki senza far rumore.Fermo, in piedi, è lì, in tutta la sua fisicità di uomo alto, bello, con gran soprabito color zucca.Lei,giapponesina bruna e silenziosa dai grandi occhi malinconici, lo guarda e gli ricorda di togliersi le scarpe. Poi gli offre una pietanza tipica che lui apprezza molto.Parole poche, adesso e per tutta la durata del film, ma bastano a scoprire retroscena, amori e dolori,frammenti di un passato che non può essere che fatto di frammenti, per i vivi e, ancor più, per i morti.Partono entrambi, come farebbe una felice coppia in vacanza, in un road movie lungo il Giappone fra paesi e uomini che Yusuke ha conosciuto nei tre anni della morte. Il suo è un ritorno con la piccola moglie e tutti lo accolgono con affetto.Restano per un po’nei luoghi, ospiti dell’uno o dell’altro, collaborano con le loro attività, ma poi il viaggio riprende, scorre come un filo rosso sulla mappa di un territorio segnato da pezzi di vita, lungo tracce lasciate nei luoghi e nella memoria degli altri.In ogni tappa raggiunta in treno o autobus c’è una storia da conoscere per Mizuki, riconoscere per Yusuke. tutto è importante ma nulla può durare.Mizuki è viva, in lei è inestinguibile la pulsione al radicamento, Yusuke è oltre, l’amore li unisce, ma è privo di tensioni, come la superficie calma di un mare che ha profondità inesplorate.
Film di confine, nella caverna dietro la cascata si passa per l’aldi là: Yusuke, il padre di Mizuki, la piccola suonatrice di pianoforte, un vecchio compagno di Yusuke e chissà quanti ancora che Yusuke riconosce confusi con i vivi.Ma infine arriva il momento dell’addio, quello definitivo.Un ricordo di Virgilio? Un viaggio di Orfeo ed Euridice all’incontrario?Difficile trovare agganci tra Occidente e Oriente in tema di vita e di morte.Nel mondo orientale entrano in modo così naturale l’una nell’altra che ogni paragone è inadeguato.Abbandono, malattia, morte, sono eventi costanti,l’impermanenza è la condizione umana per eccellenza, si convive soprattutto con loro, ma nell’immaginare la convivenza di vita e morte c’è una misura dettata da un canone fatto di equilibrio ed eleganza, l’ellissi e la sobrietà sono i suoi connotati, il passo è quello leggero di vite che comunque scorrono e fioriscono, trovando la forza di cercare l’anello mancante e inventando le improbabili radici di un albero sulla montagna arida.
Riconosciamo in quest’opera di Kurosawa Kiyoshi lo sguardo minimale e ravvicinato sulle cose e le persone tipico di tanta filmografia orientale, quella lenta progressione sulla superficie degli eventi che fa avvertire le pulsioni premere con forza ma sa ricacciarle sul fondo.E’ la leggerezza, quella che Calvino chiamava “leggerezza della pensosità”, che “può far apparire la frivolezza come pesante e opaca".
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