giorgio47
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domenica 15 novembre 2015
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la nostra vita
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Un bel film, come da tanto tempo non si vedeva. Finalmente al cinema torna la vita, quella vera, quella di tutti i giorni e della gente comune, ovvero la nostra vita! In questa pellicola c'è molto e tutto trattato con una precisione e da un punto di vista interessante e rigoroso. Innanzi tutto abbiamo il mondo del lavoro e la sua attuale degradazione, abbiamo il travestito che non è il televisivo personaggio “simpatico”, abbiamo il poliziotto che deve fare il poliziotto e per una volta che si è posto dei “problemi” un suo collega è morto, e abbiamo i capi, quelli intoccabili e distanti con le loro sicurezze e spocchie che poi sono solo una maschera che nasconde poveri personaggi, senza dignità.
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Un bel film, come da tanto tempo non si vedeva. Finalmente al cinema torna la vita, quella vera, quella di tutti i giorni e della gente comune, ovvero la nostra vita! In questa pellicola c'è molto e tutto trattato con una precisione e da un punto di vista interessante e rigoroso. Innanzi tutto abbiamo il mondo del lavoro e la sua attuale degradazione, abbiamo il travestito che non è il televisivo personaggio “simpatico”, abbiamo il poliziotto che deve fare il poliziotto e per una volta che si è posto dei “problemi” un suo collega è morto, e abbiamo i capi, quelli intoccabili e distanti con le loro sicurezze e spocchie che poi sono solo una maschera che nasconde poveri personaggi, senza dignità. Ecco la parte migliore è quella in cui si mostrano questi personaggi che ogni giorni vediamo ai TG osannati e riveriti da giornalisti asserviti e che non sono altro che piccoli esseri protetti da un sistema fatto a loro immagine. Non abbiamo, e meno male, i sindacalisti, questi sono morti anni fa, come il padre della protagonista ( a proposito una strepitosa Paola Cortellesi), esponente di una generazione che ha lottato e che purtroppo ha poi lasciato questa società squallida. Abbiamo “Radio Maria” che inquina l'aria ed uccide con le sue onde (una metafora?) i cittadini del piccolo centro. Insomma c'è né per tutti! E non guasta nemmeno l'happy end, mi sembra giusto che uno spettacolo debba anche tener presente del pubblico, gli americani in questo sono maestri, e se questo serve ad aumentare gli spettatori ben venga!
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mariagrazia paoleti
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domenica 15 novembre 2015
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riflessione
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è un film che rispecchia, purtroppo, la realtà di oggi, la disoccupazione, l'indifferenza, la discriminazione sociale a pro solo del business. E' un film che a momenti fa sorridere ma termina lasciando un amaro in bocca. Termina lasciando l' interpretazione ad ognuno di noi, ma sicuramente a differenza delle Scritture, gli ultimi rimangono gli ultimi su questa terra.
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mariagrazia paoleti
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domenica 15 novembre 2015
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riflessione
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è un film che rispecchia, purtroppo, la realtà di oggi, la disoccupazione, l'indifferenza, la discriminazione sociale a pro solo del business. E' un film che a momenti fa sorridere ma termina lasciando un amaro in bocca. Termina lasciando l' interpretazione ad ognuno di noi, ma sicuramente a differenza delle Scritture, gli ultimi rimangono gli ultimi su questa terra.
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maynardi araldi
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sabato 14 novembre 2015
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gli ultimi per tre quarti
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“GLI ULTIMI SARANNO GLI ULTIMI” è un titolo che rifiuta di subire. Di subire cosa? Le illusioni consolatorie. E perfino il dettato Divino. Così, fin da subito lo spettatore rimane in attesa dell’inizio di un film che non sia al caramello. Di quelli che scatenerebbero la carie anche alla dentiera di plastica dentro il bicchiere. Trama. Una donna (cortellesi) vive con un marito cialtrone (gassmann) E’ lei a portare i soldi a casa col suo lavoretto precario. Ritagliando per entrambi un’occasione di sopravvivenza . Finché l’ esile equilibrio, si spezza. E succede a causa della gravidanza della protagonista. A questa prima trama si intreccia una seconda.
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“GLI ULTIMI SARANNO GLI ULTIMI” è un titolo che rifiuta di subire. Di subire cosa? Le illusioni consolatorie. E perfino il dettato Divino. Così, fin da subito lo spettatore rimane in attesa dell’inizio di un film che non sia al caramello. Di quelli che scatenerebbero la carie anche alla dentiera di plastica dentro il bicchiere. Trama. Una donna (cortellesi) vive con un marito cialtrone (gassmann) E’ lei a portare i soldi a casa col suo lavoretto precario. Ritagliando per entrambi un’occasione di sopravvivenza . Finché l’ esile equilibrio, si spezza. E succede a causa della gravidanza della protagonista. A questa prima trama si intreccia una seconda. Quella di un poliziotto (bentivoglio) screditato dai colleghi, invaghito di un trans, solitario e smarrito. Triste. Alla fine, le due vite, come prevedibile, s’incroceranno.
Il film di Massimiliano Bruno, per tre quarti non funziona. Sembra un film prodotto dalla Rai. Per la Rai. E da vedersi possibilmente su un canale della Rai (per chi possedesse ancora un televisore, ovviamente. E si desse pure la pena di accenderlo…) La regia è in funzione degli attori. Si direbbe “piatta come un marciapiede”, per dirla con Flaubert. E di certo non favorisce il film la presenza di quei personaggi secondari cartonati e fasulli come in una telenovela. La figura del transessuale, poi, del tutto superflua. Un taglio drammatico come quello dell’ottimo Bentivoglio avrebbe approfondito ben altri abissi. (basterebbe la scena con i colleghi negli spogliatoi) Ma un quarto di film -sottratti quei tre quarti di pellicola- è emozionante. Innanzitutto lo è la Cortellesi. Col suo monologo, che è spina dorsale della storia. Ma anche la camminata irruenta nella notte. Sul ciglio di una super strada. Dove si esplicita il titolo del film: ‘Gli ultimi.’ La cui consapevolezza escerbata non può che tradursi in una deflagrazione emotiva. Nella volontà di non subire. Di picchiare. Di non farsi pecora perché altrimenti il lupo se la mangia. Emozionante è il profilo basso, da vinto, di Bentivoglio. Bella e spiritosa la trovatina del rosario e delle ave marie emesse dai rubinetti, dai water, dai citofoni, dagli alberi di natale. (In coincidenza all’albero di natale la sala è esplosa in una risata) Suggestiva la canzone di Raf. Infinito. Che sottovoce, accompagnata da qualche improvvisato corista da platea, abbiamo canticchiato insieme.
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emanuela-74
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sabato 14 novembre 2015
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film drammatico con sfumature di commedia
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Il film cala con realismo nella difficile realtá dei giorni nostri, ne coglie le tante sfaccettature con tenerezza e comprensione. Momenti tragicomici si susseguono su un sottofondo di leggerezza a ricordarci che è vero, forse gli ultimi rimarranno ultimi, ma ci sono ancora valori che ci salvano, l'amicizia, la compassione, l'amore, l'accettazione dei nostri errori e alla fine, tenere duro premia.
Bravi tutti, la Cortellesi finalmente in un ruolo drammatico, Gassmann solo in apparenza leggero, Bentivoglio sempre bravissimo, e tutti gli altri calati a pennello nelle loro parti.
Belli i dialoghi, semplici e realistici, gli stessi che si possono riascoltare decine di volte origliando i discorsi tra amici nelle tavolate al ristorante, o che si potrebbero sentire nelle nostre cucine o camere da letto.
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nino pell.
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sabato 14 novembre 2015
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esempio di estremo malessere dovuto al precariato
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Penso che "Gli ultimi saranno ultimi" del regista Massimiliano Bruno è sicuramente un ottimo esempio di produzione cinematografica attraverso cui ci si può chiaramente rendere conto di come la normativa del precariato sul lavoro privato spesso crea non solo forti malesseri e disagi nei confronti di coloro che improvvisamente si ritrovano ad essere licenziati a seguito di contratti a termine, ma che addirittura per alcune persone la perdita improvvisa di un'occupazione determina rischio e pericolo ai fini di un'adeguata salvaguardia di un futuro economico. Nel caso di questo film, la trama ci racconta la storia di Luciana, un'operaia che lavora da molti anni in una fabbrica specializzata per la produzione di parrucche, la quale, a seguito di una sopravvenuta e desiderata gravidanza, si ritrova ad essere improvvisamente licenziata dal proprio datore di lavoro.
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Penso che "Gli ultimi saranno ultimi" del regista Massimiliano Bruno è sicuramente un ottimo esempio di produzione cinematografica attraverso cui ci si può chiaramente rendere conto di come la normativa del precariato sul lavoro privato spesso crea non solo forti malesseri e disagi nei confronti di coloro che improvvisamente si ritrovano ad essere licenziati a seguito di contratti a termine, ma che addirittura per alcune persone la perdita improvvisa di un'occupazione determina rischio e pericolo ai fini di un'adeguata salvaguardia di un futuro economico. Nel caso di questo film, la trama ci racconta la storia di Luciana, un'operaia che lavora da molti anni in una fabbrica specializzata per la produzione di parrucche, la quale, a seguito di una sopravvenuta e desiderata gravidanza, si ritrova ad essere improvvisamente licenziata dal proprio datore di lavoro. Le cose si complicano per la donna, considerando che il marito Stefano non solo non ha un lavoro stabile, ma addirittura non riesce mai a trovarne uno adeguato per la sicurezza economica della famiglia, limitandosi a guadagnare di tanto in tanto del denaro con mere e improvvisate attività di momentaneo guadagno. La pellicola si concentra pertanto a descriverci, con grande maestria del regista, situazioni e ulteriori complicazioni che vanno ulteriormente ad aggravare la condizione sociale della protagonista, interpretata naturalmente da una bravissima Paola Cortellesi (di cui ricordo ancora la sua partecipazione nello straordinario e commovente film "Il posto dell'anima"), a tal punto da spingerla ad un gesto estremo come, appunto, si potrà vedere nel corso delle sequenze finali. "Gli ultimi saranno ultimi" ci mostra, inoltre, la difficile condizione anche di altri protagonisti, tra cui un transessuale spesso deriso ed osteggiato in certi momenti di vita sociale, oppure la storia parallela di un poliziotto trasferito per demerito dalla sua originaria sede di lavoro del nord Italia per imbattersi in un ambiente a lui non molto consono per la sua dignità e la cui vicenda, nel finale, si incrocia con quella della protagonista Luciana in maniera sorprendente, ma amara. Un film pertanto capace di essere toccante e logicamente di far riflettere su come, a volte la vita, non sia per niente facile. Tra i migliori film italiani di questo 2015.
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eusebio abbondanza
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sabato 14 novembre 2015
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indigesto
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La filosofia bulimica del regista Massimiliano Bruno si può riassumere così: “se una cosa è buona, perché non metterne dieci?”
Ma la riuscita di ogni prodotto, sia esso un'opera cinematografica come un buon piatto di alta cucina, è nella capacità di dosare al punto giusto soltanto gli ingredienti necessari.
Bruno invece ha paura che la storia che ci vuole raccontare, quella di una donna incinta che perde il lavoro, non sia mai "abbastanza".
Allora inzeppa il film di temi sociali buoni per l'indignazione del critico medio (la perdita del lavoro, l'inquinamento elettromagnetico, la presenza invisibile eppure massiccia della chiesa), aggiunge personaggi di contorno (spesso solo figurine che fanno colore) e sottotrame patetiche (quella del trans è la più inutile e smaccatamente ruffiana), si sofferma a lungo sulla vita paesana, culminando con la processione in costume (ormai un pedaggio da pagare alle film commission locali), si concede un classico "montage" a effetto sulle musiche pompieristiche e, naturalmente, una voce fuori campo per spiegare quello che non è riuscito a infilare nel calderone.
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La filosofia bulimica del regista Massimiliano Bruno si può riassumere così: “se una cosa è buona, perché non metterne dieci?”
Ma la riuscita di ogni prodotto, sia esso un'opera cinematografica come un buon piatto di alta cucina, è nella capacità di dosare al punto giusto soltanto gli ingredienti necessari.
Bruno invece ha paura che la storia che ci vuole raccontare, quella di una donna incinta che perde il lavoro, non sia mai "abbastanza".
Allora inzeppa il film di temi sociali buoni per l'indignazione del critico medio (la perdita del lavoro, l'inquinamento elettromagnetico, la presenza invisibile eppure massiccia della chiesa), aggiunge personaggi di contorno (spesso solo figurine che fanno colore) e sottotrame patetiche (quella del trans è la più inutile e smaccatamente ruffiana), si sofferma a lungo sulla vita paesana, culminando con la processione in costume (ormai un pedaggio da pagare alle film commission locali), si concede un classico "montage" a effetto sulle musiche pompieristiche e, naturalmente, una voce fuori campo per spiegare quello che non è riuscito a infilare nel calderone.
Ne esce fuori un film dove i rari momenti efficaci si perdono nel mare magnum della retorica, del buonismo o della denuncia sociale fasulla.
Un film di eccessive ambizioni, che straripa di eccessi e di sapori, tanto da assomigliare a un soufflé mal riuscito.
Davvero indigesto.
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[+] livore in bbondanza, che non è mai "abbastanza"
(di spione)
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[+] la realtà non è una fiction
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(di chatnoir)
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(di misesjunior)
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stellab
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venerdì 13 novembre 2015
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noioso e scontato
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Un film banale sulla crisi ai nostri giorni.
Tutto è trattato in modo scontato.
Tutto sembra fatto per commuoverci e farci forzatamente patire con i protagonisti.
In realtà il fiom scorre lento senza mai interessare.
purtroppo non basta la bravura dei protagonisti a renderlo intetessante.
Sconsigliato.
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marcello1979
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giovedì 12 novembre 2015
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no comment
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Da anni non guardavo le commedie italiane.
Da tanto tempo mi rifiutavo di vedere Gassmaan e la Cortellesi.
Da molto evitavo Massimiliano Bruno...
Per molto tempo spero di ricordarmi di questi anni passati a evitare questi "sopracitati".
Commedia surreale,attori sopravvalutati e regia non all'altezza...
Ma forse Bruno è il meno colpevole, la colpa è di chi ha permesso tutto ciò.
L'idea è carina , tutto il resto è da archiviare come ...peggior film degli ultimi anni..
Sarò prevenuto ma le commedie vanno lasciate a chi le sa fare o a chi arruola dei grandi attori..
Mediocri...
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a.passito
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lunedì 9 novembre 2015
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banale.
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Storia di crisi e disocupazione trattate in modo prevedibile e a tratti noiosetta
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