lavinia santenocito
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venerdì 21 agosto 2015
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poi arriva il film che non ti aspetti: corn island
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La contemplazione di George Ovashvili si divide armoniosamente tra uomo e natura circostante. Da una parte un anziano contadino e la giovane nipote quasi donna lavorano con perizia al loro campo di mais e con religioso rispetto per quel fiume che li ospita. Dall’altra la minuscola isola li accoglie donando loro riparo, terreno da coltivare, per edificare una baracca di fortuna e lavorare il pesce pescato con le nasse.
Tutto, o quasi, è silenzio verbale, ma il gorgoglìo del corso d’acqua, il rumore della vanga e lo scricchiolìo della porta segnano il tempo che passa, il lavoro che produce frutti. La volontà del regista è chiara: mostrarci uno scorcio di umanità assoluta, ai confini del nostro mondo, ma anche del proprio.
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La contemplazione di George Ovashvili si divide armoniosamente tra uomo e natura circostante. Da una parte un anziano contadino e la giovane nipote quasi donna lavorano con perizia al loro campo di mais e con religioso rispetto per quel fiume che li ospita. Dall’altra la minuscola isola li accoglie donando loro riparo, terreno da coltivare, per edificare una baracca di fortuna e lavorare il pesce pescato con le nasse.
Tutto, o quasi, è silenzio verbale, ma il gorgoglìo del corso d’acqua, il rumore della vanga e lo scricchiolìo della porta segnano il tempo che passa, il lavoro che produce frutti. La volontà del regista è chiara: mostrarci uno scorcio di umanità assoluta, ai confini del nostro mondo, ma anche del proprio. Il confine che combacia proprio con il grande fiume separa Georgia da Abkhazia. Alcuni spari lontani e la tristezza che vela i volti dei protagonisti raccontano di eventi lontani dalla pace, e a vegliare su tutti, anche su soldati e fuggitivi, è madre natura.
Per la verità sono entrata nel cinema con qualche dubbio, ma Corn Island si è rivelato una felice scoperta fin dal primo minuto. Ci si sprofonda dentro, a quella fotografia maestosa in 35mm. È incredibile la cifra estetica che riesce a raggiungere con così pochi elementi e una storia così apparentemente scarna. Ha un fascino unico che lo avvicina quasi ad un’avvincente mostra fotografica. Evocazioni ed intenti che scaturiscono da Corn Island sono ben diversi da quelli di un altro premiatissimo, The Artist. Anche quest’ultimo era muto, ma seppe scalare la vetta dei cuori nel pubblico. Se gli spettatori si fideranno com’è stato per me, si potrebbe ripetere una nuova miracolosa scalata.
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francesco polo
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lunedì 7 settembre 2015
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lampi di poesia dalla terra di nessuno
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Togliete il superfluo dalla vita di un uomo. E poi ancora, spogliatelo di quel che resta. Fin quando ne rimarrà l’essenza: il perimetro del suo corpo, il profondo dei suoi occhi, i calli sulle mani, meno del minimo indispensabile per sopravvivere, una crosta di pane, un sorso d’acqua. Quando una coperta lisa sembra un lusso. E perfino parlare diventa inutile.
Corn Island è un film primordiale. Il regista George Ovashvili ci precipita sul fiume Inguri, confine naturale tra la Georgia e l’Abkhazia. Un vecchio contadino, con una barca di legno e la sua sapienza, prende possesso di un isolotto che la stagione fa riaffiorare dalle acque. Un regalo temporaneo della natura, con l’inverno quella terra tornerà a far parte del letto del fiume.
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Togliete il superfluo dalla vita di un uomo. E poi ancora, spogliatelo di quel che resta. Fin quando ne rimarrà l’essenza: il perimetro del suo corpo, il profondo dei suoi occhi, i calli sulle mani, meno del minimo indispensabile per sopravvivere, una crosta di pane, un sorso d’acqua. Quando una coperta lisa sembra un lusso. E perfino parlare diventa inutile.
Corn Island è un film primordiale. Il regista George Ovashvili ci precipita sul fiume Inguri, confine naturale tra la Georgia e l’Abkhazia. Un vecchio contadino, con una barca di legno e la sua sapienza, prende possesso di un isolotto che la stagione fa riaffiorare dalle acque. Un regalo temporaneo della natura, con l’inverno quella terra tornerà a far parte del letto del fiume. Ma finché resterà in superficie potrà essere coltivata. La fatica del vecchio, e della sua giovane nipote, farà crescere il granturco. Le assi di legno trasportate fin là prenderanno forma di casa. Un uomo dal viso segnato dalla fatica, una giovane donna che sboccia con tutta la sua timorosa fanciullezza, la natura prepotente, generosa, feroce. E la guerra. Uomini che proprio su quel confine combattono altri uomini, armi in braccio, piedi in barca, a pattugliare quella frontiera d’acqua, a difendere quel niente di terra.
Nella pulizia delle inquadrature, nella forza espressiva di una fotografia da Oscar, il silenzio diventa potenza: i suoni del vento e dell’acqua, i rumori del lavoro, il motore veloce della barca dei militari, la paura del vecchio, la curiosità della ragazzina attirata dai richiami infantili e giocosi dei ragazzi che vestono i panni dei soldati. E’ l’immagine a dettare il dialogo che non c’è, lo sguardo a suggerire l’intuizione, ad eseguire l’ordine perentorio, a svelare un’inquietudine.
Corn Island è una perla di pregio assoluto. Straordinari gli attori, İlyas Salman e la giovanissima Mariam Buturishvili, talmente credibili da far specchio del vero nei loro ruoli. Vincitore di numerosi premi in Europa, candidato alla rosa finale degli Oscar 2015. Qualcuno potrà trovarlo ostico. Ma se lo spettatore avrà la pazienza di lasciarsi andare a quel ritmo, a quell’assenza di parole, ne sarà ripagato con frammenti di pura poesia.
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fontedante
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domenica 16 agosto 2015
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una magistrale favola cruda ai confini dell'europa
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Un vecchio, sua nipote e un isolotto. Al confine armato tra Georgia e Abcasia un fiume dà e prende la vita, regala e distrugge piccole isole dove coltivare granturco, e il conto alla rovescia è scandito dalle stagioni. Il ritmo contadino raccontato dal regista George Ovashvili ha radici ancestrali ma viene interrotto dalle visite dei militari in ricognizione. Il duro lavoro della terra rende Corn Island un film da calpestare, pagaiare, annusare come l’isolotto dei suoi protagonisti.
Magistrale attenzione al suono come alla luce, ogni inquadratura ha una profonda concezione fotografica ancora di più nell’ordinata composizione, tanto da utilizzare un linguaggio filmico molto vicino a quello del reportage, e dimostrando quanto il cinema certe volte riesca ad essere tattile.
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Un vecchio, sua nipote e un isolotto. Al confine armato tra Georgia e Abcasia un fiume dà e prende la vita, regala e distrugge piccole isole dove coltivare granturco, e il conto alla rovescia è scandito dalle stagioni. Il ritmo contadino raccontato dal regista George Ovashvili ha radici ancestrali ma viene interrotto dalle visite dei militari in ricognizione. Il duro lavoro della terra rende Corn Island un film da calpestare, pagaiare, annusare come l’isolotto dei suoi protagonisti.
Magistrale attenzione al suono come alla luce, ogni inquadratura ha una profonda concezione fotografica ancora di più nell’ordinata composizione, tanto da utilizzare un linguaggio filmico molto vicino a quello del reportage, e dimostrando quanto il cinema certe volte riesca ad essere tattile. Dallo sguardo della ragazza il confine georgiano sembra un orizzonte inarrivabile, ma anche da sfuggire, mentre lo spettatore si lascia abbandonare ai margini di un’Europa sconosciuta. Sarebbe senza tempo se non fosse per le armi automatiche imbracciate dai soldati.
Gli attori hanno un copione avaro di battute. Il lungometraggio è quasi muto, ma dall’eloquenza che supera il racconto verbale. Le fisicità e le minime espressioni degli attori fanno sì che storia e relazioni tra i personaggi si tessano andando ben oltre un ipotetico esercizio di stile. Vincitore di diversi festival, tra i quali quello di cieco Karlovy Vary, ma soprattutto selezionato dalla Georgia come film straniero da portare alle candidature all’Oscar nel 2015, ha le fattezze narrative di una favola cruda. L’arma potente del silenzio sintetizza la faticosa relazione uomo-natura fino alla sua essenza, lasciando allo spettatore un largo spazio di riflessione sulla dimensione metaforica, senza mai mollare la valenza socio-politica inscindibile dalla stessa ambientazione.
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red screen
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lunedì 24 agosto 2015
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un piccolo capolavoro di poesia visiva
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Un film epico, coraggioso ed idealista questo Corn Island. Nella purezza e ferocia visiva ricorda Dersu Usala, nel suo essere coraggiosamente quasi muto The Artist, nell’epica dello sforzo dell’uomo contro la natura Moby Dick. Volteggia tra alti paragoni questo piccolo film Georgiano, che racconta degli sforzi dell’uomo per sopravvivere in una "terra di nessuno” formata dai capricci di un fiume conteso tra Georgia ed Abkhasia. Delle isole temporanee, che si formano ogni anno nella stagione estiva, fertili, che un nonno decide di colonizzare nonostante i combattimenti del confine, per coltivare il mais necessario alla sopravvivenza dell’inverno. Quando porta con sé la nipotina orfana, alle soglie dell’adolescenza, risveglia l’interesse dei miliari dai due lati del fiume, che faticherà non poco a contenere.
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Un film epico, coraggioso ed idealista questo Corn Island. Nella purezza e ferocia visiva ricorda Dersu Usala, nel suo essere coraggiosamente quasi muto The Artist, nell’epica dello sforzo dell’uomo contro la natura Moby Dick. Volteggia tra alti paragoni questo piccolo film Georgiano, che racconta degli sforzi dell’uomo per sopravvivere in una "terra di nessuno” formata dai capricci di un fiume conteso tra Georgia ed Abkhasia. Delle isole temporanee, che si formano ogni anno nella stagione estiva, fertili, che un nonno decide di colonizzare nonostante i combattimenti del confine, per coltivare il mais necessario alla sopravvivenza dell’inverno. Quando porta con sé la nipotina orfana, alle soglie dell’adolescenza, risveglia l’interesse dei miliari dai due lati del fiume, che faticherà non poco a contenere. L’equilibrio della coppia verrà poi turbato dall’arrivo di un militare georgiano ferito. Ma non saranno i militari alla fine a distruggere il sogno dell’uomo, ma la stessa natura capricciosa che aveva creato l’isola, imponendo chiaramente il messaggio della potenza divina rispetto alla pochezza dell’uomo, che nonostante questo prova con tutte le sue forze a difendere il suo ruolo, a piantare una sua bandiera di dignità. Un film davvero commovente, con fotografia strepitosa che mi ha ricordato a tratti “I Duellanti” del primo Ridley Scott per la sua imponenza ed attori ignoti quanto espressivi. Da non perdere.
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kaipy
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domenica 30 agosto 2015
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bello
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Tre personaggi: un vecchio, una ragazza, un ribelle; la natura, la guerra.
Il vecchio a mani nude possiede una saggezza ancestrale. La terra è di chi la crea non appartiene agli uomini ma alla natura stessa come l'isolotto, nato dal disgelo e distrutto dalla corrente, come la vita dell'uomo e degli animali.
Una ragazzina prende consapevolezza del suo corpo, del suo essere donna, dei suoi desideri naturali, istintivi.
Immersi nel fluire del fiume, della natura, del tempo. I suoni della guerra. Soldati georgiani che pattugliano il fiume in cerca di ribelli. Spari nella notte. Morte.
Un ribelle ferito si nasconde nell'isolotto.
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Tre personaggi: un vecchio, una ragazza, un ribelle; la natura, la guerra.
Il vecchio a mani nude possiede una saggezza ancestrale. La terra è di chi la crea non appartiene agli uomini ma alla natura stessa come l'isolotto, nato dal disgelo e distrutto dalla corrente, come la vita dell'uomo e degli animali.
Una ragazzina prende consapevolezza del suo corpo, del suo essere donna, dei suoi desideri naturali, istintivi.
Immersi nel fluire del fiume, della natura, del tempo. I suoni della guerra. Soldati georgiani che pattugliano il fiume in cerca di ribelli. Spari nella notte. Morte.
Un ribelle ferito si nasconde nell'isolotto. Un nemico? Un giovane uomo? Il richiamo degli istinti? L'assurdità della guerra?
Cento minuti di film che scorrono senza che quasi nessuno parli. Solo un brevissimo scambio tra nonno e nipote. Sono gli sguardi a parlare, sono gli spari. È la natura che silenziosa verrà e l'uomo si accorgerà che mai nulla gli è appartenuto se non la sua umanità, il suo lavoro, la sua istintiva passione.
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barone di firenze
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lunedì 12 ottobre 2015
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onirico-incubo
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Un film che ti lascia la bocca amara per la sua conclusione, il dialogo è scarso ma essensiale in quel contesto, le guerre civili fanno da sfondo nebuloso come una mera cornice. La ragazzina con la bigotta che poi appende perchè diventata donne è una metafora che imprime il segno della vita che si trasforma. La giovane donna che spontaneamente ha la voglia di giocare con il bel soldato in una miscellanea fra ludico e sensuale da il senso di un amore in embrione e l'opposizione del nonnonon è che l'infinita diatriba fra le generazioni. il Film girato In un piccolo lembo di terra fa vedere di tutto di piu: un'insana guerra civile come tutte le guerre fraticide, il lavoro e il sudore, un amore che non ha il tempo di sbocciare, la fame e la povertà, infine la tragedia e la morte.
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Un film che ti lascia la bocca amara per la sua conclusione, il dialogo è scarso ma essensiale in quel contesto, le guerre civili fanno da sfondo nebuloso come una mera cornice. La ragazzina con la bigotta che poi appende perchè diventata donne è una metafora che imprime il segno della vita che si trasforma. La giovane donna che spontaneamente ha la voglia di giocare con il bel soldato in una miscellanea fra ludico e sensuale da il senso di un amore in embrione e l'opposizione del nonnonon è che l'infinita diatriba fra le generazioni. il Film girato In un piccolo lembo di terra fa vedere di tutto di piu: un'insana guerra civile come tutte le guerre fraticide, il lavoro e il sudore, un amore che non ha il tempo di sbocciare, la fame e la povertà, infine la tragedia e la morte. La fotografia la fa da padrone, da vedere assolutamente.
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toro sgualcito
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lunedì 5 ottobre 2015
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quasi epico
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Un film quasi epico sulla lotta dei contadini contro la natura in una terra afflitta dai conflitti militari. Un vecchio contadino, sua nipote e una piccola isola precaria sono i protagonisti. Il soggetto di questo film è interessante e potenzialmente ricco di molti aspetti simbolici, la realizzazione però mi è parsa molto appesantita dalla retorica. La scarsità di dialoghi è una scelta precisa che si adatta abbastanza bene al racconto della storia. Molta attenzione è rivolta quindi anche alle immagini ma con qualche discontinuità. Gli ambienti naturali nei quali la storia è ambientata hanno bellezza e poeticità per loro conto mentre la fotografia del film, pur con qualche idea, ne resta un po’ attonita.
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Un film quasi epico sulla lotta dei contadini contro la natura in una terra afflitta dai conflitti militari. Un vecchio contadino, sua nipote e una piccola isola precaria sono i protagonisti. Il soggetto di questo film è interessante e potenzialmente ricco di molti aspetti simbolici, la realizzazione però mi è parsa molto appesantita dalla retorica. La scarsità di dialoghi è una scelta precisa che si adatta abbastanza bene al racconto della storia. Molta attenzione è rivolta quindi anche alle immagini ma con qualche discontinuità. Gli ambienti naturali nei quali la storia è ambientata hanno bellezza e poeticità per loro conto mentre la fotografia del film, pur con qualche idea, ne resta un po’ attonita. Quindi il film sceglie di appoggiarsi molto sui visi dei due protagonisti: nonno e nipote che sostengono dignitosamente la parte loro assegnata, anche se gli sguardi e la mimica dei personaggi possono risultare un po’ ripetitivi. Il film si lascia seguire senza troppa fatica ma ha qualcosa fuori dal tempo attuale e non mi riferisco all’ambientazione del soggetto ma al tipo di linguaggio usato. Sembra di vedere un certo cinema italiano degli anni cinquanta ma d’altra parte, a dispetto della globalizzazione, ogni terra vive il tempo dei suoi linguaggi. Una nota di merito la darei a tutta la squadra di produzione, attori compresi per le probabili difficoltà che avranno incontrato a girare in quelle circostanze.
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