Corn Island |
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Un film di George Ovashvili.
Con Ylias Salman, Mariam Buturishvili, Tamer Levent, Irakli Samushia
Titolo originale Simindis kundzuli.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 100 min.
- Repubblica ceca, Spagna, Georgia, Islanda, Corea del sud, Gran Bretagna, Turchia, Israele, USA 2014.
- Cineama
uscita giovedì 20 agosto 2015.
MYMONETRO
Corn Island
valutazione media:
3,44
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Una magistrale favola cruda ai confini dell'Europadi FontedanteFeedback: 100 |
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domenica 16 agosto 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un vecchio, sua nipote e un isolotto. Al confine armato tra Georgia e Abcasia un fiume dà e prende la vita, regala e distrugge piccole isole dove coltivare granturco, e il conto alla rovescia è scandito dalle stagioni. Il ritmo contadino raccontato dal regista George Ovashvili ha radici ancestrali ma viene interrotto dalle visite dei militari in ricognizione. Il duro lavoro della terra rende Corn Island un film da calpestare, pagaiare, annusare come l’isolotto dei suoi protagonisti. Magistrale attenzione al suono come alla luce, ogni inquadratura ha una profonda concezione fotografica ancora di più nell’ordinata composizione, tanto da utilizzare un linguaggio filmico molto vicino a quello del reportage, e dimostrando quanto il cinema certe volte riesca ad essere tattile. Dallo sguardo della ragazza il confine georgiano sembra un orizzonte inarrivabile, ma anche da sfuggire, mentre lo spettatore si lascia abbandonare ai margini di un’Europa sconosciuta. Sarebbe senza tempo se non fosse per le armi automatiche imbracciate dai soldati. Gli attori hanno un copione avaro di battute. Il lungometraggio è quasi muto, ma dall’eloquenza che supera il racconto verbale. Le fisicità e le minime espressioni degli attori fanno sì che storia e relazioni tra i personaggi si tessano andando ben oltre un ipotetico esercizio di stile. Vincitore di diversi festival, tra i quali quello di cieco Karlovy Vary, ma soprattutto selezionato dalla Georgia come film straniero da portare alle candidature all’Oscar nel 2015, ha le fattezze narrative di una favola cruda. L’arma potente del silenzio sintetizza la faticosa relazione uomo-natura fino alla sua essenza, lasciando allo spettatore un largo spazio di riflessione sulla dimensione metaforica, senza mai mollare la valenza socio-politica inscindibile dalla stessa ambientazione.
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