kalibano
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domenica 22 settembre 2013
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favelas palermitana: il duello di samira e rosa...
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Due donne in duello in via Castellana Bandiera, tra colpi di clacson e una minzione liberatoria, sullo sfondo di una Palermo afosa e caotica. Samira, anziana e silenziosa, pazza per la perdita prematura dell'unica figlia. Rosa, giovane e granitica, fuggita da una città ostile e da una madre opprimente, non sappiamo perchè, forse per la sua omosessualità.
loro due a fronteggiarsi nelle rispettive auto, a scrutarsi con sguardi inesorabili e incuranti della tragedia che si sta scatenando attorno a loro. Unico squarcio d'amore, da un lato, quello del nipote di Samira che le si rivolge nella propria lingua (il greco albanese ancora vivo e parlato in quel paese siciliano che si chiama appunto Piana degli Albanesi)supplicandola di cedere il passo e soprattutto di non morire.
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Due donne in duello in via Castellana Bandiera, tra colpi di clacson e una minzione liberatoria, sullo sfondo di una Palermo afosa e caotica. Samira, anziana e silenziosa, pazza per la perdita prematura dell'unica figlia. Rosa, giovane e granitica, fuggita da una città ostile e da una madre opprimente, non sappiamo perchè, forse per la sua omosessualità.
loro due a fronteggiarsi nelle rispettive auto, a scrutarsi con sguardi inesorabili e incuranti della tragedia che si sta scatenando attorno a loro. Unico squarcio d'amore, da un lato, quello del nipote di Samira che le si rivolge nella propria lingua (il greco albanese ancora vivo e parlato in quel paese siciliano che si chiama appunto Piana degli Albanesi)supplicandola di cedere il passo e soprattutto di non morire. Mentre, dal lato di Rosa, abbiamo un segno di tenerezza nella filastrocca cantata dalla sua compagna, Clara, che comunque ritorna a lei con uno slancio di puro affetto.
a notte tutto si placa, ma non cede l'ostinazione delle due protagoniste.
ma la fine arriva, all'alba, comunque con il cedimento fisico di Samira.
allora tutti corrono, accorrono, soccorrono. tutti verso il baratro. perchè di questo si tratta.
tanto questa, a Palermo, "iè strata qa nu spunta" strada senza uscita, senza soluzione...
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michele
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giovedì 19 settembre 2013
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una grande opera prima
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Presentato in concorso alla 70a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 'Via Castellana Bandiera' è il film d'esordio della regista teatrale Emma Dante. C'era grande curiosità intorno a questa pellicola, sia perché si trattava di un'opera prima e poi perché i film italiani al Lido sono sempre molto attesi nella speranza di avere qualche segnale di risveglio da parte del nostro cinema anche se non trovano mai facile terreno di conquista. Il Festival è sempre una prova ardua da superare per i nostri autori e sono molti i registi con un curriculum importante alle spalle che spesso hanno abbandonato la kermesse con qualche sassolino di troppo nella scarpa, tanto da voler, in certi casi addirittura, rinunciare a ripresentare un proprio film.
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Presentato in concorso alla 70a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 'Via Castellana Bandiera' è il film d'esordio della regista teatrale Emma Dante. C'era grande curiosità intorno a questa pellicola, sia perché si trattava di un'opera prima e poi perché i film italiani al Lido sono sempre molto attesi nella speranza di avere qualche segnale di risveglio da parte del nostro cinema anche se non trovano mai facile terreno di conquista. Il Festival è sempre una prova ardua da superare per i nostri autori e sono molti i registi con un curriculum importante alle spalle che spesso hanno abbandonato la kermesse con qualche sassolino di troppo nella scarpa, tanto da voler, in certi casi addirittura, rinunciare a ripresentare un proprio film. E' un viziaccio tipicamente italiano quello di essere sempre esageratamente critici e crudeli verso se stessi e ciò che ci rappresenta, però non è questo il caso. Emma Dante firma una grande pellicola, un mirabile affresco di uno spaccato sociale italiano che ha la capacità di trasformarsi in corso d'opera, in un progetto di più ampio respiro, in una metafora della condizione generale in cui versa il nostro paese, bloccato e assolutamente non in grado di andare avanti.
La storia è semplice: due auto con alla guida due donne, Rosa (Emma Dante) e Samira (Elena Cotta), si ritrovano a dover attraversare lo stesso tratto di strada in mezzo alle case, in una zona ai margini di Palermo tra il mare e la montagna, ma la via è troppo stretta perché entrambe le macchine vi possano transitare nei due sensi di marcia. Nessuna delle due protagoniste vuole retrocedere o cedere il passo all'altra, fino ad arrivare ad un tragico epilogo.
La storia che Emma Dante porta sullo schermo acquista fin da subito una vocazione che va oltre il singolo dato di fatto, oltre l'episodio rappresentato. La storia si erge pian piano come una sorta di allegoria sociale non tanto di una zona geopolitica ben definita del nostro territorio, quanto piuttosto di una condizione che riguarda l'intero italico paese, dove l'ambizione personale e il mito supremo dell'individualismo dominano incontrastati nei confronti del processo di coesione sociale che dovrebbe essere alla base di una società sana e libera. Ognuna delle due donne al volante non ha mai intenzione di arrendersi, entrambe marcano il proprio territorio come le bestie facendo pipì sulla strada, si sfidano a colpi di sguardi, vigilano costantemente l'una sull'altra. Dall'altra parte, l'ambiente umano intorno a loro, non cerca mai di trovare una soluzione ragionevole per sistemare la vicenda, ma vede in questo episodio un'occasione per trarne un profitto economico, scommettendo su chi delle due cederà prima.
Il film cresce mano a mano che va avanti e riesce, partendo dal particolare a lanciare un messaggio di allarme universale per quanto riguarda la condizione umana nella sua interezza, sempre più guidata dalle logiche egoistiche del profitto e della speculazione che hanno soppiantato definitivamente ogni valore morale e di cooperazione tra esseri viventi.
Una prova ardua per una regista esordiente che riesce sempre a mantenere alto il livello della tensione, senza annoiare mai. In particolar modo ci regala un grande finale, attraverso un'unica inquadratura, che disvela allo spettatore un'altra lettura della storia, una sorta di speranza, di via alternativa che però l'essere umano oggi, non sembra proprio in grado di cogliere.
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mariadele
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giovedì 19 settembre 2013
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donne contro
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Il film via castellana bandiere è di per sè geniale e ben girato. Lo scontro simboleggiato dalle 2 macchine è lo scontro tra due soggetti che vivono fuori dai normali canoni della normalità uno per scelta (la coppia lesbica) l'altro perchè è così: il loro essere fuori èassolutamente normale, Non hanno mai fatto una qualsiasi riflessione sul loro essere "fuori", rivendicano solo un diritto di passaggio che in virtù della loro stranezza e prepotenza gli viene concessa. Io li ho amati per la loro naiffità li ho amati per per le loro tavolate per il loro essere prolifici per il loro sentirsi a posto.
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Il film via castellana bandiere è di per sè geniale e ben girato. Lo scontro simboleggiato dalle 2 macchine è lo scontro tra due soggetti che vivono fuori dai normali canoni della normalità uno per scelta (la coppia lesbica) l'altro perchè è così: il loro essere fuori èassolutamente normale, Non hanno mai fatto una qualsiasi riflessione sul loro essere "fuori", rivendicano solo un diritto di passaggio che in virtù della loro stranezza e prepotenza gli viene concessa. Io li ho amati per la loro naiffità li ho amati per per le loro tavolate per il loro essere prolifici per il loro sentirsi a posto. Andiamo a Laura e Rosa coppia di Arruse (secondo l'etimo arabo coppia di spose) incazzate tra di loro, incazzate con il mondo ed in particolare Laura incazzata con la propria madre che non vule vedere. Laura non fa i conti con il destino, incontra SAmira, madre forte distrutta dal dolore che quasi in una sorta di amplesso si corica sulla tomba della figlia e in un dolore folle ma vitale, quando fa visita il cimitero dà da mangiare ai cani randagi, ripetendo il mito eterno della donna nutrice. Allora Le corna dura di Laura "Tischi toschi" è la lotta mitica contro la madre, una vera e propria matriarca vestita di nero con gli occhi fissi d'avanti a sè sprangati dal dolore. Allora Laura con un vestitino nè elegante nè minimalista ingaggia una lotta rabbiosa e senza senso con questa madre simbolica e su lei scarica tutta la sua rabbia. La rabbia della scelta di una vita contro. Il tema del film si declina al femminile indagando ed è il mito dell'uccisione simbolica della madre che tutte noi dobbiamo fare per diventare adulte. Ma questa lotta è claustrofobica e diventa fallica nella "pisciata" che le due contendenti fanno a terra per non lasciare il posto di lotta. Tutto il resto la scommessa che la famiglia naif organizza la strada che guarda queste due macchine come un ring è folclore. Come è patetica Rosa che dopo aver mandato a quel paese l'amante ritornata all'alba, non approfitta del suo sonno per spostare la macchina, ma il suo pensiero è fare pace e ritrovare l'intimità persa, Attraverso la loro canzone anche il nipote Albanese l'unico in grado di far ragionare Samira (la matriarca) ad un certo punto si scoccia e l'abbandona al suo detino, fino a trovarla morta (ITTO'' U SANGU FINALMENTE); a quel punto la macchina di Laura si sposta repentinamente e la macchina di Samira va incontro al tragico destino, creato dall'incoscienza e dall'insensibilità dei locali.Non c'è riscatto nel film, la bella canzone che accompagna il finale ne allevia la durezza . Le persone del vicolo oramai sole, come lo sono sempre state,, che accorrono sono come gli spettattori del colosseo che vogliono vedere la fine di uno scontro tra belve. L''uccisione della madre qui non è simbolica, ma è reale, Quello che consola è che le donne tutte non hanno totalmente perso la loro capacità di accudimento di solidarietà anche se rimane sullo sfondo e non ci dà il lieto fine sperato
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loveitalianmovie
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mercoledì 18 settembre 2013
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un po' noioso
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È troppo lungo e lento. Ci sono delle parti buone, ma secondo me questo film aveva bisogna del montaggio.
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goldy
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lunedì 16 settembre 2013
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mi piacerebbe capire
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Mi piacerebbe capire quali sono i criteri che la giuria di un festival segue per premiare un'attrice o un attore. In questo film la protagonista femminile non dice una parola, la si vede (tranne nella scena iniziale) sempre seduta in macchina e la regista non le concede mai un primo piano. Eppure si è meritata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. Anche la colonna sonora , una canzone, peraltro bellissima, ascoltata una sola volta nella lunga scena finale ha guadagnato un premio importante. Davvero i cossiddetti qaddetti ai lavori posseggono strumenti critici vosì esclusivi e sofisticati da diventare incomprensibili a noi semplici fruitori di film?
Obiettivamente il film mi sembra da relegare nella categoria "Molto rumore per nulla" nel senso che se debbo viverlo come una metafora di una certta realtà siciliana beh, non mi dice nulla di nuovo.
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Mi piacerebbe capire quali sono i criteri che la giuria di un festival segue per premiare un'attrice o un attore. In questo film la protagonista femminile non dice una parola, la si vede (tranne nella scena iniziale) sempre seduta in macchina e la regista non le concede mai un primo piano. Eppure si è meritata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. Anche la colonna sonora , una canzone, peraltro bellissima, ascoltata una sola volta nella lunga scena finale ha guadagnato un premio importante. Davvero i cossiddetti qaddetti ai lavori posseggono strumenti critici vosì esclusivi e sofisticati da diventare incomprensibili a noi semplici fruitori di film?
Obiettivamente il film mi sembra da relegare nella categoria "Molto rumore per nulla" nel senso che se debbo viverlo come una metafora di una certta realtà siciliana beh, non mi dice nulla di nuovo. Su un piano più generale riflettere sulla stupidità dell'intrasigenza e della testardaggine a scapito della ragionevolezza bè non mi sembra una scoperta di scioccante novità..
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(di odessa)
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lucyelisa
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venerdì 13 settembre 2013
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convincente opera prima
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Emma Dante , registra teatrale di talento , esordisce alla regia cinematografica " alla grande " raccontando un duello tra due donne ostinate e testarde tutto al femminile , un moderno western , come ,lo definisce la stessa registra che - per l'esordio - aveva bisogno della polvere , della carne e della strada che sceglie nella Sua via Castellana Bandiera ,una viuzza ,sovrastata dal Monte pellegrino, nella sua Palermo anche se il film non è un su Palermo o sul sud ma narra la impenetrabilità e la irriducibile determinazione di due donne con un vissuto tormentato: Samira ,anziana "chianiota" ( proveniente dalla cittadina di Piana degli Albanesi, dove vive una piccola comunità di origine greco- albanese che parla un dialetto antico e che il genero definisce “turchi” come i palermitani sono soliti indicare gli stranieri ) ,muta nel suo dolore per la prematura scomparsa della figlia e sopraffatta dalla rumorosa famiglia Calafiore ( genero e nipoti ) , una maschera tragica affidata all’ espressività di Elena Cotta , un personaggio essenziale nella sua sofferenza impenetrabile ( quasi un eroina greca che , nel suo abito da lutto, si stende in un silenzioso abbraccio sulla tomba del figlia ) sfiorato solo dalla tenerezza del e per il nipote che parla la sua lingua; Rosa - angosciata dalle incomprensioni con la compagna Clara - che rifugge dal difficile rapporto con la madre e la sua città di origine dove torna malvolentieri ; due donne appartenenti a mondi diversi: Samira povera ed oppressa dal genero ( un bravissimo Daniele Malfatti, credo attore non professionista ) e Rosa , borghese e libera da legami familiari, ma entrambe pari nell’ ostinazione con cui restano chiuse nelle loro autovetture senza cedere il passo l’una all'altra in quella via stretta , senza regole ( dove non c'è senso di marcia si sale e si scende dice una donna che abita nella strada ed i numeri civici sono alla rifusa).
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Emma Dante , registra teatrale di talento , esordisce alla regia cinematografica " alla grande " raccontando un duello tra due donne ostinate e testarde tutto al femminile , un moderno western , come ,lo definisce la stessa registra che - per l'esordio - aveva bisogno della polvere , della carne e della strada che sceglie nella Sua via Castellana Bandiera ,una viuzza ,sovrastata dal Monte pellegrino, nella sua Palermo anche se il film non è un su Palermo o sul sud ma narra la impenetrabilità e la irriducibile determinazione di due donne con un vissuto tormentato: Samira ,anziana "chianiota" ( proveniente dalla cittadina di Piana degli Albanesi, dove vive una piccola comunità di origine greco- albanese che parla un dialetto antico e che il genero definisce “turchi” come i palermitani sono soliti indicare gli stranieri ) ,muta nel suo dolore per la prematura scomparsa della figlia e sopraffatta dalla rumorosa famiglia Calafiore ( genero e nipoti ) , una maschera tragica affidata all’ espressività di Elena Cotta , un personaggio essenziale nella sua sofferenza impenetrabile ( quasi un eroina greca che , nel suo abito da lutto, si stende in un silenzioso abbraccio sulla tomba del figlia ) sfiorato solo dalla tenerezza del e per il nipote che parla la sua lingua; Rosa - angosciata dalle incomprensioni con la compagna Clara - che rifugge dal difficile rapporto con la madre e la sua città di origine dove torna malvolentieri ; due donne appartenenti a mondi diversi: Samira povera ed oppressa dal genero ( un bravissimo Daniele Malfatti, credo attore non professionista ) e Rosa , borghese e libera da legami familiari, ma entrambe pari nell’ ostinazione con cui restano chiuse nelle loro autovetture senza cedere il passo l’una all'altra in quella via stretta , senza regole ( dove non c'è senso di marcia si sale e si scende dice una donna che abita nella strada ed i numeri civici sono alla rifusa). Non è un film su Palermo ( che ha il privilegio di averlo distribuito nelle sale in anteprima ) ma le note forti e popolari della città ,irrompono con prorompente vitalità ,attraverso la rumorosità e genuinità degli abitanti della strada, offrendo quella dimensione corale che ritrovo , con accenti diversi, in altri registi palermitani di origine o di adozione ( Tano da morire di Roberta Torre dove l’ironia e è la chiave di lettura , è stato il figlio di Daniele Ciprì ,dominato dal cinismo che qui fa capolino nella bizzarra scommessa tra gli abitati della straduzza sulla resistenza delle due donne) e che culmina nella scena finale di corsa dei personaggi che popolano la via verso una metà ignota ( forse il baratro che la delimita? ) mentre la viuzza si allarga quasi in una prospettiva liberatoria .Nonostante l’apparente fissità della scena, il film , con una ottima fotografia e sceneggiatura, ha una tensione narrativa costante ed avvincente.
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(di franco57s)
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yuri.totani
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venerdì 30 agosto 2013
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le solite idiote
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il trailer mi ricorda lo sketch dei soliti idioti con i due litigiosi che discutono per una precedenza, prima in modo civile ed educato, poi insultandosi con epiteti sempre più volgari, infine abbaiandosi rabbiosi.
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