fabiofeli
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domenica 9 marzo 2014
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dialogo senza parole
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Giovanna (Francesca Di Benedetto) è un’adolescente con una sorella speciale, Margherita, soprannominata Pulce (Ludovica Falda), una bambina autistica di nove anni. Ed ha una vita speciale quella chi ha questo tipo di problema. Padre (Pippo Del Bono), madre (Marina Massironi) e sorella scandiscono i ritmi della loro vita a seconda degli umori di Pulce, che passano dal riso al pianto, al rifiuto solo a gesti. Come le dita di una mano i tre collaborano e mantengono una difficile armonia: si deve imparare il linguaggio senza parole della bambina, se non si vuole essere tagliati fuori dalla comunicazione. Bisogna capire che un pugno agitato vuol dire “voglio sentire la musica” e una mano che batte ripetutamente il cuore significa “ho paura”.
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Giovanna (Francesca Di Benedetto) è un’adolescente con una sorella speciale, Margherita, soprannominata Pulce (Ludovica Falda), una bambina autistica di nove anni. Ed ha una vita speciale quella chi ha questo tipo di problema. Padre (Pippo Del Bono), madre (Marina Massironi) e sorella scandiscono i ritmi della loro vita a seconda degli umori di Pulce, che passano dal riso al pianto, al rifiuto solo a gesti. Come le dita di una mano i tre collaborano e mantengono una difficile armonia: si deve imparare il linguaggio senza parole della bambina, se non si vuole essere tagliati fuori dalla comunicazione. Bisogna capire che un pugno agitato vuol dire “voglio sentire la musica” e una mano che batte ripetutamente il cuore significa “ho paura”. Ma c’è l’aiuto della tecnologia: una tastiera di un computer e una mano che solleva il polso della bambina autistica permetta a Pulce di scrivere e comunicare. Ma c’è un ma. Dagli stentati messaggi scritti nel computer emerge un’accusa terribile: il padre ha abusato di lei e della sorella più grande. La famiglia viene sconvolta dalla sottrazione di Pulce che viene affidata a una casa-famiglia, gestita dai servizi sociali. I contatti con madre e sorella sono permessi solo sporadicamente e il padre non può più vederla. Comincia un calvario per tutti che sfiora la tragedia.
I tram di Torino lucenti nella notte, la cupola di Superga con le lucine rosse che la fanno sembrare una melagrana matura, un piazzale per skateboard popolato di adolescenti alla ricerca di una loro autonomia - sotto un ponte pedonale sospeso e rossi palazzoni popolari – che, pur edulcorato, ricorda il Paranoid Park di Gus Van Sant, una donna folle che canta canzoni di chiesa e proclama “Sono tutti matti!” costituiscono una sorta di linguaggio cinematografico autistico ed aggiungono valore ed immagine esterna ai pensieri di Giovanna. La ragazza ascolta i mutamenti nel suo corpo che diventa donna e la macchina da presa ne descrive i gesti minimi: uno sguardo, un allacciarsi di mani, un sottrarre alle occhiate critiche delle coetanee i suoi piedi nelle scarpe di donna adulta, vagamente ridicole in chi ha sempre calzato scarpe da tennis. A scuola, sulla scia delle Metamorfosi di Kafka, immagina la vita degli insetti: i ragni ai più sembrano sporchi, ma per lei conducono una vita ordinata, guidati come sono dai fili della ragnatela.
Un film poetico, delicato, illuminato dai grandi occhi neri della straordinaria esordiente Di Benedetto, arricchito dalle recitazioni puntuali e misurate di tutti gli altri; il libro dal quale è tratto è di Gaia Rayneri, collaboratrice della sceneggiatura. Una regia attenta che privilegia l’illustrazione per immagini del grande cinema mantenendo un dialogo stringato ed essenziale, raccontando una storia vera vissuta quotidianamente da molte famiglie.
Un ottimo film italiano, che forse avrà difficoltà nelle distribuzione. Ed è un vero peccato.
Da non mancare.
Valutazione *** ½
FabioFeli
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effemmecinema
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lunedì 10 marzo 2014
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un fulmine a ciel sereno turba una famiglia
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Margherita (Ludovica Falda) ha nove anni, ascolta il tango e va pazza per il tamarindo. Ride, ma non sai mai se è felice, piange, ma non sapresti dire se è triste. Ha molto da dire ma nessuno vuole o riesce ad ascoltarla davvero, così i suoi sentimenti ed i suoi desideri rimangono custoditi dentro uno scrigno inaccessibile, nel quale ogni tanto si apre una breccia per potervi sbirciare dentro. Per la sua famiglia è “Pulce” e nemmeno una patologia problematica come l’autismo riesce ad inquinare la felicità del tempo passato assieme a lei.
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Margherita (Ludovica Falda) ha nove anni, ascolta il tango e va pazza per il tamarindo. Ride, ma non sai mai se è felice, piange, ma non sapresti dire se è triste. Ha molto da dire ma nessuno vuole o riesce ad ascoltarla davvero, così i suoi sentimenti ed i suoi desideri rimangono custoditi dentro uno scrigno inaccessibile, nel quale ogni tanto si apre una breccia per potervi sbirciare dentro. Per la sua famiglia è “Pulce” e nemmeno una patologia problematica come l’autismo riesce ad inquinare la felicità del tempo passato assieme a lei. Ma un giorno la piccola Margherita viene sottratta ai suoi cari, in seguito ad una accusa grave ed infamante.
“Pulce non c'è”: dal libro omonimo ed autobiografico di Gaia Rayneri - qui collaboratrice alla sceneggiatura di Monica Zapelli - che nella vita ha vissuto davvero il dramma dell’allontanamento familiare della sorella più piccola per un periodo di nove mesi, trovandosi suo malgrado a dover affrontare drammatiche incertezze.
Il regista Giuseppe Bonito – premiato al suo esordio con il secondo posto di categoria ai Nastri d’Argento 2013 e vincitore dell’ultima rassegna “Bimbi Belli”, organizzata da Nanni Moretti - racconta la vicenda di Margherita attraverso lo sguardo della scrittrice, ovvero nel film quello della sorella adolescente Giovanna (Francesca Di Benedetto, molto brava).
Oltre che di buoni sentimenti e commozione la sua pellicola si nutre anche di sensazioni angosciose e di una tensione narrativa derivante dai molti dubbi privi di una risposta. Tutte le laceranti preoccupazioni ed i torbidi stati d’animo si raccolgono sul viso accigliato e nerissimo di Pippo Del Bono (nel ruolo di Gualtiero, il padre di “Pulce”).
La pellicola di Bonito pone l’accento – senza calcare la mano – sull’inadeguatezza delle istituzioni, sulla solerzia cieca ed il poco tatto degli addetti ai lavori (insegnanti, medici, assistenti sociali), suggerendo come sia facile scivolare nell’abuso partendo dal presupposto di evitarlo.
“Pulce non c’è” si compone di piccoli dettagli che colgono nel segno divenendo emozioni e smussa le sue imperfezioni con la forza della sincerità. Si avverte l’interesse per la storia raccontata, puntellata ad ogni passo da una delicatezza che viene dalla “vicinanza”.
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stefanocapasso
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martedì 3 aprile 2018
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la difficile crescita di un'adolescente
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Una famiglia di Torino apparentemente normale vive una vita diversa. La piccola di casa, Margherita, ha 9 anni è autistica e vive in un mondo dove la sorella adolescente, Giovanna, il padre e la madre trovano con tanto amore e cura, lo spazio adatto per entrare e riuscire a comunicare con lei. Un giorno però Pulce, questo è il soprannome di Margherita, richiama l’attenzione dei servizi sociali a causa di alcune informazioni che emergono a scuola: il padre è sospettato di aver abusato di lei. Comincia una lunga battaglia, che getta la famiglia nel dramma e la costringe a confrontarsi.
Molto bello il film di Giuseppe Bonito che affronta il tema dell’autismo e in particolare dei risvolti che comporta nella famiglia e come in questo caso, nelle istituzioni.
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Una famiglia di Torino apparentemente normale vive una vita diversa. La piccola di casa, Margherita, ha 9 anni è autistica e vive in un mondo dove la sorella adolescente, Giovanna, il padre e la madre trovano con tanto amore e cura, lo spazio adatto per entrare e riuscire a comunicare con lei. Un giorno però Pulce, questo è il soprannome di Margherita, richiama l’attenzione dei servizi sociali a causa di alcune informazioni che emergono a scuola: il padre è sospettato di aver abusato di lei. Comincia una lunga battaglia, che getta la famiglia nel dramma e la costringe a confrontarsi.
Molto bello il film di Giuseppe Bonito che affronta il tema dell’autismo e in particolare dei risvolti che comporta nella famiglia e come in questo caso, nelle istituzioni. Di fatto il film diventa, tratto da una storia vera, diventa un vero atto di denuncia verso la superficialità con cui i servizi sociali e le istituzioni stesse possono agire causando veri e propri traumi. Ma l’attenzione principale è su Giovanna, narratrice della storia, che ci accompagna nel mondo familiare e nel suo, difficile, di adolescente. La crisi diventa il momento per lei e i suoi genitori, di ricevere quelle attenzioni necessarie e inevitabilmente deviate sulla sorella. Proprio nel difficile periodo dell’ingresso nell’adolescenza la ragazza trova gli stimoli per emergere in modo diverso e cominciare il suo percorso di emancipazione.
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flyanto
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lunedì 28 luglio 2014
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come può venire sconvolta una famiglia da un'infam
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Film in cui si narra di una bambina autistica, soprannominata Pulce, la quale viene strappata via dalla propria famiglia e rinchiusa in un istituto per bambini disabili in quanto il proprio padre è stato accusato di avere abusato di lei sessualmente. Da qui inizia per tutti i componenti della famiglia, sorella maggiore della piccola Pulce compresa, un calvario che li porterà al cospetto continuo di dottori, avvocati, giudici ed assistenti sociali al fine di scoprire come sono realmente avvenuti i fatti, e gettandoli così in uno stato di disperazione e di esasperazione, nonchè di allontanamento e di raffreddamento dei rapporti nei confronti gli uni degli altri.
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Film in cui si narra di una bambina autistica, soprannominata Pulce, la quale viene strappata via dalla propria famiglia e rinchiusa in un istituto per bambini disabili in quanto il proprio padre è stato accusato di avere abusato di lei sessualmente. Da qui inizia per tutti i componenti della famiglia, sorella maggiore della piccola Pulce compresa, un calvario che li porterà al cospetto continuo di dottori, avvocati, giudici ed assistenti sociali al fine di scoprire come sono realmente avvenuti i fatti, e gettandoli così in uno stato di disperazione e di esasperazione, nonchè di allontanamento e di raffreddamento dei rapporti nei confronti gli uni degli altri.
Questa delicata e terribile storia riflette una realtà, ahimè, purtroppo ormai assai comune nella realtà di oggi, e cioè quella degli abusi sessuali da parte di parenti prossimi o, comunque, persone adulte, nei confronti dei minori. Il caso che qui, alla sua prima opera registica, Giuseppe Bonito presenta è tratto da una storia vera ed in maniera assai minuziosa e precisa il regista scandaglia tutte le indagini che nel caso specifico di presunta violenza sessuale devono portare avanti gli addetti preposti. Ma l'aspetto che Bonito prende in considerazione e mostra al lettore in maniera alquanto delicata, non è solo quello di tutto l'iter investigativo ma anche e soprattutto quello riguardante la devastazione che tutto ciò può procurare all'interno di una famiglia. Dall'incredulità al sospetto crescente che la violenza sia accaduta realmente o meno, alle incomprensioni e tensioni e reazioni varie scaturite dall'insieme degli eventi, al dolore ed al patimento di essere allontanati fisicamente (non tutti i componenti familiari) dalla piccola, ormai relegata in un ambiente per lei del tutto nuovo e difficile da ambientarsi, insomma tutto uno sconvolgimento psicologico ed emotivo che chiaramente minerà i rapporti all'interno della famiglia e finchè il caso non verrà risolto definitivamente.
Una piccola annotazione che mi sembra giusto fare riguarda il fatto che nel film, a mio parere, c'è una lieve e velata accusa da parte di Bonito al lavoro svolto da parte di tutto lo staff giudiziario e medico preposto alle indagini dei fatti accaduti, che appunto vuole screditare un poco l'iter condotto dalle suddette persone preposte e con cui io, invece, non mi trovo pienamente d'accordo poichè ritengo che per quanto vengano presentati terribili e crudeli certi metodi d'indagine (basti pensare alla scena della forzata visita ginecologica inferta sulle figlie, sulla piccola Pulce in particolare) in simili circostanze occorra impiegare tutte le forze ed i metodi necessari al fine di giungere alla verità dei fatti.
Ottima l'interpretazione da parte di tutti gli attori scelti per i vari ruoli: da Pippo Delbono e Marina Massironi in quello dei genitori, all'esordiente Francesca Di Benedetto, giustamente paragonata all'Alba Rohrwacher degli esordi, in quello della sorella maggiore colpita nel profondo ed in prima persona.
Un piccolo gioiello di film che fortunatamente, sia pure dopo due anni e nel circuito cinematografico estivo, è approdato nelle sale cinematografiche italiane.
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