diomede917
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sabato 15 settembre 2012
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quando cinico tv incontra la tregedia greca
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Nella cultura siciliana del passato esiste una figura che è quella del cantastorie di piazza, una persona che normalmente racconta storie tragiche che seguono una propria perfetta geometria.
Nei giorni nostri questa figura è sostituita da Busu, uno strano personaggio che ricorda il Forrest Gump alla fermata dell’autobus ma che racconta questa strana storia alle persone che affollano un ufficio postale in attesa di pagare le proprie bollette.
E’ così che inizia la bizzarra e drammatica storia della famiglia Ciraulo, una delle tante che popolano i palazzoni delle periferie di Palermo…..una famiglia che sfanga da vivere smembrando le navi ai cantieri navali per poter rivendere il ferro.
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Nella cultura siciliana del passato esiste una figura che è quella del cantastorie di piazza, una persona che normalmente racconta storie tragiche che seguono una propria perfetta geometria.
Nei giorni nostri questa figura è sostituita da Busu, uno strano personaggio che ricorda il Forrest Gump alla fermata dell’autobus ma che racconta questa strana storia alle persone che affollano un ufficio postale in attesa di pagare le proprie bollette.
E’ così che inizia la bizzarra e drammatica storia della famiglia Ciraulo, una delle tante che popolano i palazzoni delle periferie di Palermo…..una famiglia che sfanga da vivere smembrando le navi ai cantieri navali per poter rivendere il ferro.
Capo famiglia l’originale Nicola, un uomo buffo che cammina in modo buffo e ha una visione buffa della vita.
Purtroppo un agguato di matrice mafiosa nei confronti del nipote Masino si trasforma in ulteriore tragedia visto che cade vittima la piccola di casa, Serenella.
Questo evento luttuoso si trasforma in una sorta di gallina dalle uova d’oro visto che lo Stato indennizza la famiglia Ciraulo con 220 milioni delle vecchie lire e da questo momento l’uomo buffo si trasforma in uomo ridicolo.
Ispirato al libro di Roberto Alajmo candidato allo Strega “E’ stato il figlio” è la rappresentazione del potere subdolo del denaro nei confronti di questi nuovi brutti, sporchi e cattivi e dei simboli che può comprare (come per esempio una Mercedes).
In questa opera prima Daniele Ciprì riversa tutto il suo amore e odio nei confronti della sua Palermo, perfettamente ambientata, trasportata e fotografata in Puglia.
I suoi personaggi ricordano e non poco i border line di Cinico TV dal vicino di casa panzone, all’avvocato con la forfora fino allo strozzino appassionato di musica.
Ma anche i suoi Ciraulo sono descritti decisamente in maniera eccessiva e grottesca, il Nicola di Toni Servillo diventa una sorta di macchietta in balia degli eventi fino ad arrivare alla parte migliore del film…..un finale da tragedia greca ottimamente gestito dalle donne del film in particolar modo da quella vecchia volpe che è Aurora Quattrocchi….una nonna che rimane al confine per tutto il film per esplodere in tutta la sua cattiveria nel drammatico epilogo.
Premiato giustamente a Venezia il migliore direttore della fotografia del nostro cinema insieme agli occhi smarriti di Fabrizio Falco, E’ stato il figlio più che un film è una rappresentazione di maschere….una sorta di teatro dell’assurdo che alla lunga rischia di stancare e girare a vuoto salvato dall’ultimo intenso quarto d’ora.
Voto 6/7
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gabriele marolda
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domenica 16 settembre 2012
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riflessione amara, non cinica, sull'emarginazione
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Non ritengo che questo primo film di Ciprì si possa considerare un capolavoro per alcuni indubbi limiti, come l'uso del dialetto palermitano a cui il regista ha fatto ricorso per rendere più veri i personaggi tratti da un mondo di sofferta emarginazione non solo economica, ma anche culturale, e che tuttavia ne escludono in parte la comprensione a chi non abbia una sia pur minima dimestichezza con quel linguaggio.
In questa sua prima opera solitaria, ispirata ad un romanzo di Roberto Alajmo, Daniele Ciprì mostra i frutti maturi della sua esperienza con Franco Maresco in "Cinico TV", in una rappresentazione che in molti tratti ricorda la tragedia greca calata in una realtà dolente della periferia di una grande città.
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Non ritengo che questo primo film di Ciprì si possa considerare un capolavoro per alcuni indubbi limiti, come l'uso del dialetto palermitano a cui il regista ha fatto ricorso per rendere più veri i personaggi tratti da un mondo di sofferta emarginazione non solo economica, ma anche culturale, e che tuttavia ne escludono in parte la comprensione a chi non abbia una sia pur minima dimestichezza con quel linguaggio.
In questa sua prima opera solitaria, ispirata ad un romanzo di Roberto Alajmo, Daniele Ciprì mostra i frutti maturi della sua esperienza con Franco Maresco in "Cinico TV", in una rappresentazione che in molti tratti ricorda la tragedia greca calata in una realtà dolente della periferia di una grande città.
Il protagonista, un superbo Toni Servillo, che per l'occasione si è fatto più palermitano dei palermitani, riesce ad ottenere un indennizzo milionario (la vicenda si svolge negli anni 80) dallo Stato per l'accidentale uccisione della figlia in uno scontro a fuoco tra mafiosi.
Nell'attesa ottiene credito dai fornitori per i consumi familiari, ora meno soffocati dall'indigenza, ma i tempi burocratici si fanno tanto lunghi da far cadere la povera famiglia nelle maglie dell'usura. Il riscatto sociale sarà tristemente individuato nell'acquisto di una mitica Mercedes che sarà però causa della vera tragedia.
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carmelap
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domenica 30 settembre 2012
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film geniale
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Questo è un film geniale, bravissimi tutti gli attori che non lasciano nulla di incompiuto e realizzano in pieno i personaggi esteticamente e spiritualmente .
Il film è drammatico,ora comico e divertente, senza confusione di piani e senza perdere il filo conduttore.
Più di una scena è un' opere d'arte in se, il film è colto e si percepisce il nutrimento nel patrimonio cinematografico ma anche letterario e pittorico, una evoluzione moderna della più raffinata commedia italiana.
Sempre ben scelta la musica.
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renato volpone
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sabato 15 settembre 2012
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tecniche di sopravvivenza
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Come sopravvivere nelle difficoltà sfruttandole, ecco un manuale pratico ambientato in un sud stanco e indolente. Il film nasce come una favola onirica e si spegne come un dramma d'onore. Inquadrature fantastiche ed un racconto avvincente aprono e conducono il racconto fino a metà film, il regista osa e il tutto viene bene, poi la fantasia si annebbia, il racconto segue canoni classici e il livello narrativo crolla nel già visto, salvato solo dalla fotografia giustamente premiata a Venezia. Non che non si possa vedere il film, anzi è bello, purtroppo è "molto bello" solo nella prima parte. Geniali, comunque i colpi di scena che cambiano il percorso narrativo dirigendone le svolte.
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Come sopravvivere nelle difficoltà sfruttandole, ecco un manuale pratico ambientato in un sud stanco e indolente. Il film nasce come una favola onirica e si spegne come un dramma d'onore. Inquadrature fantastiche ed un racconto avvincente aprono e conducono il racconto fino a metà film, il regista osa e il tutto viene bene, poi la fantasia si annebbia, il racconto segue canoni classici e il livello narrativo crolla nel già visto, salvato solo dalla fotografia giustamente premiata a Venezia. Non che non si possa vedere il film, anzi è bello, purtroppo è "molto bello" solo nella prima parte. Geniali, comunque i colpi di scena che cambiano il percorso narrativo dirigendone le svolte. Bravi gli attori a calarsi in questi personaggi fortemente caratteristici. Il film è girato in Puglia, anche se la storia è ambientata a Palermo. Non è sottotitolato per tutta la durata del film e ciò fa perdere delle battute. Musiche indovinate nella prima parte. Sembra quasi che nei due tempi sia stato diretto da persone diverse.
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