rescart
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lunedì 8 ottobre 2012
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parte nopea e parte no.
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Dopo aver esplorato con Gomorra gli sforzi titanici degli eroi che cercano di restare a galla nella palude infida del compromesso ma vengono affondati brutalmente dalla barbarie camorristica, con questo film Garrone esplora il lato opposto della varia umanità napoletana, che è, per parafrasare Bergonzoni, “parte-nopea e parte no”. C’è infatti un genere di criminalità meno evidente per il fatto di non mettersi in competizione con la camorra ma non per questo meno dannosa per l’economia. È l’arte della truffa quotidiana perpetrata da alcuni napoletani, arte che li ha resi famosi in tutto il mondo. All’inizio si tratta solo di un modo per riuscire a raggiungere un tenore di vita accettabile e mandare avanti una famiglia numerosa e allargata senza essere attratti dalla forza centripeta che spinge altri sotto la soglia della povertà.
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Dopo aver esplorato con Gomorra gli sforzi titanici degli eroi che cercano di restare a galla nella palude infida del compromesso ma vengono affondati brutalmente dalla barbarie camorristica, con questo film Garrone esplora il lato opposto della varia umanità napoletana, che è, per parafrasare Bergonzoni, “parte-nopea e parte no”. C’è infatti un genere di criminalità meno evidente per il fatto di non mettersi in competizione con la camorra ma non per questo meno dannosa per l’economia. È l’arte della truffa quotidiana perpetrata da alcuni napoletani, arte che li ha resi famosi in tutto il mondo. All’inizio si tratta solo di un modo per riuscire a raggiungere un tenore di vita accettabile e mandare avanti una famiglia numerosa e allargata senza essere attratti dalla forza centripeta che spinge altri sotto la soglia della povertà. Ma a lungo andare questo “modus vivendi”, dato per scontato, si confronta inevitabilmente con quello di chi ha “svoltato” grazie a furbizie di ben più ampio respiro. Come quella di far credere che le selezioni per il più famoso dei reality televisivi avvenga in modo trasparente. L’equivoco in cui cade Luciano è quello di dare inconsapevolmente per inteso che lui abbia capito il trucco (essendo appunto un noto truffatore) quando invece la scoperta è stata del tutto casuale. E soprattutto fuori dalla portata della comprensione di un uomo che si crede furbo, ma in realtà è solo vittima di un carrozzone mediatico che fa credere a tutti quello che decide di far credere: non la realtà ma una finzione. E finzione è forse la traduzione più appropriata alla parola inglese “reality”.
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luca scial�
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mercoledì 10 ottobre 2012
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il potere aleatorio di un reality show
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Luciano Ciotola gestisce una pescheria e vive in un palazzo antico fatiscente con la moglie, tre figli e diversi parenti. Per arrotondare commercia in modo illegale un prodotto automatizzato per la casa, un buffo robottino, sfruttando il lavoro della moglie che fa la rappresentante. Inoltre, fa anche spettacoli di intrattenimento nei matrimoni. Un giorno la famiglia, proprio per le sue qualità teatrali e pittoresche, lo convince a fare un provino per il Grande Fratello. Supera il primo stap ma da allora la sua vita cambia. E' ossessionato dal dover partecipare a tutti i costi al Reality, ma finisce gradualmente per perdere il contatto con la vita reale.
Dopo il successo straripante di Gomorra, Matteo Garrone ci presenta una Napoli diversa, dove le tradizioni popolari si contrastano con la modernità.
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Luciano Ciotola gestisce una pescheria e vive in un palazzo antico fatiscente con la moglie, tre figli e diversi parenti. Per arrotondare commercia in modo illegale un prodotto automatizzato per la casa, un buffo robottino, sfruttando il lavoro della moglie che fa la rappresentante. Inoltre, fa anche spettacoli di intrattenimento nei matrimoni. Un giorno la famiglia, proprio per le sue qualità teatrali e pittoresche, lo convince a fare un provino per il Grande Fratello. Supera il primo stap ma da allora la sua vita cambia. E' ossessionato dal dover partecipare a tutti i costi al Reality, ma finisce gradualmente per perdere il contatto con la vita reale.
Dopo il successo straripante di Gomorra, Matteo Garrone ci presenta una Napoli diversa, dove le tradizioni popolari si contrastano con la modernità. Ci fa così vedere una Napoli pittoresca e popolare, contrapponendola ai finti sogni di gloria offertici dalla Tv. Se con il precedente film Garrone metteva sotto la lente d'ingrandimento critico la Camorra (prendendo spunto ovviamente dall'omonimo libro), questa volta lo fa con i reality show e la loro capacità persuasoria, aleatoria e deviante. Si avvale di un cast di attori delle tv locali napoletane, che rendono il tutto estremamente verosimile. Proprio come un Reality.
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paskmark
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domenica 28 ottobre 2012
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pretesti, citazioni e scatole cinesi
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Pretesti, citazioni e scatole cinesi ben incastrate fra loro per raccontare la frustrazione dei nostri tempi con una partecipazione e un disincanto così tanto italiani da essere universali...una Napoli inconsistente e un pò Concetta Mobili e Figli (per chi la ricorda), il teatro eduardiano (il cortile della casa...già visto?), la tragedia greca (il coro familiare), il grillo parlante e l'ossessione kafkiana raccontano l'attesa paranoica di un riscatto da una realtà che di per se non è già reale ma illusione consumistica di centri commerciali e ristoranti rococò...ma il riscatto è solo una risata un pò folle che nella totale indifferenza di chi produce il sogno oscilla fra il dubbio di un'amara presa di coscienza e di una ariostesca perdita del senno elimina ogni sospetto di moralismo e didascalia.
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Pretesti, citazioni e scatole cinesi ben incastrate fra loro per raccontare la frustrazione dei nostri tempi con una partecipazione e un disincanto così tanto italiani da essere universali...una Napoli inconsistente e un pò Concetta Mobili e Figli (per chi la ricorda), il teatro eduardiano (il cortile della casa...già visto?), la tragedia greca (il coro familiare), il grillo parlante e l'ossessione kafkiana raccontano l'attesa paranoica di un riscatto da una realtà che di per se non è già reale ma illusione consumistica di centri commerciali e ristoranti rococò...ma il riscatto è solo una risata un pò folle che nella totale indifferenza di chi produce il sogno oscilla fra il dubbio di un'amara presa di coscienza e di una ariostesca perdita del senno elimina ogni sospetto di moralismo e didascalia. Se fosse stato ambientato nella Milano borghese, sarebbe stato lo stesso film...il finale inconclusivo la vera perla di questo film!
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donni romani
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lunedì 12 novembre 2012
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parabola triste di un sogno vuoto
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Se non fosse una amara realtà che purtroppo contagia con la sua folle malia milioni di giovani la parabola triste che Garrone racconta con la sua maestria e poesia metropolitana potrebbe essere una favola surreale, la cronaca fantascientifica di un mondo parallelo in cui i valori si ribaltano, le regole sfuggono, il caos trionfa. Ma non è così. Perchè sia pur estremizzandola Garrone, attraverso la storia di Luciano Ciotola, pescivendolo napoletano ipnotizzato dal desiderio di partecipare al Grande Fratello, racconta una realtà personale e sociale che inquieta e fa riflettere.
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Se non fosse una amara realtà che purtroppo contagia con la sua folle malia milioni di giovani la parabola triste che Garrone racconta con la sua maestria e poesia metropolitana potrebbe essere una favola surreale, la cronaca fantascientifica di un mondo parallelo in cui i valori si ribaltano, le regole sfuggono, il caos trionfa. Ma non è così. Perchè sia pur estremizzandola Garrone, attraverso la storia di Luciano Ciotola, pescivendolo napoletano ipnotizzato dal desiderio di partecipare al Grande Fratello, racconta una realtà personale e sociale che inquieta e fa riflettere. Venuto per caso a conoscenza dei provini che la produzione del Grande Fratello sta svolgendo a Napoli, Luciano, istrionico e simpatico, decide di partecipare, spinto anche dai figli, per tentare di cambiare vita. Ma quello che succede subito dopo aver registrato il provino va ben oltre i limiti di una normale aspettativa, Luciano comincia ad immaginare che qualunque cliente della pescheria sia un emissario della produzione, si comporta in modo palesemente falso per sembrare migliore di quello che è - la scena in cui offre da mangiare ad un mendicante che giorni prima aveva scacciato è agghiacciante nella sua finta bontà - regala i mobili di casa per dimostrarsi generoso e arriva a vendere la pescheria per riarredare casa in attesa che una troupe venga a filmarla. La sorta di follia che lo coglie non ha limiti e a ben poco può il tentativo della moglie di riportarlo ad una misura e ad un buon senso perso dietro un sogno indefinito di fama e denaro. Reality sta a Bellissima come Garrone sta a Visconti? Non proprio perchè la dolcezza sperduta della Magnani qui è persa in una presunzione nevrotica che è figlia di una società dove Luciano Ciotola non è una mosca bianca, bensì la punta di un iceberg di giovani alla deriva, fascinati da se stessi e dall'idea di sè che possono proiettare, indipendentemente da ciò che sono. L'ambientazione nei bassi di Napoli colora da storia di un velo di pietas ma resta la crudele verità di un uomo, di un paese, di una società, che non sa più sognare in grande, ma solo in Grande Fratello.
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mareincrespato70
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domenica 3 novembre 2013
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napoli come italia al cubo
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Ero scettico di fronte a questo film di Garrone, pensavo avesse sconfinato in un campo minato rispetto al suo stile realistico-documentaristico.
Invece il "nostro" Matteo nazionale, romano che conosce Napoli in maniera ormai così profondamente sorpendente, si conferma autore e regista italiano di respiro internazionale, completo.
Reality è un film tanto spiazzante quanto acutamente intelligente nella sua analisi di come la fascinazione dell'orrendo barnum mediatico, con la finzione che elide e divora la propria realtà quotidiana, abbia conquistato la "gente".
Teatro, direi quasi naturale, della rappresentazione di questa ossessione pervicace che distrugge la vita del protagonista, è Napoli nella sua declinazione popolare e consumistica; palcoscenico partenopeo che ormai Garrone dimostra di conoscere sin nelle sue più intime pulsioni e rappresentazioni, con stupefacente abilità nel cogliere il "berlusconi in me" germogliato nell'anima partenopea (ma direi italiana; se non fosse che, Bocca, per me intelligentemente, definì Napoli come "l'Italia al cubo").
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Ero scettico di fronte a questo film di Garrone, pensavo avesse sconfinato in un campo minato rispetto al suo stile realistico-documentaristico.
Invece il "nostro" Matteo nazionale, romano che conosce Napoli in maniera ormai così profondamente sorpendente, si conferma autore e regista italiano di respiro internazionale, completo.
Reality è un film tanto spiazzante quanto acutamente intelligente nella sua analisi di come la fascinazione dell'orrendo barnum mediatico, con la finzione che elide e divora la propria realtà quotidiana, abbia conquistato la "gente".
Teatro, direi quasi naturale, della rappresentazione di questa ossessione pervicace che distrugge la vita del protagonista, è Napoli nella sua declinazione popolare e consumistica; palcoscenico partenopeo che ormai Garrone dimostra di conoscere sin nelle sue più intime pulsioni e rappresentazioni, con stupefacente abilità nel cogliere il "berlusconi in me" germogliato nell'anima partenopea (ma direi italiana; se non fosse che, Bocca, per me intelligentemente, definì Napoli come "l'Italia al cubo").
Straordinario cast di caratteristi napoletani in stato di grazia (su tutti Nando Paone) con il protagonista Aniello Arena davvero sugli scudi per la sua bravura. Una splendida e indovinata colonna sonora accompagna questa ossessione di vita sotto i riflettori: orwell in salsa partenopea, direi. Finale inquietante girato con lo stile ormai maturo del grande regista.
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vince mas
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venerdì 19 ottobre 2012
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fra casa cupiello e the truman show: l'italia
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Luciano è un ragazzo simpatico, ottimo padre di famiglia, con un’intesa speciale con la moglie. Col tempo, l’ambiente che lo circonda lo ha eletto a intrattenitore, un talento che prima o poi deve sfociare in televisione.
L’inizio del film è uno spaccato perfetto di una Napoli che da secoli fa la sua strada, un mondo a parte rispetto a qualsiasi altra zona d’Italia. Una vitalità verace prende vita negli abiti sbagliati, nell’architettura fatiscente, nei dialoghi esasperatamente dialettali. Garrone osserva con la macchina da presa, con piani sequenza lunghissimi, tutta questa decadenza e regala scene pittoriche di grande valore estetico. Con occhio cinico scava in quel mondo portando alla luce il minimo particolare: invita il pubblico a seguirlo in quel meccanismo di disvelamento in cui la realtà viene rappresentata con l’intento di suscitare e scalpore, scandalizzare quasi.
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Luciano è un ragazzo simpatico, ottimo padre di famiglia, con un’intesa speciale con la moglie. Col tempo, l’ambiente che lo circonda lo ha eletto a intrattenitore, un talento che prima o poi deve sfociare in televisione.
L’inizio del film è uno spaccato perfetto di una Napoli che da secoli fa la sua strada, un mondo a parte rispetto a qualsiasi altra zona d’Italia. Una vitalità verace prende vita negli abiti sbagliati, nell’architettura fatiscente, nei dialoghi esasperatamente dialettali. Garrone osserva con la macchina da presa, con piani sequenza lunghissimi, tutta questa decadenza e regala scene pittoriche di grande valore estetico. Con occhio cinico scava in quel mondo portando alla luce il minimo particolare: invita il pubblico a seguirlo in quel meccanismo di disvelamento in cui la realtà viene rappresentata con l’intento di suscitare e scalpore, scandalizzare quasi.
In questo humus si sviluppa il seme della follia di Luciano, che fa il provino per il Grande Fratello e si illude di poter diventare uno degli inquilini della casa. La fatidica convocazione non arriva e Luciano invece di accettare l’amarezza della delusione coltiva l’illusione (con meccanismo ribaltato rispetto al protagonista di “The Truman Show”) che la sua realtà sia parte dello “spettacolo”. Comincia a leggere nei normali eventi quotidiani i segni della imminente chiamata. Perde il fiuto per gli affari e per le truffe. Perde la testa. Garrone cita più volte "Natale in casa Cupiello": la moglie, in alcuni passaggi, sembra quasi imitare Pupella Maggio, proprio perché il meccanismo innescato dalla commedia è molto simile. Lì il presepe rappresentava il mondo incantato lontano dai problemi del quotidiano dove si rifugiava Lucariello, qui l'innamoramento per lo star system televisivo rappresenta l’unico strumento per evadere dalla realtà dopandola con roba e soldi.
Sulla scia di Gomorra, il neo-reali(ti)smo di Garrone ha le sembianze dello studio antropologico (la telecamera sembra un osservatore poco partecipante), a scapito dell'intensità emotiva, che non c'è: il regista se la gioca puntando su una trama che deve avere valore esemplare, didascalico quasi. I personaggi della moglie e dell'amico in parte riescono a dare spessore ma la trama non acquista mai la profondità e il respiro emotivo necessari.
Nella seconda parte, l’ottimo Arena perde i tratti forti del personaggio “sano”: non tanto per la follia che lo coglie, quanto perché il regista lo pone solo al servizio della trama. Al servizio di una metafora che è “politica” e quindi come tale chiede una lettura politica, che non tutti sono disposti ad assecondare. Nel dramma vissuto da Luciano, colpiscono molto di più la moglie e l'amico. La prima ancorata alla realtà, il secondo proiettato verso una possibile lettura anche un po’ favolistica e sapienziale della grammatica sociale. Tre archetipi: la testa (perduta), la pancia e il cuore. Garrone fa trionfare la follia, quella dell’Italia degli ultimi anni, ma noi avremmo voluto più attenzione verso il dramma individuale.
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nikipi
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martedì 13 novembre 2012
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tv: maneggiare con prudenza
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Tra gli invitati al ricevimento di nozze nel napoletano, c’è Luciano, giovane che ama riamato moglie e figli. Proprietario di una pescheria, che gestisce insieme all'amico Michele, col quale ha anche avviato una rete di piccole illegalità, possiede una inclinazione naturale al travestimento e alla buffoneria: nelle feste, si veste e trucca in modo grottesco per far divertire col suo repertorio di battute e personaggi.
Camuffato da drag queen, sta festeggiando gli sposi quando irrompe Enzo che viene invitato, acclamato, fotografato (anche ben ricompensato) soltanto perché partecipò al programma tv Grande Fratello.
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Tra gli invitati al ricevimento di nozze nel napoletano, c’è Luciano, giovane che ama riamato moglie e figli. Proprietario di una pescheria, che gestisce insieme all'amico Michele, col quale ha anche avviato una rete di piccole illegalità, possiede una inclinazione naturale al travestimento e alla buffoneria: nelle feste, si veste e trucca in modo grottesco per far divertire col suo repertorio di battute e personaggi.
Camuffato da drag queen, sta festeggiando gli sposi quando irrompe Enzo che viene invitato, acclamato, fotografato (anche ben ricompensato) soltanto perché partecipò al programma tv Grande Fratello. Enzo arriva con un elicottero personale, passa da un abbraccio all'altro ostentando una familiarità inesistente, firma autografi e riparte, incalzato da assillanti impegni, cioè smerciare la propria immagine altrove.
Il modo di vivere spavaldo e lussuoso di Enzo, l’entusiasmo che suscita stregheranno Luciano che vorrà diventare come lui, pressato dai figli che spasimano di vederlo in tv.
In un lungo e doloroso percorso, Luciano perde il contatto con la realtà: si convince che la Televisione, assurta a Ente supremo ubiquo e onnisciente, lo sottoponga a prove per testarne le virtù. Nell’ansia di redenzione, si prodigherà verso bisognosi e diseredati, venderà la pescheria e, in una specie di neo-francescanesimo, si spoglierà di tutto. La moglie, non potendo arginare una dissipazione tanto radicale e insensata, è costretta a lasciarlo.
Su consiglio di Michele, animato da una coscienza evangelica, Luciano si avvicina alla Chiesa, sperando di accumulare meriti, come accumulerebbe punti, per accedere alla Casa.
Non lo chiameranno mai. Prendere atto del rifiuto lo schianterebbe, tanto forte è l' investimento psichico: Luciano deforma la realtà e la piega ad inglobare la sua ossessione.
Con sguardo acuto e integro, Garrone descrive una certa Napoli e alcuni ambienti della tv commerciale senza sociologismi, senza estremizzare o infierire. Insieme alla maestria con cui costruisce personaggi, padroneggia la narrazione con misura e grazia, evitando sarcasmo o adesione a priori. Al massimo scalda il racconto con un’ironia affabile e un'empatia consapevole verso gli umani, siano i poveri diavoli dei quartieri napoletani come gli spigliati dipendenti della società produttrice del Grande Fratello: tutti meritevoli di considerazione senza alterigia moraleggiante né commiserazione.
Luciano, superbo Arena, sempre più perso nel suo mondo paranoico, immagina che ogni sconosciuto sia una spia del Grande Fratello, che si trova ad aderire nella vita quotidiana, ancor prima che nella finzione televisiva cui anela partecipare, al modello di società immaginata da Orwell.
Durante una processione notturna, Luciano riesce ad allontanarsi ed approdare finalmente al set dove avvengono le riprese del GF; giovani di entrambi i sessi, semisvestiti, si strisciano addosso, si urtano, abbracciano, scambiano gridolini, gorgoglii, come creature regredite a uno stadio anteriore al formarsi del linguaggio.
Qui Luciano si abbandona a un fou rire, appagato per aver realizzato il sogno e corrisposto all'esortazione di Enzo “Never give up” (versione aggiornata e glamour del vecchio e cupo Boia-chi-molla), che Luciano ripeteva senza capire.
Anche Luciano arretra a uno stato primordiale, assecondato dalla cinepresa che, nel progressivo indietreggiare, inverso a quello di inizio film, lo riduce a pulviscolo nel cosmo incommensurabile...
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robert1948
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martedì 12 marzo 2013
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una nuova religione :il grande fratello
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Luciano ,pescivendolo , in uno dei quartieri più
degradati di Napoli , un pò per caso ma anche per
aspirazioni nascoste, si ritrova a sottoporsi ad un
provino per il Grande Fratello .Lui che di solito
,nelle occasioni di feste , amava intrattenere amici
e parenti con travestimenti e grottesche
interpretazioni , in cuor suo ritiene di aver superato
il provino e resta in trepida attesa di una chiamata .
Da quì ha inizio la sua follia . Inizia a pensare che
il Grande Fratello invii degli emissari per spiarlo .
Per accertare la verità di quello che aveva raccontato
a Roma.
Ed allora , lui che arrotondava i suoi scarsi guadagni
di pescivendolo con delle piccole e ingegnose truffe
smette d'imbrogliare il prossimo.
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Luciano ,pescivendolo , in uno dei quartieri più
degradati di Napoli , un pò per caso ma anche per
aspirazioni nascoste, si ritrova a sottoporsi ad un
provino per il Grande Fratello .Lui che di solito
,nelle occasioni di feste , amava intrattenere amici
e parenti con travestimenti e grottesche
interpretazioni , in cuor suo ritiene di aver superato
il provino e resta in trepida attesa di una chiamata .
Da quì ha inizio la sua follia . Inizia a pensare che
il Grande Fratello invii degli emissari per spiarlo .
Per accertare la verità di quello che aveva raccontato
a Roma.
Ed allora , lui che arrotondava i suoi scarsi guadagni
di pescivendolo con delle piccole e ingegnose truffe
smette d'imbrogliare il prossimo. Lui che si
dimostrava cinico e insensibile di fronte a richieste
di povera gente , diventa generoso e altruista fino a
regalare le suppellettili della propria casa ai
barboni del quartiere.
E quando al Cimitero incontra due anziane bigotte da
cui pensa di essere spiato chiede loro cosa fare per
entrare nella "Casa". Ottenendone in risposta che "
occorre pazienza ,....,piano piano,....ci vuole fede e
speranza".
Dunque per entrare nella "Casa " occorre rispettare il
prossimo , essere altruisti ed avere fede e speranza.
Il "Grande Fratello" é la nuova religione della povera
gente .
Garrone non é mai banale . E' un buon film che lascia
tanto amaro in bocca .
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marica romolini
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martedì 19 marzo 2013
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sulle orme di baudrillard
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Luciano Ciotola è un trentenne napoletano che si arrangia tra la pescheria e piccole truffe organizzate in famiglia. Naturalmente incline all'attorialità, partecipa quasi per caso a un provino del Grande Fratello. Il superamento inaspettato di una prima, grande scrematura segna però l'inizio di un incubo: il miraggio di una facile fama formato reality show inizia ad agire; un sogno che prima non c'era, a intrudersi nella mente come un'ossessione.
Il mondo ordinario del quartiere si popola all'improvviso di spie in incognito, che assumo persino le veci di un innocuo grillo, ascoltante più che parlante. Perché per Reality Garrone ha chiamato in causa le favole. Ma Luciano nel paese dei balocchi è un Pinocchio senza redenzione e la fiaba è amara, come lo sono le migliori commedie all'italiana, a cui si ammicca non per compiaciuti rimandi di stile (la splendida fotografia caricata di Marco Onorato ne è lontanissima), ma per un'osservazione rigorosa e 'critica' nel senso etimologico del termine.
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Luciano Ciotola è un trentenne napoletano che si arrangia tra la pescheria e piccole truffe organizzate in famiglia. Naturalmente incline all'attorialità, partecipa quasi per caso a un provino del Grande Fratello. Il superamento inaspettato di una prima, grande scrematura segna però l'inizio di un incubo: il miraggio di una facile fama formato reality show inizia ad agire; un sogno che prima non c'era, a intrudersi nella mente come un'ossessione.
Il mondo ordinario del quartiere si popola all'improvviso di spie in incognito, che assumo persino le veci di un innocuo grillo, ascoltante più che parlante. Perché per Reality Garrone ha chiamato in causa le favole. Ma Luciano nel paese dei balocchi è un Pinocchio senza redenzione e la fiaba è amara, come lo sono le migliori commedie all'italiana, a cui si ammicca non per compiaciuti rimandi di stile (la splendida fotografia caricata di Marco Onorato ne è lontanissima), ma per un'osservazione rigorosa e 'critica' nel senso etimologico del termine.
Analisi dunque di un delirio priva di senili rumoreggiamenti paraintellettuali. 'Realismo' pulito, capace di restare all'asciutto dalla retorica pur parlando di alienazioni televisive e paranoia, e optando, oltretutto, per un linguaggio autoriale nient'affatto neutro. L'attacco si impone per potenza estetica, tra teatralità barocca e affresco pop alla LaChapelle; l'ampiezza dei piani sequenza in steadicam - è stato notato - cede via via il passo all'angustia di spazi claustrofobici in cui Luciano si infila come un topo in trappola. Fino ad autorecludersi in una casa che è copia della copia, quasi che il fittizio, una volta inoculato, non possa che moltiplicarsi di grado (l'annosa questione dei simulacri produttori di realtà). Fino a svuotare il focolare domestico dei vecchi mobili, in un gesto che di francescano ha solo l'apparenza, non solo perché performance ad hoc per un pubblico immaginario, ma perché la spoliazione è qui proprio dell'autentico e dell'identitario.
Una storia di ordinaria follia insomma, che è anche la follia di voler proiettare la realizzazione nell'aspettativa e nell'attesa. Di un rutilante altrove, che spesso non è altro che un doppio artificioso e posticcio di ciò che già si possiede.
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slowfilm
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domenica 9 giugno 2013
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il nuovo eden dei reality
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Napoli, Luciano Ciotola è un pescivendolo con moglie e figli, un certo talento istrionico e il desiderio bruciante di partecipare al Grande Fratello, del quale adora i volti, gli applausi, la sottocultura. Quando un provino rende concreta la possibilità di entrare nella Casa, Luciano si perde nell’attesa, sviluppa un buon armamentario di nevrosi e paranoie, scollandosi progressivamente dalla realtà.
Reality è il film italiano più bello degli ultimi anni – e lo dico da non garroniano – su cui si potrebbe scrivere un libretto, a ricostruirne la portata estetica e contenutistica, l’amore per il cinema e la sua storia, lo specchio della riflessione sociale, le personalità attoriali.
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Napoli, Luciano Ciotola è un pescivendolo con moglie e figli, un certo talento istrionico e il desiderio bruciante di partecipare al Grande Fratello, del quale adora i volti, gli applausi, la sottocultura. Quando un provino rende concreta la possibilità di entrare nella Casa, Luciano si perde nell’attesa, sviluppa un buon armamentario di nevrosi e paranoie, scollandosi progressivamente dalla realtà.
Reality è il film italiano più bello degli ultimi anni – e lo dico da non garroniano – su cui si potrebbe scrivere un libretto, a ricostruirne la portata estetica e contenutistica, l’amore per il cinema e la sua storia, lo specchio della riflessione sociale, le personalità attoriali. Ma non è questa la sede, qui l’opera di Garrone sarà trattata epidermicamente.
Garrone e Sorrentino hanno seguito un percorso per molti versi sincronico; giovani registi, si sono fatti notare con un pugno di film e nel 2008 hanno raggiunto assieme l’apice, il primo con Gomorra e il secondo con Il Divo, di gran lunga le pellicole italiane più note e discusse degli ultimi anni. Hanno definito i loro nomi e gli stili, e i film successivi sono quindi chiamati a esprimere prima di tutto spontaneità e urgenza artistica. Il confronto è fra due virtuosismi differenti: chiuso nelle geometrie Sorrentino, creatore di spazi artificiali fotografati da una macchina da presa statica e frontale, lunghi pianosequenza in perpetuo movimento per Garrone, alla ricerca di un cinema più affettivo.
Reality è un’amarissima commedia dall’originale alchimia. I suoi protagonisti provengono dagli strati popolari di Napoli, e hanno a che fare con i luoghi comuni del caso: matrimoni neobarocchi, piccole truffe, abitudini propiziatorie e figure iconiche. Nonostante questo, regia e scrittura trovano un equilibrio che rende universale il messaggio e conserva il carattere eccessivo e iperreale del soggetto senza scivolare nel grottesco, un registro in alcuni casi troppo facile e accogliente. A rivoluzionare e nobilitare il film un’impostazione nostalgica, neorealista, che effettivamente richiama le parabole felliniane, ma anche l’eleganza e la cura per le scene di Visconti. La luce, il volti, lo sguardo che segue le vicende in lunghe sequenze naturali e pittoriche, gli scambi fra i personaggi che nascondono e costruiscono costantemente la propria personalità, sono le tensioni artistiche che sorreggono Reality.
Sarebbe riduttivo limitare il soggetto alla citazione e la presenza del circo che ruota attorno al Grande Fratello. Nel suo impianto classico, il film inquadra una modernissima paura di non essere osservati e un’assunzione della finzione (televisiva, ma non necessariamente) come unica vera realtà; una realtà più densa, compiuta e sensata, per la quale la vita terrena viene considerata una propedeutica preparazione. E allora è ferocemente ironica la ricorrenza di figure e manifestazioni religiose (un’ossessione che ricorda un Abel Ferrara disintossicato: siamo i nuovi italoamericani), in una rilettura della spiritualità, del sacrificio e della ricerca del paradiso che si risolve nelle luci eterne e spettrali del reality.
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