giuseppe simeone
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martedì 29 novembre 2011
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da un sensazione, ecco la danza!
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Si rimane travolti e disorientati dalla cascata di emozioni e sensazioni che colpisce dritto come un pugno gli occhi e la mente degli spettatori attraverso immagini di rara bellezza che inevitabilmente lasciano il segno: è uno spettacolo eccezionale ed unico. E Wim Wenders è bravissimo nel dare quel valore aggiunto che solo il cinema poteva dare, girando in esterni dei pezzi eseguiti da alcuni dei ballerini della compagnia di Pina che altro non sono se non che un tributo ed un ultimo regalo personale a questa grandissima ed ispirata artista del nostro secolo.
Le invenzioni visive dei balletti sono "sensazioni" che nascono da una parola, un concetto, che fa scaturire in noi un idea che solo attraverso la danza può essere espressa: la rappresentazione dell'impossibile, della "luna", quello che Pina chiedeva alla sua compagnia.
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Si rimane travolti e disorientati dalla cascata di emozioni e sensazioni che colpisce dritto come un pugno gli occhi e la mente degli spettatori attraverso immagini di rara bellezza che inevitabilmente lasciano il segno: è uno spettacolo eccezionale ed unico. E Wim Wenders è bravissimo nel dare quel valore aggiunto che solo il cinema poteva dare, girando in esterni dei pezzi eseguiti da alcuni dei ballerini della compagnia di Pina che altro non sono se non che un tributo ed un ultimo regalo personale a questa grandissima ed ispirata artista del nostro secolo.
Le invenzioni visive dei balletti sono "sensazioni" che nascono da una parola, un concetto, che fa scaturire in noi un idea che solo attraverso la danza può essere espressa: la rappresentazione dell'impossibile, della "luna", quello che Pina chiedeva alla sua compagnia. Il cerchio e la ripetitività sono i temi prediletti, ed è attraverso la ripetizione che la coreografa cercava di descrivere la condizione umana: disperatamente felice nella sua immobilità in movimento, furiosa e pazzesca.
L'immagine che resta è quella di un genio che tutto ha dato e ricevuto dall'arte: un intera vita consacrata per un valore immortale, che l'ha resa a sua volta immortale.
E poi, le musiche sono indimenticabili, la regia di Wenders favolosa: si potrebbe mai chiedere di più?
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samia
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giovedì 10 novembre 2011
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visione e umanità
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Una artista che ha reinventato la danza.
I suoi danzatori animano coreografie visionarie.
La potenza del corpo esprime i sentimenti umani, lasciando lo spettatore estatico.
Un Corpo che riesce a mantenere tutta la sua componente umana, esaltatandola al sommo grado.
Un film assolutamente imperdibile.
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toro sgualcito
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domenica 6 novembre 2011
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orfani virtuosi
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Wenders inizia questo progetto con Pina Bausch, ma purtroppo lei morirà prima del termine della lavorazione del film. Forse sarà per questa ragione che Wenders ha scelto di raccontare ciò che di lei è ancora vivo nel Tanztheater Wuppertal. La grande coreografa resta dunque una figura sullo sfondo. Brevi testimonianze di ogni componente attuale di questo straordinario corpo di ballo sono alternate a momenti di danza. Il film, sottotitolato in italiano, non mostra solo frammenti di spettacoli già avvenuti ma anche coreografie danzate in interni ed esterni appositamente create per il film. Ed è in queste scene che Wenders ci mostra momenti di una bellezza non ostentata ma sicuramente intensa. La definizione di documentario va stretta a questo film perché Wenders evita il registro strettamente biografico e porta il Tanztheater ad esprimersi in varie locations, nelle quali appare spesso la metropolitana sospesa di Wuppertal.
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Wenders inizia questo progetto con Pina Bausch, ma purtroppo lei morirà prima del termine della lavorazione del film. Forse sarà per questa ragione che Wenders ha scelto di raccontare ciò che di lei è ancora vivo nel Tanztheater Wuppertal. La grande coreografa resta dunque una figura sullo sfondo. Brevi testimonianze di ogni componente attuale di questo straordinario corpo di ballo sono alternate a momenti di danza. Il film, sottotitolato in italiano, non mostra solo frammenti di spettacoli già avvenuti ma anche coreografie danzate in interni ed esterni appositamente create per il film. Ed è in queste scene che Wenders ci mostra momenti di una bellezza non ostentata ma sicuramente intensa. La definizione di documentario va stretta a questo film perché Wenders evita il registro strettamente biografico e porta il Tanztheater ad esprimersi in varie locations, nelle quali appare spesso la metropolitana sospesa di Wuppertal. Bello questo accostamento di un elemento forte e pesante ma anche sospeso come i vagoni sopraelevati con la forte fisicità dei danzatori sempre sospesi verso una rottura di equilibrio, ma sempre controllata con rigore. La sospensione pare essere comunque un fantasma che attraversa tutto il film. Forse è proprio l’assenza di Pina Bausch a togliere un appoggio più solido alla narrazione. Inoltre la comprensibile condizione di “orfani” di questi danzatori sembra troppo evidenziata. La frase di Pina che appare nel finale è una esortazione a danzare non a trattenersi nella nostalgia.
Se a chi pratica la danza il film può parlare con maggiore intensità agli altri restano comunque vari momenti di evidente bellezza.
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riccardo tavani
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venerdì 25 novembre 2011
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l'epidermide digitale e l'origine della danza
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Il neologismo “rimediazione” sta a indicare il passaggio, la traslazione di un'immagine, di una rappresentazione da un medium all'altro. In questo film di Wim Wenders sulla coreografa tedesca Pina Baush abbiamo addirittura un intreccio, una tessitura vera e propria di rimediazioni. Il primo medium della rappresentazione è la danza, la quale trasla in quello del teatro, che a sua volta passa a quello del cinema, e a questo viene applicata la “rimediazione” della tecnologia digitale in 3 D. Abbiamo detto tessitura, perché non c'è un passaggio lineare dall'uno all'altro medium in modo ascendente, ma un intreccio dell'uno nell'altro, un essere di volta in volta l'uno rimediazione dell'altro.
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Il neologismo “rimediazione” sta a indicare il passaggio, la traslazione di un'immagine, di una rappresentazione da un medium all'altro. In questo film di Wim Wenders sulla coreografa tedesca Pina Baush abbiamo addirittura un intreccio, una tessitura vera e propria di rimediazioni. Il primo medium della rappresentazione è la danza, la quale trasla in quello del teatro, che a sua volta passa a quello del cinema, e a questo viene applicata la “rimediazione” della tecnologia digitale in 3 D. Abbiamo detto tessitura, perché non c'è un passaggio lineare dall'uno all'altro medium in modo ascendente, ma un intreccio dell'uno nell'altro, un essere di volta in volta l'uno rimediazione dell'altro. Ci sarebbe da considerare, però, anche altri intrecci mediatici. Ad esempio, quello del racconto orale, fatto dai ballerini della loro maestra non solo di danza, quanto anche di psicologia e vita. E quelli alla base della stessa danza della Baush. Pina parte dai gesti semplici della vita quotidiana e li mostra nella loro successione, ripetizione, finché non diventano danza, scena, teatro. O parte da immagini statiche che si fanno via via emozioni vive, passi, gesti, azioni pulsanti, attraversamenti e tagli dello spazio scenico, ritmo incalzante di situazioni emozionali modernamente ancestrali. E c'è una scena di “rimediazione” davvero geniale. Viene inquadrata la scatola di un teatro di marionette, la macchina da presa vi entra dentro e ci troviamo nel bel mezzo di un allestimento scenico in via di attuazione. Ma il film di Wenders porta il teatro-danza anche all'aperto, nelle strade, sotto i cavalcavia, su un vagone del metrò sospeso, e poi nei prati, nei boschi. Lo trasla, cioè, nella forma mediatica dello spettacolo di strada, la cui tradizione affonda nelle origini. L'origine non è dunque un punto storico X sepolto nel passato, ma una condizione sempre incombente sotto la pelle del presente e che può essere riattivata in determinate circostanze. E sono proprio quei ponti, quei cavalcavia, quelle monorotaie sospese a rappresentare visibilmente il passaggio, la traslazione da un medium all'altro. Il film si può vedere anche in 2 D, ovvero attraverso una proiezione tradizionale della pellicola, ma Wenders lo ha ideato e realizzato propriamente per il 3 D. Ma il 3 D, che sembra essere allora il medium finale attraverso il quale, dallo schermo e per mezzo degli appositi occhiali, noi riceviamo la rappresentazione, subisce a sua volata una “rimediazione”? Sembrerebbe di sì e proprio da parte della danza. Tecnicamente il 3 D reca ancora degli evidenti difetti, percepiti immediatamente dalla nostra vista. Ad esempio, l'effetto “pupazzetto insostanziale” che i corpi umani fanno, sopratutto se ripresi in campo lungo. Ora è proprio questa insostanzialità provocata dall'attuale epidermide digitale del 3 D che sembra singolarmente cogliere e restituire il vero aspetto della danza, ovvero quello della lievità eterea, quasi astratta dei concreti corpi umani in movimento. Non c'è dubbio che i tre spettacoli di Pina Baush qui rappresentati hanno una loro forza e originalità teatrale che conquista immediatamente e non ti lascia più. Altrettanto certo è che la rimediazione wendersiana le fa assumere una potenzialità ancora maggiore, proiettandola su uno spazio, quello del cinema, e in una dimensione, quella del 3 D, che ne esaltano le qualità narrative. Tanto che alla fine di quel paio di ore vorresti ci fosse qualche ultimo folgorante brandello da vedere ancora.
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catcarlo
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giovedì 2 ottobre 2014
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pina
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Sarà anche solo una mia impressione, ma Wim Wenders è uno che ha ormai poco da raccontare: è però innegabile che lo sappia fare molto bene come dimostra questo splendido lavoro sull’arte di Pina Bausch. Va innanzitutto sgombrato il campo da un equivoco: non ci troviamo davanti a un documentario, almeno nel senso che si dà di norma al termine, sulla grande ballerina e coreografa tedesca. Forse sarebbe stato diverso se Bausch non fosse morta mentre lavorava al progetto insieme al regista – i due erano amici di lunga data – ma, una volta rimasto solo, Wenders ha finito per ripensare il tutto dedicandosi a restituire sul grande schermo come meglio non si potrebbe l’arte di Pina, le cui pièces (in tedesco Stücke) sono lontanissime dalla danza in tutù sulle punte.
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Sarà anche solo una mia impressione, ma Wim Wenders è uno che ha ormai poco da raccontare: è però innegabile che lo sappia fare molto bene come dimostra questo splendido lavoro sull’arte di Pina Bausch. Va innanzitutto sgombrato il campo da un equivoco: non ci troviamo davanti a un documentario, almeno nel senso che si dà di norma al termine, sulla grande ballerina e coreografa tedesca. Forse sarebbe stato diverso se Bausch non fosse morta mentre lavorava al progetto insieme al regista – i due erano amici di lunga data – ma, una volta rimasto solo, Wenders ha finito per ripensare il tutto dedicandosi a restituire sul grande schermo come meglio non si potrebbe l’arte di Pina, le cui pièces (in tedesco Stücke) sono lontanissime dalla danza in tutù sulle punte. Solo per citare due degli aspetti più evidenti della sua ricerca, ecco la libertà di interpretazione data ai ballerini, che diventano a tutti gli effetti dei coautori, e l’interazione con elementi scenici eterogenei, sia naturali (la terra, l’acqua), sia artificiali, come le sedie dell’angosciante ‘Cafe Müller’ su musiche di Henry Purcell. Non è però necessario essere a conoscenza della struttura intellettuale che li sostiene e neppure essere appassionati di danza classica o moderna che sia (cioè esattamente come il sottoscritto) per apprezzare a fondo la bellezza dei quadri musicali che si susseguono nel film: perchè il godimento sia assicurato basta lasciarsi andare senza pregiudizi alle sensazioni che fanno scaturire seguendo partiture la cui origine varia nello spazio e nel tempo. Un godimento al quale contribuisce anche la parte cinematografica dell’opera, con Wenders che, sempre mettendosi al servizio delle intuizioni originali, dà il meglio di sè nel renderle ancor più significative grazie al lavoro della macchina da presa, sia nelle scenografie eseguite sul palco, sia in quelle che escono dai limiti del teatro, immergendosi nella natura o avvolgendosene fra le pareti di una casa di vetro. Fra un momento musicale e l’altro, scorrono i volti dei ballerini che hanno lavorato con Bausch, un gruppo di artisti davvero internazionale (si odono le lingue di mezzo mondo, il film è in originale sottotitolato) e molto legato alla fondatrice del Tanztheater Wuppertal: le loro testimonianze, assai più emotive che narrative, non sono raccontate, ma scorrono come pensieri su dei primi piani che sono quasi dei ritratti. Così, seppure la materia sia tutt’altro che immediata, lo spettatore finisce per scivolare in un incanto quasi magico dal quale è faticoso riscuotersi quando terminano, con uno degli spezzoni d’archivio presenti che ritraggono la stessa Bausch, i poco più di cento minuti di durata di un lungometraggio che, tra le altre cose, si permette il lusso di smentire uno come Frank Zappa: come dimostrano le scene urbane, in special modo quelle accanto alla sopraelevata, danzare di architettura è possibile.
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riccardo76
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lunedì 21 novembre 2011
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un vortice di movimenti, espressioni ed emozioni
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La stereoscopia costituisce senza dubbio una delle più importanti innovazioni nel campo del cinema, tuttavia sono veramente pochi finora i registi che sono riusciti a sfruttare al massimo le potenzialità espressive di questa tecnica. Wenders è sicuramente tra questi, e ci riesce, non con un film ordinario, ma con un documentario su una forma d’arte, il teatrodanza, finendo a sua volta per comporre arte allo stato puro.
L’utilizzo del 3D diventa elemento essenziale alla riuscita del suo intento: portare l’arte di Pina Bausch nelle sale cinematografiche riuscendo a conservare l’emozione dell’esperienza vissuta dal vivo in un teatro.
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La stereoscopia costituisce senza dubbio una delle più importanti innovazioni nel campo del cinema, tuttavia sono veramente pochi finora i registi che sono riusciti a sfruttare al massimo le potenzialità espressive di questa tecnica. Wenders è sicuramente tra questi, e ci riesce, non con un film ordinario, ma con un documentario su una forma d’arte, il teatrodanza, finendo a sua volta per comporre arte allo stato puro.
L’utilizzo del 3D diventa elemento essenziale alla riuscita del suo intento: portare l’arte di Pina Bausch nelle sale cinematografiche riuscendo a conservare l’emozione dell’esperienza vissuta dal vivo in un teatro. Il cinema così si fa illusione, e proietta lo spettatore tra il pubblico di un teatro, dove grazie ad un sapiente gioco di inquadrature dal basso, il palcoscenico entra nella sala cinematografica con tutta la sua profondità e la sua concretezza.
Ma Wenders si spinge oltre, e rende lo spettatore partecipe di esperienze uniche, permettendogli di salire sul palco, e di condividere la dimensione dello spazio con gli occhi dei ballerini. Il pubblico diventa perciò spettatore privilegiato, offrendoglisi la possibilità di percepire la scena da diversi punti di vista.
Le meravigliose quanto innovative coreografie si fanno dunque concrete e si cimentano nella conquista dello spazio circostante, in un vortice di movimenti, espressioni, colori ed emozioni. Tuttavia, Wenders sembra ritenere ciò ancora insufficiente per esprimere appieno la grandezza di Pina; è allora che ci mostra tutta la potenza dell’arte di questa grande coreografa, talmente potente da abbattere i limiti del palcoscenico ed estendersi al di fuori, verso la conquista dello spazio esterno, tra ambienti naturali, quali giardini, e scenari urbani, come le strade della città, fino a raggiungere prospettive infinite di fabbriche e cave. Grandiosa, a tal proposito, è la fotografia, che fa di ogni elemento architettonico, anche quello apparentemente meno bello, un trampolino di lancio verso orizzonti infiniti.
Il film alterna poi alle scene di danza, interviste ad allievi e colleghi della Bausch, che aiutano a farci conoscere meglio questa grande coreografa, venerata da essi come una sorta di dea, o meglio, di sfinge, che elargiva consigli tanto preziosi quanto enigmatici, come: “continua a cercare...”.
Ciò che emerge alla fine è dunque il ritratto di una grandissima artista, raccontato attraverso la sua arte, vissuta sulla pelle dello spettatore.
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rita branca
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martedì 27 agosto 2013
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quando il movimento prende l’anima
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Pina, film(2011) di Wim Wenders con i danzattori Pina Bausch, Regina Advento, Malou Airaido, Ruth Amarante, Rainer Behr, Andrey Berezin, Damiano O.Bigi, Bénédicte Billet, Ales Cucek, Clementine Deluy, Josephine A.Endicott, Lutz Förster
Film indicibilmente bello ispirato alla sublime danzatrice e coreografa tedesca Pina Bausch, direttrice del “Tanztheater Wupertal Pina Bausch”, ed alla sua opera di instancabile ricercatrice di tecniche espressive delle emozioni umane, di cui il film offre altissimi esempi insieme alle testimonianze dei membri del suo corpo di ballo.
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Pina, film(2011) di Wim Wenders con i danzattori Pina Bausch, Regina Advento, Malou Airaido, Ruth Amarante, Rainer Behr, Andrey Berezin, Damiano O.Bigi, Bénédicte Billet, Ales Cucek, Clementine Deluy, Josephine A.Endicott, Lutz Förster
Film indicibilmente bello ispirato alla sublime danzatrice e coreografa tedesca Pina Bausch, direttrice del “Tanztheater Wupertal Pina Bausch”, ed alla sua opera di instancabile ricercatrice di tecniche espressive delle emozioni umane, di cui il film offre altissimi esempi insieme alle testimonianze dei membri del suo corpo di ballo.
Con l’utilizzo di elementi essenziali come la terra, l’acqua e la pietra o quelli della quotidianità, come la sedia, il movimento armonioso del corpo, il gesto, l’espressione del volto e talvolta la parola, mette in scena, con efficacia assoluta, la vita umana in tutte le sue sfaccettature, nella gioia e nel dolore, nell’amore e nella manipolazione, trasmettendo anche a spettatori profani una carica emotiva che solo la grande arte può veicolare senza ricorrere a inutili virtuosismi.
Si assiste ad uno spettacolo in cui l’emozione diventa movimento che prende l’anima, la trattiene e la restituisce trasformata in altro, in uno stato simile al trance per un’overdose di bello che lascia il desiderio insopprimibile di nuove simili esperienze.
Fortemente raccomandato a tutte le età, da far circolare nella scuola.
Rita Branca
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fabiofeli
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sabato 9 maggio 2020
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la danza sintesi di fragilità e forza
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Il documentario di Wim Wenders è un omaggio a Pina Bausch, anima e inventrice di un modo di fare danza, completamente diverso dal balletto classico. Purtroppo giunse postumo, perché viene terminato nel 2011, aggiudicandosi il premio EFA, un premio all’eccellenza cinematografica europea; la persona alla quale era dedicato il film era scomparsa nel 2008. L’idea del film era già nata nel 1985, quando il regista aveva visto uno spettacolo della compagnia di Pina Bausch. Il documentario, oltre a brani di repertorio girati in epoche passate, si impernia sulle dichiarazioni dei ballerini sul loro rapporto e dialogo con Pina, dagli stimoli che lei riservava loro alle frasi criptiche e critiche ed ai rabbuffi che potevano celare lodi.
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Il documentario di Wim Wenders è un omaggio a Pina Bausch, anima e inventrice di un modo di fare danza, completamente diverso dal balletto classico. Purtroppo giunse postumo, perché viene terminato nel 2011, aggiudicandosi il premio EFA, un premio all’eccellenza cinematografica europea; la persona alla quale era dedicato il film era scomparsa nel 2008. L’idea del film era già nata nel 1985, quando il regista aveva visto uno spettacolo della compagnia di Pina Bausch. Il documentario, oltre a brani di repertorio girati in epoche passate, si impernia sulle dichiarazioni dei ballerini sul loro rapporto e dialogo con Pina, dagli stimoli che lei riservava loro alle frasi criptiche e critiche ed ai rabbuffi che potevano celare lodi.Inizio e chiusura del film utilizzano le “passeggiate” dei ballerini con la musica nostalgica del brano jazz West End Blues (1927), con le tromba e la voce di Louis Armstrong. I 4 balletti scelti sono La sacre du primtemps di Igor Strawinskij, Cafè Műller sulla musica composta da Henry Purcell, Vollmond (Luna piena) e Kontakthof (Luogo di contatti). La personalissima impostazione del Teatro-Danza della Bausch è espresso in tutti i brani, compreso l’ultimo nel quale i danzatori, donne ed uomini sono tra i 65 e i 70 anni. Come ricordano Pina i danzatori? Una ballerina racconta che Pina la invitava ad essere più folle. Un ballerino dice che loro sono i colori che Pina usa per dipingere la danza. In Cafè Mueller la guida del balletto li spingeva a danzare con lo sguardo in basso per riuscire nella interpretazione; la scena era troppo vuota? Doveva essere riempita di sedie. Pina vedeva ad occhi chiusi, perché aveva un modo di guardarti dentro, che a Ditta faceva paura, ma lei si schermiva: - Ma non ti ho fatto niente! - . Qualcuno parla di Pina come sintesi di fragilità e forza, o come una casa con una enorme soffitta piena di ben di Dio. Un altro afferma che quando lavoravi con lei non ti sentivi umano, ma una specie di angelo; ti insegnava ad essere adulto ed insieme bambino. Una delle sue danzatrice si rende conto di ballare per Pina da più di 22 anni: è stata guardata e seguita dai suoi occhi più di quanto abbiano fatto i suoi stessi genitori. I balletti si svolgono su treni e monorotaie sospese (come nel film Alice nelle città) in luoghi campestri o lungo strade trafficate, in paesaggi industriali con impalcature metalliche e ciminiere a contrasto con l’uso di classiche calzature da balletto, al posto dei soli piedi nudi abituali del Teatro-Danza Wuppertal. Ad un ballerino viene chiesto cosa si doveva esprimere In Vollmond; risponde la gioia di vivere, danzare per amore. Ditta, come unica indicazione, aveva di cercare, non si sa bene cosa. Un po’ come i personaggi di Cassavetes che erano lasciati liberi di recitare a soggetto. Sulla sua morte c’è chi dice: era un desiderio di levità, voleva liberarsi dal corpo. Qualcuna l’ha sognata. Un’altra si rammarica perché ancora non le è apparsa in sogno. Nelle scenografie dominano sabbia, terra, pietre, rocce contro le quali sbattere ed acqua in cui nuotare. Un grande film per un grande omaggio. Da non mancare. Valutazione ****. FabioFeli
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stefano capasso
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lunedì 11 maggio 2020
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la danza come satrumento concreto di conoscenza
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Wim Wenders porta in scena una straordinaria interprete della danza, Pina Bausch, coreografa, danzatrice e creatrice del Tanztheater di Wuppertal. Pina Bausch aveva una incredibile capacità di “vedere” quello che gli altri non vedevano: vedeva capacità e possibilità nei suoi stessi artisti prima ancora che loro potessero rendersene conto. Proprio sul meccanismo della visione Wenders crea la narrazione di Pina. I dancer stessi vedono in una sala di visione filmati di repertorio di Pina Bausch e Wenders ci introduce in un processo di visione della danza dentro all’evento stesso: lo spettatore è oggetto dello sguardo dei protagonisti ma anche sguardo in soggettiva su di loro.
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Wim Wenders porta in scena una straordinaria interprete della danza, Pina Bausch, coreografa, danzatrice e creatrice del Tanztheater di Wuppertal. Pina Bausch aveva una incredibile capacità di “vedere” quello che gli altri non vedevano: vedeva capacità e possibilità nei suoi stessi artisti prima ancora che loro potessero rendersene conto. Proprio sul meccanismo della visione Wenders crea la narrazione di Pina. I dancer stessi vedono in una sala di visione filmati di repertorio di Pina Bausch e Wenders ci introduce in un processo di visione della danza dentro all’evento stesso: lo spettatore è oggetto dello sguardo dei protagonisti ma anche sguardo in soggettiva su di loro. Ricostruendo 4 dei più importanti spettacoli creati dalla coreografa tedesca, Wenders, anche attraverso i ricordi degli interpreti della compagnia, ci accompagna nel suo immaginario attraverso il contatto con gli elementi primari, la terra, l’acqua la sostanza, portando le corografie negli spazi urbani e naturali conferendo alla danza una dimensione di realtà e concretezza. Temi centrali sono le relazioni, la difficoltà nel trovarsi e nel lasciarsi e il dolore che tutto questo provoca inevitabilmente.
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flyanto
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martedì 15 novembre 2011
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la danz come concepita da una grande artista
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Omaggio del regista Wim Wenders alla coreografa tedesca sua amica Pina Bausch, morta di cancro nel 2009. Attraverso le interviste ai componenti della sua compagnia ed alle performances teatrali degli stessi tratte dagli allestimenti dei suoi spettacoli, il film presenta e descrive la concezione che la Bausch aveva della danza e dell'arte in generale. Ottimo film su tutti i fronti. Per gli appassionati della danza, però.
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