pressa catozzo
|
martedì 26 giugno 2012
|
il pozzo delle tre verita'
|
|
|
|
Questa volta sono tre auto ad accompagnarci nei misteri e sensi di colpa dei nostri protagonisti. Storia felicemente ambientata nel sud est della Turchia. Terra arida ventosa che ha scolpito i volti dei nostri protagonisti. Non mi diolungo ma vado al sodo. Opera ben realizzata, fotografia montaggio, un poco meno il doppiaggio, ma va bene così. I sottotitoli ci avrebbero privato della bellezza e drammaticità dei luoghi.
|
|
[+] lascia un commento a pressa catozzo »
[ - ] lascia un commento a pressa catozzo »
|
|
d'accordo? |
|
salvatore marfella
|
martedì 26 giugno 2012
|
film sopravvalutato con alcune pagine intense
|
|
|
|
"C'ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA" di Nuri Bilge Ceylan, Gran Premio della Giuria a Cannes 2011. Film suggestivo e intenso, non privo di belle pagine specie nella prima parte, con il pretesto di una indagine poliziesca, racconta le vicende private di alcuni personaggi che scopriranno di essere molto legati gli uni agli altri e di essere non molto dissimili dalla persona arrestata che stanno trasportando. Dopo una prima parte "notturna" molto bella, il film diventa greve e prolisso nella seconda durando almeno mezzora (forse 40 minuti) più del necessario e con qualche pagina irrisolta.
[+]
"C'ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA" di Nuri Bilge Ceylan, Gran Premio della Giuria a Cannes 2011. Film suggestivo e intenso, non privo di belle pagine specie nella prima parte, con il pretesto di una indagine poliziesca, racconta le vicende private di alcuni personaggi che scopriranno di essere molto legati gli uni agli altri e di essere non molto dissimili dalla persona arrestata che stanno trasportando. Dopo una prima parte "notturna" molto bella, il film diventa greve e prolisso nella seconda durando almeno mezzora (forse 40 minuti) più del necessario e con qualche pagina irrisolta. A mio avviso sopravvalutato, mi conferma nell'idea che Cannes 2011 (presidente Robert De Niro) ha premiato i film sbagliati.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a salvatore marfella »
[ - ] lascia un commento a salvatore marfella »
|
|
d'accordo? |
|
antonio trimarco
|
lunedì 25 giugno 2012
|
senza via di scampo
|
|
|
|
Un film che narra contemporaneamente più storie drammatiche. Un omicidio, un suicidio, una malattia. Tre auto attraversano di notte l'Anatolia, cercano un cadavere. Visto da lontano è lavoro, lavoro di un poliziotto, un procuratore, un medico e i loro uomini. Visto da vicino attraverso le inquadrature e le parole degli interpreti il dramma, i drammi prendono corpo. La solitudine, la tristezza si mescolano così ad una quotidianità che si è costretti a vivere. Uomini normali, che cercano di fare bene il loro lavoro nonostante questo affronti le miserie umane e le loro conseguenze. Uomini normali che devono guardare ai drammi esterni a loro, ma che li riportano ai propri. La notte porta un piccolo conforto di ospitalità in un piccolo villaggio dove il sindaco accoglie indagati e indagatori.
[+]
Un film che narra contemporaneamente più storie drammatiche. Un omicidio, un suicidio, una malattia. Tre auto attraversano di notte l'Anatolia, cercano un cadavere. Visto da lontano è lavoro, lavoro di un poliziotto, un procuratore, un medico e i loro uomini. Visto da vicino attraverso le inquadrature e le parole degli interpreti il dramma, i drammi prendono corpo. La solitudine, la tristezza si mescolano così ad una quotidianità che si è costretti a vivere. Uomini normali, che cercano di fare bene il loro lavoro nonostante questo affronti le miserie umane e le loro conseguenze. Uomini normali che devono guardare ai drammi esterni a loro, ma che li riportano ai propri. La notte porta un piccolo conforto di ospitalità in un piccolo villaggio dove il sindaco accoglie indagati e indagatori. Si cena, si colgono le vite e la vita di quel microcosmo. Si coglie la separatezza e la rigidità dei ruoli tra uomo e donna. Si coglie la bellezza della figlia del Sindaco, una bellezza che forse rimarrà confinata per tutta la vita in quell'angolo di mondo. L'omicida ha forse un segreto o più di uno. La mattina si scopre il cadavere. Ma poco si riesce a capire del perchè di quella morte. C'è probabilmente un adulterio che non verrà svelato pubblicamente. Ci sono poi i drammi del procuratore, che parlando con il medico scopre qualcosa sulla morte della moglie e quelli del poliziotto che con un figlio malato preferisce andare a lavorare per allontanare il dolore. E poi il medico che non ci svela nulla di lui, ma anche la sua storia sembra impregnata nel dolore e nella solitudine. Verrebbe da dire che "c'era una volta" e ci sono ancora "Vite senza vie d'uscita". Un film lirico, intenso, doloroso. Fotografia meravigliosa, soggetto sceneggiatura e regia impeccabili. Anche le interpretazioni dei personaggi principali sono molto intense.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a antonio trimarco »
[ - ] lascia un commento a antonio trimarco »
|
|
d'accordo? |
|
melania
|
domenica 24 giugno 2012
|
il tempo di una notte...
|
|
|
|
C'è un tempo dilatato in questo bellissimo film,dove la lentezza è un pregio.intriso di poesia,presenta suggestive ed evocative immagini notturne dell'anatolia;non è importante la trama in sè,ma la vita interiore dei personaggi,che,nel tempo di una notte,viene fuori con le sue fragilità e le sue angosce.Un film che non annoia ma che si ricorda con un senso di dolce malinconia.
|
|
[+] lascia un commento a melania »
[ - ] lascia un commento a melania »
|
|
d'accordo? |
|
goldy
|
domenica 24 giugno 2012
|
attenti a ergersi in cattedra.
|
|
|
|
Caro Sig. Sergio Marchetti,l, la noia che sono disposta a sostenere per scoprire verità degne di ulteriore riflessione, nel caso di questo film non è per nulla ripagata. E' questo che mi indigna: avere a che fare con teorici che una una volta fatta propria una teoria poi non hanno più discernimento per valutare quando e con chi applicarla.Non è con film come questi che si aiuta l'umanità a uscire dalla "caverna" di Platoniana memoria. E la invito a leggere o rileggere Calvino quando nei discorsi americani afferma che la noia è un peccato mortale e non è condizione indispensabile per sollecitare la parte nascosta di noi stessi.
|
|
[+] lascia un commento a goldy »
[ - ] lascia un commento a goldy »
|
|
d'accordo? |
|
annamarialaneri35
|
sabato 23 giugno 2012
|
lo sguardo delle donne
|
|
|
|
Un commissario, i suoi poliziotti, un procuratore e un medico accompagnano 2 sospettati alla ricerca del cadavere nell’immensità costretta dell’Anatolia. Trovano il cadavere e, dopo il riconoscimento della moglie, fanno eseguire l’autopsia. Questa è la trama oggettiva del film, non si conosce neanche il movente dell’assassinio. Solo gli sguardi e i dialoghi ne esprimono il senso, creando coordinate che uniscono i personaggi in un mondo privo di vita, dove la morte dell’uomo è continuamente evidenziata dall’unico argomento dei dialoghi: i figli. Il commissario risulta essere l’unico personaggio ancora in vita: è il solo a trasmettere emozioni e sentimenti, è lui l’unico che dice di avere un figlio,seppure malato e bisognoso di cure.
[+]
Un commissario, i suoi poliziotti, un procuratore e un medico accompagnano 2 sospettati alla ricerca del cadavere nell’immensità costretta dell’Anatolia. Trovano il cadavere e, dopo il riconoscimento della moglie, fanno eseguire l’autopsia. Questa è la trama oggettiva del film, non si conosce neanche il movente dell’assassinio. Solo gli sguardi e i dialoghi ne esprimono il senso, creando coordinate che uniscono i personaggi in un mondo privo di vita, dove la morte dell’uomo è continuamente evidenziata dall’unico argomento dei dialoghi: i figli. Il commissario risulta essere l’unico personaggio ancora in vita: è il solo a trasmettere emozioni e sentimenti, è lui l’unico che dice di avere un figlio,seppure malato e bisognoso di cure. Le soste continue per la ricerca del cadavere, i discorsi ripetitivi con scarno linguaggio e i primi piani su sguardi inespressivi dove non si riconoscono,anche per giochi registici, i colpevoli e gli innocenti, allungano volutamente i tempi del film e dilatano le colpe di ognuno che volteggiano negli animi come la natura di paesaggi identici dove il vento, quasi come da legge del contrappasso, scuote animi che amavano. A fare luce sulla vita e sulla morte di ognuno di loro, è proprio una figlia, quella del sindaco del paese dove la ciurma è costretta a fermarsi di notte; è lei che con discrezione porta una lampada e thè accendendo una luce di vita, di ricordi,in ogni uomo, sarà qui che il sospettato rivelerà la sua paternità al commissario, è lui il padre del figlio dell’ucciso. Anche gli altri uomini coi baffi e la barba di tre giorni, il procuratore ed il medico, sono morti nell’anima perché hanno ucciso. Il procuratore si rivela al medico raccontando di una donna che aveva predetto il giorno della sua fine dopo il parto perché tradita dal marito, ed il medico capisce che ne era la moglie, ed il medico colora la sua vita lontano dal suo passato di padre e marito: l’autopsia, descritta chirurgicamente! rivela un indizio, terreno nei bronchi, che il medico cancella come una spugna dalla sua memoria e non fa trascrivere. La prova della morte cosciente dei due personaggi è data dal fatto che entrambi descrivono il cadavere coi loro tratti somatici, ed il procuratore, il più sofferente di tutti, ha delle sorte di piaghe sul volto, quasi un inizio di decomposizione. Il finale è quasi una foto conservata dal medico: un gruppo di bambini che gioca, divisa da un vetro dove dall’altra parte c’è il medico con sangue schizzato dall’autopsia sul volto, immagine che stravolge il binomio innocente/colpevole. In qs universo maschile, essenziale quanto reale,ne esce un’immagine della donna fiera,intera, a tutto tondo, determinata nelle proprie scelte e nelle proprie azioni, una donna capace di vivere oltre la morte. Bello, si, ma risulta essere troppo di nicchia in quanto richiede troppo allo spettatore, sia per lunghezza sia per concettualizzazioni.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a annamarialaneri35 »
[ - ] lascia un commento a annamarialaneri35 »
|
|
d'accordo? |
|
writer58
|
sabato 23 giugno 2012
|
lontani dall'europa...
|
|
|
|
"C'era una volta in Anatolia" è un capolavoro a metà. Lo è sicuramente da un punto di vista visivo, con una grandiosa fotografia che pare illuminare anche le sequenze notturne sulla splendida campagna turca e che mette in risalto anche i dettagli più minuti (la barba ispida dei protagonisti, gli alberi scossi dalle folate del vento, l'espressione dei volti, una roccia con graffiti antichi, l'architettura casuale delle cittadine dell'Anatolia); lo è nella preparazione del plot narrativo (tre automobili vagano al crepuscolo alla ricerca del corpo di un uomo assassinato e sepolto da un assassino disposto a rivelare il luogo del suo crimine) che, con ritmi dilatati, segue gli andirivieni del gruppo, composto da un procuratore, un commissario di polizia, un medico, alcuni poliziotti, l'omicida e suo fratello, lungo una geografia notturna fatta di campi di grano, ponti, stradine a stento asfaltate, fari di macchine che proiettano fasci di luce su una memoria ottenebrata dalla colpa e dall'alcool.
[+]
"C'era una volta in Anatolia" è un capolavoro a metà. Lo è sicuramente da un punto di vista visivo, con una grandiosa fotografia che pare illuminare anche le sequenze notturne sulla splendida campagna turca e che mette in risalto anche i dettagli più minuti (la barba ispida dei protagonisti, gli alberi scossi dalle folate del vento, l'espressione dei volti, una roccia con graffiti antichi, l'architettura casuale delle cittadine dell'Anatolia); lo è nella preparazione del plot narrativo (tre automobili vagano al crepuscolo alla ricerca del corpo di un uomo assassinato e sepolto da un assassino disposto a rivelare il luogo del suo crimine) che, con ritmi dilatati, segue gli andirivieni del gruppo, composto da un procuratore, un commissario di polizia, un medico, alcuni poliziotti, l'omicida e suo fratello, lungo una geografia notturna fatta di campi di grano, ponti, stradine a stento asfaltate, fari di macchine che proiettano fasci di luce su una memoria ottenebrata dalla colpa e dall'alcool. Anche i dialoghi tra i protagonisti mi sono parsi "giusti": miscelano ansie quotidiane, interrogativi esistenziali, fatiche del vivere; rivelano aspetti dei personaggi tramite un lavoro di scavo e di cesello che rifugge dalle accelerazioni e dalle spettacolarizzazioni proprie dei film di azione.
Contrariamente ad alcune valutazioni del forum, non ho trovato la pellicola noiosa, anche se il ritmo narrativo è lento e indugia sui particolari. Perché, allora, parlo di "capolavoro a metà"? Perché, nella seconda parte del film (dal ritrovamento del cadavere in poi) la tensione narrativa diminuisce e le premesse non vengono sostenute da un adeguato scioglimento. Il film si "sgonfia" e il finale, più che aperto, è monco, come se il regista avesse interrotto l' opera in un punto casuale del suo sviluppo. Al di là delle interpretazioni poco condivisibili sulla valenza metaforica della pellicola (che rappresenterebbe uno spaccato della Turchia di oggi sospesa tra un passato tradizionale e un presente di modernità e sviluppo), "C'era una volta in Anatolia" appare come un'opera che assembla in modo imperfetto un inizio folgorante con uno scoglimento deludente. E questo non è un limite da poco, considerando le aspettative che (almeno in me)il film aveva generato.
[-]
[+] d'accordo
(di gabrielpiazza)
[ - ] d'accordo
|
|
[+] lascia un commento a writer58 »
[ - ] lascia un commento a writer58 »
|
|
d'accordo? |
|
francesco2
|
sabato 23 giugno 2012
|
perché non tre stelle e mezzo (seconda parte)
|
|
|
|
Completando (spero) quanto scritto prima, vorrei aggiungere che, se Ceylan sembra porsi questioni sul (NON?) senso della vita (Grazie a chi ha scritto di avermi ricordato la scena delle mele), alla fine sembra proprio c(r)edere al pessimismo, mentre in altri punti certe riflessioni cui ho accennato potevano lasciare speranza.
Se si analizzano la considerazione sulle cause che portano al suicidio, ed il finale apertissimo, è come se la conclusione finale fosse che il mondo è schiavo dell'illogicità, e che ad essa bisogna rassegnarsi, anche commettendo ingiustizie(?) come sembra fare alla fine il dottore. che ne pensate?
|
|
[+] lascia un commento a francesco2 »
[ - ] lascia un commento a francesco2 »
|
|
d'accordo? |
|
francesco2
|
sabato 23 giugno 2012
|
come avete interpretato il finale?
|
|
|
|
In realtà qualcuno, commentandolo su questo sito, l'ha già definito "Aperto"
|
|
[+] lascia un commento a francesco2 »
[ - ] lascia un commento a francesco2 »
|
|
d'accordo? |
|
francesco2
|
sabato 23 giugno 2012
|
ma perché non si possono dare tre stelle e mezzo?
|
|
|
|
Sono, purtroppo, un totale neofita per il film di Ceylan. Ciò detto, valutando questo film non nego un sospetto. Quello di un cinema "Autoriale" che si compiace de tempi morti, e di scene apparentemente o realmente anodine -Gli "interrogatori" a cui uno degli assassini viene sottoposto sul posto, per esempio- nonché di una poetica dell'incomunicabilità, messa a fuoco -Credo- da Kiarostamì più di quindici anni fa: primi piani che , da un lato, si concentrano su un'immagine, e dall'altro, la focalizzano con esseri umani o oggetti abbondantemente rimpiccioliti, che si dileguano in lontananza.
In realtà, però, posso ipotizzare che spunti che qualcuno potrebbe definire "Esercizi di stile", come i fari delle macchine con i dialoghi in sottofondo, o soprattutto la figlia del sindaco che distribuisce qualcosa a tutti i convitati, (Cosa rappresenta? La purezza? La speranza? La trascendenza, potrebbe ipotizzare qualcuno? Altro?) siano più prettamente di Ceylan.
[+]
Sono, purtroppo, un totale neofita per il film di Ceylan. Ciò detto, valutando questo film non nego un sospetto. Quello di un cinema "Autoriale" che si compiace de tempi morti, e di scene apparentemente o realmente anodine -Gli "interrogatori" a cui uno degli assassini viene sottoposto sul posto, per esempio- nonché di una poetica dell'incomunicabilità, messa a fuoco -Credo- da Kiarostamì più di quindici anni fa: primi piani che , da un lato, si concentrano su un'immagine, e dall'altro, la focalizzano con esseri umani o oggetti abbondantemente rimpiccioliti, che si dileguano in lontananza.
In realtà, però, posso ipotizzare che spunti che qualcuno potrebbe definire "Esercizi di stile", come i fari delle macchine con i dialoghi in sottofondo, o soprattutto la figlia del sindaco che distribuisce qualcosa a tutti i convitati, (Cosa rappresenta? La purezza? La speranza? La trascendenza, potrebbe ipotizzare qualcuno? Altro?) siano più prettamente di Ceylan. E che quest'ultimo cerchi di lanciare varie provocazioni sul senso (?) delle cose, ora improntate all'ottimismo (Ciò che annoia momentaneamente, ma che un giorno apparirà significativo), ora al pessimismo (La misteriosa morte della donna, che all'inizio assume contorni metafisici, ma che alla fine apparirà tragicamente "Concreta"). Dunque, una parziale differenza rispetto al pensiero cinematografico di certo Kiarostamì, che viene tuttavia ripreso, ad esempio, nella scena in cui il corpo va inserito nella macchina.
Il film però, secondo chi scrive, funziona ancora di più quando si esplorano due dei protagonisti: sul medico, quando entra in casa, vediamo foto riguardanti il suo passato (Probabilmente il figlio, probabilmente un gruppo di amici). Sul procuratore, veniamo a sapere quali fossero i motivi del decesso della moglie, in un illuminante dialogo col procuratore stesso. Quasi uno sganciarsi dai simboli, dalla "metafisica", per restituire contorni concreti alle vite di due uomini e a ciò che ne ha determinato le scelte; per suggellare, casomai fosse necessario, che il viaggio era una metafora, e del "Crimine", a Ceylan, non interessava più di tanto.
Ma con un finale che lascia perplessi, quasi al regista disturbasse averci chiarito troppe cose(Sic!), e volesse insinuare una dose di pessimismo e/o di mistero che aveva caratterizzato, più o meno sostanzialmente, il resto del film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesco2 »
[ - ] lascia un commento a francesco2 »
|
|
d'accordo? |
|
|