vitosay
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martedì 24 aprile 2012
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non chiamiamolo horror, non chiamiamolo gotico
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Gotico per l’ambientazione cupa? No, L’ambientazione si arricchisce di creazioni di stoffa colorata fatte da una donna in calzamaglia che, pur essendo cavia, non si atteggia a vittima ma danza, assume posizioni yoga fino anche ad uscire per fare shopping. Certamente la clinica privata del mad doctor è un ambientazione asettica, ricercata, fredda ma non ha molto di cupo. Gotico grazie al malvagio di turno? No, Più che lo scienziato pazzo il chirurgo Ledgar è un Banderas statico, poco coinvolgente perché rinuncia alla sua dote istrionica principale : la fisicità sensuale. Svilito da ogni fascino.
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Gotico per l’ambientazione cupa? No, L’ambientazione si arricchisce di creazioni di stoffa colorata fatte da una donna in calzamaglia che, pur essendo cavia, non si atteggia a vittima ma danza, assume posizioni yoga fino anche ad uscire per fare shopping. Certamente la clinica privata del mad doctor è un ambientazione asettica, ricercata, fredda ma non ha molto di cupo. Gotico grazie al malvagio di turno? No, Più che lo scienziato pazzo il chirurgo Ledgar è un Banderas statico, poco coinvolgente perché rinuncia alla sua dote istrionica principale : la fisicità sensuale. Svilito da ogni fascino. Almodovar sicuramente non ha scelto il film giusto per dirigere nuovamente Banderas. Horror? Nessuno dei personaggi lo manifesta e neppure lo incute: nessun lamento, nessuna evidente disperazione, un briciolo di rabbia ben recitata: i protagonisti sono pietrificati nella loro sofferenza; un film così privo di emozioni manifeste in chi recita non può avere neppure i crismi dell’horror psicologico per chi lo guarda. La pazzia dello scienziato si chiama semplicemente desiderio di vendetta, i turbamenti psicologici si configurano nella degenerazione di questo sentimento nella perversione, anche se perversione ‘sui generis’ in quanto dovuta ad un eccesso di amore (per la moglie o per la figlia, poco importa). Perversione che ci porta al tema caro ad Almodovar della ‘confusione dei sessi’. Un thriller sicuramente. Scoprire l’identità della cavia umana, questo è quello che ci incuriosisce fino alla fine, una verità che ci viene svelata poco alla volta. Questo è l’unico aspetto nuovo per Almodovar in questo film.
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[+] bravo
(di francesco2)
[ - ] bravo
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alemrg
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martedì 3 aprile 2012
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emozioni a non finire
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C'è poco da dire, Pedro Almodóvar è un genio. Questo film è un pugno nello stomaco ma è la prova che esiste ancora qualcuno che riesce a stupire e a emozionare.
Di fronte al piattume imperante una fiamma di speranza ancora arde.
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bronteion
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domenica 11 marzo 2012
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meglio di un giallo
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Almodòvar non mi ha mai attirato particolarmente anzi, a stento sono riuscito a guardare i primi 10 minuti di gli abbracci spezzati, dopo sono morto di noia eppure questo film ti incolla allo schermo ricco come è di colpi di scena. Non annoia un attimo, il ritmo è serrato non ci sono tempi morti. Un colpo di scena dopo l'altro avvolgono il fortunato spettatore e lo lasciano incredulo, a bocca aperta. Solo un maestro come Almodòvar poteva trasformare una trama da polpettone ignobile in un film così magnificamente realizzato con degli attori strepitosi e con una ragazza Elena Anaya che riesce non solo a sostituire la Cruz ma non ne fa affatto sentire la mancanza, con la sua bellezza assoluta, totale, magnetica come il film.
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blackredblues
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sabato 10 marzo 2012
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fece una palla di pelle di pollo...
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Almodovar non è tra i miei registi del cuore, questo va detto. Al di là dei contenuti che veicola tramite i suoi film, non amo la sua composizione dell'immagine, non amo le sue inquadrature che trovo datate e da telefilm . Non amo le musiche che commentano le sue immagini. Premesso ciò sono stato incuriosito nel vedere il film in questione da un commento di una mia collega che mi disse una cosa tipo: "E' il film più perverso che abbia visto fin ora!" A parte il fatto che un asserto simile dice molte di più cose su chi l'ha proferito rispetto all'oggetto del commento, ho deciso di "toccare con occhio".
La storia è quella di un abuso (o tentato abuso) della figlia di un noto chirurgo plastico che già di suo pare essere affetta da gravi problemi psichici.
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Almodovar non è tra i miei registi del cuore, questo va detto. Al di là dei contenuti che veicola tramite i suoi film, non amo la sua composizione dell'immagine, non amo le sue inquadrature che trovo datate e da telefilm . Non amo le musiche che commentano le sue immagini. Premesso ciò sono stato incuriosito nel vedere il film in questione da un commento di una mia collega che mi disse una cosa tipo: "E' il film più perverso che abbia visto fin ora!" A parte il fatto che un asserto simile dice molte di più cose su chi l'ha proferito rispetto all'oggetto del commento, ho deciso di "toccare con occhio".
La storia è quella di un abuso (o tentato abuso) della figlia di un noto chirurgo plastico che già di suo pare essere affetta da gravi problemi psichici. Tale evento sembra darle il colpo di grazia e così si suicida. Il padre distrutto dal dolore per la perdita della figlia (e della moglie avvenuta qualche anno prima in seguito a un incidente automobilistico) decide di vendicare la figlia infierendo sul suo aggressore con una tecnica molto particolare...
Non ho trovato il film particolarmente disturbante o fastidioso (effetto che ebbe sulla mia collega che citavo poco prima) ma in compenso l'ho trovato cavilloso, raffazzonato nelle implicazioni psicologiche e nei comportamenti, molto grossolano insomma. Sì ha la costante impressione di essere in balia delle idee strampalate del regista (ben vengano le idee strampalate non equivochiamo!) ma senza un elevare ciò ad un piano artistico/poetico emozionalmente condivisibile. I temi trattatti sono triti e ritriti e, a parte l'ideona di vedere il cambio di sesso come strumento punitivo, non ci ho visto molto altro.
Il dipanarsi dei legami affettivi e parentali è molto da Beautiful (nel senso peggiore del termine) con governanti che si rivelano essere madri, fratelli divisi alla nascita che tradiscono con mogli annoiate, c'è molto di tutto ciò.
Il film aiuta ad interrogarsi sull'etica della trasformazione tramite la chirurgia plastica? Non credo, per interrogarsi bisognerebbe smettere di parlarne in modo così banale. Aiuta nel riflettere sulle conseguenze della psicopatologia e della violenza sessuale? Non credo, è troppo superficiale la trattazione dei temi in questione. Il film aiuta nel suo impianto estremamente innovativo e ambivalente ad approntare una riflessione senza facili giudizi? Non credo, come dicevo poco sopra è macchinoso e cavilloso anche nel cercare di mantenersi super partes. Visto che nell'ultima riga ho usato un'espressione latina vorrei concludere mantenendo la medesima scelta linguistica: cui prodest?!
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[+] almodòvar ad uso della plebe?
(di bronteion)
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weach
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domenica 12 febbraio 2012
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un esperimento di sofferenza e ricerca
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La pelle che abito,
di Pedro Almòdovar
anno di produzione 2011,
Antonio Banderas è Robert Ledgard ;
Elena Anaya è Vera;
Marisa Parades è Marilia ;
Jan Cornet è Vincente;
Roberto Alamo è Zeca ;
Blanca Suarez è Norma.
La mia lettura parte dalla recensione associata alla locandina del film per approdare ad un diverso sentire;rispettando l'opinione altrui le diverse sfumature che si colgono sono ,nella condivisione e nel confronto ,occasione di arricchimento per tutti noi .
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La pelle che abito,
di Pedro Almòdovar
anno di produzione 2011,
Antonio Banderas è Robert Ledgard ;
Elena Anaya è Vera;
Marisa Parades è Marilia ;
Jan Cornet è Vincente;
Roberto Alamo è Zeca ;
Blanca Suarez è Norma.
La mia lettura parte dalla recensione associata alla locandina del film per approdare ad un diverso sentire;rispettando l'opinione altrui le diverse sfumature che si colgono sono ,nella condivisione e nel confronto ,occasione di arricchimento per tutti noi .
il senso del film?
Nessun senso assoluto ma quello che ognuno di noi vuole vederci.
Comunque tutto ci porta nell'arte visiva, sonora dove l'essere nel dolore sperimenta "la dimensione della propria cella di esistenza ".
Senza entrare nei particolari della storia che è assolutamente vostra,la complessità del narrato ha dei sicuri contorni surreali,di depravazione,di dolore, infelicità,ma anche impalcature di sentimenti,aspettative di felicità,dimensioni estetiche e filosfiche .
Cosa ci affascina di questo film ?La vlglia di Pedro Almodòvar di ricercare sempre un percorso bruciante, intenso, estetico, sensuale e coinvolgente.
Appagante è la recitazione della bella Elena Anaya come quella di Antonio Banderas; una nota meritoria anche per Jan Cornet.
I contenuti musicali sono di alto profilo, perfetta sinergia con le immagini;evidente una traccia melodrammatica, emotiva per la collaborazione di Alberto Iglesias.
Il film, assolutamente da vedere, anche nel titolo, sembra essere alla ricerca di un contatto spirituale, con la struttura energetica del nostro essere. La pelle che ci abita........ suggerisce l'esistenza di una forza esterna all'immanenza corporea.
Questo film vale quattro stelle d'oro per'l'equilibrio estetico e di originalità che riesce a mettere in scena
buona visone
weach illuminati
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weach
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domenica 12 febbraio 2012
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un esperimento di dolore e di ricerca
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la pelle che abito
di pedro almodòvar
anno di produzione 2011
antonio banderas è Robert Ledgard
elena anaya,è Vera
marisa paredes è Marilia
jan cornet è Vicente
robero alamo è Zeca
blanca suarez è Norma
La mia lettura parte dalla recensione di Marianna Ceppi ,asettica , con tutto il rispetto. Il diverso sentire alla fine mi porta altrove ; ma l'arricchimento per tutti sarà possibile nella condivisone e nel rispetto delle opinioni altrui; la dignità di un pensiero assurge ad un ruolo di ricchezza non barattabile e non fungibile .
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la pelle che abito
di pedro almodòvar
anno di produzione 2011
antonio banderas è Robert Ledgard
elena anaya,è Vera
marisa paredes è Marilia
jan cornet è Vicente
robero alamo è Zeca
blanca suarez è Norma
La mia lettura parte dalla recensione di Marianna Ceppi ,asettica , con tutto il rispetto. Il diverso sentire alla fine mi porta altrove ; ma l'arricchimento per tutti sarà possibile nella condivisone e nel rispetto delle opinioni altrui; la dignità di un pensiero assurge ad un ruolo di ricchezza non barattabile e non fungibile .
Il senso del film ? Nessun senso assoluto ma quello che ognuno di non vuol vederci. Comunque tutto ci porta sicuramente nell'arte visiva , sonora dove l'essere nel dolore sperimenta la dimensione della "propria cella di esistenza ".
Senza entrare nei particolari della storia che è assolutamente vostra,la complessità del narrato ha dei sicuri contorni surreali,di perversione,depravazione, sofferenza , dolore, infelicità ad anche sentimenti,aspettative di felicità, dimensioni estetiche e filosofiche.
Cosa ci affascina del film ?La voglia di Pedro Almodovar di ricercare sempre un percorso bruciante, intenso, estetico, sensuale , coinvolgente.
Appagante è la recitazione della bella Elena Anaya, come quella di Antonio Banderas; una nota meritoria anche per di Jan Cornet.
I contenuti musicali sono di altro profili ,perfetta sinergia con l''immagine ;evidente una traccia melodrammatica, emotiva per la collaborazione di Alberto Iglesias . Il film , assolutamente ,da vedere , anche nel titolo, sembra essere alla ricerca di un contatto spirituale con la struttura energetica del nostro essere: la pelle che abito..........implica l'esistenza di una forza esterna all'immanenza corporale.
Quattro stelle d'oro sono per quest'opera cinematografica l'appropriata considerazione .
Buona visione
weach illuminati
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kyotrix
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giovedì 2 febbraio 2012
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fuori di testa
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Film con protagonisti fuori di testa per persone malate di mente...si lascia guardare con curiosita'. Affascinante Elena Anaya
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osteriacinematografo
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venerdì 27 gennaio 2012
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il giocattolo mortale di almodòvar
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Il film di Almodòvar narra le vicende di Robert Ledgard, chirurgo estetico di successo e all'avanguardia. Ledgard ha perso la moglie in circostanze drammatiche, dopo un incidente automobilistico da cui venne tratta miracolosamente in salvo, carbonizzata nei lineamenti e sfigurata nell’anima.
Il medico sviluppa così ossessivamente l’idea di costruire una pelle sostitutiva e più resistente al calore di quella umana; sperimentando, trova nella pelle dei suini quella compatibilità coi tessuti umani di cui necessita. A quel punto gli manca una cavia, e ne trova una nel presunto stupratore di sua figlia, una ragazza malata e profondamente instabile, che in breve lascerà anch’essa le spoglie mortali, segnata dal perverso pensiero che fosse stato il padre a molestarla.
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Il film di Almodòvar narra le vicende di Robert Ledgard, chirurgo estetico di successo e all'avanguardia. Ledgard ha perso la moglie in circostanze drammatiche, dopo un incidente automobilistico da cui venne tratta miracolosamente in salvo, carbonizzata nei lineamenti e sfigurata nell’anima.
Il medico sviluppa così ossessivamente l’idea di costruire una pelle sostitutiva e più resistente al calore di quella umana; sperimentando, trova nella pelle dei suini quella compatibilità coi tessuti umani di cui necessita. A quel punto gli manca una cavia, e ne trova una nel presunto stupratore di sua figlia, una ragazza malata e profondamente instabile, che in breve lascerà anch’essa le spoglie mortali, segnata dal perverso pensiero che fosse stato il padre a molestarla.
Ledgard/Frankenstein non si accontenta però di cambiar pelle al malcapitato Vicente, ma ne muta sesso e connotati, fino a modellarlo sui lineamenti della moglie perduta, fino a farlo diventare Vera.
Banderas è perfetto nel ruolo del chirurgo dalla doppia pelle: in realtà Ledgard è un folle maniaco che asseconda se stesso con la rassicurazione auto referenziata della professione medica; la sua casa/laboratorio, al tempo stesso prigione e museo, è il luogo in cui si trasforma nello scienziato pazzo cui tutto è concesso, è il luogo in cui la sua creatura si forma, cresce e si sviluppa; è poi l’ambiente in cui si muove la madre Marilia, governante e carceriera di Vera, complice del figlio anche nella pazzia sperimentatrice, vissuta con asettica naturalezza ed estrema lucidità.
Il delirio conduce il protagonista a ricreare l’involucro di chi non c’è più, a trovare conforto visivo ed eccitazione nell’estetica di un corpo che in realtà contiene un’altra persona; Ledgard si prende cura del benessere di quel corpo, senza considerare il ragazzo che in esso alberga; Vicente, dal canto suo, è intrappolato in una cella che non è la sua, ma è sempre vigile e presente, come un’ombra vacua, dietro occhi inquieti e spaventati: mentre Vera regala esteriormente sguardi di compiacimento, Vicente continua a guardarsi dentro, a osservarsi, laddove nessuno può inserire bisturi o intervenire chirurgicamente.
L’opera è ricca di simbolismi, e occorre fare uno sforzo d'immaginazione per andare oltre il contesto di superficie. I personaggi, in tal caso, somigliano a caricature uscite da una storia a fumetti: sono esagerati, esasperati, quasi eroici nelle loro caratteristiche, e le atmosfere e le ambientazioni -altrettanto accentuate- accompagnano questa sensazione, grazie a una costruzione scenica che oscilla fra realtà e immaginazione.
La casa/laboratorio -ad esempio- è la mente di Ledgard, con quella serie di porte candide che nascondono e incastrano e rivelano la logica del mostro; è un labirinto perverso costruito anch’esso in modo chirurgico, è il sotterraneo di un Batman malvagio.
Un personaggio interessante è poi quella del malfattore Zeca, che nelle sue sembianze di tigre rappresenta una specie di interferenza, atta a rompere visivamente l’impianto perfetto e schematico della casa di Ledgard, e a dissestare in modo definitivo gli equilibri sottili di un gioco a tre morboso e inquietante.
Ottimi i primi piani sui particolari della sala operatoria, sui ferri del mestiere, lindi e scintillanti, e sulle manie chirurgiche e di perfezione di un uomo solo e malato, che tramuta la propria scienza in forma artistica, che sfoga il dolore sulla pelle di un giocattolo che si rivela mortale.
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linus2k
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venerdì 27 gennaio 2012
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...quel capolavoro non raggiunto...
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Un noir grottesco che rivive del mito mai tramontato di Frankestein. Ecco cos'è "La piel que habito", ultimo film di Pedro Almodovar. Storia di una vendetta, di un chirurgo folle che punisce colui che, stuprando sua figlia, ne ha causato la follia ed il suicidio... e si vendica trasformandolo in donna... ma non tutto va come aveva calcolato.
La storia si muove su diversi piani temporali e cambi repentini di diversi punti di vista. Tutto si muove con precisione in un meccanismo perfetto dal punto di vista narrativo e recitativo.
Una splendida Elena Ananya cattura ed affascina, Antonio Banderas stupisce in una tesa e misuratissima interpretazione del chirurgo.
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Un noir grottesco che rivive del mito mai tramontato di Frankestein. Ecco cos'è "La piel que habito", ultimo film di Pedro Almodovar. Storia di una vendetta, di un chirurgo folle che punisce colui che, stuprando sua figlia, ne ha causato la follia ed il suicidio... e si vendica trasformandolo in donna... ma non tutto va come aveva calcolato.
La storia si muove su diversi piani temporali e cambi repentini di diversi punti di vista. Tutto si muove con precisione in un meccanismo perfetto dal punto di vista narrativo e recitativo.
Una splendida Elena Ananya cattura ed affascina, Antonio Banderas stupisce in una tesa e misuratissima interpretazione del chirurgo. Impreziosisce il tutto uno splendido cameo della meravigliosa (come sempre d'altronde) Marisa Paredes, intensa e convincente.
Cosa dire se non che il film è praticamente perfetto ed Almodovar si conferma per l'ennesima volta uno dei massimi registi attualmente al mondo, capace di narrare, affascinare, stupire e realizzare un prodotto che arriva quasi alla maniacale e manieristica ricerca della perfezione narrativa ed espressiva.
Il tema, grottesco e probabilmente in mani inesperte avrebbe rischiato di essere poco convincente, riesce ad essere misurato ed equilibrato, ed il regista riesce anche ad inserire un elemento più di colore e, in un certo senso, "vecchia maniera" come il personaggio di Zeca, violento, sessuomane, travestito da tigre, senza scadere.
A pagare in tutto questo è forse la capacità di emozionare, di rendere partecipe lo spettatore, oltre che alla trama ed alla storia, anche al dramma dei personaggi, alla componente più puramente emotiva, che, a mio avviso, ha fatto la differenza in film come "Volver" e "Todo sobra mi madre"; quella stessa freddezza presente nel precedente film "Los Abrazos Rotos", che ti lascia alla fine del film un certo senso di distacco.
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