carolinabruno
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sabato 24 settembre 2011
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la necessità dell'audience vince sulla qualità
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Sesso e coltelli: sicuramente un ottimo modo per fare dell'audience, ma anche il migliore per rovinare un film. Grande delusione per me questa pellicola, Almodovar sembra svenduto al mercato delle mutandine di seta. Peccato perché la trama era davvero interessante, come l'ambientazione, gli attori e le musiche: un vero spreco. Quello che poteva essere un ottimo film, l'hanno fatto diventare un film da cassetta per adolescenti - pari pari al cigno nero, altro buon film in potenza ma alla fine accozzagia di tagli splatter e sesso lesbico, tanto per far scioccare un po' e richiamare l'attenzione...ma è davvero questa l'attenzione di cui questo già grande regista ha bisogno?
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ctuno
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sabato 24 settembre 2011
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ma a chi non piace almodovar???
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Se è vero che Almodovar invecchia, è anche vero che le tecnologie (Chirurgia plastica nello specifico) corrono molto più veloci.
Non è più il tempo di presentarci quei teneri transgender che ci sono stati tanto cari. Qui il clima diventa cupo e un ragazzo trasformato in donna per vendetta dal chirurgo , non può essere una donna felice, ma un uomo carico di vendetta.
Da qui il clima cupo del film, peraltro diretto con la consueta maestria.
Carla Testorelli
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ctuno
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sabato 24 settembre 2011
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ma a chi non piace almodovar???
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Se è vero che anche per Almodovar sono passati gli anni, è anche vero che più rapidamente sono cambiati i tempi in cui viviamo . Con l'avvento delle nuove tecnologie (nello specifico le tecniche di chirurgia plastica) ,non è più possibile rappresentare quei teneri e sensibili transgeder dei film di un tempo. La rappresentazionei di un ragazzo che per vendetta è stato trasformato in una donna, non ci può regalare una donna contenta, ma piuttosto una donna carica di desiderio di vendetta. Di qui l'atmosfera cupa ed itchcochiana che aleggia sul un film peraltro diretto con la solita maestria. Almodovar rimane sempre un genio .
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Se è vero che anche per Almodovar sono passati gli anni, è anche vero che più rapidamente sono cambiati i tempi in cui viviamo . Con l'avvento delle nuove tecnologie (nello specifico le tecniche di chirurgia plastica) ,non è più possibile rappresentare quei teneri e sensibili transgeder dei film di un tempo. La rappresentazionei di un ragazzo che per vendetta è stato trasformato in una donna, non ci può regalare una donna contenta, ma piuttosto una donna carica di desiderio di vendetta. Di qui l'atmosfera cupa ed itchcochiana che aleggia sul un film peraltro diretto con la solita maestria. Almodovar rimane sempre un genio .
Carla Testorelli.
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never_fear
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sabato 24 settembre 2011
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almodòvar cambia solo pelle
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Almodòvar non disconferma affatto il suo stile. La Piel que habito rappresenta un ben riuscito cambiamento di "genere" ma i temi sono rigidamente mantenuti: la trasformazione, l'amore in ogni sua forma, la maternità deviata e distruttiva; la tenacia dei protagonisti incarcerati in ruoli che sanno incarnare-vestire alla perfezione.
Anche questa volta è più di un film, è un omaggio al cinema. Come James Steward trasforma Kim Novak in Vertigo, Robert (Banderas) plasma la sua creatura con amorevole perversione e la osserva attraverso gli stessi schermi di The Truman show (Peter Weir). Schermi che diventano un veicolo di seduzione.
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Almodòvar non disconferma affatto il suo stile. La Piel que habito rappresenta un ben riuscito cambiamento di "genere" ma i temi sono rigidamente mantenuti: la trasformazione, l'amore in ogni sua forma, la maternità deviata e distruttiva; la tenacia dei protagonisti incarcerati in ruoli che sanno incarnare-vestire alla perfezione.
Anche questa volta è più di un film, è un omaggio al cinema. Come James Steward trasforma Kim Novak in Vertigo, Robert (Banderas) plasma la sua creatura con amorevole perversione e la osserva attraverso gli stessi schermi di The Truman show (Peter Weir). Schermi che diventano un veicolo di seduzione. Vera (Elena Anaya), armata dello sguardo, ricorda la Jeanne Moreau vendicatrice de La mariée était en noir (Truffaut). Ma la sua non è una vendetta, è una sana ostinazione, è l'amore per la libertà.
Marmoreo il volto di Banderas che comunque non perde di espressività. Magistrale anche questa volta la Paredes-madre nel ruolo che sembra aver iniziato nell'ultima scena di teatro in Todo sobre mi madre. Pienamente all'altezza dei loro ruoli Anaya e Cornet.
Un'opera completa, un triller che non ha bisogno di ombre e sangue per mantenere lo spettatore in perenne tensione. Un cinema autentico che vive di una realtà propria e che "anticipa la scienza" (P. Almodòvar).
Meritatamente premiata la fotografia. Splendida la colonna sonora
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spike
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sabato 24 settembre 2011
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parziale delusione
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Mi aspettavo qualche guizzo d'autore almodovariano e invece il film risulta troppo razionale e scritto a tavolino. Ci sono passaggi poco credibili così come lo sono i personaggi ( il regista dà il meglio di sè quando tratta soggetti più vicini alla classe medio-bassa che alla classe alta). Spero sia solo una caduta momentanea del regista spagnolo, confido in tempi migliori.
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never_fear
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sabato 24 settembre 2011
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almodòvar cambia solo pelle
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Almodòvar non disconferma affatto il suo stile. La Piel que habito rappresenta un ben riuscito cambiamento di "genere" ma i temi sono rigidamente mantenuti: la trasformazione, l'amore in ogni sua forma, la maternità deviata e distruttiva; la tenacia dei protagonisti incarcerati in ruoli che sanno incarnare-vestire alla perfezione.
Anche questa volta è più di un film, è un omaggio al cinema. Come James Steward trasforma Kim Novak in Vertigo, Robert(Banderas) plasma la sua creatura con amorevole perversione e la osserva attraverso gli stessi schermi di The Truman show (Peter Weir). Schermi che diventano un veicolo di seduzione. Vera (Elena Anaya), armata dello sguardo, ricorda la Jeanne Moreau vendicatrice de La mariée était en noir (Truffaut).
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Almodòvar non disconferma affatto il suo stile. La Piel que habito rappresenta un ben riuscito cambiamento di "genere" ma i temi sono rigidamente mantenuti: la trasformazione, l'amore in ogni sua forma, la maternità deviata e distruttiva; la tenacia dei protagonisti incarcerati in ruoli che sanno incarnare-vestire alla perfezione.
Anche questa volta è più di un film, è un omaggio al cinema. Come James Steward trasforma Kim Novak in Vertigo, Robert(Banderas) plasma la sua creatura con amorevole perversione e la osserva attraverso gli stessi schermi di The Truman show (Peter Weir). Schermi che diventano un veicolo di seduzione. Vera (Elena Anaya), armata dello sguardo, ricorda la Jeanne Moreau vendicatrice de La mariée était en noir (Truffaut). Ma la sua non è una vendetta, è una sana ostinazione, è l'amore per la libertà.
Marmoreo il volto di Banderas che comunque non perde di espressività. Magistrale anche questa volta la Paredes-madre nel ruolo che sembra aver iniziato nell'ultima scena di teatro in Todo sobre mi madre. Pienamente all'altezza dei loro ruoli Anaya e Cornet.
Un'opera completa, un triller che non ha bisogno di ombre e sangue per mantenere lo spettatore in perenne tensione. Un cinema autentico che vive di una realtà propria e che "anticipa la scienza" (P. Almodòvar).
Meritatamente premiata la fotografia. Molto bella la colonna sonora.
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renato volpone
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sabato 24 settembre 2011
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senza smalto
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Dove sono finite le Tinte forti di Almodovar? I suoi personaggi di spessore, le sue emozioni? Il film è composto, elegante, teatrale e ripropone tutte le invenzioni precedenti del regista, ma è un già visto, e senza qualcosa di nuovo il tutto sa di insipido. Il film è lento, soporifero a tratti,tanto che ci vuole un tentativo di autolesionismo da parte della protagonista per dare una piccola scossa. Anche la trovata di spezzare temporalmente il film e mescolarne le carte non crea l'attesa nello spettatore, ne colpi di scena, ma ne rallenta la vivacità. La sceneggiatura, incentrata su di un chirurgo estetico che tenta prima di salvare la moglie bruciata in un incendio e poi vendicare la figlia suicida per un presunto tentativo di violenza, regge al racconto, ma non emoziona.
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Dove sono finite le Tinte forti di Almodovar? I suoi personaggi di spessore, le sue emozioni? Il film è composto, elegante, teatrale e ripropone tutte le invenzioni precedenti del regista, ma è un già visto, e senza qualcosa di nuovo il tutto sa di insipido. Il film è lento, soporifero a tratti,tanto che ci vuole un tentativo di autolesionismo da parte della protagonista per dare una piccola scossa. Anche la trovata di spezzare temporalmente il film e mescolarne le carte non crea l'attesa nello spettatore, ne colpi di scena, ma ne rallenta la vivacità. La sceneggiatura, incentrata su di un chirurgo estetico che tenta prima di salvare la moglie bruciata in un incendio e poi vendicare la figlia suicida per un presunto tentativo di violenza, regge al racconto, ma non emoziona. Peccato, a parte la bellezza della protagonista, una grande delusione
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kronos
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sabato 24 settembre 2011
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pasticcio
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Forse la miglior definizione del film l'ha data Curzio Maltese: un thriller transgenico o, in alternativa, horror comico.
In qualunque modo lo si definisca è un film che funziona solo per i valori tecnici ed estetici; per il resto è un pasticcio figlio di un Almodovar poco ispirato, o forse semplicemente a disagio con un genere che non gli appartiene.
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paapla
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sabato 24 settembre 2011
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interrogarsi e riflettere
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"Non è un film estremo - ha affermato il regista”. Invece è un film estremo, lo spettatore è chiamato a interrogarsi e riflettere. Le musiche sono magnifiche.
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andaland
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sabato 24 settembre 2011
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un cambio radicale
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Un film sotto certi punti di vista inquietante, pensare che si possa trasformare il proprio incubo in una specie di gioco o di esperimento.
La bravura del regista non si discute, forse a lasciare un po' perplessi è il dilungarsi della storia ad un punto un po' troppo logico, personalmente avrei terminato il film 20 minuti prima lasciando in sospeso qualche punto.
In ogni caso ne esce un buon film, con tensione alta e recitazione di elevato livello.
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