In "Io vi troverò",di Pierre Morelle sullo script di Luc Besson,Liam Neeson salva sua figlia caduta nella rete dei trafficanti di vite umane,consumando una violenta e metodica vendetta.
In "Giustizia privata",Gerard Butler pareggia il conto della sua famiglia massacrata perseguendo ed eliminando i responsabili con feroce determinazione.
In entrambi i film il comune denominatore è il riscatto del bene insostituibile della famiglia.ottenuto al prezzo di vite e sofferenze inflitte dai protagonisti a chi si è reso colpevole del crimine lesivo del fondamentale diritto umano all'esistenza.
Nell'ultimo decennio altri titoli hanno sviluppato sullo schermo il tema della vendetta,con maggiore o minore densità artistica - "Man on Fire", "Il Conte di Montecristo",con Caviezel,"Death Sentence" - e differenti prospettive - la saga dei Saw - ma l'intento primario dei lavori sembra essere sempre il richiamo ad un'etica tradita. Ne "L'immortale",pellicola ispirata all'omonimo romanzo di Franz-Olivier Giesbert,il regista Richard Berry narra la vicenda reale seppur amplificata,di Charly Mattei,un ex malavitoso con alle spalle un passato oscuro,intento a riprendersi la propria vita e chiudendo il lato buio della sua esistenza dietro la ricerca di un riscatto retto dalla normalità di una onesta vita famigliare.
Ma alcune condizioni non possono essere cancellate senza lasciare traccia e Charly cade nella trappola tesagli dai suoi ex colleghi che lo lasciano mezzo morto in un parcheggio con 22 proiettili in corpo.
Riuscito miracolosamente a sopravvivere all'attentato,l'uomo si riprende ed abbraccia la vendetta verso i suoi persecutori,dimenticando pietà ed amicizia.
"L'immortale" si classifica come un tradizionale polar francese che sintetizza i termini di rivincita ed onore in una società guasta e malata. Charly è un uomo che si chiude una porta alle spalle,ma questo intento non gli è sufficiente per affrancarlo da una condizione di cui resta prigioniero.
La violenza e il delitto si trasformano in fantasmi che lo aspettano nella forma del tradimento da parte di coloro che un tempo condividevano con lui ideali ed obiettivi,amici di sangue legati dalle promesse ora spezzate e disilluse.
Il film segue il suo fil rouge nei termini del dualismo onore/inganno,crimine e redenzione,in un palcoscenico di anarchia morale fra le condizioni di bene e male che innervano la società e le stesse strutture dell'Ordine,inerti di fronte alle posizioni da prendere davanti alla delinquenza eccellente.
Il naufragio della morale ed il conflitto fra onore e tradimento scandiscono il ritmo del racconto,violento ed ossessivo,con inevitabili cadute in una retorica contestualizzata e deprimente ("...il sangue versato non si asciuga mai...","...una volta che ci sei dentro non ne uscirai...","...cosa ci fai con l'onore,se sei morto...").
Il corollario al crimine giustificato si concretizza nell'uomo che incontra la morte della propria dignità e l'onore non è più che uno strumento pretestuale per reggere la finzione e nutrire la menzogna.
Il film tocca le corde dell'amicizia e del rispetto,temi periodici nei film sulle organizzazioni mafiose,ventilando gli aspetti della predestinazione esistenziale che innesta nell'uomo una realtà malvagia dalla quale non è possibile liberarsi e a cui non resta che assoggettarsi.
Il confronto finale alimenta l'eterno oscillare delle posizioni prospettiche,la soggettiva delle posizioni opposte qui riassunte ed incarnate dai due protagonisti nelle rispettive verità:il riscatto e la derisione della dimensione etica dell'uomo ("...uccidimi perchè ho perso e non per la tua morale...").
Richard Berry dirige questo film di ordinaria violenza,piuttosto ambizioso nelle aspirazioni e troppo fiorito di clichès di genere.
Jean Reno,come Steve Seagal,non muore,pur imbottito di piombo,ma rimane attore capace di regalare una recitazione convincente e persuasiva.
Il montaggio nervoso alla Guy Ritchie è mitigato dalla bella fotografia che reca dovuta giustizia a Marsiglia e al suo porto,ma non parimenti al film
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