dano25
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mercoledì 19 gennaio 2011
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se ci sei dentro, è fino alla fine
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Jean Reno è un boss della mafia marsigliese in cerca di redenzione dopo una vita di omicidi che vive con il figlio e la nuova moglie ma che ha anche una figlia ed una ex moglie ora legata all'amico di una vita, avvocato. Per interessi legati al traffico di droga, un ormai ex amico boss ordina la sua esecuzione che però fallisce nonostante 23 colpi dando così vita all'immortale e con lui torna il Marsigliese. Un cane rabbioso sciolto ma sentimentale, molto simile a "Leon" , Jean Reno interpreta alla perfezione il ruolo con quella faccia da brava persona, accattivante, tranquillizzante e feroce all'occorrenza. Ad aiutarlo indirettamente una brava commissario, vedova di un poliziotto ucciso dalla mafia, dedita all'alcol, con un figlio piccolo e problemi con un questore arrogante e strafottente.
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Jean Reno è un boss della mafia marsigliese in cerca di redenzione dopo una vita di omicidi che vive con il figlio e la nuova moglie ma che ha anche una figlia ed una ex moglie ora legata all'amico di una vita, avvocato. Per interessi legati al traffico di droga, un ormai ex amico boss ordina la sua esecuzione che però fallisce nonostante 23 colpi dando così vita all'immortale e con lui torna il Marsigliese. Un cane rabbioso sciolto ma sentimentale, molto simile a "Leon" , Jean Reno interpreta alla perfezione il ruolo con quella faccia da brava persona, accattivante, tranquillizzante e feroce all'occorrenza. Ad aiutarlo indirettamente una brava commissario, vedova di un poliziotto ucciso dalla mafia, dedita all'alcol, con un figlio piccolo e problemi con un questore arrogante e strafottente. Da "amici oltre la morte" Il Marsigliese, l'avvocato ed il boss si ritrovano contro con l'avvocato ago della bilancia ed i due a darsele a colpi di omicidi diretti o commissionati. Girato a Marsiglia, della città ne gode per l'eleganza, le campagne ed il mare che fanno da cornice a sparatorie ben fatte. Certo la trama non è originalissima nonostante sia inspirata a fatti reali e la scorrevolezza del film ricorda pellicole già viste ma nel complesso sono 115min (forse troppi) ben interpretati. Da vedere ma senza troppe pretese.
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dario carta
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martedì 30 novembre 2010
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polar e vendetta con jean reno
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In "Io vi troverò",di Pierre Morelle sullo script di Luc Besson,Liam Neeson salva sua figlia caduta nella rete dei trafficanti di vite umane,consumando una violenta e metodica vendetta.
In "Giustizia privata",Gerard Butler pareggia il conto della sua famiglia massacrata perseguendo ed eliminando i responsabili con feroce determinazione.
In entrambi i film il comune denominatore è il riscatto del bene insostituibile della famiglia.ottenuto al prezzo di vite e sofferenze inflitte dai protagonisti a chi si è reso colpevole del crimine lesivo del fondamentale diritto umano all'esistenza.
Nell'ultimo decennio altri titoli hanno sviluppato sullo schermo il tema della vendetta,con maggiore o minore densità artistica - "Man on Fire", "Il Conte di Montecristo",con Caviezel,"Death Sentence" - e differenti prospettive - la saga dei Saw - ma l'intento primario dei lavori sembra essere sempre il richiamo ad un'etica tradita.
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In "Io vi troverò",di Pierre Morelle sullo script di Luc Besson,Liam Neeson salva sua figlia caduta nella rete dei trafficanti di vite umane,consumando una violenta e metodica vendetta.
In "Giustizia privata",Gerard Butler pareggia il conto della sua famiglia massacrata perseguendo ed eliminando i responsabili con feroce determinazione.
In entrambi i film il comune denominatore è il riscatto del bene insostituibile della famiglia.ottenuto al prezzo di vite e sofferenze inflitte dai protagonisti a chi si è reso colpevole del crimine lesivo del fondamentale diritto umano all'esistenza.
Nell'ultimo decennio altri titoli hanno sviluppato sullo schermo il tema della vendetta,con maggiore o minore densità artistica - "Man on Fire", "Il Conte di Montecristo",con Caviezel,"Death Sentence" - e differenti prospettive - la saga dei Saw - ma l'intento primario dei lavori sembra essere sempre il richiamo ad un'etica tradita. Ne "L'immortale",pellicola ispirata all'omonimo romanzo di Franz-Olivier Giesbert,il regista Richard Berry narra la vicenda reale seppur amplificata,di Charly Mattei,un ex malavitoso con alle spalle un passato oscuro,intento a riprendersi la propria vita e chiudendo il lato buio della sua esistenza dietro la ricerca di un riscatto retto dalla normalità di una onesta vita famigliare.
Ma alcune condizioni non possono essere cancellate senza lasciare traccia e Charly cade nella trappola tesagli dai suoi ex colleghi che lo lasciano mezzo morto in un parcheggio con 22 proiettili in corpo.
Riuscito miracolosamente a sopravvivere all'attentato,l'uomo si riprende ed abbraccia la vendetta verso i suoi persecutori,dimenticando pietà ed amicizia.
"L'immortale" si classifica come un tradizionale polar francese che sintetizza i termini di rivincita ed onore in una società guasta e malata. Charly è un uomo che si chiude una porta alle spalle,ma questo intento non gli è sufficiente per affrancarlo da una condizione di cui resta prigioniero.
La violenza e il delitto si trasformano in fantasmi che lo aspettano nella forma del tradimento da parte di coloro che un tempo condividevano con lui ideali ed obiettivi,amici di sangue legati dalle promesse ora spezzate e disilluse.
Il film segue il suo fil rouge nei termini del dualismo onore/inganno,crimine e redenzione,in un palcoscenico di anarchia morale fra le condizioni di bene e male che innervano la società e le stesse strutture dell'Ordine,inerti di fronte alle posizioni da prendere davanti alla delinquenza eccellente.
Il naufragio della morale ed il conflitto fra onore e tradimento scandiscono il ritmo del racconto,violento ed ossessivo,con inevitabili cadute in una retorica contestualizzata e deprimente ("...il sangue versato non si asciuga mai...","...una volta che ci sei dentro non ne uscirai...","...cosa ci fai con l'onore,se sei morto...").
Il corollario al crimine giustificato si concretizza nell'uomo che incontra la morte della propria dignità e l'onore non è più che uno strumento pretestuale per reggere la finzione e nutrire la menzogna.
Il film tocca le corde dell'amicizia e del rispetto,temi periodici nei film sulle organizzazioni mafiose,ventilando gli aspetti della predestinazione esistenziale che innesta nell'uomo una realtà malvagia dalla quale non è possibile liberarsi e a cui non resta che assoggettarsi.
Il confronto finale alimenta l'eterno oscillare delle posizioni prospettiche,la soggettiva delle posizioni opposte qui riassunte ed incarnate dai due protagonisti nelle rispettive verità:il riscatto e la derisione della dimensione etica dell'uomo ("...uccidimi perchè ho perso e non per la tua morale...").
Richard Berry dirige questo film di ordinaria violenza,piuttosto ambizioso nelle aspirazioni e troppo fiorito di clichès di genere.
Jean Reno,come Steve Seagal,non muore,pur imbottito di piombo,ma rimane attore capace di regalare una recitazione convincente e persuasiva.
Il montaggio nervoso alla Guy Ritchie è mitigato dalla bella fotografia che reca dovuta giustizia a Marsiglia e al suo porto,ma non parimenti al film
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paolo_89
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martedì 19 febbraio 2013
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grande impatto visivo, trama esile
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L’introduzione de L’immortale, muta e breve, traccia con chiarezza sufficiente la situazione narrativa di partenza del film e semina una buona dose di curiosità nello spettatore: un padre di famiglia di nome Charly Matteï viene crivellato di colpi in un parcheggio sotterraneo mentre il suo bambino aspetta che esca, sul marciapiede. La tecnica di ripresa, che accantona i movimenti fluidi nella scena della sparatoria per mostrare lo scontro con la macchina in spalla, stacchi veloci e alternanza tra ralenti e velocità normale, è anch’essa un’attrazione tecnica molto efficace; il trucco, poi, è cosi realistico da provocare repulsione, se si osserva lo stato in cui lo sventurato Charly è ridotto.
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L’introduzione de L’immortale, muta e breve, traccia con chiarezza sufficiente la situazione narrativa di partenza del film e semina una buona dose di curiosità nello spettatore: un padre di famiglia di nome Charly Matteï viene crivellato di colpi in un parcheggio sotterraneo mentre il suo bambino aspetta che esca, sul marciapiede. La tecnica di ripresa, che accantona i movimenti fluidi nella scena della sparatoria per mostrare lo scontro con la macchina in spalla, stacchi veloci e alternanza tra ralenti e velocità normale, è anch’essa un’attrazione tecnica molto efficace; il trucco, poi, è cosi realistico da provocare repulsione, se si osserva lo stato in cui lo sventurato Charly è ridotto. Quando la narrazione prosegue, tuttavia, i virtuosismi tecnici come il montaggio parallelo, gli stacchi sul movimento di personaggi in luoghi diversi o la presenza di flashback dai colori spenti che contrastano col presente e chiariscono i retroscena, sembrano acquisire più importanza della trama stessa, che consiste in una serie di vendette, programmate ed eseguite, dall’ex boss della mafia Charly. Quando questi virtuosismi si rarefanno, si comprende più facilmente la natura esile della storia, e non ci si affeziona facilmente ai personaggi. Charly, interpretato da Jean Reno, e la poliziotta che gli dà la caccia, Marie Goldman (Marina Foïs) sono i più credibili, gli altri sembrano degli automi: la violenza brutale che trapela all’inizio del film, comprensibile in un ambiente del genere, non è smussata da alcun tratto umano o debolezza, se si esclude qualche piagnisteo in punto di morte. La tensione c’è, soprattutto in alcune scene in cui è a rischio la vita del protagonista, ma non è abbastanza forte da coinvolgere fino in fondo. Il finale aperto, che riscatta parzialmente il film e ricorda la celeberrima conclusione de I quattrocento colpi (Les Quatre Cents Coups, 1959, F. Truffaut) lascia un interrogativo insoluto: è possibile liberarsi del proprio passato, pur lasciando uno stuolo di morti dietro di sé?
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elgatoloco
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venerdì 24 aprile 2020
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jean reno grande interprete
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Questo"L'Immortel"di Richard Berry, 2010(il regista è anche cosceneggiatore), tratto da un romanzo di François.Olivier Gisbert, a sua volta ispirato da una fatto reale(il boss marsigliese Jacky Imbert, "miracolosamente"sopravvissuto a un attentato in un parcheggio di Marseille, a.D.1977), è esempio notevolissimo di un"polar"che diviene anzi è , già di per sé, un film drammatico, un esempio di dramma filmico. Che sia Jean Reno a intepretare il ruolo principale non è solo una"fortunata"coincidenza, ma al contrario è proprio l'essenzializzazione di una vicenda notevolssima, per cui un grande interprete diviene egli stesso il"demiurgo"di una vicenda che è al tempo stesso di"conversione"al bene(la rinuncia agli atti criminali), di non-rinuncia alla violenza quando si tratta di proteggere le propria famiglia e di difendersi da un ex-amico fraterno che è diventato traditore, di decisa rivendicazione della propria nuova"collocazione nel mondo e nella vita", contro chi vorrebbbe metterla in discussione, viene ad essere un dramma(nel senso anche letterale, ossia quanto teatralmente si dice"dramma"come nettamente distinto sia dalla"commedia"sia dalla"tragedia")che è tale rispetto al protagonista, al suo essere "altro"dal resto della "pòlis"marsigliese pur essendo parte(fatalmente, viene da aggiungere)di una comunità da sempre caratterizzata da tale fenomeno(la mafia locale, tanto che, a parte i film pregressi prodotti sull'argomento, c'è una vasta pubblicistica anche storica sulle"connections"che per es.
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Questo"L'Immortel"di Richard Berry, 2010(il regista è anche cosceneggiatore), tratto da un romanzo di François.Olivier Gisbert, a sua volta ispirato da una fatto reale(il boss marsigliese Jacky Imbert, "miracolosamente"sopravvissuto a un attentato in un parcheggio di Marseille, a.D.1977), è esempio notevolissimo di un"polar"che diviene anzi è , già di per sé, un film drammatico, un esempio di dramma filmico. Che sia Jean Reno a intepretare il ruolo principale non è solo una"fortunata"coincidenza, ma al contrario è proprio l'essenzializzazione di una vicenda notevolssima, per cui un grande interprete diviene egli stesso il"demiurgo"di una vicenda che è al tempo stesso di"conversione"al bene(la rinuncia agli atti criminali), di non-rinuncia alla violenza quando si tratta di proteggere le propria famiglia e di difendersi da un ex-amico fraterno che è diventato traditore, di decisa rivendicazione della propria nuova"collocazione nel mondo e nella vita", contro chi vorrebbbe metterla in discussione, viene ad essere un dramma(nel senso anche letterale, ossia quanto teatralmente si dice"dramma"come nettamente distinto sia dalla"commedia"sia dalla"tragedia")che è tale rispetto al protagonista, al suo essere "altro"dal resto della "pòlis"marsigliese pur essendo parte(fatalmente, viene da aggiungere)di una comunità da sempre caratterizzata da tale fenomeno(la mafia locale, tanto che, a parte i film pregressi prodotti sull'argomento, c'è una vasta pubblicistica anche storica sulle"connections"che per es.hanno segnato i rapporti tra un sindaco di per sè"non corrotto"ma costretto a "venire a patti" con il potere gangesteristico locale come il socialista Gaston Defferre, per anni sindaco della città ma poi anche ministro del govenro Mitterand. Tutta la vicenda è mostrata con toni scuri alternati a"esplosioni d luce". Jean Reno è interprete"colossale"in quanto rende il personaggio in modo "secco", senza bisogno di una surfetazione verbale, senza bisogno di particolari "trucchi"di carattere mimico-gestuale, quasi lavorando in"levare"piuttosto che aggiungengo segni che altrimenti sarebbero risultati pleonastici o comunque non necessari-non indispensabili. Il clima della città è reso anch'esso senza bisogno di particolari elementi eclatanti, ma, diremmo, limitati all'essenziale. Altri interpreti.cahive sono Kad Merad, l'ex-amico traditore e Marie Fois, la detective che ha condiviso con lui un percorso analogo, quanto all'essere colpita empaticamente negli affetti familiari più profondi. Film di totale intensità drammatica. El Gato
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enzo70
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mercoledì 9 settembre 2020
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un ottimo reno, ma un film deludente
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I film sulla criminalità ambientati a Marsiglia negli anni Settanta sono stati una pagina importante del cinema francese. Con questo film Richard Berry racconta una storia vera tratta dal romanzo di Olivier Gisbert avvalendosi di un cast di primissimo ordine, il protagonista è Jean Reno. Ma il film onestamente stenta a decollare, è noioso, le riprese non funzionano, bravi attori non bastano per fare un buon film. Troppi stereotipi, mutuati male, richiami a film classici come citazioni lanciate a casaccio, insomma, un film decisamente deludente.
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