La donna che canta |
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Un film di Denis Villeneuve.
Con Lubna Azabal, Mélissa Désormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Remy Girard, Abdelghafour Elaaziz.
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Titolo originale Incendies.
Drammatico,
durata 130 min.
- Canada 2010.
- Lucky Red
uscita venerdì 21 gennaio 2011.
MYMONETRO
La donna che canta
valutazione media:
3,35
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Sapere o non sapere? Loro dicono: Sapere!di Toro SgualcitoFeedback: 1567 | altri commenti e recensioni di Toro Sgualcito |
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mercoledì 26 gennaio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film è tratto dal testo teatrale Incendies del 2003 di Wajdi Mouawad, canadese nato in Libano. Il regista Denis Villeneuve, anche lui canadese, ne ha fatto un film che in Italia viene distribuito col titolo La donna che canta. E' un ottimo lavoro. Un soggetto difficile ma realizzato con coraggio e qualità. Non importa se gli eventi storici rimangono un po’ difficili da seguire (lo sono anche nella realtà), qui sono le vite rappresentate che riempiono di senso lo schermo. Questo il soggetto del film: una donna libanese ha trascorso la sua ultima parte di vita in Canada lavorando come segretaria per un notaio al quale ha anche affidato la custodia del suo testamento. La donna è appena morta e Il film si apre con la lettura del testamento ai suoi due figli gemelli: un maschio e una femmina. Durante la lettura i due giovani apprendono che la volontà materna è quella di consegnare due buste, una al loro padre e una al loro fratello, altrimenti chiede di essere sepolta senza bara con la faccia rivolta alla terra e senza nome sulla lapide. Entrambi sono esterrefatti e sconvolti perché non hanno mai saputo nulla del loro padre e fino a quel momento ignoravano persino l’esistenza di un fratello. Dunque prima Jeanne e poi il gemello Simon, per rintracciare padre e fratello, dovranno ricostruire la segreta vita della loro madre in Libano prima che giungesse in Canada. Questa ricerca li porterà ad attraversare aspetti terribili della vita materna intrecciata ai numerosi conflitti che alla fine del secolo scorso hanno martoriato tante vite in terra libanese. La sceneggiatura ci porta con intelligenza attraverso importanti colpi di scena e la regia nonostante la durezza della storia non si compiace mai dell’orrore. Si avverte una forte ricerca sull’immagine che in qualche breve tratto può apparire estetizzante ma nel complesso resta una bella fotografia. Montaggio asciutto e incalzante che mantiene saldamente il suo ritmo. Bella anche la scelta di alcuni brani musicali, anche senza riferirsi ai Radiohead. Molto brava Mélissa Désormeaux-Pouline (in Jeanne) che riesce perfino a somigliare a Lubna Azabal (in Nawal, la madre). Ma anche gli altri attori sono efficaci nei loro ruoli. Un bel modo di fare cinema. Forte, agile e senza retorica.
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