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lunedì 29 maggio 2023
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ma che film hai visto?
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1-Da dove hai capito che la donna è palestinese? è palesemente ambientato in libano nel periodo del massacro di Sabra e Shatila, è il ragazzo di lei ucciso ad essere palestinese. 2-Non c'è nessuna aspirazione politica, la tua similitudine è totalmente fuori luogo.
Impara ad essere oggettivo almeno nella descrizione della trama.
Vergognati
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mansueto
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martedì 24 gennaio 2023
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film bellissimo da vedere senz’altro
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Film, visto per passa parola, noleggiato a 2,99€ su Rakuten, la lentezza iniziale lo rende leggermente apatico, ma l'incalzare dei colpi di scena ti tengono incollato alla storia lasciandoti una strana sensazione, commovente per un certo verso. Lo riguarderò con calma una seconda volta, ne vale la pena! Complimenti allo scrittore e al regista che ha saputo intrecciare con fantasia la storia. Per me è un 5 stelle senza storie! Bellissimo!
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john doe
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giovedì 4 marzo 2021
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gli incendi della vita
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“Incendies” o “La Donna che Canta” in italiano (titolo di uno dei capitoli del film in originale) è un film del 2010 diretto dal regista canadese Denis Villeneuve.
Un regista poliedrico e dotato, attivo sin dall’inizio del nuovo millennio e che ha saputo spaziare dal thriller d’azione (“Sicario”) al noir poliziesco (“Prisoners”) sino al fantascientifico o distopico (“Blade Runner 2049”, “Arrival” e l’attesissimo remake “Dune”) e persino al drammatico quasi documentaristico o psicologico (“Polytechnique” o “Enemy”). Villeneuve è riuscito nell’arco di circa un ventennio a contribuire in modo intelligente e capace con un guasto estetico e tecnico estremamente riconoscibile alla produzione cinematografica canadese, statunitense ed internazionale.
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“Incendies” o “La Donna che Canta” in italiano (titolo di uno dei capitoli del film in originale) è un film del 2010 diretto dal regista canadese Denis Villeneuve.
Un regista poliedrico e dotato, attivo sin dall’inizio del nuovo millennio e che ha saputo spaziare dal thriller d’azione (“Sicario”) al noir poliziesco (“Prisoners”) sino al fantascientifico o distopico (“Blade Runner 2049”, “Arrival” e l’attesissimo remake “Dune”) e persino al drammatico quasi documentaristico o psicologico (“Polytechnique” o “Enemy”). Villeneuve è riuscito nell’arco di circa un ventennio a contribuire in modo intelligente e capace con un guasto estetico e tecnico estremamente riconoscibile alla produzione cinematografica canadese, statunitense ed internazionale. La pellicola “Incendies” forse non rappresenta il punto più alto della filmografia del regista, a mio parere raggiunto con “Polytechnique” e “Prisoners”, ma certamente si configura come un toccante film di guerra ed una pesante critica alla violenza e all’odio sconsiderato dell’essere umano. Il film si apre con l’inquadratura di un paesaggio arido, ma nel quale spiccano alcuni alberi, che si stringe sino al primo piano di un bambino (che poi scopriremo essere il figlio perduto di Nawal ed allo stesso tempo crudele violentatore). A questa prima scena evocativa segue la lettura del testamento della madre da parte di un notaio ai due figli: Jeanne e Simon Marwanne di origine libanesi. Per l’apertura delle loro lettere è necessario che questi trovino il padre ed il fratello, dei quali ignoravano l’esistenza, per consegnargli rispettivamente le loro lettere. Finché le lettere non saranno consegnate e la promessa mantenuta la madre rimarrà senza bara, con le spalle al cielo e senza alcuna lapide o epitaffio. Villeneuve dirige una pellicola densa, difficile da digerire, nella quale emerge il tema del viaggio alla ricerca delle proprie origini e dei propri natali. Mentre la figlia indaga sul passato della madre ci vengono proposti lunghi flashback, crudi e tragici, sulla vita passata di Nawal durante la guerra in Libano. Procedendo con la visione ci rendiamo conto del passato traumatico ed insostenibile che la madre dovette poi lasciarsi alle spalle, ma che la perseguitò per tutta la sua vita. L’opera si identifica come una problema insolvibile (emblematico è il lavoro stesso della figlia ovvero quello della professoressa di matematica), un’enigma per il quale è necessario scavare nel passato e nella memoria. Una sorta di indagine complessa dove il dramma familiare si sovrappone a quello sociale, in un film che condanna aspramente ogni estremismo o fondamentalismo. Un viaggio nel cuore del libano della guerra civile e nelle assurdità delle azioni umane che non trovano alcuna giustificazione o comprensione. La religione diviene un escamotage che maschera l’odio e la tirannia nei quali si muovono due figure femminili: la madre e la figlia. Un mondo distrutto dalla guerra al di fuori ed uno spaccato tragico di una famiglia sofferente dal di dentro, attraverso flashback sulla vita della madre e sequenze ai giorni presenti ci addentriamo sempre più in una realtà distrutta dall’odio degli uomini. La tecnica di Villeneuve non viene meno ed attraverso un montaggio fluido e calcolato ed una fotografia spenta e grigia, grazie alla quale spiccano le scene illuminate dal fuoco e dai bianchi di alcune case, veniamo violentemente trasportati in questo terrificante climax ascendente di emozioni sino allo sconcertante finale. In realtà il ritmo è caratterizzato da momenti dove la tensione è elevatissima ad altri dove viene stemperata da sequenze più placide. Il ritmo riesce abilmente a condurre lo spettatore sino allo straziante finale. La macchina segue le protagoniste (il fratello arriverà solo verso la fine) e con anche brevi piani sequenza ci trasporta nel mondo cupo in cui vivono e nell’operazione intricata di una vita passata da risolvere. Non a caso la pellicola è caratterizzata da capitoli che assumono il nome di luoghi o personaggi fondamentali per la comprensione del passato di Nawal, come dati di un problema matematico che solo verso la fine comprendiamo fino in fondo. La soluzione tuttavia sarà chiara, quanto inattesa e follemente irrealistica, se letta in senso letterale. Un finale che ha qualità allegoriche e che si identifica con la necessaria unione indissolubile tra amore e odio, due realtà dell’essere umano che vivono e coesistono dentro di lui, ma alle quali possiamo riferirci separatamente, interrogandoci sulla moralità delle nostre azioni (le due lettere riferite ad una singola persona nella quale coesistono sia il figlio amato che il sadico torturatore). Gli incendi sono proprio quelli della guerra (emblematica la scena dell’autobus) e dell’aberrante agire umano che trovano risoluzione solo con l’amore che siamo in grado di dimostrare. Spesso intercorrono durante la pellicola scene in acqua, in una piscina, nella quale fanno il bagno i due personaggi femminili, ed è proprio in una scena in acqua che la vicenda trova una sorta di risoluzione. Un film nel quale ricorrono alcuni temi tipici del regista canadese come quello della prigionia, della privazione della libertà e del dramma familiare (“Prisoners”, “Arrival”), quello della ricerca dell’identità e delle proprie origini (“Enemy”,“Blade Runner 2049”) o quello dell’assurdità dell’odio e della violenza (“Polytechnique”, “Sicario”). Musiche melodiche ed anche tipiche del territorio si alternano a momenti di grande silenzio che percorrono indomiti attimi di terrore. A mio avviso una colonna sonora che riesce a coinvolgerci ancora di più nell’intenso dramma vissuto dai protagonisti. Sempre in riferimento alle capacità del regista impossibile non fare riferimento alla sceneggiatura, alla quale ha contribuito anche lo stesso Villeneuve, che non solo plasma una trama ricca di avvenimenti e risvolti inaspettati, ma che modella dialoghi evocativi e poliglotti. Infatti nel film vi è una notevole coerenza storica e culturale e nelle battute tra i personaggi si alternano ben tre lingue: inglese, francese ed arabo. Una pellicola che va oltre la sua stessa forma e che ricerca, nei suoi intenti più puri, un’essenza pressoché universale ed imprescindibile. “Incendies” si colloca come una pietra miliare nella filmografia del regista e come una pellicola cruda ed avvincente che fa una critica intelligente ad una realtà sempre tristemente attuale.
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daniela
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mercoledì 4 aprile 2018
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il film si svolge in libano non in palestina...
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Il film non parla affatto del dramma di una donna palestinese, la protagonista di questo magnifico film e' una donna libanese, e non si parla del sanguinoso percorso di costruzione dell'identità' palestinese bensi' della guerra civile libanese, il film non racconta la storia recente della Palestina, ma la storia del Libano. Tutta un'altra storia. Dispiace leggere una recensione così' superficiale e piena di informazioni errate, anche perché' così si disincentiva l'interesse per un film, che invece merita ben altra attenzione e rispetto. Se non altro per il sangue che e' stato sparso in quella terribile guerra civile, per la sofferenza e gli orrori attraverso i quali sono passate le vittime che non meritano certo di essere mescolate con altre vittime di altre guerre.
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Il film non parla affatto del dramma di una donna palestinese, la protagonista di questo magnifico film e' una donna libanese, e non si parla del sanguinoso percorso di costruzione dell'identità' palestinese bensi' della guerra civile libanese, il film non racconta la storia recente della Palestina, ma la storia del Libano. Tutta un'altra storia. Dispiace leggere una recensione così' superficiale e piena di informazioni errate, anche perché' così si disincentiva l'interesse per un film, che invece merita ben altra attenzione e rispetto. Se non altro per il sangue che e' stato sparso in quella terribile guerra civile, per la sofferenza e gli orrori attraverso i quali sono passate le vittime che non meritano certo di essere mescolate con altre vittime di altre guerre. Questa recensione va' tolta, o va' riscritta con serietà' e attenzione.
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daniela
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martedì 3 aprile 2018
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e' un film bellissimo!
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Sceneggiatura perfetta, funziona come un orologio. Attrici favolose, regista bravissimo, cast perfetto. Il film bellissimo, coinvolgente, ti tiene incollato allo schermo lasciandoti senza fiato, annichilito dalla forza inesorabile della Storia che incrocia le vite di donne e uomini, e le segna inesorabilmente, senza possibilita' di scampo. Eppure, c'e' un eppure, in mezzo all'orrore, viene fuori comunque la bellezza dell'essere umano, l'innocenza di chi ricerca la verita' con amore e fiducia, la forza dei legami tra noi esseri umani. C'e' una grande umanita' che ci tocca il cuore in profondita', facendoci passare attraverso emozioni fortissime e continue, nella consapevolezza che parte dell'umanita' queste sofferenze le vive anche ora, e si resta in silenzio per rispetto.
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Sceneggiatura perfetta, funziona come un orologio. Attrici favolose, regista bravissimo, cast perfetto. Il film bellissimo, coinvolgente, ti tiene incollato allo schermo lasciandoti senza fiato, annichilito dalla forza inesorabile della Storia che incrocia le vite di donne e uomini, e le segna inesorabilmente, senza possibilita' di scampo. Eppure, c'e' un eppure, in mezzo all'orrore, viene fuori comunque la bellezza dell'essere umano, l'innocenza di chi ricerca la verita' con amore e fiducia, la forza dei legami tra noi esseri umani. C'e' una grande umanita' che ci tocca il cuore in profondita', facendoci passare attraverso emozioni fortissime e continue, nella consapevolezza che parte dell'umanita' queste sofferenze le vive anche ora, e si resta in silenzio per rispetto. E forse e' proprio il senso di rispetto che passa attraverso il film, la grande umanita' e il rispetto col quale ci vengono raccontate le vite di esseri umani stritolati dagli eventi, dalla guerra, che in mezzo a tante catastrofi, a tanto orrore, sopravvivono, e non si danno mai per vinti, e alla fine, si resta senza parole, incapaci di giudicare, col cuore aperto, e le emozioni che straripano. E ti chiedi, come puo' esserci comunque tanto amore in noi esseri umani, al di la' tutto?
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giorpost
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sabato 31 marzo 2018
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storia di sicuro impatto nella quale non tutti i conti tornano
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Jeanne e Simon sono due gemelli canadesi, figli di una vedova immigrata dal Libano, convocati da un notaio per l'evasione del testamento della mamma appena deceduta. In esso ci sono delle particolari richieste fatte da Nawal, frutto di una vita caratterizzata dal patimento delle più atroci sofferenze possibili (compresa una detenzione di 15 anni) e da misteri che coinvolgono in prima persona i fratelli Marwan, nati a seguito di reiterate violenze. Inizia così un viaggio avventuroso e crudele a nord della Terra Promessa, laddove proprio quelle (le promesse) restano il cruccio più invadente nella vita della donna "che canta"...
Parlare di Incendies (Can, 2010) non è semplice, occorre slegare l'opinione che si può avere in merito ad una trama insolita e appassionante rispetto alla valutazione -inevitabile- parzialmente negativa che si fa strada a cospetto di una serie di errori innegabili.
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Jeanne e Simon sono due gemelli canadesi, figli di una vedova immigrata dal Libano, convocati da un notaio per l'evasione del testamento della mamma appena deceduta. In esso ci sono delle particolari richieste fatte da Nawal, frutto di una vita caratterizzata dal patimento delle più atroci sofferenze possibili (compresa una detenzione di 15 anni) e da misteri che coinvolgono in prima persona i fratelli Marwan, nati a seguito di reiterate violenze. Inizia così un viaggio avventuroso e crudele a nord della Terra Promessa, laddove proprio quelle (le promesse) restano il cruccio più invadente nella vita della donna "che canta"...
Parlare di Incendies (Can, 2010) non è semplice, occorre slegare l'opinione che si può avere in merito ad una trama insolita e appassionante rispetto alla valutazione -inevitabile- parzialmente negativa che si fa strada a cospetto di una serie di errori innegabili. In effetti basterebbe farsi due conti matematici per capire che... gli stessi non tornano, e non certo a causa della Congettura di Syracuse citata. La storia è ben raccontata, costruita un pezzo per volta con flashback e ritorni al presente in un parallelismo (inizialmente) tutto al femminile tra madre e figlia, con due buone interpretazioni. Ma i conti di cui sopra riguardano quelli fatti male dall'autrice della storia che ha calcolato in maniera superficiale le differenze necessarie di età tra l'uomo che risulterà al centro di tutta l'intricata vicenda, la protagonista e i due figli. Inoltre appare eccessivamente sbrigativa la circostanza dell'incontro del tutto casuale (oltre che cruciale) che avviene su una piscina pubblica canadese: i libanesi che espatriano (anche in decenni diversi) vanno tutti a vivere nello stesso fazzoletto di terra del Canada? Infine, come non pensare alla scrittura delle lettere del testamento a seguito di un -probabile- ictus dovuto allo shock subìto? Detto questo, Villeneuve fa un lavoro di non poco conto considerando l'ambientazione mediorientale, nient'affatto semplice in generale, a maggior ragione in questo caso nel quale lo sfondo è la guerra fratricida tra cristiani e musulmani dello stesso sangue. E quello, purtroppo, scorre a fiumi ed è direttamente proporzionale agli Incendies del titolo, anche quelli presenti -in particolare- nella sequenza più cruenta di tutto il film. Storia intrigante, forse eccessiva, ma dall'impatto sicuro. Opera filmica di buon livello, seppur girata con una cinepresa non performantissima (si vedano i bordi delle inquadrature in movimento). Cast al femminile eccelso, mentre per il gemello si potevano fare scelte diverse. In ogni caso, almeno una volta da vedere.
Voto: 6 e mezzo
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annamaria
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martedì 27 marzo 2018
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ania2210@gmail.com
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No non sono d'accordo. La situazione della Palestina è molto chiara ...... a meno che tu sia ebreo? Il che spiegherebbe la tua ricensione ......
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no_data
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martedì 7 marzo 2017
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melodramma molto ambizioso ma inverosimile
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Due fratelli gemelli scoprono, tramite il testamento della madre da poco morta, di avere un fratello e di non essere orfani di padre come credevano. Simon e Jeanne si trovano totalmente spiazzati dalla notizia, ma se il ragazzo in un primo tempo rifiuta di indagare sulla loro identità per consegnare loro una lettera ciascuno come richiesto da sua madre, Jeanne presto decide di mettersi in viaggio. Giunge così nel paese natale di sua madre, il Libano, alla ricerca di parenti che non sapeva di avere, ma soprattutto alla ricerca di sua madre, il cui passato le si svela a poco a poco e si rivela intriso di violenza, di sofferenza e di scelte opinabili ma coraggiose.
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Due fratelli gemelli scoprono, tramite il testamento della madre da poco morta, di avere un fratello e di non essere orfani di padre come credevano. Simon e Jeanne si trovano totalmente spiazzati dalla notizia, ma se il ragazzo in un primo tempo rifiuta di indagare sulla loro identità per consegnare loro una lettera ciascuno come richiesto da sua madre, Jeanne presto decide di mettersi in viaggio. Giunge così nel paese natale di sua madre, il Libano, alla ricerca di parenti che non sapeva di avere, ma soprattutto alla ricerca di sua madre, il cui passato le si svela a poco a poco e si rivela intriso di violenza, di sofferenza e di scelte opinabili ma coraggiose. In parallelo al viaggio di Jeanne ci viene svelato a poco a poco il passato della madre, Nawal Marwal, in un Libano in cui imperversano oscuri (quanto meno nel film) conflitti tra cristiani (maroniti) e musulmani. Il film parte in modo intrigante e fino a metà regge, ma da un certo punto in poi la verosimiglianza va via via sempre più sfaldandosi, fino a rendere un finale che si vorrebbe totalmente scioccante in realtà del tutto inverosimile e quindi assurdamente melodrammatico.
Oltre all'inverosimiglianza della coincidenza (gli eventi della piscina) che svela l'arcano, il film non sta letteralmente in piedi per molti altri motivi: il finale smentisce il fatto che abbia il benché minimo senso il fatto stesso che la madre abbia invitato i suoi figli ad andare altrove a cercare il padre e il fratello e a conti fatti le età dei personaggi non sono assolutamente compatibili con le vicende narrate. Il quadro storico, poi, resta del tutto nebuloso quando, vista la complessità della situazione libanese dell'epoca, avrebbe necessitato almeno di un minimo di spiegazioni.
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onufrio
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domenica 3 aprile 2016
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uno più uno può fare uno?
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E' la domanda che si pone un impietrito Simon davanti alla sorella Jeanne dopo aver scoperto la cruda verità che si cela dietro il mistero di un padre creduto morto da tempo e di un fratello che mai fino a quel momento ne conosceva l'esistenza. Il Tutto nasce da una lettera della defunta madre Nawal Marwan che invita i suoi due figli ad indagare nel suo passato per comprendere il loro presente. Ottima ricostruzione, peccato per il ritmo, a tratti troppo lento, ma il risultato finale ne vale davvero la pena.
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enzo70
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mercoledì 17 febbraio 2016
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film equilibrato ed intelligente
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Al momento della morte della madre in Canada i due figli scoprono di avere un fratello ed un padre a Beirut. E le disposizioni testamentarie della donna prevedono che i figli consegnino ai due una lettera. Deressa, la figlia femmina decide di partire per il Libano per ricostruire la storia della made, mentre Simon, il maschio rimane a casa.
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Al momento della morte della madre in Canada i due figli scoprono di avere un fratello ed un padre a Beirut. E le disposizioni testamentarie della donna prevedono che i figli consegnino ai due una lettera. Deressa, la figlia femmina decide di partire per il Libano per ricostruire la storia della made, mentre Simon, il maschio rimane a casa. La ricerca del fratello porterà prima Deressa e poi Simon a scoprire il vero passato di Nawal, per anni detenuta in una sorta di lager, e che ha sempre resistito alle violenze con il canto. Villeneuve dimostra di saper fare un cinema elegante ed intelligente, non provo di rischi in alcuni passaggi, rischi risolti sempre con grande equilibrio narrativo. L’ennesimo film sulla questione medio orientale, ma è necessario dare merito al regista di aver offerto un’inquadratura diversa.
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