renato volpone
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martedì 1 febbraio 2011
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il dolore più grande
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Volutamente crudele, come la guerra, come le torture, come la morte di bambini innocenti... e il canto sovrasta ogni cosa, per non sentire, per non morire, quel canto che si ribella, sfrontato agli aguzzini. Ma ci sono dolori più grandi, inconcepibili, crudeli giochi del destino, che fanno morire. La musica e il silenzio, le città affollate e i villaggi fantasma, la pace della campagna e gli spari assassini accompagnano lo spettatore in questo film lasciandolo affranto e senza fiato.
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zoom e controzoom
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lunedì 31 gennaio 2011
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quando la tematica supera il film
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Ci sono delle situazioni storiche e sociali che comunque vengano presentate, hanno valore.
Questo film è uno di quei casi dove la denuncia delle violenze e della brutalità dello scontro bellico religioso, è già in sé un valore indiscutibile.
Un film va valutato al di là della funzione di memoria e documento per quanto forte esso sia, e quindi si deve constatare, parallelamente, che tutto ciò che crea il pregio filmico, qui è fragile.
La storia si regge per le motivazioni di cui sopra, ma nella sua valutazione strutturale è già al limite dell’accettabile e per questo di non immediata comprensione ed accettazione fino alla fine dove la spiegazione è sì imprevista e assolutamente necessaria, ma si disegna nella sua debolezza in relazione cronologica e di resa di questa cinematograficamente parlando (della quale in questo caso, non si può fare a meno).
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Ci sono delle situazioni storiche e sociali che comunque vengano presentate, hanno valore.
Questo film è uno di quei casi dove la denuncia delle violenze e della brutalità dello scontro bellico religioso, è già in sé un valore indiscutibile.
Un film va valutato al di là della funzione di memoria e documento per quanto forte esso sia, e quindi si deve constatare, parallelamente, che tutto ciò che crea il pregio filmico, qui è fragile.
La storia si regge per le motivazioni di cui sopra, ma nella sua valutazione strutturale è già al limite dell’accettabile e per questo di non immediata comprensione ed accettazione fino alla fine dove la spiegazione è sì imprevista e assolutamente necessaria, ma si disegna nella sua debolezza in relazione cronologica e di resa di questa cinematograficamente parlando (della quale in questo caso, non si può fare a meno).
L’impostazione del flashback, volutamente scorre senza stacchi evidenti, ma non ha elementi tali da rendere automatico il riconoscimento del passaggio. La cosa non è facilitata dalla somiglianza tra le due interpreti, madre e figlia.
Gli attori, maggiormente il gemello, nell’espressività, sono piuttosto pietrificati, ma non abbastanza se queste erano le intenzioni. Un film forte, ma per la tematica non per le interpretazioni.
I climax si succedono inizialmente e non sono tutti portati a conclusioni (la madre ha un incidente al quale la figlia non è presente, ma il quando, come, dove o perché con le debite derivazioni, non sono cose ne dette ne intuibili).
Alcune parti riescono ad avere in toni alti la forte drammaticità di cosa vissuta (il dolore della nonna, l’episodio della corriera, il passaggio sul ponte), mentre in altre si avverte una costruzione più forzata (l’uccisione del compagno, la casa dello zio, etc)
La fotografia pur essendo buona, non è particolarmente curata nonostante un iniziale uso sapiente di mezzi per inquadrature e sfocature, ma c'è un' alternanza di camera fissa a momenti di spalla che non trovano una particolare motivazione.
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goldy
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domenica 30 gennaio 2011
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non si tocca mai il fondo
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Molto più tragico di una tragedia greca. Una sceneggiatura che mente umana non riuscirebbe a scrivere se non fosse suffragata da una realtà che oltrepassa qualsiasi disumanità accettabile.
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chinoè
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domenica 30 gennaio 2011
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un film che vale la pena di essere visto!
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Il film di Villeneuve è uno spettacolo di ottima fattura, riesce progressivamente a coinvolgere lo spettatore con una sceneggiatura asciutta e incalzante e con una fotografia curata e spesso molto bella. La vicenda si offre a piani di lettura diversi e complementari: come racconto del conflitto libano-israeliano negli anni 80 del secolo scorso, ma ancor di piú come la ricostruzione della dolorosa esistenza di esseri umani nati, cresciuti, costretti a scelte drammatiche dall'odio che come in un incendio scatena e alimenta la guerra. La morte della madre impone ai suoi due figli gemelli di ri-comporre tutti i tasselli del drammatico destino di cui sono stati inconsapevoli protagonisti.
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bandy
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sabato 29 gennaio 2011
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bellissimo
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Una trama originale, al momento il film può sembrare un po lento,
ma in seguito è molto coinvolgente.Una storia molto bella un film
drammatico e crudo,rasenta il trhiller...da vedere...
Però siamo alle solite: pubblicità zero,e pessima
distribuzione.Solo in poche città nei cinema d'essai...
Ho scoperto questo film grazie a internet nei soliti siti specializzati
(come mymovies)
altrimenti non l'avrei mai conosciuto...
E 'sempre così...i film degni di essere chimati tali, non sono
per nulla publicizzati e mal distribuiti,invece i film spazzatura
hanno sempre gli onori della cronaca.
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Una trama originale, al momento il film può sembrare un po lento,
ma in seguito è molto coinvolgente.Una storia molto bella un film
drammatico e crudo,rasenta il trhiller...da vedere...
Però siamo alle solite: pubblicità zero,e pessima
distribuzione.Solo in poche città nei cinema d'essai...
Ho scoperto questo film grazie a internet nei soliti siti specializzati
(come mymovies)
altrimenti non l'avrei mai conosciuto...
E 'sempre così...i film degni di essere chimati tali, non sono
per nulla publicizzati e mal distribuiti,invece i film spazzatura
hanno sempre gli onori della cronaca... Mah.......
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antosorci
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giovedì 27 gennaio 2011
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licenziate edoardo becattini
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non lasciatevi ingannare da ciò che il giornalista di mymovies ha scritto, il film è splendido.
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toro sgualcito
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mercoledì 26 gennaio 2011
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sapere o non sapere? loro dicono: sapere!
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Il film è tratto dal testo teatrale Incendies del 2003 di Wajdi Mouawad, canadese nato in Libano. Il regista Denis Villeneuve, anche lui canadese, ne ha fatto un film che in Italia viene distribuito col titolo La donna che canta. E' un ottimo lavoro. Un soggetto difficile ma realizzato con coraggio e qualità. Non importa se gli eventi storici rimangono un po’ difficili da seguire (lo sono anche nella realtà), qui sono le vite rappresentate che riempiono di senso lo schermo. Questo il soggetto del film: una donna libanese ha trascorso la sua ultima parte di vita in Canada lavorando come segretaria per un notaio al quale ha anche affidato la custodia del suo testamento. La donna è appena morta e Il film si apre con la lettura del testamento ai suoi due figli gemelli: un maschio e una femmina.
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Il film è tratto dal testo teatrale Incendies del 2003 di Wajdi Mouawad, canadese nato in Libano. Il regista Denis Villeneuve, anche lui canadese, ne ha fatto un film che in Italia viene distribuito col titolo La donna che canta. E' un ottimo lavoro. Un soggetto difficile ma realizzato con coraggio e qualità. Non importa se gli eventi storici rimangono un po’ difficili da seguire (lo sono anche nella realtà), qui sono le vite rappresentate che riempiono di senso lo schermo. Questo il soggetto del film: una donna libanese ha trascorso la sua ultima parte di vita in Canada lavorando come segretaria per un notaio al quale ha anche affidato la custodia del suo testamento. La donna è appena morta e Il film si apre con la lettura del testamento ai suoi due figli gemelli: un maschio e una femmina. Durante la lettura i due giovani apprendono che la volontà materna è quella di consegnare due buste, una al loro padre e una al loro fratello, altrimenti chiede di essere sepolta senza bara con la faccia rivolta alla terra e senza nome sulla lapide. Entrambi sono esterrefatti e sconvolti perché non hanno mai saputo nulla del loro padre e fino a quel momento ignoravano persino l’esistenza di un fratello. Dunque prima Jeanne e poi il gemello Simon, per rintracciare padre e fratello, dovranno ricostruire la segreta vita della loro madre in Libano prima che giungesse in Canada. Questa ricerca li porterà ad attraversare aspetti terribili della vita materna intrecciata ai numerosi conflitti che alla fine del secolo scorso hanno martoriato tante vite in terra libanese. La sceneggiatura ci porta con intelligenza attraverso importanti colpi di scena e la regia nonostante la durezza della storia non si compiace mai dell’orrore. Si avverte una forte ricerca sull’immagine che in qualche breve tratto può apparire estetizzante ma nel complesso resta una bella fotografia. Montaggio asciutto e incalzante che mantiene saldamente il suo ritmo. Bella anche la scelta di alcuni brani musicali, anche senza riferirsi ai Radiohead. Molto brava Mélissa Désormeaux-Pouline (in Jeanne) che riesce perfino a somigliare a Lubna Azabal (in Nawal, la madre). Ma anche gli altri attori sono efficaci nei loro ruoli. Un bel modo di fare cinema. Forte, agile e senza retorica.
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domenico a
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martedì 25 gennaio 2011
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un melodramma mediorientale in salsa canadese
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Abbiamo visto “ La donna che canta “ ( Incendies ) regia di Denis Villeneuve.
Dobbiamo fare una premessa storica, il Libano è stato un Paese ‘ felice ‘ fino alla fine degli Anni Sessanta ( fatta eccezione per una breve guerra civile nel 1958 tra Cristiano Maroniti e Arabi mussulmani ). Il Libano era un Paese ospitale e cosmopolita, liberale e ‘ laico ‘ e accettò centinaia di migliaia di profughi che scappavano da Israele e la Palestina, quindi sia palestinesi che parecchie migliaia di ebrei. Ma in quella polveriera che è il Medio Oriente, il Paese ebbe una guerra civile iniziata negli Anni Settanta che è durata ben 15 anni, con relativi massacri e ignominie dell’Umanità.
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Abbiamo visto “ La donna che canta “ ( Incendies ) regia di Denis Villeneuve.
Dobbiamo fare una premessa storica, il Libano è stato un Paese ‘ felice ‘ fino alla fine degli Anni Sessanta ( fatta eccezione per una breve guerra civile nel 1958 tra Cristiano Maroniti e Arabi mussulmani ). Il Libano era un Paese ospitale e cosmopolita, liberale e ‘ laico ‘ e accettò centinaia di migliaia di profughi che scappavano da Israele e la Palestina, quindi sia palestinesi che parecchie migliaia di ebrei. Ma in quella polveriera che è il Medio Oriente, il Paese ebbe una guerra civile iniziata negli Anni Settanta che è durata ben 15 anni, con relativi massacri e ignominie dell’Umanità. C’erano i Cristiano Maroniti, i Mussulmani, gli Arabi Palestinesi, i Drusi nella Valle della Bekaa e i Nazionalisti cristiani. Più o meno come oggi, basta ricordare che l’ultima guerra c’è stata nel 2006 con l’invasione di Israele. Abbiamo fatto questa breve introduzione per aiutare lo spettatore che si troverà quasi subito in un labirinto storico non completamente chiaro nello script del film.
“ La donna che canta “ è tratto dall’omonima pièce teatrale del 2003 di Wajdi Mouawad, ( attore, commediografo, regista teatrale e di cinema nato nel 1968 in Libano, ma residente da venti anni in Canada ), il progetto però lo ha portato al cinema Denis Villeneuve realizzando un ( melo )dramma forte e a tratti molto bello, raccontato però in modo freddo e non sempre coinvolgente. Rischiando in alcuni momenti delle ripetizioni e delle sovrapposizioni inutili, con una ricerca di cui gran parte dei fatti raccontati la protagonista non può sapere né ne viene a conoscenza e con una partenza che il finale contraddice ( perché si manda qualcuno lontano per cercare qualcun altro che si sa essere vicino ? ).
Il film inizia nello studio del notaio Lebel, un uomo gentile e generoso, deve leggere ai due figli della signora Nawal – Jeanne e Simon - il testamento della loro madre che è stata per diciotto anni la sua segretaria. Non deve essere stata una madre facile e affettuosa, perché i due giovani non sanno quasi nulla di lei e del suo passato, come non sanno nulla del loro padre. La ragazza è più paziente e ricettiva, il ragazzo invece non vuole sapere niente e vorrebbe andar via senza ascoltare nemmeno il testamento completo. I due gemelli però restano stupiti e scioccati nel sapere che hanno ancora il padre e hanno anche un fratello di cui non avevano nemmeno sentore. Ma la madre non sa dove siano, forse sono ancora in Libano. Simon vuole cancellare tutto e riprendere la vita di sempre, Jeanne invece decide di partire per il Libano con solo una foto della madre di quando era giovane e studentessa universitaria. Inizia per la giovane donna una ricerca difficile e faticosa nel sud del Libano per conoscere il passato della sua famiglia di cui non sa nulla, e con il viaggio inizia la storia parallela della madre quando era giovane e si è trovata a subire dapprima la morte del fidanzato palestinese ucciso dai suoi fratelli cristiani, poi a dover lasciare il bambino appena partorito e ad andare in un’altra città da uno zio. In questo frattempo scoppia la guerra civile e lei si schiera non con il suo popolo bensì con i palestinesi che stavano subendo torti e massacri. A un certo punto della ricerca di Jeanne, la ragazza sente la necessità di avere accanto suo fratello e anche il notaio Lebel che li aiuta nella scoperta della verità che però non si trova in Libano bensì…
Un buon film, dalle premesse potenzialmente molto alte ma un po’ disattese da qualche farraginosità: c’è il rapporto madre e figli, il bisogno di conoscere le proprie radici, l’accettazione della conoscenza attraverso il dolore, l'orrore della guerra al femminile, la potenza del credere nella pace e nella giustizia, il coraggio dell’obbedienza e della resistenza, il frutto della violenza che si trasforma in amore, dell’intolleranza senza fine. E su tutto c’è il ritratto di una donna dal coraggio raro e dalla forza eccezionale.
Un film originale e fuori dagli standard, coraggioso, diretto con grande eleganza anche nelle scene più crude; con una ottima fotografia, una splendida e parca scelta di canzoni, con un cast credibile e al meglio se non fosse perché alcuni attori non hanno “ l’età “ coerente con i fatti.
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oporcaloca
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lunedì 24 gennaio 2011
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ma quali 2 stelle???
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il vostro recensore non capisce davvero nulla....
Non mi stupirei se questo film vincesse l'oscar
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enrique
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lunedì 24 gennaio 2011
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da non perdere!
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Questo film non ha bisogno dii tante presentazioni, è solo da vedere. Ti entra nel cuore e nella testa e non ti lascia più!
[+] coinvolgente
(di turchessa)
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