L'uomo che verrà

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Un film di Giorgio Diritti. Con Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Claudio Casadio, Greta Zuccheri Montanari, Stefano Bicocchi.
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Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 117 min. - Italia 2009. - Mikado Film uscita venerdì 22 gennaio 2010. MYMONETRO L'uomo che verrà * * * 1/2 - valutazione media: 3,96 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Lo sterminio di Monte Sole visto da una frugoletta Valutazione 4 stelle su cinque

di GreatSteven


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lunedì 10 aprile 2017

 

L'UOMO CHE VERRà (IT, 2009) diretto da GIORGIO DIRITTI. Interpretato da GRETA ZUCCHERI MONTANARI, MAYA SANSA, ALBA ROHRWACHER, CLAUDIO CASADIO, ORFEO ORLANDO, STEFANO BICOCCHI (VITO)

Dicembre 1943, Monte Sole, nei pressi di Bologna. Martina (G. Zuccheri Montanari) è una bambina di otto anni che ha smesso di parlare da quando il fratellino le è morto fra le braccia, a soli pochi giorni di vita. Vive nelle campagne emiliane insieme al padre Armando (Casadio), agricoltore, alla madre Lena (Sansa) e alla zia Beniamina (Rohrwacher). La guerra sembra ancora molto lontana, e la gente del paesello continua a condurre la propria esistenza all’insegna della miseria, della parsimonia e della collaborazione reciproca, ma già i disertori e i ribelli dell’Esercito Italiano cominciano a sobillare i contadini alla rivolta. Per Martina tutti questi eventi hanno poca importanza, in quanto il suo unico desiderio, che sta per realizzarsi poiché Lena è ancora incinta, quello di abbracciare un fratello nascituro. Trascorrono senza scossoni la primavera e l’estate del 1944, ma ai primi dell’autunno le SS cominciano metodicamente i rastrellamenti nel bolognese, uccidendo più di 700 persone in quell’evento tragico che è stato consegnato alla Storia come la strage di Marzabotto. Lena viene assassinata poco dopo il parto, e il neonato viene tratto in salvo da Martina. Armando riesce a scampare ad uno sterminio operato nella chiesa parrocchiale, ma poi due nazisti gli sparano nel bosco. Beniamina, sopravvissuta al sopracitato sterminio, viene curata dalle proprie ferite da un tedesco che poi accoltella e viene subito freddata da un commilitone di questi. A strage conclusa, Martina rimane sola col pargoletto fra le braccia, e parla per la prima volta dopo tre anni, cantandogli una ninna nanna. Parlato in stretto dialetto emiliano, con persone del luogo per i ruoli secondari e attori professionisti per quelli principali, è un film storico che il cinema italiano necessitava da tantissimo tempo, giacché s’era arenato in modo molto indecoroso nelle commedie ristagnanti e nei drammi smancerosi privi di sostanza. Diritti, che già aveva fatto sentire la sua bravura di cineasta col bellissimo Il vento fa il suo giro (2005), affina qui ulteriormente la sua tecnica narrativa consegnando al pubblico, e soddisfacendolo insieme alla critica, un capolavoro che guarda ad un evento terrificante della Seconda Guerra Mondiale con un occhio che evita di esprimere giudizi per concentrarsi sull’umanità delle sue vittime: persone semplici, individui impiegati nel settore primario da svariate generazioni, uomini, donne, vecchi e bambini ancora affezionati e attaccati ad una saggezza primigenia, ma pronti a farsi valere e a combattere di fronte alla peggiore invasione di sempre, relativamente al panorama storico italiano. Dal canto loro, le SS naziste non vengono dipinte come spietati e stupidi macellai ed esecutori di ordini che non comprendevano, e in questo gli sceneggiatori evitano una facile trappola: le "squadre di protezione" (traduzione letterale dal tedesco) obbediscono sì a dei comandi, ma sanno anche mostrare brandelli di comprensione e benevolenza nei confronti di esseri umani a loro stranieri, e diversi da loro in tutto e per tutto, senza manifestare forzatamente un odio scellerato e incondizionato. Un cast di interpreti di tutto rispetto, in cui spiccano una M. Sansa intensa, un’A. Rohrwacher un po’ più tornita degli anni recenti e già assai efficace e un C. Casadio alquanto azzeccato nelle vesti del contadino padre di famiglia che è costretto ad imbracciare il fucile per difendere i suoi famigliari, pur non condividendo l’ideologia partigiana. E finalmente abbiamo uno S. Bicocchi, meglio noto come Vito, in una parte drammatica, senza nulla togliere alle sue precedenti performances comiche. E la piccola Zuccheri Montanari? Straordinaria. La scelta di tenerla muta per le quasi due ore di durata della pellicola e di restituirle la parola soltanto nella poetica ed eterea sequenza finale, si rivela una scelta stilistica di una profondità meravigliosa. Del resto, l’uomo che verrà è proprio il fanciullo appena venuto al mondo cui lei dedica il suo immenso affetto, dal momento che aspettava da tempo il suo arrivo. Diritti ci mette del suo dirigendo i contributi tecnici ed artistici e stendendo un magnifico velo di sensibilità e lucidità su un’opera corale obiettiva, che non fornisce risposte né pretende di dare spiegazioni filosofiche all’atavica violenza umana, ma conquista il suo merito fondamentale nel tenere in primo piano la storia. Che viene a sua volta inserita nel contesto della Storia con la S maiuscola, senza però per questo rivestire un’importanza minore: è opportuno rammentare che il cammino dell’uomo sulla Terra è composto anche e soprattutto dalle vicende della povera gente, di coloro che magari non vincono le guerre né dimostrano doti stratosferiche, ma offrono comunque un aiuto sostanzioso, nel proprio piccolo, per permettere all’uomo di prolungare la sua sopravvivenza. Passando anche attraverso i conflitti armati che, soprattutto nella guerra 1939-45, hanno decimato, impoverito e perseguitato una lista infinita di innocenti.

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