lalli
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mercoledì 15 ottobre 2008
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questo è un cult movie sopraffino.
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Per capire i sacrifici di coloro che lottano tutti i giorni per salvare vite umane rischiando di morire : Non come tutti quelli che criticano senza capire e che dovrebbero andare loro in guerra anzichè scrivere scemenze al pc ! MALEDETTO E' IL PAESE CHE HA BISOGNO DI EROI ... come recita la locandina , sacrosante parole che significano che tutto il genere umano è maledetto per le guerre e tutte le altre schifezze che commette quotidianamente.
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braitz
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lunedì 13 ottobre 2008
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lentissimo
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film girato stupidamente male , lentissimo .. sono uscito dal cinema 40 min prima della fine , non ce la facevamo più .. mezz'ora per disinnescare un esplosivo!!! lentoooooo se ci tenete ai vostri soldi e non volete buttarli giù dalla finestra , andate a vedervi un altro film!
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(di daniele)
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marco marenzi
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sabato 11 ottobre 2008
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filmastro da due lire
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Palloso e insulso;puo'piacere pero' a un certo pubblico di bocca buona.
[+] spero di vederlo presto .
(di ciccio ©)
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andreaita88
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sabato 11 ottobre 2008
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stupendo
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da vedere...
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mabal
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venerdì 10 ottobre 2008
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mamma mia!
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Ho raramente visto qualcosa di cosi' insulso, noioso, dissennato. Un cowboyata sulla pelle di chi ci sta morendo davvero, in quell'inferno. Vorrei indietro i soldi del biglietto.
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claudio salvati
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giovedì 9 ottobre 2008
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strange kathryn b.
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- di CLAUDIO SALVATI - Il giornalista di cronaca Mark Boal affida nuovamente le sue memorie dal fronte alla fluidità narrativa del grande cinema.
Se l’anno scorso La Valle di Elah fu un toccante, eppur retorico, manifesto sul disadattamento dei giovani militari di stanza in Iraq congedati dal fronte, ispirato a Paul Haggis da un articolo dell’inviato, quest’anno è Kathryn Bigelow a dispiegare la sua forza d’urto visionaria al servizio di un racconto che è anche una causa: l’idea che la guerra è come una droga che procura assuefazione, attraverso una spirale di rischio e pericolo che non vengono più percepiti come tali, tanto è forte il senso di adesione e di incoscienza da parte dei militari.
[+]
- di CLAUDIO SALVATI - Il giornalista di cronaca Mark Boal affida nuovamente le sue memorie dal fronte alla fluidità narrativa del grande cinema.
Se l’anno scorso La Valle di Elah fu un toccante, eppur retorico, manifesto sul disadattamento dei giovani militari di stanza in Iraq congedati dal fronte, ispirato a Paul Haggis da un articolo dell’inviato, quest’anno è Kathryn Bigelow a dispiegare la sua forza d’urto visionaria al servizio di un racconto che è anche una causa: l’idea che la guerra è come una droga che procura assuefazione, attraverso una spirale di rischio e pericolo che non vengono più percepiti come tali, tanto è forte il senso di adesione e di incoscienza da parte dei militari.
Se si volesse fare della facile ironia, si direbbe che la regista americana ha più testosterone nel sangue di tutti i suoi colleghi maschi, ma non è questo il punto, perché The Hurt Locker è debitore non tanto della cultura del genere della sua autrice, ma dell’arte stessa di una regista che tra gli anni Ottanta e Novanta nasce e diventa una quotata pittrice e fotografa concettuale, abile come pochi a cogliere le idiosincrasie di una realtà avulsa da qualunque logicità e capace di trasportare il magma delle proprie ossessioni nel cinema.
Complice l’occhio vigile di James Cameron (lontano dai fasti di Titanic, ma già potente per il successo dei due Terminator e di Aliens), all’epoca suo marito, la regista ha re-inventato non solo tante regole del cinema di genere, con Blue Steel e soprattutto Point Break, ma ha addirittura puntato dritto al cuore del cinema stesso, con Strange Days e Il Mistero Dell’Acqua.
Hurt Locker narra così i quaranta giorni in Iraq di una squadra di artificieri dell’esercito americano, un’unità speciale ad altissimo tasso di pericolo e mortalità, e del conseguente ingresso in squadra del volontario William James, biondo faccia d’angelo, incauto e impavido, risucchiato nell’atrocità del lavoro stesso.
L’incipit è cinema fisico e teso allo stato puro e le scene madri abbondano con la stessa frequenza delle bombe che esplodono; la regista sa far respirare anche la terra e il ritmo è vertiginoso e adrenalinico.
Sebbene alcune scene siano sgrdevoli, e sospettiamo che siano anche vere o verosimili, e a volte si cada nel cliché della vita di pattuglia, The Hurt Locker è una pellicola potentissima, che sonda il buio nell’anima di chi dimentica cosa rischia di perdere in guerra, a favore di un vuoto mentale espanso, unico stato d’animo in grado di far compiere il proprio lavoro, con la devozione di un’assuefazione micidiale.
Se della regista si è detto tutto, non si può non citare un cast di giovani attori talentuosi (Jeremy Renner su tutti) che affidano il corpo e le tensioni nelle mani di Kathryn Bigelow e del suo cinema muscolare e spettacolare al tempo stesso.
CLAUDIO SALVATI
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dg54g
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sabato 20 settembre 2008
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