marica romolini
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domenica 13 maggio 2012
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ovvero della risignificazione del corpo
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Irlanda del Nord. Con straniante effetto di controcampo per chi provenga dalla lunga soggettiva intimista di Iron Lady, la voce della Tatcher annuncia alla radio l'abolizione dello status di prigioniero politico per i detenuti dell'IRA. È l'inizio di una serie di proteste - la 'blanket protest', la 'dirty protest' e due scioperi della fame - che porta alla morte, tra le altre, del giovane leader Bobby Sands. Il suo corpo martoriato (eccezionale Fassbender) diventa il vero e proprio protagonista del film, che fa di un iperrealismo tanto caricato nelle immagini quanto sobrio nelle parole il suo punto di forza. Con un'unica finestra marcatamente dialogica, comprensiva di apologo recuperato da un'infanzia quasi mitica, al centro di una narrazione di ricercatissima fotografia.
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Irlanda del Nord. Con straniante effetto di controcampo per chi provenga dalla lunga soggettiva intimista di Iron Lady, la voce della Tatcher annuncia alla radio l'abolizione dello status di prigioniero politico per i detenuti dell'IRA. È l'inizio di una serie di proteste - la 'blanket protest', la 'dirty protest' e due scioperi della fame - che porta alla morte, tra le altre, del giovane leader Bobby Sands. Il suo corpo martoriato (eccezionale Fassbender) diventa il vero e proprio protagonista del film, che fa di un iperrealismo tanto caricato nelle immagini quanto sobrio nelle parole il suo punto di forza. Con un'unica finestra marcatamente dialogica, comprensiva di apologo recuperato da un'infanzia quasi mitica, al centro di una narrazione di ricercatissima fotografia. Marcata, perché McQueen non permette che alcunché rilassi il filo teso da inizio a fine (ad effetto battito cardiaco costantemente alterato), per cui anche quando sceglie di lasciare spazio alla parola, tira l'elastico al massimo, stremando un piano sequenza al limite della tollerabilità; dialogica in tutti i sensi, perché il punto di vista torna a pluralizzarsi, sottraendosi al pericolo di un troppo empatico manicheismo. Abilissimo, a questo proposito, il ribaltamento di prospettiva dopo i primi minuti di film, durante i quali l'ancora ignaro spettatore è indotto a partecipare delle sorti del 'carnefice'. Il raccordo sulla mano gonfia del poliziotto che svela il gioco è un vero colpo da maestro: benché studiatissimo, non pecca né di gratuità autocompiaciuta né di funzione sorpresa risolutiva a cui demandare lo spessore della pellicola. Ma si diceva dell'iperrealismo dell'elemento fisico, così disturbantemente esibito nel degrado fisiologico e nell'agonia da trascendere sé stesso e acquisire un senso ulteriore. L'uso/abuso del corpo, in questa poetica di eccesso di visione della violenza, crea il messaggio. Introiettando e in qualche modo riproponendo il principio su cui si basa lo sciopero della fame del protagonista. L'esordio alla regia di McQueen, apparso solo ora nelle sale italiane, segna insomma un interessantissimo ritorno alla potenza significante del primum biologico, oltre ma non senza la piena consapevolezza delle più sofisticate costruzioni linguistiche e del percorso cerebro-intellettuale di molto cinema contemporaneo. Con quattro anni di ritardo, assolutamente imperdibile.
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il guju
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sabato 12 maggio 2012
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quando un colpo allo stomaco è arte
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Nulla sfugge di questo film, la scarsidà di dialoghi e la crudezza del sonoro è interrotto solo da un diologo magistrale che pregna il significato di questo film, un film da non perdere, forte, diretto e schierato. Il terrorista/eroe è un martire che passa e vive il suo calvario, senza sconti e in faccia allo spettatore. Uno schiaffo d'arte vera che vale il disagio di un impatto così deciso, epico.
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belley
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giovedì 10 maggio 2012
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imponente lavoro
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All' uscita sala mi sono chiesto " ma McQueen e Fassbender cosa si sono messi in testa?" è stata l'unica cosa che mi avvolgeva. Un'interpretazione resa totalmente unica dai silenzi e dalla trasformazione fisica resa molto più intensa dal pensiero che un attore possa trasformare il suo fisico in un tempo molto più lungo di quello dei funesti 66 gg ( mi auguro) della reale vita di Bobby.
Moltopiù di De Niro in "toro scatenato" e molto più di Bale nel suo " l' uomo senza sonno". L'irritante rumore dello spazzolone che sciacqua il corridoio , l'ago in vena che riportava a gesta "tarantiniane" ma di tutt'altra sorta ,le piaghe e la gabbia in ferro che proteggeva l'ormai inesitente corpo dalla legerissima coperta sul letto.
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All' uscita sala mi sono chiesto " ma McQueen e Fassbender cosa si sono messi in testa?" è stata l'unica cosa che mi avvolgeva. Un'interpretazione resa totalmente unica dai silenzi e dalla trasformazione fisica resa molto più intensa dal pensiero che un attore possa trasformare il suo fisico in un tempo molto più lungo di quello dei funesti 66 gg ( mi auguro) della reale vita di Bobby.
Moltopiù di De Niro in "toro scatenato" e molto più di Bale nel suo " l' uomo senza sonno". L'irritante rumore dello spazzolone che sciacqua il corridoio , l'ago in vena che riportava a gesta "tarantiniane" ma di tutt'altra sorta ,le piaghe e la gabbia in ferro che proteggeva l'ormai inesitente corpo dalla legerissima coperta sul letto. E poi il dialogo con il prete di sicura maestria interpretativa ,ma che avrebbe bisogno di una visione più accurata in lingua originale ( magari con sottotitoli annessi) per apprezzare più le intonature.
"Ma Mc Queen e Fassbender che si sono messi in testa?" Credo che la risposta più rapida, dopo solo due lungometraggi di questa portata, possa solo essere "riscrivere la storia del cinema con una nuova vena artistica che rimarrà a lungo ricordata e menzionata come esempio di arte cinematografica".
Roberto Villanis
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hidalgo
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mercoledì 9 maggio 2012
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quando il cinema è arte
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Arrivato in Italia con 4 anni di ritardo, Hunger, film d'esordio di Steve McQuenn, maniaco della cinepresa, è un capolavoro di stile, di tecnica cinematografica. Un'opera d'arte di cruda bellezza, estremamente realistico nella sua violenza fisica e mentale ma mai gratuita, mai fine a se stessa. Girato con un budget ridotissimo, "accompagnato" da una regia che è nello stesso tempo essenziale e minimalista ma geniale e ricercata, McQuenn usa le immagini al posto delle parole, il linguaggio del corpo (straziato) al posto del linguaggio vocale, "concedendo" in sostanza un unico, strepitoso dialogo nel magistrale piano sequenza dove Fassbender e Cunningham servono allo spettatore un ricco contorno di parole funzionali al prelibato pasto che è il film in se stesso.
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Arrivato in Italia con 4 anni di ritardo, Hunger, film d'esordio di Steve McQuenn, maniaco della cinepresa, è un capolavoro di stile, di tecnica cinematografica. Un'opera d'arte di cruda bellezza, estremamente realistico nella sua violenza fisica e mentale ma mai gratuita, mai fine a se stessa. Girato con un budget ridotissimo, "accompagnato" da una regia che è nello stesso tempo essenziale e minimalista ma geniale e ricercata, McQuenn usa le immagini al posto delle parole, il linguaggio del corpo (straziato) al posto del linguaggio vocale, "concedendo" in sostanza un unico, strepitoso dialogo nel magistrale piano sequenza dove Fassbender e Cunningham servono allo spettatore un ricco contorno di parole funzionali al prelibato pasto che è il film in se stesso. Ogni inquadratura trasmette un'emozione, una sensazione ben precisa e mai uguale a quella precedente. Il regista inglese sa essere "presente" senza diventare invadente, lasciando alle scene e a quelle soltanto il compito di arrivare al cuore e allo stomaco di chi guarda il film. Un'opera prima difficile, durissima ma che trova anche il suo momento di poesia nella parte fnale, dove Bobby Sands/Fassbender (ri)vede se stesso da bambino e nel lui stesso di allora, chissà, anche suo figlio, mentre la sua anima vola via nella metafora di uno stormo d'uccelli. Memorabile.
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angelo umana
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sabato 5 maggio 2012
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the maze, il labirinto
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Ottimo film: più che prendere posizione sulle lotte (o sulle bombe) dell’IRA, dell’Ulster Defense Association o dei Soldati della Libertà, più che dare giudizi sui loro attentati, ovviamente definiti “crimini spaventosi” dalla Thatcher, si sofferma per una buona metà sul decorso dello sciopero della fame di Bobby Sands, che dopo 66 giorni lo portò alla morte, le trasformazioni nel suo corpo, le visioni nel delirio che gli ripresentano attimi della sua vita. Insieme a lui altri 9 prigionieri nel carcere di Long Kesh, “The Maze”, il labirinto, come lo conoscono a Belfast, si lasciarono morire di fame e 18 agenti rimasero uccisi dagli attentati del movimento; uno, l’agente penitenziario molto cauto e accorto, colui col quale si apre il film, quello dalle nocche sempre ferite per i pugni che si incarica di somministrare ai prigionieri, viene ucciso mentre è in visita a sua madre in una casa di riposo.
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Ottimo film: più che prendere posizione sulle lotte (o sulle bombe) dell’IRA, dell’Ulster Defense Association o dei Soldati della Libertà, più che dare giudizi sui loro attentati, ovviamente definiti “crimini spaventosi” dalla Thatcher, si sofferma per una buona metà sul decorso dello sciopero della fame di Bobby Sands, che dopo 66 giorni lo portò alla morte, le trasformazioni nel suo corpo, le visioni nel delirio che gli ripresentano attimi della sua vita. Insieme a lui altri 9 prigionieri nel carcere di Long Kesh, “The Maze”, il labirinto, come lo conoscono a Belfast, si lasciarono morire di fame e 18 agenti rimasero uccisi dagli attentati del movimento; uno, l’agente penitenziario molto cauto e accorto, colui col quale si apre il film, quello dalle nocche sempre ferite per i pugni che si incarica di somministrare ai prigionieri, viene ucciso mentre è in visita a sua madre in una casa di riposo.
Bobby Sands - al cappellano suo amico che lo va a trovare in carcere – dà una motivazione appassionata della decisione di iniziare lo sciopero della fame a oltranza (until death). Dice che è proprio l’amore per la vita che lo ha condotto a quel punto, il gusto della libertà, contro un governo inflessibile che non li volle considerare “prigionieri politici” e ne piegò la resistenza, con pestaggi regolari e metodici in prigione soprattutto a seguito dei loro scioperi delle coperte e dello sporco: nel primo caso non volevano indossare le divise fornite dalla prigione ma delle coperte e nel secondo trasformarono le celle in putride latrine. A uno di questi pestaggi un agente giovane non prende parte, è colto da panico, trema e piange, non deve sapersi spiegare il perché di tanta violenza.
Spiega Sands (eccellente, superlativa l’interpretazione di Michael Fassbender) al prete che quella “non vita” e il desiderio di finirla era come agire piuttosto che restare immobili, lo riportava a quando, adolescente, aiutò a morire un puledro, annegandolo nel torrente dove era rimasto intrappolato con le zampe fratturate. La vocazione ad essere Soldato della Libertà risalirebbe ad allora, quando per una gara di fondo in Irlanda (da questo sport gli derivava tanta volontà e resistenza), lo fecero sentire straniero nella sua terra.
Hunger è anche un film storico, aiuta a rivedere il conflitto nord-irlandese tra i ’70 e gli ’80: la morte di Sands avvenne proprio come oggi, il 5 maggio 1981. Eventi che solo marginalmente vengono toccati da “The iron lady” (dove forse c’era un filmato della Bloody Sunday), film incentrato più sui drammi personali della Thatcher anziana. Vi sono interessanti inserti originali con la voce della irremovibile primo ministro.
Una delle visioni, molto suggestiva, è quella che ha il prigioniero ormai allo stremo nel letto dell’infermeria, si rivede ragazzo in una corsa nel bosco, si ferma ad aspettare gli altri un momento ma poi decide di andare avanti fino in fondo, da solo. Sembra come considerare un momento la possibilità di desistere dal suo proposito, per infine proseguire. Struggenti anche le riprese che il regista inserisce del figlio di Sands, costretto a farsi precocemente una ragione della decisione del papà.
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renato volpone
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giovedì 3 maggio 2012
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l'ultimo anelito di libertà
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Siamo nell'Irlanda ribelle al volere della "lady di ferro"', negli anni delle bombe dell'ira e delle proteste dei detenuti che chiedono il riconoscimento di prigionieri politici: la protesta delle coperte e la protesta dello sporco. Bobby Sands guida le proteste e diventa il nostro eroe/antieroe morendo per uno sciopero della fame. Il film non nasconde nulla, non perdona, ti lascia completamente senza respiro e, se ne hai ancora la forza, con le lacrime agli occhi. È la storia della libertà, della sua costruzione, del donarsi ad essa ispirandosi a veri valori e tutto viene fuori nel discorso tra Bobby e il prete, intenso, duro, non obiettabile. La libertà che aleggia leggera e che, ancora una volta (sono fresche nella memoria le scene di Diaz) viene spezzata da chi dovrebbe difenderla, dalla legge, da coloro che rivestono il sorriso e le abitudini della gente comune.
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Siamo nell'Irlanda ribelle al volere della "lady di ferro"', negli anni delle bombe dell'ira e delle proteste dei detenuti che chiedono il riconoscimento di prigionieri politici: la protesta delle coperte e la protesta dello sporco. Bobby Sands guida le proteste e diventa il nostro eroe/antieroe morendo per uno sciopero della fame. Il film non nasconde nulla, non perdona, ti lascia completamente senza respiro e, se ne hai ancora la forza, con le lacrime agli occhi. È la storia della libertà, della sua costruzione, del donarsi ad essa ispirandosi a veri valori e tutto viene fuori nel discorso tra Bobby e il prete, intenso, duro, non obiettabile. La libertà che aleggia leggera e che, ancora una volta (sono fresche nella memoria le scene di Diaz) viene spezzata da chi dovrebbe difenderla, dalla legge, da coloro che rivestono il sorriso e le abitudini della gente comune. Il valore della libertà viene esaltato, il sacrificio non reso inutilmente e il tempo che lascia segni incancellabili di colpe e responsabilità. Lo sguardo perduto va verso il ragazzo che lottava per essere libero e difendere la propria libertà. E nella gioventù guardiamo per riscoprire e difendere valori dimenticati e ormai troppo a lungo trascurati. Grandioso e doloroso.
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pepito1948
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giovedì 3 maggio 2012
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thatcher e i suoi misfatti
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Un carceriere della prigione di Maze in Ulster conduce una vita normale, tra celie con i compagni, ordinari atti quotidiani in famiglia, qualche misura di autodifesa (il controllo sotto la propria macchina), ma ha un problema; le sue nocche sanguinano perennemente, le ferite non si chiudono, come quelle delle vittime delle sue violenze, finchè qualcuno decide che è arrivata la sua ora. Questa volta è lui la vittima, ed il suo sangue inonda come in una tragedia greca il corpo inerte della madre. Questo il prologo che svela il vero protagonista del racconto, il sangue, quello che sgorga inesorabile dal corpo martoriato dalla violenza. A Maze i prigionieri irlandesi dell’IRA sono corpi nudi avvolti in una coperta in balia della brutalità senza limiti del Potere (del Governo Thatcher come dei carcerieri degli H Blocks, la sezione di massima sicurezza); corpi piagati, torturati, che tuttavia non rinunciano ad azioni di protesta anche terribilmente forti (come l’uso dimostrativo dello sporco) per riottenere lo status di prigioniero politico con gli annessi diritti.
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Un carceriere della prigione di Maze in Ulster conduce una vita normale, tra celie con i compagni, ordinari atti quotidiani in famiglia, qualche misura di autodifesa (il controllo sotto la propria macchina), ma ha un problema; le sue nocche sanguinano perennemente, le ferite non si chiudono, come quelle delle vittime delle sue violenze, finchè qualcuno decide che è arrivata la sua ora. Questa volta è lui la vittima, ed il suo sangue inonda come in una tragedia greca il corpo inerte della madre. Questo il prologo che svela il vero protagonista del racconto, il sangue, quello che sgorga inesorabile dal corpo martoriato dalla violenza. A Maze i prigionieri irlandesi dell’IRA sono corpi nudi avvolti in una coperta in balia della brutalità senza limiti del Potere (del Governo Thatcher come dei carcerieri degli H Blocks, la sezione di massima sicurezza); corpi piagati, torturati, che tuttavia non rinunciano ad azioni di protesta anche terribilmente forti (come l’uso dimostrativo dello sporco) per riottenere lo status di prigioniero politico con gli annessi diritti. Nella lotta si inserisce uno dei loro capi, Bobby, scrittore, giornalista, cattolico, che, visto l’insuccesso delle iniziative messe in atto, passa alla strategia del digiuno ad oltranza coinvolgendo ad intervalli regolari gli altri compagni. Da questo momento il corpo, da impotente oggetto di azioni altrui, diventa strumento aggressivo di lotta attraverso l’autoannientamento, la violenza verso se stessi per una causa in nome della quale non sono più ammesse alternative, pause, scrupoli morali, possibilità di ripensamento. I detenuti attaccano, il Potere è impotente, gli indipendentisti rifiutando ogni alimentazione affondano la lama giorno dopo giorno, le piaghe si estendono fuori e dentro, la pelle, ultimo baluardo di difesa, si assottiglia, il Potere, spiazzato, non colpisce più, attende, controlla, barcolla nell’inazione. Bobby muore, e dopo di lui altri 9 attivisti, e con essi muore l’inamovibilità pregiudiziale del Potere e l’ostilità o il cauto distacco della pubblica opinione. Da quei corpi martoriati e dalle reazioni del mondo nascerà un nuovo negoziato che porterà entro pochi anni alla fine della guerra e ad un travagliato processo di pace. Bobby il primo martire di Maze divenne mito, eroe di libertà, come era stato Jan Palach e come tanti altri che verranno dopo. Tutto questo McQueen ci racconta nel suo film di esordio con stile personale, asciutto, senza divagazioni che possano distrarre dallo scorrere degli eventi: niente musica di fondo, pochi esterni, niente colori forti, massima attenzione ai particolari per cogliere ogni piccolo frammento emotivamente rilevante, dialoghi essenziali che si attenuano man mano che la tragedia si avvicina. Tutto converge e riparte dal confronto centrale, ombelico significante del racconto, in cui lo scontro dialettico tra opzione estremistica e quella razionale, morale e filonegoziale all’interno del perimetro del pensiero cattolico spiega le posizioni in campo e pone gli interrogativi intorno a cui orbita il tema di fondo del film: ne valeva la pena? Era una lotta giusta? Fu vera gloria libertaria o piuttosto esaltazione politico/religiosa di un gruppo di giovani estremisti? Belli alcuni richiami iconografici , come la “deposizione” del Cristo ravvisabile nel corpo inerte di Bobby portato a mano dall’infermiere dopo il suo svenimento, come interessanti sono le frequenti inquadrature anticonvenzionali alla “Lars von Trier”. Insomma un’opera di alto spessore artistico ed emotivo, di ben altro livello del deludente Shame, che mette nel dovuto risalto tanto il talento del regista quanto la buona prova recitativa di Fassbender, qui all’altezza della sua improvvisa fama.
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flyanto
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mercoledì 2 maggio 2012
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quando il proprio corpo umano diventa uno strument
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Film in cui viene racontata la reale rivolta portata avanti in carcere da un gruppo di alcuni esponenti dell' Ira al fine di venire riconosciuti dal Governo Britannico come prigionieri politici. Una lotta inutile perchè a loro non verrà mai concesso quanto richiesto e pertanto la loro ostinazione a contrarre lo sciopero della fame li porterà dritti alla morte. Pellicola estremamente cruda, realistica e molto efficace nella rappresentazione degli squallidi ambienti carcerari e del deperimento sempre più evidente e raccapricciante del corpo denutrito del protagonista ottimamente interpretato da Michael Fassbender. Da rimarcare la scena del dialogo tra lui ed il pastore anglicano dove allo spettatore vengono enunciati i due punti di vista opposti.
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Film in cui viene racontata la reale rivolta portata avanti in carcere da un gruppo di alcuni esponenti dell' Ira al fine di venire riconosciuti dal Governo Britannico come prigionieri politici. Una lotta inutile perchè a loro non verrà mai concesso quanto richiesto e pertanto la loro ostinazione a contrarre lo sciopero della fame li porterà dritti alla morte. Pellicola estremamente cruda, realistica e molto efficace nella rappresentazione degli squallidi ambienti carcerari e del deperimento sempre più evidente e raccapricciante del corpo denutrito del protagonista ottimamente interpretato da Michael Fassbender. Da rimarcare la scena del dialogo tra lui ed il pastore anglicano dove allo spettatore vengono enunciati i due punti di vista opposti. Come nella sua posteriore pellicola "Shame" anche qui il britannico Steve Mc Queen presenta sempre il corpo umano come simbolo di potere personale attraverso cui manifestare le proprie rimostranze (quii politiche ed idealistiche in "Shame" come ossessione sessuale). Un'ottima e di non facile approccio opera prima.
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hanami
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martedì 1 maggio 2012
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hunger
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concordo in linea di massima con le ottime recensioni : il film è interessante/originale, estremo e asciutto, disturbante e freddo, ma che voglia di uscire dalla sala .....
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morena.1983
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martedì 1 maggio 2012
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non è un film per tutti
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Un film impegnativo, denso e per certi aspetti pesante, a me è piaciuto perchè molto diverso dai film che siamo abituati a vedere nella sale di questi tempi.
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