francesco2
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lunedì 22 marzo 2010
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non esce.....un ragno dal buco
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Una delle critiche mosse a molto cinema italiano contemporaneo è di aver guardato solo al suo "Ombelico",perdendo il contatto con la realtà che lo e ci circonda per costruire "gruppi di famiglia in un interno" noioso ed autoreferenziale.
Da questo punto di vista l'operazione di Piccioni, che fra l'altro sfrutta forse una delle migliori Golino che abbia mai visto, è una pseudo-trasgressione rispetto a saturni contro e compagnia;come Ozpetek nella noia televisiva del film citato inserisce omosessuali, turchi e via discorrendo, per negare l'evidenza del suo anonimato di lusso(?), come il simpatico Muccino "ricordandosi di me" dice di ironizzare sulla TV pur essendo nella sua mediocrità il primo figlio della televisione e del suo "Non-stile",Piccioni sceglie due protagonisti ai margini, per ragioni opposte(L'uno ARTISTA,l'altra ASSASSINA, entrambi incompresi e puniti:a volte due estremi opposti hanno in comune tante cose).
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Una delle critiche mosse a molto cinema italiano contemporaneo è di aver guardato solo al suo "Ombelico",perdendo il contatto con la realtà che lo e ci circonda per costruire "gruppi di famiglia in un interno" noioso ed autoreferenziale.
Da questo punto di vista l'operazione di Piccioni, che fra l'altro sfrutta forse una delle migliori Golino che abbia mai visto, è una pseudo-trasgressione rispetto a saturni contro e compagnia;come Ozpetek nella noia televisiva del film citato inserisce omosessuali, turchi e via discorrendo, per negare l'evidenza del suo anonimato di lusso(?), come il simpatico Muccino "ricordandosi di me" dice di ironizzare sulla TV pur essendo nella sua mediocrità il primo figlio della televisione e del suo "Non-stile",Piccioni sceglie due protagonisti ai margini, per ragioni opposte(L'uno ARTISTA,l'altra ASSASSINA, entrambi incompresi e puniti:a volte due estremi opposti hanno in comune tante cose).Quando Giulia, in una delle poche scene decenti entra ed esce dall'acqua, ipotizzo che questo vorrebbe rappresentare una sintesi del film.Che in realtà è figlio dell'archibugismo peggiore nel non delineare praticamente mai i suoi personaggi(Fa eccezione, forse, quando Mastrandrea dice alla donna:"Non mi fai paura") e nell'inventarci ragazzini con gli occhiali che insegnano ai grandi e giurie letterarie che premiano sedicenti artisti:meglio, a questo punto, l'ironia su questi problemi fatta in "Caterina va in città".A proposito del dialogo che ho citato, è anche una delle poche dove riesce al contempo la sintesi e scontro tra due elementi diversi.Perchè quelle in cui Mastrandrea immagina i suoi protagonisti saranno magari carine ma si risolvono in nulla, lontane anni luce dall'Amèlie di Jeunet oggi definito buonista dai nataliaspesiani di casa nostra e A CASA NOSTRA(Altro film italiano di qualche anno fa con la stessa In)consistenza di questo.
Crollata allora la simbiosi tra realtà e fantasia,resta solo un'analisi del rapporto tra genitori e figli(Ma siamo quasi sullo stesso piano di "Lezioni di volo", non a caso della Archibugi), del rapporto tra giovanissimi)(Anche qui, più "Lezioni di volo" che "Caterina va in cità"), o capire come i due protagonisti si completino tra di loro.Ma siamo a mare, e non purtroppo nel senso dell'acaua iniziale, come lo siamo nel rapporto tra il protagonista e la Bergamasco, sottovalutata forse dal nostro cinema nonché dal sottoscritto, che neanche l'aveva riconosciuta.Deluso per un'altra occaasione sptrecata dalla Golino, che già era incappata nella desolante sceneggiatura della "Guerra di Mario", desolante film del pur bravo Capuano, resta solo un finale didascalico e incompiuto in cui il "Giusto e debole" Mastrandrea vince sulla forte e sbagliata Golino.Chi voglia,(Mi ripeto:la scena iniziale) capirne di più sulla simbiosi tra uomo e acqua(O natura) veda "Donne senza uomini", in circolazione nei cinema nostrani.Con la speranza che Piccioni e colleghhi non continuino a domandarci perché preferiamo i film iraniani.
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(di federico33333)
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lou red
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domenica 1 marzo 2009
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senza coraggio si sprofonda
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Il film manca di coraggio. Non si decide a prendere decisamente una strada e lo spettatore rimane spiazzato tra i due personaggi, senza che questi, riescano veramente a portarti dentro la loro vita.
I teatrini surreali, le cosidette visioni dei personaggi dello scrittore, sono patetiche parodie di Henry a pezzi di W. Allen, ma non restano mai nelle mente. Dispiace osservare che il cinema italiano, quello della potente casta dei centoautori, pur lamentandosi del sistema, dei vari dirigenti eletti nei ruoli di comando, della loro pulizia morale, quando vengono chiamati alla prova decisiva (Vicari, Puccioni, Piccioni, Patierno, Mazzacurati, etc.) non riesce mai a centrare il film, a usare i sostanziosi finanziamenti di cui dispongono per una prova di coraggio, per una sterzata decisiva per il cinema con la C maiuscola, ma si ferma purtroppo a una scrittura esile, timida, di sottrazione senza mai assumersi un rischio, un'idea.
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Il film manca di coraggio. Non si decide a prendere decisamente una strada e lo spettatore rimane spiazzato tra i due personaggi, senza che questi, riescano veramente a portarti dentro la loro vita.
I teatrini surreali, le cosidette visioni dei personaggi dello scrittore, sono patetiche parodie di Henry a pezzi di W. Allen, ma non restano mai nelle mente. Dispiace osservare che il cinema italiano, quello della potente casta dei centoautori, pur lamentandosi del sistema, dei vari dirigenti eletti nei ruoli di comando, della loro pulizia morale, quando vengono chiamati alla prova decisiva (Vicari, Puccioni, Piccioni, Patierno, Mazzacurati, etc.) non riesce mai a centrare il film, a usare i sostanziosi finanziamenti di cui dispongono per una prova di coraggio, per una sterzata decisiva per il cinema con la C maiuscola, ma si ferma purtroppo a una scrittura esile, timida, di sottrazione senza mai assumersi un rischio, un'idea.
E così questo film scivola nell'acqua, anzi sprofonda nella noia, perché seppur la messa in scena qualche volta funziona, e gli attori si impegnano per dar vita alla scrittura sottratta, non vira mai verso il vero, verso quel neoralismo di fondo a cui una trama del genere dovrebbe ispirarsi.
Quale scudo migliore la pippa mentale dell'autore/scrittore confuso, della famiglia in crisi, (quante milioni di volte usata nella fiction nostrana) piuttosto che dar fondo alla Dardenne (Rosetta, Il matrimonio di Lorna, etc.) o per citare altri film recenti quali L'ospite inatteso, Il Giardino dei Limoni, Irina palm, La classe, etc. dove la scrittura affronta il tema SEMPRE e pedina il personaggio dalla tematica più forte.
Perché sprecare tempo con uno scrittore in crisi, chissenefrega, e non pedinare con coraggio la storia di Giulia. E' così che si sprofonda, perché non si sceglie la sfida, ma ci si protegge (e purtroppo si è protetti da finanziamenti statali che tolgono l'incertezza all'autore e la sua capacità di scavare e di scavarsi addosso) di una trama finta e nebulosa.
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mafalda
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venerdì 27 febbraio 2009
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superfluo
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Un film superfluo.
Dei due protagonisti - lo scrittore sfigato e la donna sfortunat - non glie ne frega a nessuno. Del loro amore, tra l'altro, non frega niente a loro due per primi. I personaggi sono figurine. Dal lato di Mastandrea c'è la borghesia decrepita (vedi gli anziani lettori a cui è costretto a recitare le sue pagine); da quello di Golino poteva starci un ambiente popolare più sanguigno e passionale (vedi il movente dell'assassina) ma si rimane in mezzo al guado, senza prendere una strada fino in fondo, e nessun carattere è davvero messoa fuoco. Il gesto finale di Golino sa di appiccicato, di colpo di teatro non davvero conseguente alla storia.
Per quanto riguarda la satira sulla società letteraria italiana Piccioni resta a metà tra l'occhio glaciale di Bellocchio e la commedia alla Dino Risi.
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Un film superfluo.
Dei due protagonisti - lo scrittore sfigato e la donna sfortunat - non glie ne frega a nessuno. Del loro amore, tra l'altro, non frega niente a loro due per primi. I personaggi sono figurine. Dal lato di Mastandrea c'è la borghesia decrepita (vedi gli anziani lettori a cui è costretto a recitare le sue pagine); da quello di Golino poteva starci un ambiente popolare più sanguigno e passionale (vedi il movente dell'assassina) ma si rimane in mezzo al guado, senza prendere una strada fino in fondo, e nessun carattere è davvero messoa fuoco. Il gesto finale di Golino sa di appiccicato, di colpo di teatro non davvero conseguente alla storia.
Per quanto riguarda la satira sulla società letteraria italiana Piccioni resta a metà tra l'occhio glaciale di Bellocchio e la commedia alla Dino Risi. Si saltella a destra e sinistra come "piccioni", becando un po' di que e un po' di là. Fatica sprecata.
Che Dio glie la mandi buona.
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