sigmund
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mercoledì 20 febbraio 2008
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cioè?
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mica ho capito che vuoi dire... è meglio il libro o il film?
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gio
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mercoledì 20 febbraio 2008
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senza parole
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ely
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mercoledì 20 febbraio 2008
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film di elevato spessore culturale
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Non sopporto molto i paragoni che sono stati fatti tra questo film e altri che affrontano la stessa tematica ("Mare dentro", "le invasioni barbariche"...).Ogni film è "sui generis!. Di elevato spessore culturale,nonl'ho trovato immediato nel trasmettere emozioni, parla con immagini, alcune forti e incisive. Grande merito: la capacità di trasmettere con realismo e poesia nello stesso tempo la realtà nuda e cruda di una personalità brillante, amante della vita ad un certo punto minata nel corpo da una grave disabilità. Ecco che allora si trascina il pesanto scafandro che si nutre fortunatamente dell'immaginazione e della leggerezza di una farfalla. Grande sintesi!!Niente spunti pro o contro l'eutanasia!! Snaturano il film che semplicemente vuole far parlare la farfalla di Bauby che tenta di liberarsi del pesante scafandro del suo corpo.
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Non sopporto molto i paragoni che sono stati fatti tra questo film e altri che affrontano la stessa tematica ("Mare dentro", "le invasioni barbariche"...).Ogni film è "sui generis!. Di elevato spessore culturale,nonl'ho trovato immediato nel trasmettere emozioni, parla con immagini, alcune forti e incisive. Grande merito: la capacità di trasmettere con realismo e poesia nello stesso tempo la realtà nuda e cruda di una personalità brillante, amante della vita ad un certo punto minata nel corpo da una grave disabilità. Ecco che allora si trascina il pesanto scafandro che si nutre fortunatamente dell'immaginazione e della leggerezza di una farfalla. Grande sintesi!!Niente spunti pro o contro l'eutanasia!! Snaturano il film che semplicemente vuole far parlare la farfalla di Bauby che tenta di liberarsi del pesante scafandro del suo corpo.
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sixoclock
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mercoledì 20 febbraio 2008
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il bozzolo
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Amenabar aveva già trattato l'argomento anni prima, ma Schnabel lo intensifica portandolo all'esasperazione mostrandoci uno degli aspetti più controversi della malattia: l'uso illimitato dell'immaginazione e della memoria, unici rami vivi di un albero morto. è così che la farfalla evade dal suo scafandro e può arrivare ovunque. All'inizio del film, i punti all'occhio segnano la partenza di una vita in una gabbia oscura senza alcuno spiraglio. Magistrale l'interpretazione del protagonista(già distintosi in "Munich"). Il film però per la sua lunghezza risulta pesante e noioso e lo spettatore si sente mancare il pavimento sotto i piedi alla vista di un padre che quarantenne la cui saliva viene asciugata dal figlio.
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Amenabar aveva già trattato l'argomento anni prima, ma Schnabel lo intensifica portandolo all'esasperazione mostrandoci uno degli aspetti più controversi della malattia: l'uso illimitato dell'immaginazione e della memoria, unici rami vivi di un albero morto. è così che la farfalla evade dal suo scafandro e può arrivare ovunque. All'inizio del film, i punti all'occhio segnano la partenza di una vita in una gabbia oscura senza alcuno spiraglio. Magistrale l'interpretazione del protagonista(già distintosi in "Munich"). Il film però per la sua lunghezza risulta pesante e noioso e lo spettatore si sente mancare il pavimento sotto i piedi alla vista di un padre che quarantenne la cui saliva viene asciugata dal figlio.
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ziozeus
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martedì 19 febbraio 2008
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..un film scritto..
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Ho letto il libro e mi ha molto stupito...
..una tragedia e una non vita in realta' si trasformano rispettivamente in un bel viaggio e in una vita normale, vissuta, piena di gioie, di noie, di prospettive. Di una vita vissuta al presente..come quella di ognuno di noi...
Il film?
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gianfranco strazzanti
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martedì 19 febbraio 2008
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l'uomo - occhio
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Non intendo parlare del valore estetico del film: le immagini rimangono impresse nella mente in maniera indelebile.
Vorrei solo fare delle annotazioni e dei parallelismi che la pellicola mi ha suggerito: Jean-Do, con quel suo occhio aperto che ingloba il mondo, lo distorce e lo ama-odia, mi ha ricordato moltissimo quel personaggio di Pirandello he si identifica con la sua stessa cinepresa: l'occhio di Jean-Do viene utilizzato da Schnabel come una cinepresa impazzita.
Mi ha ricordato anche una frase del grande filosofo tedesco Oswald Spengler che, nella sua autobiografia "A me stesso" diceva di aver trascorso la sua vita intera bloccato dentro se stesso mentre osservava il mondo dalle "feritoie" dei suoi occhi.
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Non intendo parlare del valore estetico del film: le immagini rimangono impresse nella mente in maniera indelebile.
Vorrei solo fare delle annotazioni e dei parallelismi che la pellicola mi ha suggerito: Jean-Do, con quel suo occhio aperto che ingloba il mondo, lo distorce e lo ama-odia, mi ha ricordato moltissimo quel personaggio di Pirandello he si identifica con la sua stessa cinepresa: l'occhio di Jean-Do viene utilizzato da Schnabel come una cinepresa impazzita.
Mi ha ricordato anche una frase del grande filosofo tedesco Oswald Spengler che, nella sua autobiografia "A me stesso" diceva di aver trascorso la sua vita intera bloccato dentro se stesso mentre osservava il mondo dalle "feritoie" dei suoi occhi.
Soprattutto mi ha suscitato una riflessione: un uomo completamente paralizzato, fisicamente, che non può sprigionare i propri slanci fisici verso il mondo (sesso, eccitazione, entusiasmo etc.) costella il proprio mondo di elementi delicati ed effimeri. L'intera realtà, gli sembra, può essere cancellata da un battito d'ali: difficilmente la natura gli suggerirà un senso di potenza, ma vedrà tutto come diroccato e fragile. Devono essere sensazioni terribili e che, non m'importa di risultare impopolare, dipendesse da me io non farei provare ad un essere umano.
Un'ultima idea rilevante, scaturita più dalla mente del regista che, mi sembra di capire, da quella dell'autore-protagonista del libro, è la scena dell'incubo in cui Jean-Do si vede accerchiato dai medici in un ospedale distrutto e fortemente illuminato: non so se sia una casualità, ma vi invito a guardare certi quadri di Neo Rauch, un pittore contemporaneo tedesco, per capire quanto di simile ci sia tra l'estetica di questa sequenza e quella di quei quadri.
Non avendo letto il libro posso basarmi solo sul film: l'uomo, fino a prima del suo ictus, aveva avuto una vita abbastanza agiata e non si era certo distinto per grandi iniziative artistiche (...per sua stessa ammissione l'idea di scrivere "La contessa di Montecristo" non era stata una grandissima trovata); ciò che ne viene fuori è che il grave colpo che la vita assesta su Jean-Do è probabilmente l'unico modo in cui egli possa fare qualcosa di "inconsueto" e inarravibile (scrivere un intero libro usando una palpebra...): in questo senso il film mi è parso abbastanza fatalista, nonostante la divertentissima ironia sull'uso di "pregare per i malati".
Colonna sonora azzeccatissima e, aldilà degli spunti che il film offre a piene mani, grande prova di Schnabel e dei suoi attori.
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mario scafidi
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martedì 19 febbraio 2008
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schnabel il migliore
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La vita, nonostante tutto. Jean Dominique Bauby (Mathieu Amalric), capo redattore della rivista “Elle”, viene colpito improvvisamente da sindrome "locked-in". il rarissimo morbo costringe il malato, vigile e psichicamente presente, all’interno di un corpo interamente paralizzato. Solo la palpebra dell’occhio destro di Jean Do si muove, e con quella impara a comunicare. Al capezzale di Bauby accorrono le sue donne (tra queste la musa di Roman Polanski Emanuelle Seigner ), qualche amico, il padre malato (Max Von Sydow), ed i tre figli. Un film bello in maniera insopportabile. Non può nemmeno dirsi che “Lo Scafandro e la Farfalla” sia un film unico nel suo genere. È unico e basta, esiste il cinema, l’altro cinema, ed esiste “Lo Scafandro e la Farfalla” che è un’esperienza emotiva a sé stante.
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La vita, nonostante tutto. Jean Dominique Bauby (Mathieu Amalric), capo redattore della rivista “Elle”, viene colpito improvvisamente da sindrome "locked-in". il rarissimo morbo costringe il malato, vigile e psichicamente presente, all’interno di un corpo interamente paralizzato. Solo la palpebra dell’occhio destro di Jean Do si muove, e con quella impara a comunicare. Al capezzale di Bauby accorrono le sue donne (tra queste la musa di Roman Polanski Emanuelle Seigner ), qualche amico, il padre malato (Max Von Sydow), ed i tre figli. Un film bello in maniera insopportabile. Non può nemmeno dirsi che “Lo Scafandro e la Farfalla” sia un film unico nel suo genere. È unico e basta, esiste il cinema, l’altro cinema, ed esiste “Lo Scafandro e la Farfalla” che è un’esperienza emotiva a sé stante. Julian Schnabel ha fatto un lavoro di regia mai visto prima: una soggettiva lunga quanto tutto il film (o quasi), colori accesissimi, come falsati dalla percezione del protagonista, continue sfocature e voci fuori campo. Il regista ha voluto farci entrare nel corpo del protagonista, il pesante scafandro inerte e senza vitalità, per poi proiettarci traumaticamente nel mondo della sua fantasia, dell’immaginazione, in una fuga dalla realtà sulle ali della farfalla del pensiero. La pellicola è candidata a quattro Oscar (tra cui miglior regia; piccola postilla: solitamente l’Academy dà l’accesso alla nomina per la miglior regia ad uno dei film non candidati come Miglior film come tributo, ed ideale candidatura nella maggiore categoria; così era, ad esempio, accaduto sei anni orsono con “Mulholland Drive”, troppo “oltre” per entrare nella cinquina del best motion picture, ma idealmente inserito con il suo posto tra i nominati per la miglior regia); Julian Schnabel è già stato premiato per questo film a Cannes ed agli ultimi Golden Globes.
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(di matteo78)
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salo
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martedì 19 febbraio 2008
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e il libro?
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vorrei ricordare che il film è tratto dal libro scritto dal protagonista. sono le parole del protagonista. il libro si, ha un elevato valore anche simbolico. ma il film è un'altra cosa..
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fred flintstone
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lunedì 18 febbraio 2008
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onirico
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un film molto originale dal punto di vista narrativo/stilistico e fotunatamente senza inutili messaggi consolatori. fascinosissima emmanuelle seigner,commovente il grande max von sidow e bravi tutti gli altri del cast
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salo
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lunedì 18 febbraio 2008
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dalla violenza al sadismo: lo scafandro e la...
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odio la spettacolarizzazione della malattia. qui la dose di sadismo raggiunge dei livelli incredibili. il film non è sconvolgente o disturbante è semplicemente deprimente e faticoso. più sconvolgente ancora è il coro di elogi, premi, premi futuri (4 candidature agli oscar....!). schnabel si è accostato al tema con le mani e i piedi di piombo, ma credo che faccia più comodo a lui e al suo pubblico pensare il contrario.
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