massimo medina
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mercoledì 19 dicembre 2007
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violenza e moralità nel nuovo cronenberg
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E rieccolo Cronenberg, a poca distanza dal riuscito A History of Violence, riprendere fra le mani una storia stavolta fortemente voluta e non assegnatagli e farne una rapida ma inquietante incursione nella mafia russa con sede a Londra.
C'è da dire, innanzitutto, che Cronenberg dà una collocazione precisa alla storia (la capita dell'Inghilterra) pur rendendola totalmente anonima; si fatica, infatti, a riconoscere Londra e le sue strade e questo provvede a creare un'atmosfera di perdizione o, ancora di più, di smarrimento. A questo si affiancano i crismi di una storia classicheggiante, quasi noir, che però del classico non ha nulla. Intendiamoci, non ha neanche nulla di innovativo questo film ma la capacità di Cronenberg di spostare ogni pezzo del puzzle verso le sue prerogative (la violenza, il sangue, il corpo sfregiato e mutato a forza di tatuaggi) è encomiabile: tiene desta l'attenzione dello spettatore seguendo i risvolti di una storia molto più solida del precedente A History of Violence e per questo più credibile ed avvincente.
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E rieccolo Cronenberg, a poca distanza dal riuscito A History of Violence, riprendere fra le mani una storia stavolta fortemente voluta e non assegnatagli e farne una rapida ma inquietante incursione nella mafia russa con sede a Londra.
C'è da dire, innanzitutto, che Cronenberg dà una collocazione precisa alla storia (la capita dell'Inghilterra) pur rendendola totalmente anonima; si fatica, infatti, a riconoscere Londra e le sue strade e questo provvede a creare un'atmosfera di perdizione o, ancora di più, di smarrimento. A questo si affiancano i crismi di una storia classicheggiante, quasi noir, che però del classico non ha nulla. Intendiamoci, non ha neanche nulla di innovativo questo film ma la capacità di Cronenberg di spostare ogni pezzo del puzzle verso le sue prerogative (la violenza, il sangue, il corpo sfregiato e mutato a forza di tatuaggi) è encomiabile: tiene desta l'attenzione dello spettatore seguendo i risvolti di una storia molto più solida del precedente A History of Violence e per questo più credibile ed avvincente. Probabilmente quel film era molto più significativo, questo invece è di certo più efficace: la brutalità del mondo di Cronenberg non nasce per caso, ha un principio e segue uno sviluppo; il sangue che abbonda non è mai compiaciuto ma è anzi parte integrante della storia. Come la scena della sauna, ne hanno parlato così tanto che non sai cosa aspettarti; poi la vedi e capisci tutto: è una scena micidiale, girata con un'intelligenza che pochi si possono permettere, un balletto dove il sangue e il corpo nudo di Viggo Mortensen vanno a braccetto, una scena coreografata in maniera eccellente, che ti lascia senza respiro e solo quando è finita ti rendi conto che non c'era musica a tenerti tesi i nervi, non c'era dialogo o quant'altro: solo uomini e violenza, corpi contro corpi, un uomo con la disperata volontà di mantenersi in vita.
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maryluu
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venerdì 18 gennaio 2008
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in bilico tra tensione e sentimenti
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Sono rimasta piacevolmente affascinata dal bel film di David Cronenberg, che ha dimostrato grande maestria nel raccontare una storia che poteva benissimo cadere nel banale e nel già visto o diventare un tipico film violento dei nostri giorni. " La promessa dell'assassino" si è rivelata un'opera ben fatta. La violenza, resa scabrosa dalla scelta di armi da taglio , appare però in equilibrio con la trama che si dipana a tinte forti, catturando l'attenzione dello spettatore che per 100 minuti si troverà come sospeso all'interno della storia stessa e la vivrà con una terribile angoscia di cui non si spiegherà il motivo.
Molto coerente e mirata la scelta di girare molte scene in lingua russa, che rendono il tutto più reale e drammatico.
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Sono rimasta piacevolmente affascinata dal bel film di David Cronenberg, che ha dimostrato grande maestria nel raccontare una storia che poteva benissimo cadere nel banale e nel già visto o diventare un tipico film violento dei nostri giorni. " La promessa dell'assassino" si è rivelata un'opera ben fatta. La violenza, resa scabrosa dalla scelta di armi da taglio , appare però in equilibrio con la trama che si dipana a tinte forti, catturando l'attenzione dello spettatore che per 100 minuti si troverà come sospeso all'interno della storia stessa e la vivrà con una terribile angoscia di cui non si spiegherà il motivo.
Molto coerente e mirata la scelta di girare molte scene in lingua russa, che rendono il tutto più reale e drammatico. Incisiva anche la lettura del diario della ragazza di 14 anni , che aggiunge, a quella sensazione di trovarsi in bilico, anche la malinconia di una tenue voce dall'accento straniero. Un grande applauso merita Viggo Mortensen, la cui espressività colpisce e ci fa capire il suo essere interiore anche quando parla in russo. Davvero entusiasmante la scena del nudo. I tatuaggi, la suana, l'atmosfera, la violenza, magistralmente mischiati, rendono la scena unica e emozionante. Insomma nel complesso un gran ben film. Toccante sotto molti punti di vista e che merita di certo la nostra attenzione e il prezzo del biglietto.
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martin
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venerdì 30 maggio 2008
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ma cosa gli manca?
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La promessa dell’assassino è un ottimo film di genere: godibile, ben recitato (soprattutto da Mortensen che mi ha piacevolmente sorpreso), girato benissimo, con una scenografia stupenda e una scena (quella nella sauna) a mio avviso magistrale. Sorvolando sui problemi del doppiaggio, le irritanti voci dei personaggi russi quando si esprimono in italiano (che poi dovrebbe essere inglese), c’è però qualcosa nel film che non mi ha convinto. Ripeto, secondo me è un ottimo film e lo consiglierei, ma dopo averlo visto qualcosa non mi ha fatto dire in tutta sincerità che il film fosse perfetto, che fosse riuscito, che mi avesse colpito del tutto in positivo. Permane qualche zona d’ombra che non mi convince.
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La promessa dell’assassino è un ottimo film di genere: godibile, ben recitato (soprattutto da Mortensen che mi ha piacevolmente sorpreso), girato benissimo, con una scenografia stupenda e una scena (quella nella sauna) a mio avviso magistrale. Sorvolando sui problemi del doppiaggio, le irritanti voci dei personaggi russi quando si esprimono in italiano (che poi dovrebbe essere inglese), c’è però qualcosa nel film che non mi ha convinto. Ripeto, secondo me è un ottimo film e lo consiglierei, ma dopo averlo visto qualcosa non mi ha fatto dire in tutta sincerità che il film fosse perfetto, che fosse riuscito, che mi avesse colpito del tutto in positivo. Permane qualche zona d’ombra che non mi convince. Provo a fare un po’ di luce.
Forse è sul finale, quando si va ad intendere che la storia (se così possiamo banalmente definirla: storia, trama) sta volgendo al termine, che qualcosa viene a mancare, si avverte una certa debolezza. Francamente non riuscivo a spiegarmi quale potesse essere il problema. Il film mi ha catturato, tanto che non volevo che finisse così presto.
Io adoro i film “senza una storia”. Quindi non è quello il problema. Certo, apprezzo anche gli intrighi/intrecciati e contorti, ma i film senza storia, trascinati da qualcos’altro sono senza dubbio i miei preferiti. Pensandoci un po’, nonostante la tanta confusione, poiché forse sto scrivendo a caldo, ho capito qual è il tassello mancante, cosa non mi ha convinto del film di Cronemberg.
La promessa dell’assassino è un film di genere. E’ un noir. Un genere che sullo schermo è stato già spremuto molto. Un genere difficile, che se non retto da una storia imprevedibile e confusamente logica tanto da portare lo spettatore fino all’ultimo a fare solo supposizioni che poi verranno in ultima istanza smentite, deve offrire qualcos’altro. E questo qualcos’altro deve essere, a mio avviso, rintracciabile nella caratterizzazione dei personaggi. Nell’introspezione. In poche parole: se non è la trama ad essere imprevedibile, profonda, lo devono essere i personaggi, e quelli di Cronemberg non lo erano. Dopo venti minuti il bravissimo Viggo era già l’eroe buono. Quello con l’anima, quello che salva le prostitute, da contrapporre alle macchiette russe (vedi il pazzo e istrionico Cassel), ai cattivoni senza speranza. Non basta, a mio avviso, il colpo di coda finale, che potrebbe lasciar intendere che il buon Nickolai sedutosi sul trono, avverta il fascino del potere. Rimangono Naomi Watts, piatta e insignificante, spinta ad agire da un evento (il suo aborto) scontato, banale poco sincero (un atto quasi dovuto, ma a cui sembrava che lei non ci tenesse davvero)...i buoni e i cattivi, le forzature. Insomma, è un bel film che non spicca il volo perché strutturalmente manca qualcosa per renderlo un “filmone”, nonostante certe idee azzeccate, ritmo perfetto, regia ottima.
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paolo ciarpaglini
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sabato 21 giugno 2008
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nicholai.
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Il personaggio a cui da vita Viggo-Nicholai, per'altro reduce da un film a mio avviso, eccellente, ed emozionante come pochi;'A istory of violence', è da antologia. Merito dell'ottima regia di Cronemberg, ma soprattutto di una dell'interpretazione mostruosa, superlativa di Mortensen. Una storia 'nuova', fuori dagli archeotipi stereotopizzati, quanto ripetitivi hollywoodiani. Affidate a Mortensen, un pò come Jhoaquin Phoenix, una parte introspettiva, da dannato-buono, o vittima, ed il risultato sarà grandioso, 'solo' grandioso. Ciò che accomuna i due attori, e che a me colpisce e piace immensamente, è la luce vissuta, malinconica, travagliata che traspare fortissima, dirompente. Ricordo Viggo agli esordi, in 'Dayligth.
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Il personaggio a cui da vita Viggo-Nicholai, per'altro reduce da un film a mio avviso, eccellente, ed emozionante come pochi;'A istory of violence', è da antologia. Merito dell'ottima regia di Cronemberg, ma soprattutto di una dell'interpretazione mostruosa, superlativa di Mortensen. Una storia 'nuova', fuori dagli archeotipi stereotopizzati, quanto ripetitivi hollywoodiani. Affidate a Mortensen, un pò come Jhoaquin Phoenix, una parte introspettiva, da dannato-buono, o vittima, ed il risultato sarà grandioso, 'solo' grandioso. Ciò che accomuna i due attori, e che a me colpisce e piace immensamente, è la luce vissuta, malinconica, travagliata che traspare fortissima, dirompente. Ricordo Viggo agli esordi, in 'Dayligth..', nei panni di un testardo e forzato 'arrampicatore'... Anni luce, Mortensen è ben altro, lo si è visto nel proseguo della sua carriera. Anche la parte dell'avventuriero alla indiana Jones, in 'Oceano di fuoco' seppure passabile, non raggiunge mai e non concede all'attore, di esprimere il meglio di se. Ci vuole qualcosa di estremamente impegnato, come la lotta strenua col dolore di un passato, o presente, che non lascia scampo affinchè questi due giganti, esprimano il meglio. Ho nominato Phoenix, solo perchè è uno dei miei attori preferiti, e perchè l'accostamento può starci. In 'A history of violance', Viggo, è una bomba disinnescata, ma pronta a tornare esplosiva non appena il passato riaffiora, e non lascia alternativa. Quì invece è un predestinato, un dannato appunto, costretto dal passato su una strada estremamente pericolosa, fatta di accettazione, ma non di sottomissione. Cassel è un'ottimo attore, ed in questo ruolo in particolare appare credibilissimo, direi insostituibile. Ottimi anche Armin Mhuller, e la bella Naomi Watts, ma il pilastro dell'intera pellicola è Nicholai. Una miscela perfetta, letale ma con un cuore. Emblematica la scena finale in cui seduto al tavolo, fissa il vuoto, conscio dell'unica via che la vita gli offre. Qualcuno, me compreso, avrebbe potuto aspettarsi un lieto fine. Il sentimento che nasce fra lui ed Anna è autentico, ma non può svilupparsi, è inconciliabile. Ed entrambi ne sono consapevoli infine. Come ho già detto in un'altra recensione, mi sono dovuto ricredere ampiamente, del tutto anzi; Mortensen è un grande. Dietro quel viso scavato, ed occhi pieni di solitudine c'è molto, mlto di più che un 'semplice e bravissimo attore'. Poeta, pittore, musicista, ho letto che parla ottimamente tre lingue, inglese, danese e spagnolo. In modo esauriente italiano, francese e tedesco. E se la cava con norvegese e altro... Una persona poliedrica eprofonda, che mai ti aspetteresti ad una prima occhiata. Aggiungo, ma questa è un'osservazione personale, e forse fuoriluogo, che è uno dei pochissimi attori d'oltreoceano (nonostante sua madre fosse danese), a non 'balbettare' durante le interviste. Una moda questa, che sembra essersi impossessata, o peggio assurta a status simmbol, tra i suoi colleghi. Grandioso... non ho altre parole.
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pietro viola
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lunedì 11 luglio 2011
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classico e ultramoderno
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La maturità (avanzata...) ha portato il cinema di cronenberg verso il gusto antico del noir un po' melò, con tanto di voce fuori campo della non-protagonista morta nel dare alla luce una bambina a raccontare i sentimenti di tutti. Come, e meglio, che in history of violence, tutto è limato e trattenuto in forme sospese, con eleganti movimenti di macchina e un'atmosfera quasi da sogno. Molto classico. Ma il cronenberg di inseparabili o di brood o di rabid non è morto, anzi. Amplificate dalle atmosfere composte e dalle recitazioni da manuale del buon cinema che fu degli attori (discorso a parte per viggo...), ecco che di tanto in tanto esplodono i temi e le ossessioni dell'autore in scene a dir poco raccapriccianti (vedi la "preparazione" del cadavere all'inizio) o la lunga, splendida sequenza dentro la sauna.
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La maturità (avanzata...) ha portato il cinema di cronenberg verso il gusto antico del noir un po' melò, con tanto di voce fuori campo della non-protagonista morta nel dare alla luce una bambina a raccontare i sentimenti di tutti. Come, e meglio, che in history of violence, tutto è limato e trattenuto in forme sospese, con eleganti movimenti di macchina e un'atmosfera quasi da sogno. Molto classico. Ma il cronenberg di inseparabili o di brood o di rabid non è morto, anzi. Amplificate dalle atmosfere composte e dalle recitazioni da manuale del buon cinema che fu degli attori (discorso a parte per viggo...), ecco che di tanto in tanto esplodono i temi e le ossessioni dell'autore in scene a dir poco raccapriccianti (vedi la "preparazione" del cadavere all'inizio) o la lunga, splendida sequenza dentro la sauna. E, strano ma vero, non risultano affatto stridere con l'atmosfera prevalente del film, colorandone a arricchendone il sulfureo canto della dolenza umana.
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marco governi
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venerdì 8 marzo 2013
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vita, morte e redenzione
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Un Viggo Mortensen straordinario, un Cronenberg essenziale nella regia. Un inizio splatter del film che non deve trarre in inganno: il sangue elemento comune di un omicidio e di una emorragia che permette la nascita di una bambina (forte il simbolismo legato alla morte e alla vita). Ognuno gioca la propria esistenza con le proprie regole: l'infermiera che vuole giustizia per la madre della bambina morta, la mafia russa emula della mafia americana italiana, e Viggo Mortensen che a fronte di non si sa di quante vite tolte, ne salva alcune. Ma ormai per lui è troppo tardi come lo spazio rimasto non tatuato sul suo corpo. E rimane solo nella scena finale al tavolino del ristorante a meditare.
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Un Viggo Mortensen straordinario, un Cronenberg essenziale nella regia. Un inizio splatter del film che non deve trarre in inganno: il sangue elemento comune di un omicidio e di una emorragia che permette la nascita di una bambina (forte il simbolismo legato alla morte e alla vita). Ognuno gioca la propria esistenza con le proprie regole: l'infermiera che vuole giustizia per la madre della bambina morta, la mafia russa emula della mafia americana italiana, e Viggo Mortensen che a fronte di non si sa di quante vite tolte, ne salva alcune. Ma ormai per lui è troppo tardi come lo spazio rimasto non tatuato sul suo corpo. E rimane solo nella scena finale al tavolino del ristorante a meditare. M a su che cosa?. Forse Cronenberg un giorno lo dirà.
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shiningeyes
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giovedì 30 maggio 2013
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grande cronebrg e bella sceneggiatura
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L'ostetrica Anna, (Naomi Watts) assiste agli ultimi istanti di vita della sfortunata quattordicenne Tatiana, che prima di morire, darà alla luce un bambino, frutto di un'efferata violenza di un boss della mafia russa. Da lì in poi, Anna dovrà fare i conti con un mondo pericoloso in cui le persone normali vengono spazzate via in un secondo; a meno che, ci sia l'ambiguo Nikolai (Viggo Mortensen)a fargli da angelo custode.
Un noir umido e oscuro, come la Londra descritta da Croneberg, dove qui lascia stare il tema della mutazione corporea per raccontarci in modo particolare ed emozionante cose che sentiamo dai tg e che onestamente, sono da evitare a tutti costi di finirne coinvolti, mettendo al centro il valore morale di un uomo (Nikolai) che differisce dalla sua occupazione di Chaffeur/Killer.
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L'ostetrica Anna, (Naomi Watts) assiste agli ultimi istanti di vita della sfortunata quattordicenne Tatiana, che prima di morire, darà alla luce un bambino, frutto di un'efferata violenza di un boss della mafia russa. Da lì in poi, Anna dovrà fare i conti con un mondo pericoloso in cui le persone normali vengono spazzate via in un secondo; a meno che, ci sia l'ambiguo Nikolai (Viggo Mortensen)a fargli da angelo custode.
Un noir umido e oscuro, come la Londra descritta da Croneberg, dove qui lascia stare il tema della mutazione corporea per raccontarci in modo particolare ed emozionante cose che sentiamo dai tg e che onestamente, sono da evitare a tutti costi di finirne coinvolti, mettendo al centro il valore morale di un uomo (Nikolai) che differisce dalla sua occupazione di Chaffeur/Killer.
La sceneggiatura è il fiore all'occhiello del film, la quale si lega perfettamente ad una trama avvincente e stimolante, capace anche di metterti la giusta tensione che ti permette di appassionarti fortemente alla vicenda ed ai suoi personaggi.
Viggo Mortensen compie un interpretazione magistrale, e sebbene sia ben poca la sua espressività, il suo modo di agire e quello interlocutorio ce lo rendono un personaggio coinvolgente e misterioso; notevole. Non male anche Vicent Cassel nella parte dell'amico/capo di Nikolai, sebbene la parte dell'instabile pazzoide sia un cliché un po' troppo usato da parte sua.
Brava anche la Watts, anche se devo dire che l'ho vista un po' troppo in ombra, ma le sue doti sono incontestabili.
A dare valore al film ci sono un'atmosfera sinistra data dalle luci scure mischiate al rosso e una scenografia adattissima al genere del film, e non scordiamoci un gran montaggio e le magnifiche inquadratura sull'unica e direi, eccezionale scena d'azione.
“La promessa dell'assassino” rappresenta la versatilità e scrupolosità di Croneberg nel suo cimentarsi a un nuovo genere, e si distingue certamente tra tutte le altre uscite di quel 2007.
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figliounico
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sabato 12 novembre 2022
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estetizzante gangster movie con un cast eccezionale
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Un gangster movie estetizzante, uno splatter d’autore, con inquadrature da brivido che incorniciano in piccoli quadri colorati il mondo della mala russa, dedita al traffico di donne a Londra, in un trittico sovrapposto in cui si raffigurano, rispettivamente, il male, incarnato dal boss carismatico e crudele, Armin Mueller-Stahl, e la sua congrega mafiosa, col figlio, Vincent Cassel, erede al trono indegno perché ubriacone manifesto ed omosessuale latente, il bene, la giovane e candida infermiera salvatrice di anime, Naomi Watts, che si improvvisa detective coinvolgendo la famigliola nelle sue pericolose indagini, e, al di là del bene e del male, l’autista imperturbabile, l’assassino per missione, l’angelo vendicatore con sembianze demoniache, l’ineffabile Viggo Mortensen.
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luca1170
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martedì 1 gennaio 2008
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interessante ma non avvincente
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Questo film rappresenta la prova più composta di Cronemberg, regista visionario, duro, coraggioso e spesso complicato da seguire. Un film dove l'eccesso non è nelle immagini (come in pellicole passate del regista) bensì nei contenuti: l'inconsapevole coraggio di un'infermiera, la tragica realtà ed efferratezza della mafia russa ambientata a Londra, la vacuità di un Cassel lasciato in secondo piano e la imperiosità di un Mortensen che calza alla perfezione una parte cucitagli addosso. La trama è semplice e forse poco avvincente; il film si sviluppa con lentezza, fino al colpo di scena (Mortensen è un infiltrato sotto copertura) che però non catalizza l'interesse; perchè il cuore del film è nel trionfo dei buoni sentimenti difesi dalla naturelezza ed innocenza di un'infermierina di orogine (gurda caso) russa: il male ed il bene hanno la stessa provenienza.
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Questo film rappresenta la prova più composta di Cronemberg, regista visionario, duro, coraggioso e spesso complicato da seguire. Un film dove l'eccesso non è nelle immagini (come in pellicole passate del regista) bensì nei contenuti: l'inconsapevole coraggio di un'infermiera, la tragica realtà ed efferratezza della mafia russa ambientata a Londra, la vacuità di un Cassel lasciato in secondo piano e la imperiosità di un Mortensen che calza alla perfezione una parte cucitagli addosso. La trama è semplice e forse poco avvincente; il film si sviluppa con lentezza, fino al colpo di scena (Mortensen è un infiltrato sotto copertura) che però non catalizza l'interesse; perchè il cuore del film è nel trionfo dei buoni sentimenti difesi dalla naturelezza ed innocenza di un'infermierina di orogine (gurda caso) russa: il male ed il bene hanno la stessa provenienza. Politically correct.
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[+] concordo sulle 3 stelle
(di carla)
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(di mellencamp)
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peppe97
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mercoledì 2 febbraio 2011
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una pellicola "quasi poliziesca"
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Ciò che mi ha colpito di questa pellicola è stata sia la realtà che narra sia l'attualità con cui lo fà.Di certo è nello stile di Cronemberg ideare questi film che tendono di più al poliziesco e che hanno uno scopo molto significativo sia dal punto di vista sociale,e sia da quello popolare:quello di denunciare la "malavita" di tutte le nazioni(in questo caso,la Russia)in un modo del tutto insolito:vestendo i panni delle "vittime"
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