leo pellegrini
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sabato 21 marzo 2009
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un film non urlato ma sussurrato, secco e asciutto
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Premio del pubblico e quello per la miglior sceneggiatura al Sundance: e ben si comprende considerando che "Grace is gone", come giustamente sottolinea Andrea D’Addio, ha tutte le caratteristiche del cinema indipendente che il festival di Robert Reford tanto ama: “basso budget produttivo, minimalismo narrativo, storia incentrata sull’incapacità comunicativa dell’uomo odierno e attori celebri che si prestano al progetto per cachet bassissimi o direttamente in veste di produttore”.
Un film non urlato ma sussurrato, secco e asciutto (quasi algido) senza facili effetti e senza spettacolarizzazioni, delicato e discreto nel raccontare la difficoltà di un padre a dire alle figlie che la mamma è morta.
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Premio del pubblico e quello per la miglior sceneggiatura al Sundance: e ben si comprende considerando che "Grace is gone", come giustamente sottolinea Andrea D’Addio, ha tutte le caratteristiche del cinema indipendente che il festival di Robert Reford tanto ama: “basso budget produttivo, minimalismo narrativo, storia incentrata sull’incapacità comunicativa dell’uomo odierno e attori celebri che si prestano al progetto per cachet bassissimi o direttamente in veste di produttore”.
Un film non urlato ma sussurrato, secco e asciutto (quasi algido) senza facili effetti e senza spettacolarizzazioni, delicato e discreto nel raccontare la difficoltà di un padre a dire alle figlie che la mamma è morta.
Il problema è che la sceneggiatura affronta questo unico tema, tralasciando cose che lo spettatore si attenderebbe: la crisi di un uomo che crede nella necessità della guerra e che da questa viene brutalmente colpito, la nascita di interrogativi sul “perché” del conflitto, il dubbio su quanto ci riferiscono i potenti... (il tutto è semplicemente adombrato da un breve contrasto tra il protagonista, ex militare convinto della necessità di combattere per il proprio paese, e il fratello pacifista e contrario alla politica estera di Bush).
Il risultato è che si esce dalla sala non completamente soddisfatti, con la sensazione di aver visto un buon prodotto a cui però manca qualcosa: un’occasione perduta di affrontare a tutto tondo un problema, attuale e vivo quanto mai e che, direttamente o indirettamente, coinvolge tutti noi. E con il dubbio che, visto come il film si svolge, non v’era bisogno di parlare della guerra in Iraq (se la madre fosse morta in un banale incidente stradale, cosa cambiava nel racconto?).
Non da poco i film americani più stimolanti provengono dal Sundance.
"Grace is gone" ha sicuramente delle qualità: ottima la prestazione degli attori, meritevole l’inquadrare il tutto in una qualunque famiglia media e con un protagonista non particolarmente accattivante (e spesso stanco triste impacciato…), opportuna la scelta di affidare i momenti più significativi non alle parole ma agli sguardi e ai silenzi, buona l’analisi di quanto sia complicato il rapporto generazionale, realistica la rappresentazione della quotidianità della vita negli USA, lodevole la regia disincantata di James C. Strause, esordiente dietro la macchina da presa.
Ma il film non si compromette in giudizi, non prende posizione: il che naturalmente, di per sé, non è un difetto... Qui però la trama lo richiedeva.
Strause, preferendo non entrare nel merito della questione in maniera critica, non solleva riflessioni sulla guerra e sulle drammatiche conseguenze che l’accompagnano: il che rende "Grace is gone" meno interessante e coraggioso di quanto ci si aspettasse.
p.s.
Le musiche, toccanti e mai invadenti, sono state scelte ed elaborate da Clint Eastwood
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onufrio
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venerdì 27 marzo 2015
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in fuga dalla triste realtà
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Stanley e Grace si sono conosciuti nell'esercito, i due si sono sposati e hanno avuto due splendide figlie; Stanley però per problemi di vista è costretto ad abbandonare l'esercito, la moglie invece vi rimane e decide di partire in missione in Iraq lasciando al marito la custodia delle due figlie; quando Stanley riceve la drammatica notizia della morte di Grace rimane impietrito e non ha il coraggio di raccontare la triste verità alle due bambine, decidendo così d'intraprendere un viaggio, una vacanza "divertimento", nell'attesa di trovare il modo ed il tempo giusto per dire ad Heidi e Dawn ciò che è accaduto.
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