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frankc
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domenica 5 gennaio 2025
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non interessante
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lucaguar
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domenica 28 aprile 2024
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soggetto ambizioso, realizzazione da bocciare
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"Centochiodi", pur essendo, per ovvi motivi, un film di nicchia, è stato molto discusso nella critica cinematografica italiana negli ultimi anni. Ermanno Olmi ci presenta un soggetto ambizioso e imponente: il protagonista, un giovane e affascinante professore di filosofia (Raz Degan), è ricercato per aver commesso un reato: avrebbe inchiodato a terra tantissimi antichi e preziosi manoscritti della biblioteca della sua università. Egli inizia così a fuggire e trova riparo, dopo aver abbandonato i suoi averi (ma stranamente, non la sua carta di credito!) sulle rive del Po, in provincia di Mantova, immero nella natura.
Dal punto di vista dell'ambientazione e della fotografia non posso che apprezzare quest'opera, essendo io mantovano e conoscendo questi luoghi; inoltre sentire il mio dialetto in un film comunque così importante mi ha strappato un sorriso di simpatia.
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"Centochiodi", pur essendo, per ovvi motivi, un film di nicchia, è stato molto discusso nella critica cinematografica italiana negli ultimi anni. Ermanno Olmi ci presenta un soggetto ambizioso e imponente: il protagonista, un giovane e affascinante professore di filosofia (Raz Degan), è ricercato per aver commesso un reato: avrebbe inchiodato a terra tantissimi antichi e preziosi manoscritti della biblioteca della sua università. Egli inizia così a fuggire e trova riparo, dopo aver abbandonato i suoi averi (ma stranamente, non la sua carta di credito!) sulle rive del Po, in provincia di Mantova, immero nella natura.
Dal punto di vista dell'ambientazione e della fotografia non posso che apprezzare quest'opera, essendo io mantovano e conoscendo questi luoghi; inoltre sentire il mio dialetto in un film comunque così importante mi ha strappato un sorriso di simpatia. Dovendo leggere il film in maniera un po' meno emotiva, tuttavia, "Centochiodi" è stata una vera e propria delusione: esso si pone il pretenzioso compito di riscrivere la parabola evangelica di Gesù, trasponendola nel mondo contemporaneo, ma i risultati sono fallimentari: il personaggio di Raz Degan rimane inconcludente e senza mordente lontano anni luce da come dovrebbe essere presentato Gesù di Nazareth. Inoltre, il secondo grande tema del film è certamente il rapporto, cruciale nel confronto tra ebraismo e cristianesimo e nel passaggio tra questi due mondi religiosi, tra la Legge e lo Spirito, tra la cultura libresca della Scrittura dei sacerdoti e degli anziani del tempio e le buone opere d'amore e la fede autentica e semplice predicata dal Cristo. A tratti "Centochiodi" è davvero stucchevole nello sviluppo di queste tematiche, tutte affrontate con un alto quoziente di banalità e di superficiale e sbrigativa retorica. La sensazione che ho avuto è che sia presente l'illusione di fondo che, da sola, la grandezza del tema trattato bastasse a rendere il film elevato e significativo, invece la sua effettiva sceneggiatura è stata realizzata con un tono a metà tra il documentario e una favoletta pseudo-spirituale di stampo "progressista", in cui l'umiltà delle opere di bene supererebbero la Legge dei libri e della Scritture, dimenticando che proprio Gesù Cristo ebbe a dire, ad esempio, di non essere giunto per abolire la Legge ma per portarla a compimento. Questo è solo una delle riflessioni che si potevano sviluppare in modo più proficuo, vista la'importanza e la vastità del soggetto.
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greatsteven
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lunedì 3 settembre 2018
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un attacco alla cultura che non inculca il dovuto
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CENTOCHIODI (IT, 2007) diretto da ERMANNO OLMI. Interpretato da RAZ DEGAN, LUNA BENDANDI, MICHELE ZATTARA, AMINA SYED, ANDREA LANFREDI, DAMIANO SCAINI, FRANCO ANDREANI, ANGELA FORNACCIARI, YLENIA MEZZANI
Un giovane ma già affermato professore di filosofia dell’Università di Bologna si rende irreperibile qualche giorno dopo che nella biblioteca dell’istituto è stato commesso un insolito reato: numerosi antichi manoscritti e incunaboli sono stati rovesciati dagli scaffali e inchiodati al suolo. Quegli stessi volumi avevano costituito la formazione del professore stesso, e quando il custode della biblioteca e il monsignore, preoccupatissimi, informano dell’accaduto l’Arma dei Carabinieri, si viene a sapere che è proprio lui il responsabile del misfatto.
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CENTOCHIODI (IT, 2007) diretto da ERMANNO OLMI. Interpretato da RAZ DEGAN, LUNA BENDANDI, MICHELE ZATTARA, AMINA SYED, ANDREA LANFREDI, DAMIANO SCAINI, FRANCO ANDREANI, ANGELA FORNACCIARI, YLENIA MEZZANI
Un giovane ma già affermato professore di filosofia dell’Università di Bologna si rende irreperibile qualche giorno dopo che nella biblioteca dell’istituto è stato commesso un insolito reato: numerosi antichi manoscritti e incunaboli sono stati rovesciati dagli scaffali e inchiodati al suolo. Quegli stessi volumi avevano costituito la formazione del professore stesso, e quando il custode della biblioteca e il monsignore, preoccupatissimi, informano dell’accaduto l’Arma dei Carabinieri, si viene a sapere che è proprio lui il responsabile del misfatto. Nel frattempo l’insegnante ha trovato riparo presso un paese in riva al Po, San Benedetto Vito, dove la gente del posto lo tratta come uno di loro, gli offre ospitalità e cibo e lo aiuta a risistemare splendidamente un vecchio rudere di cui si appropria per trasformarlo nella sua abitazione. Frattanto racconta agli autoctoni storie che, oltre a farli sognare, contribuiscono a creare rapporti d’amore e d’amicizia che colgono gli istanti della realtà quotidiana. Ma i Carabinieri, dopo aver erroneamente ipotizzato un suicidio nel fiume in quanto vi hanno rinvenuto i documenti e la giacca del professore, riescono a trovarlo e debbono giocoforza fare il proprio dovere, e nemmeno il monsignore, che pure aveva sempre creduto nell’intelligenza del suo sottoposto, è capace di perdonargli quanto ha commesso. Gli abitanti di San Benedetto Vito accendono una lunga fila di luci per il perimetro di una strada nella speranza che questo curioso individuo che tanto li ha affascinati, un giorno, torni a fargli visita. Pur necessari, i libri non parlano da soli, recita l’epigrafe che apre questa bellissima pellicola, che si può intravedere come il testamento autoriale del compianto E. Olmi (1931-2018), in quanto da allora in poi si dedicherà esclusivamente al mezzo espressivo con cui è emerso fin dagli esordi, ossia il documentario, che più si confà alle metodologie cinematografiche da lui applicate per parlare sempre di temi profondi e mai facili da affrontare. Qui la questione ricade sulla Fede. Ma Olmi non si proclama contro i libri: ribadisce che il Sacro non può essere contenuto in un insieme di pagine rilegate cui far riferimento nei momenti di necessità e che non vi si può nascondere dietro per esplicitare principi vecchi di secoli, pur sempre validi ma giammai individualistici. Il personaggio principale diventa dunque il metro insindacabile per valutare la saggezza dell’umana gente e liberarsi da ogni vincolo di Legge. In sostanza, il regista lombardo vuole comunicare che la religione non salva i popoli se rimane inusitata nella letteratura, ma può farlo (e deve) soltanto qualora venga percepita come un monito dall’Alto che mette tutti gli esseri umani sul medesimo piano senza distinzioni di sorta, non disconosce i meriti magari poco comprensibili di chi agisce controcorrente per far intendere il proprio pensiero agli altri e insegna ad amarsi reciprocamente nella virtù e nella semplicità. Non a caso il succo della morale si racchiude nel dialogo che il professore effettua col maresciallo, durante cui il primo sostiene d’aver fatto parte di un’organizzazione terroristica quale il corpo insegnanti, al che il maresciallo oppone che non si tratta di un reato, ma l’insegnante ne è invece convinto, per poi propugnare il messaggio fondato e credibilissimo che un caffè con un amico vale più di tutti i libri del mondo. Olmi, insomma, non invita a non leggere più, ma propone di farlo con l’attenzione che serve ad incamerare ciò che si acquisisce, perché le persone fanno davvero compagnia giacché sono vive e palpabili, a differenza dei tomi, utili sì all’apprendimento del Sapere, ma non a godere dei piaceri che solo un ballo serale o una chiacchierata pomeridiana con l’aggiunta di un gustoso vino possono offrire. Coloro che realmente parlano al cuore e alla testa del protagonista, una specie di Gesù Cristo in esilio volontario dal mondo della "Cultura" (un universo che gli ha consentito di lavorare, ma dal quale rifugge volentieri), sono i paesani, gente che si esprime in dialetto e che sa ospitare con la più spontanea naturalezza lo Sconosciuto, senza neanche far mancare quella carnalità che può sfociare nel motteggio scurrile. Straordinario il legame che viene a crearsi fra il protagonista e la distributrice/motociclista di pane a domicilio: il loro rapporto è l’apoteosi dell’ignoto che si disvela come un fiore che sboccia e non richiede altro se non la vicendevole fiducia al di là di ogni stupida pretesa. Esemplare l’aiuto che gli abitanti danno al professore nel riparare il tugurio, ricevendone un omologo in cambio che li difende dal cieco mercantilismo che minaccia di rovinare le bellezze architettoniche (e, perché no?, pure naturali) erette o cresciute in riva al fiume maggiore d’Italia. R. Degan doppiato da Adriano Giannini. Malamente ignorato ai Nastri d’Argento e ai David di Donatello 2007: un film così ricco di sfumature e carico di significati importanti perché non immediati avrebbe meritato una caterva di premi anche soltanto per la cura psicologica e ambientale con cui è stato imbastito. Ma, si sa, i festival se ne infischiano spesso di cose come queste che declassano a mere sottigliezze. Non resta che ravvivare la memoria di un maestro che, come nessun altro cineasta italico, ha saputo narrare i misteri della Terra e del Cosmo senza esigere di dare risposte ma al contempo avvicinandosi parecchio alla veridicità intima di soggetti, azioni, movimenti e delucidazioni.
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howlingfantod
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giovedì 3 novembre 2016
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un caffè con un amico
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La citazione del professore (Raz Degan) del filosofo Karl Jaspers a conclusione dell’anno accademico “ il reale e l’arte che lo rappresenta è legato al profitto e in tempi come questi forse l’unica via d’uscita è la follia”. Follia lucida ed evangelica dello stesso professore che compie il gesto sconvolgente di crocifiggere i libri, la sapienza. La follia rivoluzionaria di Gesù Cristo è quella che interpreta il protagonista di questo bellissimo e profondo film, rivoluzionario nel suo messaggio come rivoluzionario è il messaggio di Gesù Cristo, per credenti o meno. Il gesto iconoclasta del professore vuole essere la spada che colpisce e sveglia le coscienze di benpensanti e parrucconi, come scacciare i mercanti dal tempio, assaporare l’albero della vita dopo aver assaggiato quello della sapienza, per ritrovare un senso comune di fraternità, amore, amicizia che solo i semplici, gli umili sanno esprimere.
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La citazione del professore (Raz Degan) del filosofo Karl Jaspers a conclusione dell’anno accademico “ il reale e l’arte che lo rappresenta è legato al profitto e in tempi come questi forse l’unica via d’uscita è la follia”. Follia lucida ed evangelica dello stesso professore che compie il gesto sconvolgente di crocifiggere i libri, la sapienza. La follia rivoluzionaria di Gesù Cristo è quella che interpreta il protagonista di questo bellissimo e profondo film, rivoluzionario nel suo messaggio come rivoluzionario è il messaggio di Gesù Cristo, per credenti o meno. Il gesto iconoclasta del professore vuole essere la spada che colpisce e sveglia le coscienze di benpensanti e parrucconi, come scacciare i mercanti dal tempio, assaporare l’albero della vita dopo aver assaggiato quello della sapienza, per ritrovare un senso comune di fraternità, amore, amicizia che solo i semplici, gli umili sanno esprimere. Qui sono la varia, pittoresca e bellissima umanità che costeggia le rive del Po e che è minacciata come sempre accade dai disastri che solo gli umani sanno causare. Il dirompente messaggio è tutto nello slogan del film: “tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico”.
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darkovic
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domenica 13 settembre 2015
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grazie ermanno
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Chissa come mai questa volta in quasi tutte le recensioni negative,sono molto presenti frustrazione ,rabbia ,anche violenza verbale ,verso questo nostro grande maestro italiano,che solo per l'eta' ,e per quello che precedentemente ci ha dato ,meriterebbe sicuramente piu' rispetto.
Presumo che tutta questa rabbia e frustrazione venga indirizzata verso il film ,ma inconsciamente sia rabbia dovuta alla propria inadeguatezza e ignoranza nel comprendere
E proprio su questo che gira tutto il film ,i libri e l'istruzione .
Con l'arrivo del benessere (mai parola piu'errata) istruzione e libri ,e qualsiasi altro strumento di conoscenza ,non sono mancati.
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Chissa come mai questa volta in quasi tutte le recensioni negative,sono molto presenti frustrazione ,rabbia ,anche violenza verbale ,verso questo nostro grande maestro italiano,che solo per l'eta' ,e per quello che precedentemente ci ha dato ,meriterebbe sicuramente piu' rispetto.
Presumo che tutta questa rabbia e frustrazione venga indirizzata verso il film ,ma inconsciamente sia rabbia dovuta alla propria inadeguatezza e ignoranza nel comprendere
E proprio su questo che gira tutto il film ,i libri e l'istruzione .
Con l'arrivo del benessere (mai parola piu'errata) istruzione e libri ,e qualsiasi altro strumento di conoscenza ,non sono mancati.....e che cosa hanno prodotto?? ....la risposta e' nelle recensioni...riguardatele.....siamo sicuri che siamo poi migliori di quelle persone,ben raffigurate nel film,che istruzione non hanno avuto?? L a risposta e' qua ....nel film.....e vale molto di piu' di un doppiaggio deleterio , di una recitazione forzata ,(attori non professionisti) di una sceneggiatura ''leggera' ,e di un ricorso fin troppo sbandierato agli sponsor ( riprova di questa societa' ricca e malata)
Nel film le persone ,cosi' prive di istruzione,riescono a ''spendere'' minuti per ''nutrirsi'' delle parabole di Cristo e noi non possiamo ''spendere'' 92 minuti della nostra vita ,cosi' ricca di cose veramente inutili ,se non dannose, per cercare di ''nutrirci''di questa opera del grande Olmi????
Bello o no....capolavoro o no.... Grazie Ermanno
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w.canalini
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lunedì 15 aprile 2013
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grazie ermanno olmi
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Di solito non riguardo i film già visti, con due eccezioni: Amadeus e Centochiodi; due opere ovviamente profondamente diverse, ma che nobilitano certamente l'arte cinematografica. Quando ho poco tempo guardo i primi 10 minuti di Amadeus e gli ultimi 10 minuti di Centochiodi; ogni volta è un'emozione, che cosa chiedere di più da un'opera d'arte. Grazie Ermanno Olmi.
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tommasoliguori50
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domenica 16 gennaio 2011
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bisogna trovare il giusto modo per dire le cose
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In centochiodi Olmi affronta in maniera poetica il rapporto tra cultura potere e popolo.
La matrice cristiana del film ne è la chiave, in quanto rende possibile affrontare in
maniera "lieve" un argomento altrimenti ostico.
Lo stesso argomento è trattato in maniera molto analitica da Zygmunt Bauman in un suo
saggio recentemente pubblicato da Bollati boringhieri.
Forse dal punto di vista formale e anche della consistenza della storia il film scopre il
fianco a qualche critica ma bisogna dar atto ad Olmi di un certo coraggio civile e morale.
Do un giudizio che sarà incomprensibile a molti ma per me è un capolavoro.
Debbo precisare, se ce ne fosse bisogno, che non sono fine cinefilo e privilegio il
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ultimoboyscout
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giovedì 25 marzo 2010
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una strage...di libri...e di spettatori.
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Il film inutile per l'attore (ma ne siamo certi???) inutile. Ma non è meglio se balla ( ma ne siamo certi???)? Noiosissimo e di nessn impatto.
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riccardo-87
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lunedì 11 gennaio 2010
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una lezione d'apertura alla vita
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Uno dei film meglio pensati e più importanti del nuovo millennio, che si incentra su una filosofia di pura apertura alla vita, contro il sacro ma soprattutto contro la chiusura delle porte della vita a favore del “libro”. “Centochiodi” di Olmi è l’annullamento della parvenza di presenza del libro come sostituto del contatto diretto con gli altri, è una critica radicale al modo di vedere questo come “un fedele compagno”, come lo definisce il “prete” –utilizzo volutamente questo termine dispregiativo alla maniera in cui lo utilizzava Nietzsche -, mentore del professore di filosofia (Raz Degan) protagonista del film. Il professore invece, nonostante in apparenza abbia confidato al suo mentore di voler prendere i voti, viene presentato in chiave tutta opposta: la sua ribellione alla vuotezza della cultura presa senza un vissuto concreto inizia con le parole rivolte ad una sua studentessa, a cui dice, sfiorandole il viso con la mano: “c’è più verità in una carezza che in tutti i libri che ci circondano”.
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Uno dei film meglio pensati e più importanti del nuovo millennio, che si incentra su una filosofia di pura apertura alla vita, contro il sacro ma soprattutto contro la chiusura delle porte della vita a favore del “libro”. “Centochiodi” di Olmi è l’annullamento della parvenza di presenza del libro come sostituto del contatto diretto con gli altri, è una critica radicale al modo di vedere questo come “un fedele compagno”, come lo definisce il “prete” –utilizzo volutamente questo termine dispregiativo alla maniera in cui lo utilizzava Nietzsche -, mentore del professore di filosofia (Raz Degan) protagonista del film. Il professore invece, nonostante in apparenza abbia confidato al suo mentore di voler prendere i voti, viene presentato in chiave tutta opposta: la sua ribellione alla vuotezza della cultura presa senza un vissuto concreto inizia con le parole rivolte ad una sua studentessa, a cui dice, sfiorandole il viso con la mano: “c’è più verità in una carezza che in tutti i libri che ci circondano”. In seguito il professore manifesta la sua ribellione in modo più radicale: dopo aver inchiodato i libri della biblioteca sul suolo e sulle cattedre di questa, da cui il titolo “Centochiodi”, Degan decide di fuoriuscire dalla sua stessa vita; a questo scopo si trova una casa abbandonata in collina vicino ad un paesino e la ristruttura con l’aiuto di alcuni paesani; intanto conosce una panettiera (Luna Bendandi) con la quale inizia una relazione. La semplice vitalità che avvolge il paese portano il professore a decidere di restare lì, ma, dovendo usare la sua carta di credito per aiutare gli abitanti del paese multati pesantemente per le loro case abusive, viene rintracciato dai carabinieri e riportato a Bologna. Il finale è un crescendo continuo: prima l’incontro con il maresciallo dei carabinieri che gli domanda il perché di ciò che ha fatto, al ché lui risponde “un dovere morale. I libri mi avevano deluso. (…) lei se si volta indietro cosa vede? Una casa, una moglie, una vita vissuta. Io se mi volto indietro vedo solo pagine di libri” e ancora la celebre frase “tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico”. Poi l’incontro finale tra lui e il suo vecchio mentore, che lo accusa di un atto sacrilego contro la verità del libro,in cui “Dio ha rinchiuso parole di vita eterna, per la salvezza di tutti i suoi figli”, a cui Degan risponde “è Dio è il massacratore del mondo. Non ha salvato nemmeno suo figlio dalla croce”. Poi il professore, all’accusa “nel giorno del giudizio, dovrai renderne conto” conclude la sua condanna al cristianesimo – che, si badi bene, non appare come una condanna della teologia per intero, ne del sacro, visto solo nella vita però- dicendo “nel giorno del giudizio sarà lui a dover rendere conto di tutta la sofferenza del mondo”. In conclusione ritengo che il film si proponga un obbiettivo di vitale importanza ma forse troppo grande per esservi contenuto, e la sua realizzazione non sempre è ottimale: parte come meglio non potrebbe e finisce con un dialoghi spettacolosi; però la quasi identificazione del professore con Gesù mi pare proprio fuori luogo, e anche la semplicità della vita di paese, nella quale tuttavia si ritrova il vero senso della vita, non credo sia trattata in maniera sufficiente. È comunque un film importante per l’idea di fondo e che va visto per cercare di fare proprie alcune frasi che ridanno centralità all’uomo e alla semplicità come stile essenziale di vita.
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angela palumbo
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domenica 10 gennaio 2010
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si sente la firma dell' autore!
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Gran bel film! molto lineare, ma ricco di significati. Persone vere, semplici, che si accontentano di vivere la vita con amore e con istinto, lontane dal volere desiderare più di quel che serve...felici per la vita stessa.
Un modello di società ideale! Peccato che è solo un film e che la realtà è ben diversa.
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