great steven
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domenica 20 giugno 2021
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il bisogno di accettarsi per continuare il cammino
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CAOS CALMO (IT, 2008) di ANTONELLO GRIMALDI. Interpretato da NANNI MORETTI, ALESSANDRO GASSMAN, VALERIA GOLINO, SILVIO ORLANDO, ISABELLA FERRARI, BLU YOSHIMI, HIPPOLYTE GIRARDOT, KASIA SMUTNIAK, ROBERTO NOBILE, MANUELA MORABITO, ALBA ROHRWACHER, DENIS POLYDADES, CHARLES BERLING, ANTONELLA ATTILI, ROMAN POLANSKI ● èsicuramente il migliore dei 7 film diretti dal sardo Grimaldi, ma, senza la fondamentale sceneggiatura che Moretti, Laura Paolucci e Francesco Piccolo hanno tratto dal poderoso romanzo (premio Strega 2006), dall’omonimo titolo, di Sandro Veronesi, avrebbe fatto ben poca strada, e infatti lo zampino dell’attore-regista romano si fa presto notare per il suo peso considerevole e, al contempo, delicatamente pregnante.
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CAOS CALMO (IT, 2008) di ANTONELLO GRIMALDI. Interpretato da NANNI MORETTI, ALESSANDRO GASSMAN, VALERIA GOLINO, SILVIO ORLANDO, ISABELLA FERRARI, BLU YOSHIMI, HIPPOLYTE GIRARDOT, KASIA SMUTNIAK, ROBERTO NOBILE, MANUELA MORABITO, ALBA ROHRWACHER, DENIS POLYDADES, CHARLES BERLING, ANTONELLA ATTILI, ROMAN POLANSKI ● èsicuramente il migliore dei 7 film diretti dal sardo Grimaldi, ma, senza la fondamentale sceneggiatura che Moretti, Laura Paolucci e Francesco Piccolo hanno tratto dal poderoso romanzo (premio Strega 2006), dall’omonimo titolo, di Sandro Veronesi, avrebbe fatto ben poca strada, e infatti lo zampino dell’attore-regista romano si fa presto notare per il suo peso considerevole e, al contempo, delicatamente pregnante. Come ne La stanza del figlio (2001), il tema è quello della perdita, di un lutto difficile da elaborare, di una vita che si ferma all’improvviso davanti a un ostacolo alquanto ostinato che però occorre abbattere o, per dir meglio, superare per riacquistare la gioia di vivere. Per l’appunto, all’autore televisivo in carriera Pietro Paladini muore la moglie Lara a causa di un incidente domestico mentre lui, ironia della sorte, è impegnato in spiaggia a salvare la vita ad una sconosciuta. Alla morte della consorte assiste la figlia Claudia, di dieci anni. Allora Pietro prende una decisione: promette alla bambina di rimanere ad aspettarla fuori dalla scuola fino alla fine delle lezioni, standosene comodamente seduto su una panchina del parco. I giorni passano e Pietro, volontariamente deciso a trascurare il suo lavoro mentre in azienda gli alti dirigenti sono molto preoccupati per la fusione del gruppo aziendale con una multinazionale USA, mantiene la sua parola, e il compito sarebbe anche semplice da eseguire, se non fosse per i colleghi, parenti e amici che sempre più accorrono a tormentarlo, rovesciandogli addosso i propri guai, desideri irrealizzati, prospettive impossibili, ambizioni lasciate a metà, perplessità, ansie e dolori in apparenza insormontabili. Trasgredite le regole dell’efficienza e della produttività e abitato da una calma interiore che crea in chi gli sta vicino preoccupazioni via via più infastidenti, Pietro trova la risposta finale in un desiderio implicito di Claudia: affrontare il dolore a piene mani, a costo anche di soffrire, e ripartire. La summenzionata potenza narrativa del libro di Veronesi è impossibile, almeno da un punto di vista fattuale, da tradurre nel linguaggio cinematografico, poiché una buona parte delle pagine espressamente introspettive riporta i pensieri di Pietro Paladini (tanto per fare un esempio, la sceneggiatura del film vi trasferisce dentro alcuni degli elenchi riguardanti l’esistenza del protagonista, fatti proprio da lui in momenti meditabondi), il che forma una sorta di "dipendenza" fra il libro e l’opera audiovisiva di cui la seconda paga lo scotto. Ma l’assenza di "autarchia" dell’occhio morettiano, che qui appare molto più ripiegato su sé stesso, meno provocatorio, meno giudicante e pertanto più indagatore, consente di cogliere, senza togliere quel troppo che avrebbe stuccato nel passaggio dalla pagina scritta alla pellicola, elementi che vanno ad incidere sull’interiorità di cui il messaggio conclusivo si fa portatore. E qui mi riferisco tanto a quel linguaggio codificato che gli spettatori di Moretti conoscono pressoché a menadito e nel quale lo stesso regista si identifica quando comunica con loro (le scarpe, un bicchiere d’acqua, la citazione di un aforisma), quanto ad altri escamotages meno estemporanei di quel che appare, ripetuti ogni volta al tempo giusto per ribadire coerenza e continuità (il bambino down che guarda le luci di posizione, la giovane donna che porta ogni mattina a passeggio il suo cane San Bernardo, il proprietario del chiosco in mezzo alla piazza del parco). Nella bella (nel libro) sequenza in cui Pietro si tuffa in mare per salvare la ricca ereditiera Eleonora Simoncini (I. Ferrari), manca la contropartita del fratello Carlo (A. Gassman) che si butta anch’egli fra le onde in tumulto per salvare un’altra donna. La tanto conclamata e chiacchierata scena di sesso che coinvolge Pietro ed Eleonora, nel film è ingiustificata: perché inserirla, dato che nel film manca la parte corrispondente che in sostanza equivale al corpo a corpo involontario che i due hanno in acqua durante il salvataggio? Un’ottima costruzione aggiunta a quella d’un intreccio che brilla di luce propria è la direzione degli attori, un piccolo grande merito per Grimaldi che ha saputo affidare a ciascuno di essi un personaggio appropriato, dalla cognata nevrotica interpretata da V. Golino al collega che informa il protagonista sull’andazzo della malvoluta fusione (S. Orlando), dal Jean-Claude di H. Girardot, la cui bizzarra e spassosa contesa fra l’insicuro e il risoluto è una meraviglia di puro cinema, al già nominato fratello Carlo (Gassman premiato nel 2008 col Nastro d’Argento al miglior attore non protagonista), un po’ infrollito dal successo (e dagli spinelli che fuma nei ritagli di tempo), ma dopotutto legato a Pietro da un affetto profondo che vale anche per la nipotina, per la quale è un idolo. Tornando un momento al discorso precedente, in quanto non è possibile affrontare il Caos calmo cinematografico senza affiancargli la provenienza letteraria, l’esteriorizzazione dell’interiorità costituisce, com’è naturale, per Grimaldi regista una prova ardua da vincere, poiché ricorrere alla facile scappatoia della voce fuori campo avrebbe stonato: ma ecco che i tre sceneggiatori gli vengono in aiuto rievocando l’atmosfera propria del Veronesi scrittore che a sua volta si rifà alla morale de La stanza del figlio. Se dapprima consideriamo che nel film la dimensione della socialità diventa la soluzione praticabile per vivere il dolore della perdita e andare perciò avanti, notiamo che tale dimensione, nel film morettiano del 2001 presentato a Cannes, è completamente assente: là la cognizione del dolore si trasmetteva in modo asociale. Laddove regnavano nichilismo e chiusura, qui invece trionfa l’apertura al proprio prossimo e alla possibilità tangibile, davvero molto tangibile, di ricominciare a partire in effetti da quella umanità che consente a Pietro Paladini di trasformare l’ozio sulla panchina in un impegno dialettico, tutto da esperire. Moretti, come attore e protagonista assoluto, non sbaglia un colpo; il resto del cast gli tiene testa con rigore, toccando vette di eccellenza. Per altro, anche uno spettatore distratto o incompetente si accorgerebbe che il punto di vista del personaggio principale fa da filo conduttore nella misura in cui le figure di contorno influenzano il punto di vista medesimo. Morale consolatoria? No, direi piuttosto educativa: quando un dolore colpisce un padre (o un genitore in linea di massima), non bisogna far qualcosa dicendo che la si fa per amore di padre nel momento in cui la si fa per sé stessi, perché aiuta molto di più accettarsi per guarire dalla ferita. Altri 2 David di Donatello sono andati a Paolo Buonvino (musica) e a Ivano Fossati (canzone originale, "L’amore trasparente").
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matilde
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sabato 1 marzo 2008
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grandi emozioni e un dubbio.
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L'ho visto ieri sera, a Bari, in un piccolo cinema di quartiere. Dopo la proiezione, c' è stata la felice presenza del regista, del produttore (che giocava in casa) e di Nanni Moretti. Avrei voluto dire ieri sera quello che sto scrivendo qui, ma non sono stata in grado di cogliere l'attimo e, purtroppo, la serata si è poi conclusa. Avrei voluto cogliere l'occasione per dire BRAVI, bravi tutti, bellissimo film, straordinaria l'interpretazione di Nanni Moretti, densa di emotività, di sentimento, di sguardi, di movenze, di tutto quello che mi ha fatto seguire il film con un nodo alla gola, con gli occhi lucidi, ma anche col sorriso. La domanda che avrei voluto porre riguardava Claudia, la figlia di Pietro.
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L'ho visto ieri sera, a Bari, in un piccolo cinema di quartiere. Dopo la proiezione, c' è stata la felice presenza del regista, del produttore (che giocava in casa) e di Nanni Moretti. Avrei voluto dire ieri sera quello che sto scrivendo qui, ma non sono stata in grado di cogliere l'attimo e, purtroppo, la serata si è poi conclusa. Avrei voluto cogliere l'occasione per dire BRAVI, bravi tutti, bellissimo film, straordinaria l'interpretazione di Nanni Moretti, densa di emotività, di sentimento, di sguardi, di movenze, di tutto quello che mi ha fatto seguire il film con un nodo alla gola, con gli occhi lucidi, ma anche col sorriso. La domanda che avrei voluto porre riguardava Claudia, la figlia di Pietro.Non traspare mai , nel film, un minimo segno di dolore, di sconcerto, di vuoto, di incertezza: Claudia non sembra aver perso la MAMMA. Io sono una mamma, mi sono chiesta se questo sia realmente possibile e se vi sia la risposta nello stesso film, quando si dice che forse la bambina non prova dolore perchè il padre non prova dolore. Non leggerò il libro, non per ora (non ho voglia di leggere di luttie di loro elaborazione), il film mi ha incantata e voglio rimanere in quell'atmosfera. MI piacerebbe però che qualcuno mi desse una risposta, data la mia imperdonabile colpa di non aver posto la questione nella bellissima serata di ieri sera al cinema Piccolo di Santo Spirito, BAri.
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storyteller
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domenica 11 luglio 2010
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un caos ordinato
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Laddove la trama non è che una scusante per mettere in scena le doti attoriali del sempre ottimo Moretti (e di un cast di tutto rispetto, in cui si distinguono Orlando, Gassman e pure la Smutniak), la sceneggiatura brilla per freschezza e ironia.
Una ventata di umorismo sottile che attraversa tutta la pellicola, sfociando a volte nel surrealismo, ma senza sbracare: sembra quasi di ritrovarsi nella mente del protagonista, che con la sua umana saggezza stempera il dolore facendosi investire da quello "mondano" degli altri.
Memorabili anche i personaggi di contorno che attraversano puntualmente il parco ogni giorno.
Nonostante sia stato definito prosaico e furbetto (non si può negare che faccia un uso estremamente ruffiano di ottime canzoni di band come i Radiohead), in definitiva io l'ho trovato un film onesto.
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Laddove la trama non è che una scusante per mettere in scena le doti attoriali del sempre ottimo Moretti (e di un cast di tutto rispetto, in cui si distinguono Orlando, Gassman e pure la Smutniak), la sceneggiatura brilla per freschezza e ironia.
Una ventata di umorismo sottile che attraversa tutta la pellicola, sfociando a volte nel surrealismo, ma senza sbracare: sembra quasi di ritrovarsi nella mente del protagonista, che con la sua umana saggezza stempera il dolore facendosi investire da quello "mondano" degli altri.
Memorabili anche i personaggi di contorno che attraversano puntualmente il parco ogni giorno.
Nonostante sia stato definito prosaico e furbetto (non si può negare che faccia un uso estremamente ruffiano di ottime canzoni di band come i Radiohead), in definitiva io l'ho trovato un film onesto. Non è mai facile raccontare il dolore rischiando di spettacolarizzarlo rifugiandosi nell'istrionismo camaleontico da avanspettacolo, o peggio, nell'autocommiserazione.
Vedi quella vaccata di Yes Man.
E dunque tre stelle e mezzo.
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fabio1957
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giovedì 9 luglio 2015
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meglio il romanzo
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Originale il racconto di questo dolore vissuto nel più strano dei modi,un'elaborazione del lutto fatta su una panchina,dove si avvicendano persone,storie,vite, lasciando il protagonista passivo, ma presente.Questa presenza dovrebbe assicurare protezione e dare tranquillità alla figlia rimasta senza madre,ma in reltà serve a lui per la sua catarsi.Il libro è notevole,la trasposizione cinematografica ne soffre,tuttavia il film è godibile.bravi gli attori.
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mardou_
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venerdì 2 giugno 2017
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bel cinema italiano
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L’invasione dei film della Generazione Moccia e l’inutile ripetitività dei cinepanettoni di stagione sembrano aver paralizzato il cinema italiano, come un cancro che dilaga silenzioso, distraendoci con la panacea degli incassi record.
E’quindi confortante scoprire che ci sono ancora idee nuove in circolazione e registi che hanno voglia di raccontarle…In modo apparentemente semplice e chiaro, calmo direi, ma che svela a poco a poco tutta la complessità dei rapporti tra le persone, parafrasando l’ossimoro che dà il titolo al film di Grimaldi.
Un uomo seduto su una panchina ascolta e guarda vivere gli altri: parenti,amici,colleghi di lavoro…una serie scostante e vivace di tipologie di persone.
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L’invasione dei film della Generazione Moccia e l’inutile ripetitività dei cinepanettoni di stagione sembrano aver paralizzato il cinema italiano, come un cancro che dilaga silenzioso, distraendoci con la panacea degli incassi record.
E’quindi confortante scoprire che ci sono ancora idee nuove in circolazione e registi che hanno voglia di raccontarle…In modo apparentemente semplice e chiaro, calmo direi, ma che svela a poco a poco tutta la complessità dei rapporti tra le persone, parafrasando l’ossimoro che dà il titolo al film di Grimaldi.
Un uomo seduto su una panchina ascolta e guarda vivere gli altri: parenti,amici,colleghi di lavoro…una serie scostante e vivace di tipologie di persone. Gente comune che vuole semplicemente parlare con qualcuno…
Non importa se questo Qualcuno resta in silenzio e quasi non interagisce verbalmente con loro: proprio nel pieno della conversazione spesso Pietro si mette ad elencare mentalmente cose prive di utilità, non prestando quasi ascolto…
Il bisogno di sfogarsi e l’egoismo di ognuno prevalgono su tutto il resto.
Un ottimo film italiano che non ha certo bisogno di tutta quella pubblicità vista su giornali e servizi tv incentrata sul sesso tra Nanni Moretti ed Isabella Ferrari: una scena peraltro eccessivamente lunga e forse nemmeno così necessaria…
Nota particolare per l’ottimo cast di attori tra cui spicca un sorprendente Alessandro Gassman, mentre è già entrata negli annali del cinema la sequenza con Roman Polanski…impedibile.
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dandy
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martedì 29 marzo 2011
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se si sa pazientare,è un caos che coinvolge.
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Trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Sandro Veronesi,il cui protagonista trova un interprete azzeccatissimo in Moretti.La cui scelta ha rimescolato le carte di una sceneggiatura non originalissima(firmata tra gli altri da Moretti stesso)innescando una fusione proficua tra Pietro Palladini e il suo interprete rendendo così accessibile allo spettatore la sua insensibilità di fronte alla tragedia,e trasformandola nel rifiuto dei valori di una società vuota e ipocrita.Sobrio,semplice,a tratti divertente a tratti toccante( vedi il bambino down che crede di far lampeggiare l'auto facendole ciao).Quel genere di film che si può amare o odiare,senza vie di mezzo.
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Trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Sandro Veronesi,il cui protagonista trova un interprete azzeccatissimo in Moretti.La cui scelta ha rimescolato le carte di una sceneggiatura non originalissima(firmata tra gli altri da Moretti stesso)innescando una fusione proficua tra Pietro Palladini e il suo interprete rendendo così accessibile allo spettatore la sua insensibilità di fronte alla tragedia,e trasformandola nel rifiuto dei valori di una società vuota e ipocrita.Sobrio,semplice,a tratti divertente a tratti toccante( vedi il bambino down che crede di far lampeggiare l'auto facendole ciao).Quel genere di film che si può amare o odiare,senza vie di mezzo.Ci vuole pazienza,ecco tutto.Prendere o lasciare.Grande apparizione del regista Roman Polanski nel ruolo di Steiner.Dopo la scena applaudita con Laura Morante in "La stanza del figlio",molta curiosità qui per la scena di sodomia tra Moretti e la Ferrari,voluta a quanto pare da quest'ultima e secondo alcune fonti non simulata(nel romanzo dura ben 16 pagine).Tutt'altro che gratuita,fa emergere quanto Moretti sia imbarazzato di fronte al corpo delle donne.
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gio.capor
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lunedì 11 febbraio 2008
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caos calmo, quasi piatto
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Spiacente, ma non sono riuscito ad apprezzare tanto sforzo autoriale a più mani (Veronesi, Grimaldi, Moretti, Piccolo etc.) e, ancor meno, la morettizzazione del personaggio principale, per quanto l’interpretazione di Moretti sia la cosa più riuscita e convincente del film. Non ho mai letto il romanzo di Veronesi, da cui è stata tratta la sceneggiatura, ma sono davvero stufo di uscire da qualunque sala cinematografica con il solito interrogativo-tormentone: meglio il romanzo o il film? Ho avuto, comunque, l’impressione che Grimaldi ce l’abbia messa proprio tutta per stemperare il caos interiore del protagonista in un susseguirsi altalenante di situazioni e dialoghi ora bamboleggianti e vezzosi, quando è con la figlia, ora surreali e cazzeggianti, quando si sforza di interagire con gli altri personaggi, col risultato finale di strapparti puntualmente (e ruffianamente) un sorriso o una lacrima.
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Spiacente, ma non sono riuscito ad apprezzare tanto sforzo autoriale a più mani (Veronesi, Grimaldi, Moretti, Piccolo etc.) e, ancor meno, la morettizzazione del personaggio principale, per quanto l’interpretazione di Moretti sia la cosa più riuscita e convincente del film. Non ho mai letto il romanzo di Veronesi, da cui è stata tratta la sceneggiatura, ma sono davvero stufo di uscire da qualunque sala cinematografica con il solito interrogativo-tormentone: meglio il romanzo o il film? Ho avuto, comunque, l’impressione che Grimaldi ce l’abbia messa proprio tutta per stemperare il caos interiore del protagonista in un susseguirsi altalenante di situazioni e dialoghi ora bamboleggianti e vezzosi, quando è con la figlia, ora surreali e cazzeggianti, quando si sforza di interagire con gli altri personaggi, col risultato finale di strapparti puntualmente (e ruffianamente) un sorriso o una lacrima. Moretti è così perfettamente calato nel ruolo da farci condividere in pieno il suo apparente disinteresse per i casini aziendali dei colleghi e quelli sentimentali della cognata (la solita Golino in stato confusionale) per i quali, superato il primo tempo, s’incomincia a provare una certa insofferenza. Si arriva infatti alla catarsi copulatoria Moretti/Ferrari (unico tema del film evidenziato da giornali e programmi radiotelevisivi di questa settimana) del tutto estenuati, distratti e impreparati, al punto da trovarla davvero eccessiva, imbarazzante e gratuita. Mi sento ridicolo e persino ipocrita ad ammettere questo disagio, essendo peraltro un cultore occasionale del filone porno-trash anni 70, ma certe cose, viste fare da Moretti, diventano veramente oscene e inguardabili. Un po’ come rientrare a casa e sorprendere il babbo che s’ingroppa la vicina sul tappeto persiano dell’ingresso.. Concludendo e passando ai voti, cercherò tuttavia di non essere spietato: 4.
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gibi
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venerdì 29 febbraio 2008
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crisi alta borghesia
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La morte improvvisa della moglie getta il protagonista in una crisi esistenziale di cui evidentemente ne erano presenti in nuce gli elementi.Con la "palinodia".artificio letterario(irreale come oggetto di una lezione in una classe elementare)viene anticipato il percorso interiore del protagonista.Tale percorso è privo di vero dolore,di pathos e non coinvolgente tanto banali sono le situazioni e i personaggi con i loro problemi personali,che non toccano il personaggio ed i suoi comprtamenti;per citarne alcuni:il conteggio ed i nomi delle compagnie aeree con cui ha viaggiato,delle abitazioni che ha cambiato e poi,all'improvviso e senza alcun raccordo col contesto,la scena del sesso che per la meccanica e la frettolosità non è, ma credo non dovrebbe essere,nemmeno erotismo.
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La morte improvvisa della moglie getta il protagonista in una crisi esistenziale di cui evidentemente ne erano presenti in nuce gli elementi.Con la "palinodia".artificio letterario(irreale come oggetto di una lezione in una classe elementare)viene anticipato il percorso interiore del protagonista.Tale percorso è privo di vero dolore,di pathos e non coinvolgente tanto banali sono le situazioni e i personaggi con i loro problemi personali,che non toccano il personaggio ed i suoi comprtamenti;per citarne alcuni:il conteggio ed i nomi delle compagnie aeree con cui ha viaggiato,delle abitazioni che ha cambiato e poi,all'improvviso e senza alcun raccordo col contesto,la scena del sesso che per la meccanica e la frettolosità non è, ma credo non dovrebbe essere,nemmeno erotismo.Purtuttavia ,il Moretti,nella dissociatezza della sua fissita mimica ed enfasi,esprime al meglio tale processo interiorei cui momneti cruciali si può dire siano scanditi dalla figlia quando,valutando con il buon senso infantile i vantaggi prospettati dal padre per il nuovo lavoro offertofli,lo consiglia ad accettare ma sopratutto quando ,per una sua esigenza personale(far cessare gli scherni dei compagni)non lo consiglia ma gli chiede di non aspettarlo più nel giardino della scuola.Poi il finale scontato.Come spettatore e non come critico,il film,al dilà di qualche sprazzo,mi sembra mediocre e,non avendo letto il libreo,credo che la sua trasposizione cinematografica non sia riuscita.
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medz
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domenica 10 febbraio 2008
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caos calmo, la tv, il lutto, moretti
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Caos calmo è un film senza dubbio interessante, ma che a mio avviso non può essere considerato sufficente, visto anche la buona sceneggiatura che aveva alle spalle. Forse è banale ripeterlo nuovamente, ma è obbligatorio, poichè per l'ennesima volta ci ritroviamo di fronte a un film cinematografico che in modo troppo fastidioso assomiglia alla televisione; e se lo stesso regista Antonello Grimaldi afferma in un intervista che per lui il confine tra cinema e fiction televisiva è labile, per me non lo è, poichè porta ad un appiattimento e ad un omologazione dei prodotti e soprattutto delle emozioni. Film troppo televisivo e forse anche furbo, con qualche scena mirata, forse, a far parlare di sè.
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Caos calmo è un film senza dubbio interessante, ma che a mio avviso non può essere considerato sufficente, visto anche la buona sceneggiatura che aveva alle spalle. Forse è banale ripeterlo nuovamente, ma è obbligatorio, poichè per l'ennesima volta ci ritroviamo di fronte a un film cinematografico che in modo troppo fastidioso assomiglia alla televisione; e se lo stesso regista Antonello Grimaldi afferma in un intervista che per lui il confine tra cinema e fiction televisiva è labile, per me non lo è, poichè porta ad un appiattimento e ad un omologazione dei prodotti e soprattutto delle emozioni. Film troppo televisivo e forse anche furbo, con qualche scena mirata, forse, a far parlare di sè. Tuttavia ad uno stile praticamente televisivo Grimaldi sa aggiungere qualche fine tocco, anche per riuscire a raffigurare stilisticamente il caos calmo del film: basti pensare ai dialoghi quasi mai ripresi nel consueto campo/controcampo ma con la cinepres sempre in movimento, quasi soffrisse di una sottile nervosismo, intrinseco al film. Ma a parte il livello stilistico, il film soffre di una struttura troppo schematica che riduce le decine di personaggi che girano intorno al protagonista a simboli fin troppo forzati (come la Smutniak e il suo cane o il bambino down) che se sfruttati meglio o un po' limati avrebbero sicuramente reso di più, anche mostrando più chiaramente il significato della storia che rimane troppo nascosto, sommerso dalla sensazione del "già visto"; chi critica la somiglianza tra tutte le storie del cinema (e televisione italiana) non sbaglia (famiglie in cristi, depressioni, pianti e elaborazioni del lutto): giocando su questi punti, si cade per forza su stereotipi e luoghi comuni oramai stravisti, non posso non citare il Morettiano sfogo di pianto dopo il giro in macchina e altre varie scene, che appaiono piuttosto fastidiose e talvolta inutili alla fine del film; verso l'ora e mezza di film, si appressa anche la noia. Tuttavia rimangono sequenze intense e ben girate (l'inizio o anche la prima scena in cui i genitori vanno a prendere i figli a scuola e Moretti è già li fermo in attesa) e un cast straordinaio (su tutti la Golino e Gassman). Ovviamente non posso non riservare parole di elogio anche per il maestro Moretti, sempre all'altezza delle aspettative, un po' trattenuto (ma il personaggio lo consente) e intenso; Moretti oramai non recita neanche più, vive il personaggio introducendo in lui il suo tipico morettiano personaggio, che al 90% è Moretti stesso; i personaggi di Moretti vivono in lui tanto quanto lui vive in loro. Sempre grande. Speriamo presto torni anche alla regia.
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sassolino
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domenica 17 febbraio 2008
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moretti one man show
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Certe volte forse bisognerebbe non attribuire alcuna stella in quanto certi film, come il presente, non rientrano esattamente nella categoria cinematografica pura, piuttosto nell'ambito degli splendidi ricatti morali. Un esempio calzante: American gangster è un fulgido esempio di cinema per il montaggio, la direzione degli attori, la fotografia, la tecnica registica in genere. Qui di cinematografico ci sono soltanto gli attori , divisi tra protagonisti e comprimari, tutti ottimi a dire il vero. Ma se proprio si deve cedere all'istinto gli si danno 5 stelle, per come riesce ad emozionare lo spettatore, per la commozione trattenuta, per la fortunatissima idea di isolare Moretti in uno schizofrenico "campo lewiniano" dove riannodare il cuore alla realtà.
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Certe volte forse bisognerebbe non attribuire alcuna stella in quanto certi film, come il presente, non rientrano esattamente nella categoria cinematografica pura, piuttosto nell'ambito degli splendidi ricatti morali. Un esempio calzante: American gangster è un fulgido esempio di cinema per il montaggio, la direzione degli attori, la fotografia, la tecnica registica in genere. Qui di cinematografico ci sono soltanto gli attori , divisi tra protagonisti e comprimari, tutti ottimi a dire il vero. Ma se proprio si deve cedere all'istinto gli si danno 5 stelle, per come riesce ad emozionare lo spettatore, per la commozione trattenuta, per la fortunatissima idea di isolare Moretti in uno schizofrenico "campo lewiniano" dove riannodare il cuore alla realtà. Vivere accanto a ciò che ci resta, a ciò che rischiamo di perdere di più caro, ai nostri affetti, delimitati semplicemente dal cancello di una scuola, dalla coscienza disperata di essere ancora persone capaci di amare e di amarsi.
Un senso semplicissimo per un piccolo film che dilania l'anima, fa riflettere e fa anche ridere. Italiani, gente che con pochi soldi fa grandi cose!
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[+] beniamino
(di beniamino)
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