estrellaroja
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lunedì 16 ottobre 2006
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di afflati libertari e istinti servili...
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Un'Isola d'Elba bellissima, popolana, ruspante, ospita l'esilio di Napoleone. Si ride e si riflette sugli afflati libertari (di pochissimi) e gli istinti servili e adulatori delle moltitudini. Istinti che i tiranni di ogni tempo ("maliziosissimi" i riferimenti di Virzì a quello odierno, da Arcore non da Ajaccio) sanno alimentare e sfruttare alla perfezione. Bravissima la Impacciatore, ottimo Auteil (quasi guadagna qualche simpatia a Napoleone), e -nel SUO RUOLO- non disturba nemmeno la Bellucci.
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sonia@78
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lunedì 16 ottobre 2006
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da "n"on perdere!
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Il film di Virzì riconcilia con il cinema, con la capacità di fare commedie brillanti, che sappiano anche far riflettere. I temi principali sono il contrasto ai tiranni ed alla guerra vista, come una cerneficina di giovani; c'è il contrasto generazionale e l'invito a riflettere, che lascia l'amaro in bocca nella scena più dura ed allo stesso tempo commuovente della fucilazione del Maestro, di vita quanto di conoscenza.
Il film è incentrato sul rapporto tra il giovane maestro Martino ed uno sconfitto, quasi pentito Napoleone; se per il primo lo slogan "morte ai tiranni" diventa un ideale che lo perseguita, per il secondo la guerra e la morte, sono necessarie per far valere il patriottismo: due punti di vista in apparenza opposti, ma che pongono entrambi il sacrificio umano come soluzione.
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Il film di Virzì riconcilia con il cinema, con la capacità di fare commedie brillanti, che sappiano anche far riflettere. I temi principali sono il contrasto ai tiranni ed alla guerra vista, come una cerneficina di giovani; c'è il contrasto generazionale e l'invito a riflettere, che lascia l'amaro in bocca nella scena più dura ed allo stesso tempo commuovente della fucilazione del Maestro, di vita quanto di conoscenza.
Il film è incentrato sul rapporto tra il giovane maestro Martino ed uno sconfitto, quasi pentito Napoleone; se per il primo lo slogan "morte ai tiranni" diventa un ideale che lo perseguita, per il secondo la guerra e la morte, sono necessarie per far valere il patriottismo: due punti di vista in apparenza opposti, ma che pongono entrambi il sacrificio umano come soluzione.
Virzì è bravissimo a raccontare, con brevi tratti, l'animo di un'Isola D'Elba popolana, di inizio '800, poco dopo il congresso di Vienna, che vede nell'Imperatore ancora il fomentatore delle folle, il condottiero coraggioso che lotta con il popolo, ma la bellezza del film è il tono spensierato, che emerge soprattutto attraverso le interpretazione dei personaggi secondari a partire da una brassima e leggera Bellucci, e da un Ceccherini che si conferma, dopo "ti amo in tutte le lingue del mondo" capace di comicità senza volgarità, basata sul tempo comico e sull'ingenuità di Cosimo. Notevoli anche le interpretazioni della Impacciatore e della Inaudi, quest'ultima alle prese con un personaggio che si racconta molto più nella gestualità che nel dialogo, in opposiozione proprio al suo amato Martino.
"N" è il ritorno alla commedia italiana e la conferma che dalle buone idee e con i buoni registri il cinema italiano vive il suo risorgimento.
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samuel v.russo
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domenica 15 ottobre 2006
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n come noia
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N io e Napoleone, ovvero il festival delle banalità. Sono sicuro che avrà un certo successo in Italia, ma il suo pubblico non è quello a cui piace il cinema, tra i meno pigri teledipendenti avrà sicuramente il suo seguito, il resto aspetterà il film al passaggio televisivo o su dvd infatti il prodotto in questione si presta benissimo per un consumo familiare (in famiglia) e mi sono a me oscure le motivazioni del divieto ai minori.
Io e Napoleone è il classico zuppone storico inodore e insapore.
Banalità ad iniziare dal cast, la bellona fa la parte della bellona (Bellucci) , il bello fa la parte del bello, il buffone fa la parte del buffo (Ceccherini) , nessuna scelta coraggiosa, nessuna emozione, uniche risate quelle del buffone che recita la parte di se stesso ovvero toscano, ridicolo e in cerca perenne di una donna (proprio come sull'Isola, non l'Elba ma quella dei Famosi).
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N io e Napoleone, ovvero il festival delle banalità. Sono sicuro che avrà un certo successo in Italia, ma il suo pubblico non è quello a cui piace il cinema, tra i meno pigri teledipendenti avrà sicuramente il suo seguito, il resto aspetterà il film al passaggio televisivo o su dvd infatti il prodotto in questione si presta benissimo per un consumo familiare (in famiglia) e mi sono a me oscure le motivazioni del divieto ai minori.
Io e Napoleone è il classico zuppone storico inodore e insapore.
Banalità ad iniziare dal cast, la bellona fa la parte della bellona (Bellucci) , il bello fa la parte del bello, il buffone fa la parte del buffo (Ceccherini) , nessuna scelta coraggiosa, nessuna emozione, uniche risate quelle del buffone che recita la parte di se stesso ovvero toscano, ridicolo e in cerca perenne di una donna (proprio come sull'Isola, non l'Elba ma quella dei Famosi).
Altre banalità in ordine di apparizione: lo scrittore tormentato e inappetente, la zitella petulante, il fratello maggiore severo, la serva innamorata del padrone, il popolo popolino, il sacrificato moralista fucilato...
Il finale poi è da film di serie B anni 50, quando i soldi per girare altre scene erano finiti e a una voce narrante veniva delegato il racconto delle sorti dei protagonisti. Giudizio critico: cipolle marce ... in faccia a Virzì.
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domenica 15 ottobre 2006
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la walterloo di noialtri
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In N.( Io e Napoleone) di Paolo Virzi, liberamente ispirato a un romanzo storico di Ernesto Ferrero, la sconfitta di Waterloo è raccontata malinconicamente per lettera da una donna bellissima e ormai sfiorita e l’uomo fatal, nelle cui vicende Manzoni vedeva il segno di un imperscrutabile disegno divino, spira sbeffeggiando le intenzioni tirannicide di un giovanissimo intellettuale assetato di vendetta che arriva a Sant’Elena esattamente il giorno dopo il decesso. Di Napoleone personaggio storico nel lungometraggio si intravede appena un’ombra riflessa in una personalità in chiaroscuro, un individuo enigmatico e sfuggente, facile alle lacrime, presuntuosamente insulso nelle battute di spirito, nostalgico e meditativo, geniale nel captare lo stato d’animo di chi gli sta di fronte, affascinante e perfido con donne e nemici, bambino triste e vergognoso nei ricordi della balia, cinico massacratore di popoli, vanitoso e pieno di sé tanto da volere accanto, come Alessandro Magno, qualcuno che quotidianamente prenda nota delle sue riflessioni.
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In N.( Io e Napoleone) di Paolo Virzi, liberamente ispirato a un romanzo storico di Ernesto Ferrero, la sconfitta di Waterloo è raccontata malinconicamente per lettera da una donna bellissima e ormai sfiorita e l’uomo fatal, nelle cui vicende Manzoni vedeva il segno di un imperscrutabile disegno divino, spira sbeffeggiando le intenzioni tirannicide di un giovanissimo intellettuale assetato di vendetta che arriva a Sant’Elena esattamente il giorno dopo il decesso. Di Napoleone personaggio storico nel lungometraggio si intravede appena un’ombra riflessa in una personalità in chiaroscuro, un individuo enigmatico e sfuggente, facile alle lacrime, presuntuosamente insulso nelle battute di spirito, nostalgico e meditativo, geniale nel captare lo stato d’animo di chi gli sta di fronte, affascinante e perfido con donne e nemici, bambino triste e vergognoso nei ricordi della balia, cinico massacratore di popoli, vanitoso e pieno di sé tanto da volere accanto, come Alessandro Magno, qualcuno che quotidianamente prenda nota delle sue riflessioni. L’incontro fra la Storia, a cui Napoleone/ Auteil dà volto e sguardo luciferini, con la provincia toscana dei quartieri popolari, cara alla filmografia di Virzì (Ovosodo) fa scoccare la scintilla: la mediocrità del microcosmo di Portogruaro all’isola d’Elba si illumina all’arrivo del mitico Corso e autorità e gente comune sperano nell’occasione per realizzare sogni e ambizioni. Ma ancora una volta Virzì privilegia e compiange la generosità e le velleità idealistiche della giovinezza destinate a frantumarsi di fronte alle leggi inviolabili di un mondo adulto rimasto uguale a se stesso nei secoli: il condottiero osannato dalla massa incosciente spiega al protagonista, l’adolescente Martino, aspirante assassino e giustiziere, come le folle di tutti i tempi creino gli idoli per compensare le proprie frustrazioni; l’ amante quarantenne, una Monica Bellucci autenticamente chic nei panni della nobildonna sboccata in un dialetto marchigiano quasi creato ad arte, lo abbandona, giacché il potere vince senza troppa fatica l’amore, soprattutto quando differenze di età e di condizione sociale lo renderebbero irrealizzabile; l’ammirato maestro finisce davanti al plotone d’esecuzione spinto non da astratti fedi bensì dall’odio. Solo i privilegiati o i coraggiosi realizzano nel bene e nel male destini, gli altri vivono di chimere e rimpianti una vita in famiglia pacificamente incolore, mettendo la sordina ai tormenti della passione: sorridiamo così alla goffaggine di Ceccherini e ai rimbrotti della sua buffa innamorata, che paiono omaggi un po’ fuori luogo alla toscanità di maniera di Pieraccioni e compagni, ma per fortuna l’uovo sodo continua ad andare su e giù.
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giorgio
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sabato 14 ottobre 2006
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non andatelo a vedere
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insopportabile soprattutto come recitazione italiana
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piccio
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martedì 21 febbraio 2006
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vedetelo................
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dato che io il film l'ho visto dato che vi ho fatto da comparsa a me è sembrato molto bello
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