fiocco
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giovedì 23 novembre 2006
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bello e terribile
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bello perchè nonostante il contesto ripropone la speranza, sentimento che non passa mia di moda, terribile per il livello di realismo che esprime.
E' un futuro di violenza, senza bambini nè valori apparentemente... tutti legati alla mancanza di speranza per il futuro.
L'umanità senza futuro non ha motivo di preservarsi, di darsi regole o coltivare principi morali, quindi distruzione e morte regnano. In alcuni momenti propone la guerriglia urbana pare quella già vista in certi reportage.
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enli
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giovedì 23 novembre 2006
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un futuro lontano ma non impossibile
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"I figli degli uomini" è un film nel quale sembra regnare in ogni suo istante una visione pessimista e catastrofista del nostro futuro; allo stesso tempo, è un film che, senza ricorso ad effetti speciali ridondanti e senza troppe pretese racconta una realtà non così distante da noi, né del tutto impossibile, nella quale la disperazione regna sovrana.
A dispetto di altre recensioni lette, il film mi è piaciuto non perché pretende di insegnare allo spettatore cosa è buono e cosa è cattivo, ma piuttosto perché intende far riflettere lo spettatore su temi estremamente sensibili ed attuali (come il ricorso alla violenza, il razzismo, la xenofobia, la paura del terrore, e via dicendo) senza il paternalismo di fondo che è tipico di film del genere, ben lungi dall'essere una pellicola leggera e vuota.
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"I figli degli uomini" è un film nel quale sembra regnare in ogni suo istante una visione pessimista e catastrofista del nostro futuro; allo stesso tempo, è un film che, senza ricorso ad effetti speciali ridondanti e senza troppe pretese racconta una realtà non così distante da noi, né del tutto impossibile, nella quale la disperazione regna sovrana.
A dispetto di altre recensioni lette, il film mi è piaciuto non perché pretende di insegnare allo spettatore cosa è buono e cosa è cattivo, ma piuttosto perché intende far riflettere lo spettatore su temi estremamente sensibili ed attuali (come il ricorso alla violenza, il razzismo, la xenofobia, la paura del terrore, e via dicendo) senza il paternalismo di fondo che è tipico di film del genere, ben lungi dall'essere una pellicola leggera e vuota.
E' bellissima una delle scene finali, nella quale, nel bel mezzo della violenza e dell'orrore, una rivelazione porterà ad un attimo di gioia e contemplazione, per poi sprofondare nuovamente nel buio.
Alcuni dettagli della sceneggiatura avrebbero potuto essere curati maggiormente, e Clive Owen non mi è sembrato certamente spettacolare, ma in generale "I figli degli uomini" è un film interessante ed originale, con un finale in crescendo quasi delirante.
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leaf
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mercoledì 22 novembre 2006
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un futuro fin troppo probabile (parte 2)
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Perdonatemi ma non mi ci è stata tutta.
(...)
Combattono perché si deve andare avanti, mentre tutti i “cattivi” sono preda di ideali più o meno condivisibili, che li portano inevitabilmente alla violenza. I personaggi, alcuni appena definiti da tratti incisivi, sono tutti molto riusciti, e si fanno ricordare. Dai protagonisti, che vengono ovviamente esplorati un po’ più a fondo, ai tanti personaggi di contorno (la zingara Marika e il suo cane, l’ostetrica Miriam, e il suo desiderio di vedere il mondo iniziare di nuovo, il vecchio hippy Jasper e la moglie catatonica), ognuno dei quali trova il suo spazio, il suo momento per splendere. La forza di questi personaggi è palpabile. Ognuno di loro sa che il mondo è finito, e ognuno di loro reagisce in modo diverso, arricchendo il film di piccole storie, ognuna delle quali merita di essere vista e amata.
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Perdonatemi ma non mi ci è stata tutta.
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Combattono perché si deve andare avanti, mentre tutti i “cattivi” sono preda di ideali più o meno condivisibili, che li portano inevitabilmente alla violenza. I personaggi, alcuni appena definiti da tratti incisivi, sono tutti molto riusciti, e si fanno ricordare. Dai protagonisti, che vengono ovviamente esplorati un po’ più a fondo, ai tanti personaggi di contorno (la zingara Marika e il suo cane, l’ostetrica Miriam, e il suo desiderio di vedere il mondo iniziare di nuovo, il vecchio hippy Jasper e la moglie catatonica), ognuno dei quali trova il suo spazio, il suo momento per splendere. La forza di questi personaggi è palpabile. Ognuno di loro sa che il mondo è finito, e ognuno di loro reagisce in modo diverso, arricchendo il film di piccole storie, ognuna delle quali merita di essere vista e amata.
Prima della conclusione, un piccolo avviso. Il film non è facile, come avrete capito. È un film duro, violento e disperato, e chi è venuto al cinema con me si è trovato in difficoltà ad arrivare alla fine del viaggio verso la salvezza. Non andateci se volete un film d’azione puro e semplice.
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leaf
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mercoledì 22 novembre 2006
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un futuro fin troppo probabile (parte 1)
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Ho visto il film questo pomeriggio, e ho deciso di aspettare qualche ora prima di scrivere una recensione. Perché, più ci penso, e meno trovo punti in cui il film fallisce. Cuaron si è dato da fare, per questo film, curando ogni singolo dettaglio fino all’inverosimile, e facendo scelte non sono da tutti. Nel 2027, la civiltà è crollata, messa in ginocchio da guerre, epidemie, terrorismo, scontri di ogni sorta e da una sterilità che ha colpito ogni donna del pianeta. L’Inghilterra proclama vanamente di essere l’unica nazione ancora stabile, e ha optato per una linea durissima contro gli immigrati clandestini: tutti gli stranieri sul suolo inglese vengono barbaramente imprigionati, torturati e uccisi, con il risultato che il terrorismo, sia civile che governativo, impera nelle città.
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Ho visto il film questo pomeriggio, e ho deciso di aspettare qualche ora prima di scrivere una recensione. Perché, più ci penso, e meno trovo punti in cui il film fallisce. Cuaron si è dato da fare, per questo film, curando ogni singolo dettaglio fino all’inverosimile, e facendo scelte non sono da tutti. Nel 2027, la civiltà è crollata, messa in ginocchio da guerre, epidemie, terrorismo, scontri di ogni sorta e da una sterilità che ha colpito ogni donna del pianeta. L’Inghilterra proclama vanamente di essere l’unica nazione ancora stabile, e ha optato per una linea durissima contro gli immigrati clandestini: tutti gli stranieri sul suolo inglese vengono barbaramente imprigionati, torturati e uccisi, con il risultato che il terrorismo, sia civile che governativo, impera nelle città. In questo scenario il personaggio di Clive Owen, Theo, si trova a dover aiutare a fuggire dall’Inghilterra una giovane profuga, Ki, miracolosamente incinta dopo diciott’anni senza neanche una gravidanza in tutto il pianeta.
Come ho accennato, la cura che Cuaron ha messo in questo film è inverosimile. Gli scenari sono perfetti. Macerie dovute ad atti terroristici, gabbie in cui vengono tenuti i prigionieri, cartelloni e schermi sparsi ovunque che descrivono la situazione socio-politica; ovunque si respira la disperazione di una società già crollata e che si avvia all’annientamento globale. L’idea del regista si manifesta in ogni singolo dettaglio. I movimenti di camera, estremamente interessanti, portano lo spettatore nel film, a volte come uno dei protagonisti, a volte come uno dei cattivi, a volte come semplice spettatore degli eventi. Le scene di violenza, e sono parecchie, sono realizzate e riprese come tratte dai telegiornali. Gli attacchi di New York, Londra e Madrid, ma anche la guerra in Medio Oriente, Abu Grahib e Guantanamo si rispecchiano nelle scene del film, togliendo il fiato allo spettatore. Senza pietà, Cuaron mette in scena una realtà dura e violenta, che tutti abbiamo visto in televisione e che fa male vedere.
Il film è fin troppo realistico. Devo dire che l’unico punto che lo porta un po’ troppo verso il catastrofico è proprio il tema principale, la sterilità globale, anche se secondo me è un puro e semplice McGuffin. Per il resto, lo scenario proposto da Cuaron è pesantemente e drammaticamente plausibile. Il regista, e co-sceneggiatore, prende i problemi che ha il mondo di oggi e semplicemente li trasla di vent’anni, ma senza esagerare, facendoli semplicemente evolvere come è possibile che succeda. Lo scontro tra Oriente e Occidente è da tempo iniziato, la guerra continua, i governi mentono e non sono in grado di gestire la situazione, i disordini nelle città ci sono già. Basta aprire gli occhi, come dice uno dei personaggi del film: “Bei tempi, il 2003. Quando la gente non vedeva ancora che il futuro era arrivato.” E’ arrivato, gente, Cuaron se n’è accorto, non è più questione di allarmismo. O ci si dà da fare, o la fine è questa, e non è neanche troppo lontana.
La storia apocalittica piacerà a chi ha amato 28 Giorni Dopo, film che gli ho trovato molto simile. Anche qui, i personaggi, che non sono eroi, nessuno di loro, si trova a dover combattere per la salvezza, e nonostante siano ad esempio costretti ad uccidere, tutti i”buoni” mantengono una certa aura di candore, di innocenza.
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daze
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mercoledì 22 novembre 2006
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inquinate meno... donate il sangue...
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sono contenta di questo film... ti lascia l'amaro, ti fa anche un pò commuovere. il finale è scontato, ma costruito bene.
perfettamente in essere con i nostri mala tempora.
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marco
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lunedì 20 novembre 2006
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una nave chiamata domani
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Anno 2027. La persona più giovane della terra, un ragazzo argentino, muore improvvisamente. La persona più giovane della terra aveva 18 anni e anche l'ultima flebile fiammella di speranza per un'umanità che, inspiegabilmente, non si riproduce più sembra spegnersi. Cuaron rende perfettamente il senso di angoscia, disperazione, ma anche rassegnazione di una Londra di un futuro non troppo lontano. Quest'ultima diventa specchio di una società disumanizzata, in cui i sentimenti sono merce rara così come le persone di cui fidarsi. Un mondo dove il vagito di un bambino è un ricordo remoto e i parchi giochi assumono un alone spettrale. I rimandi alla contemporaneità sono ovviamente presenti ed estremizzati: il terrorismo è sempre dietro l'angolo, i governi sono sempre più repressivi, lo straniero è visto come un nemico e una vera e proprio minaccia, da rinchiudere in campi che tanto ricordano Guantanamo, la guerriglia è all'ordine del giorno così come in Iraq.
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Anno 2027. La persona più giovane della terra, un ragazzo argentino, muore improvvisamente. La persona più giovane della terra aveva 18 anni e anche l'ultima flebile fiammella di speranza per un'umanità che, inspiegabilmente, non si riproduce più sembra spegnersi. Cuaron rende perfettamente il senso di angoscia, disperazione, ma anche rassegnazione di una Londra di un futuro non troppo lontano. Quest'ultima diventa specchio di una società disumanizzata, in cui i sentimenti sono merce rara così come le persone di cui fidarsi. Un mondo dove il vagito di un bambino è un ricordo remoto e i parchi giochi assumono un alone spettrale. I rimandi alla contemporaneità sono ovviamente presenti ed estremizzati: il terrorismo è sempre dietro l'angolo, i governi sono sempre più repressivi, lo straniero è visto come un nemico e una vera e proprio minaccia, da rinchiudere in campi che tanto ricordano Guantanamo, la guerriglia è all'ordine del giorno così come in Iraq. Lo stesso Theo, interpretato da Clive Owen, è uomo del suo tempo, ma contemporaneamente uomo di oggi: disilluso, sfiduciato e passivo, tanto più che viene coinvolto nell'intera vicenda più per caso che per sua reale volontà.
Non tutto fila liscio nella sceneggiatura, tanto più che alcuni spunti interessanti vengono lasciati in secondo piano (il famigerato Progetto Umano rimane qualcosa di abbastanza misterioso, il senatore che colleziona opere d'arte del mondo che fu, la cibernetica imperante e una parte della società lobotomizzata da essa), ma il film ha il grande merito di essere sempre coinvolgente e a ricreare un senso di continua tensione ed oppressione, grazie soprattutto a lunghissimi piani sequenza, davvero notevoli, oltre ad una fotografia sporca assolutamente funzionale. E quando, dopo diciotto anni, si risente finalmente il pianto di un neonato, tutto sembra fermarsi e riacquistare una dimensione umana. Ma è solo un attimo, una breve e intensa illusione.
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riccardo
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lunedì 20 novembre 2006
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futuro non troppo prossimo
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Dopo"Harry Potter e il prigioniero di Azkaban",Alfonso Cuaròn torna con un film futuristico,ambientato in un 2027 molto prossimo,dove quasi nulla è cambiato ma dove tutto sembra essere estremizzato,portato al limite della follia.Il mondo(rappresentato dall'Inghilterra dove il film è ambientato)è politicamente diviso,il popolo frammentato in gruppi terroristici,ognuno con un proprio ideale;gli immigrati sembrano deportati,segregati in delle gabbie come animali;la polizia ha instaurato un proprio dominio assolutistico,quasi non dipendesse da nessuno Stato,uccidendo ininterrottamente e picchiando in pubblico chiunque tenti di evadere dalla sua autorità,spietatamente e senza ragione;ma la cosa che caratterizza questa nuova generazione è la scomparsa della fertilità delle donne:la mancanza del candore infantile ha avvolto l'umanità nelle tenebre(Cuaròn utilizza nuovamente un'atmosfera dark)della guerra e del male.
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Dopo"Harry Potter e il prigioniero di Azkaban",Alfonso Cuaròn torna con un film futuristico,ambientato in un 2027 molto prossimo,dove quasi nulla è cambiato ma dove tutto sembra essere estremizzato,portato al limite della follia.Il mondo(rappresentato dall'Inghilterra dove il film è ambientato)è politicamente diviso,il popolo frammentato in gruppi terroristici,ognuno con un proprio ideale;gli immigrati sembrano deportati,segregati in delle gabbie come animali;la polizia ha instaurato un proprio dominio assolutistico,quasi non dipendesse da nessuno Stato,uccidendo ininterrottamente e picchiando in pubblico chiunque tenti di evadere dalla sua autorità,spietatamente e senza ragione;ma la cosa che caratterizza questa nuova generazione è la scomparsa della fertilità delle donne:la mancanza del candore infantile ha avvolto l'umanità nelle tenebre(Cuaròn utilizza nuovamente un'atmosfera dark)della guerra e del male.Il film è complesso,è contemporaneamente un'ammonizione al mondo d'oggi e un immaginario mondo del futuro dove le guerre e l'odio giungono al culmine distruggendo tutto e offuscando ogni cosa col fumo delle bombe e degli spari.La nascita della bambina,verso la fine del film,ricorda un pò l'avvento di Cristo:la giovane madre tiene stretta tra le braccia la figlia avvolta in un misero panno e passando tra i soldati e il popolo inferocito,ferma la guerra per pochi attimi,in cui la bambina(una nuova speranza di generare altre vite) viene contemplata in tutta la sua tenerezza e innocenza.Il regista inserisce nel finale una grande dose di speranza quando la ragazza e il suo salvatore,Theo(Clive Owen)che l'ha accompagnata per tutto il viaggio,proteggendola a costo della vita,aspettano in mare,su una barchetta,la nave che li porterà alla salvezza,una nave chiamata"Tomorrow",domani.Cuaròn,inaspettatamente,sembra favorire la violenza per descrivere il male della guerra e dell'odio,creando nello spettatore un senso d'inquietudine e di paura che lo porta a riflettere sulla pessima condizione del mondo d'oggi e di un domani non di certo migliore.Bravi gli attori,buona la sceneggiatura,originalissima l'idea di inserire le risa dei bambini in sottofondo ai titoli di coda,un pò noiosetto l'inizio.www.cinemailaviu.blogspot.com
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mari
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lunedì 20 novembre 2006
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fantastico
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Il film mi è piaciuto davvero molto perchè ben diretto e soprattutto ben recitato dal magnifico Clive Owen sempre grandissimo che quasi da solo porta avanti il film spalleggiato da un mostro sacro come Michael Caine in formissima.Uno dei pochissimi film che sicuramente rivedrò.
[+] megliosenza
(di megliosenza)
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stellamanu84
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lunedì 20 novembre 2006
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orribile
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a dir poco vergognoso faceva pietà
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blogger
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lunedì 20 novembre 2006
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mascolinita' in disarmo
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A dire il vero, non si capisce bene il perché migliaia di profughi provenienti da ogni angolo del globo vogliano raggiungere l’Inghilterra, dove ad attenderli, nella maggior parte dei casi, trovano mitra spianati e lager: non c’è mai fine al peggio, si dice, ed è probabile che altrove la situazione sia ancora peggiore, tuttavia è difficile immaginare qualcosa di peggio della Londra del 2027, in realtà la Londra di oggi, imbruttita efficacemente dall’ortografia allucinata di Alfonso Cuaròn(Y tu mamà tambien, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban) ne I figli degli uomini. Il filone anti-utopistico, tipicamente britannico, di fatto ha sempre avuto la sua logica nell’estremizzare le storture delle epoche contemporanee: I viaggi di Gulliver stigmatizzava costumi e mentalità del ‘700 inglese, il mondo creato da Orwell in 1984, pubblicato nel 1949, era una allegoria dei totalitarismi del ‘900; il romanzetto della James, da cui la pellicola è tratta, ipotizza un futuro dell’umanità in cui tutti i nodi irrisolti ai giorni nostri vengano al pettine fra qualche decennio.
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A dire il vero, non si capisce bene il perché migliaia di profughi provenienti da ogni angolo del globo vogliano raggiungere l’Inghilterra, dove ad attenderli, nella maggior parte dei casi, trovano mitra spianati e lager: non c’è mai fine al peggio, si dice, ed è probabile che altrove la situazione sia ancora peggiore, tuttavia è difficile immaginare qualcosa di peggio della Londra del 2027, in realtà la Londra di oggi, imbruttita efficacemente dall’ortografia allucinata di Alfonso Cuaròn(Y tu mamà tambien, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban) ne I figli degli uomini. Il filone anti-utopistico, tipicamente britannico, di fatto ha sempre avuto la sua logica nell’estremizzare le storture delle epoche contemporanee: I viaggi di Gulliver stigmatizzava costumi e mentalità del ‘700 inglese, il mondo creato da Orwell in 1984, pubblicato nel 1949, era una allegoria dei totalitarismi del ‘900; il romanzetto della James, da cui la pellicola è tratta, ipotizza un futuro dell’umanità in cui tutti i nodi irrisolti ai giorni nostri vengano al pettine fra qualche decennio. Una pandemia rende sterili le donne e la minaccia dell’estinzione arresta il progresso civile: uno stato totalitario e gruppi terroristici trasformano la metropoli in un cupo campo di battaglia, dove a nessuno è consentito sopravvivere guardando dall’altra parte o rifugiandosi in una casa isolata nella campagna. A questo punto l’homo sapiens può salvarsi solo grazie a un miracolo: proprio quando l’unico adolescente rimasto al mondo muore un’ emigrata di colore rimane incinta e il neonato sarà forse l’inizio della palingenesi. L’evento soprannaturale necessita però per concretarsi nella Storia dell’azione umana e in tale contesto disperato l’individuo comune è costretto a mettere da parte i propri casi personali e a farsi eroe, potendo contare sulla commossa solidarietà di chi intuisce e condivide la sacralità della sua missione. Niente di sorprendente o di particolare dunque nell’intreccio, nelle scoperte simbologie e nei rimandi all’attualità: il motivo cristologico/messianico sullo sfondo, la fuga di un manipolo di temerari per le strade di città popolate esclusivamente da reietti, truci guerrieri e benefattori bizzarri, battaglie combattute in mezzo a palazzi sventrati, folle di emigranti e gli immancabili schermi televisivi, sono immagini e figure di una trama già vista molte volte e ne I figli degli uomini non sono altro che singoli momenti, molto spesso suggestivi visivamente, ma non saldati da una tensione etica o dalla visione d’insieme dell’autore e neppure dall’evoluzione psicologica del protagonista del film eccessivamente implicita; a meno che non si voglia considerare collante sarcastico la mascolinità, in disarmo nell’apocalisse, di Clive Owen, a quanto pare, uno degli uomini più sexy del pianeta. http:/slilluzicando.splinder.com
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