I figli degli uomini |
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Un film di Alfonso Cuarón.
Con Clive Owen, Julianne Moore, Michael Caine, Chiwetel Ejiofor, Charlie Hunnam.
continua»
Titolo originale Children of Men.
Drammatico,
durata 114 min.
- Gran Bretagna, USA 2006.
uscita venerdì 17 novembre 2006.
MYMONETRO
I figli degli uomini ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Un futuro fin troppo probabile (Parte 1)
di LeafFeedback: |
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mercoledì 22 novembre 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ho visto il film questo pomeriggio, e ho deciso di aspettare qualche ora prima di scrivere una recensione. Perché, più ci penso, e meno trovo punti in cui il film fallisce. Cuaron si è dato da fare, per questo film, curando ogni singolo dettaglio fino all’inverosimile, e facendo scelte non sono da tutti. Nel 2027, la civiltà è crollata, messa in ginocchio da guerre, epidemie, terrorismo, scontri di ogni sorta e da una sterilità che ha colpito ogni donna del pianeta. L’Inghilterra proclama vanamente di essere l’unica nazione ancora stabile, e ha optato per una linea durissima contro gli immigrati clandestini: tutti gli stranieri sul suolo inglese vengono barbaramente imprigionati, torturati e uccisi, con il risultato che il terrorismo, sia civile che governativo, impera nelle città. In questo scenario il personaggio di Clive Owen, Theo, si trova a dover aiutare a fuggire dall’Inghilterra una giovane profuga, Ki, miracolosamente incinta dopo diciott’anni senza neanche una gravidanza in tutto il pianeta. Come ho accennato, la cura che Cuaron ha messo in questo film è inverosimile. Gli scenari sono perfetti. Macerie dovute ad atti terroristici, gabbie in cui vengono tenuti i prigionieri, cartelloni e schermi sparsi ovunque che descrivono la situazione socio-politica; ovunque si respira la disperazione di una società già crollata e che si avvia all’annientamento globale. L’idea del regista si manifesta in ogni singolo dettaglio. I movimenti di camera, estremamente interessanti, portano lo spettatore nel film, a volte come uno dei protagonisti, a volte come uno dei cattivi, a volte come semplice spettatore degli eventi. Le scene di violenza, e sono parecchie, sono realizzate e riprese come tratte dai telegiornali. Gli attacchi di New York, Londra e Madrid, ma anche la guerra in Medio Oriente, Abu Grahib e Guantanamo si rispecchiano nelle scene del film, togliendo il fiato allo spettatore. Senza pietà, Cuaron mette in scena una realtà dura e violenta, che tutti abbiamo visto in televisione e che fa male vedere. Il film è fin troppo realistico. Devo dire che l’unico punto che lo porta un po’ troppo verso il catastrofico è proprio il tema principale, la sterilità globale, anche se secondo me è un puro e semplice McGuffin. Per il resto, lo scenario proposto da Cuaron è pesantemente e drammaticamente plausibile. Il regista, e co-sceneggiatore, prende i problemi che ha il mondo di oggi e semplicemente li trasla di vent’anni, ma senza esagerare, facendoli semplicemente evolvere come è possibile che succeda. Lo scontro tra Oriente e Occidente è da tempo iniziato, la guerra continua, i governi mentono e non sono in grado di gestire la situazione, i disordini nelle città ci sono già. Basta aprire gli occhi, come dice uno dei personaggi del film: “Bei tempi, il 2003. Quando la gente non vedeva ancora che il futuro era arrivato.” E’ arrivato, gente, Cuaron se n’è accorto, non è più questione di allarmismo. O ci si dà da fare, o la fine è questa, e non è neanche troppo lontana. La storia apocalittica piacerà a chi ha amato 28 Giorni Dopo, film che gli ho trovato molto simile. Anche qui, i personaggi, che non sono eroi, nessuno di loro, si trova a dover combattere per la salvezza, e nonostante siano ad esempio costretti ad uccidere, tutti i”buoni” mantengono una certa aura di candore, di innocenza.
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