gianleo67
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lunedì 17 aprile 2017
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anapola, lindísima anapola
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Autista ed aiutante di un ricco generale messicano, Marcos confessa alla spegiudicata figlia di quest'ultimo la morte del neonato, figlio di parenti benestanti, che ha rapito con l'aiuto della moglie. Sconvolto dall'accaduto e convinto a costituirsi dalla ragazza, alla quale è legato da una morbosa dipendenza, l'uomo finirà per reagire in modo tragico ed imprevedibile.
Una battaglia nel cielo molto terrena e politica, quella messa in scena da Carlos Reygadas che sembra replicare, nel simbolismo del famoso stemma messicano dell'Aquila e del Crotalo, un conflitto di classe giocato sulla morbosa deriva morale di turpitudini inenarrabili e su quella di una tenzone sessuale utilizzata come sottile strumento di coercizione psicologica e sociale.
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Autista ed aiutante di un ricco generale messicano, Marcos confessa alla spegiudicata figlia di quest'ultimo la morte del neonato, figlio di parenti benestanti, che ha rapito con l'aiuto della moglie. Sconvolto dall'accaduto e convinto a costituirsi dalla ragazza, alla quale è legato da una morbosa dipendenza, l'uomo finirà per reagire in modo tragico ed imprevedibile.
Una battaglia nel cielo molto terrena e politica, quella messa in scena da Carlos Reygadas che sembra replicare, nel simbolismo del famoso stemma messicano dell'Aquila e del Crotalo, un conflitto di classe giocato sulla morbosa deriva morale di turpitudini inenarrabili e su quella di una tenzone sessuale utilizzata come sottile strumento di coercizione psicologica e sociale. Se il rigore della sintassi filmica impone quasi come un atto dovuto il ricorso all'alternanza di piani ravvicinati e di una circolarità dei movimenti di macchina che stringono il cerchio attorno alla vittima predestinata di una inevitabile discesa agli inferi, sta nel rapporto tra i personaggi la chiave di una dialettica che ci parla di un dominio economico e politico senza vie d'uscita: l'impietosa rappresentazione antropologica di una subordinazione fisiognomica dove all'avvenenza fisica di una ricca meretrice per diletto si contrappone la ributtante conformazione adiposa di un inconsapevole cavalier servente e della sua matronale signora, laddove le striscianti contraddizioni che innervano un paese dominato dall'impunito autoritarismo della classe dominante finiscono per deflagrare nella manifestazione di un potere che si esercita tanto nei rituali pubblici (marziali, sportivi, religiosi) quanto in quelli privati (economici, sessuali, psicologici). Un panorama sociale insomma di squallore morale generalizzato e di inconfessabili segreti intimi che tende a cristallizare le relazioni umane nelle forme di un instintivo dominio psicologico, rendendo impossibile qualsiasi tentativo di ribellione e di redenzione: l'immondo delitto confessato alla giovane è un proditorio e minatorio vincolo morale da cui la stessa si scioglie immediatamente attraverso le lusinghe del sesso e le esortazioni alla legalità. Più che sull'insistita simbologia del potere, il film di Reygadas si gioca però sul piano di una complessa ed immediata stratificazione di significati: una dimensione storica di ineluttabile condanna alla povertà morale e materiale da cui non si può sfuggire nemmeno nell'estremo tentativo di riscatto, lungo una disperata Via Crucis che dall'ascesa ideale al Golgota conduce al muto pellegrinaggio di peccatori autoflagellanti, stretti nella morsa dei mastini di un Dio molto terreno che con i mitra spianati accerchiano l'ultimo baluardo di una illusoria salvazione celeste.
Il Paradiso può attendere, perchè quello che tocca al disperato protagonista è solo il Purgatorio di una Lolita con i capelli rasta che fa su e giù lungo il turgido alzabandiera dell'ultimo miserabile della Terra. L'impassibilità neolitica di Marcos Hernández e la lasciva bellezza di Anapola Mushkadiz sono il perfetto contraltare antropologico dei loro rispettivi ed omonimi personaggi. In corsa per la Palma d'oro al Cannes Film Festival 2005 e ad altre kermesse in giro per il mondo, finisce per vincere solo il Premio FIPRESCI al Rio de Janeiro International Film Festival 2005: dal bellissmo e sfortunato Eden del Sudamerica è davvero difficile evadere.
Anapola, lindísima Anapola
no seas tan ingrata
Amamé
Anapola, Anapola
como puedes tu vivir
tan sola
Anapola, lindísima Anapola
será siempre mi alma
tuya sola
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gianni quilici
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lunedì 1 aprile 2013
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fisicità e dolore
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E’ innanzitutto un film sul dolore, quel dolore pesante, tremendo che lascia annichiliti, che guarda senza vedere, perché vede solo quel dolore.
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E’ innanzitutto un film sul dolore, quel dolore pesante, tremendo che lascia annichiliti, che guarda senza vedere, perché vede solo quel dolore. Così il protagonista non sente la fellatio fattogli dalla bella ragazza, ne’ vede lo snodarsi delle strade di una metropoli impossibile come Città del Messico.
E’ anche un film sulla fisicità, la bellezza delle labbra e del corpo, ma anche della sua bruttezza, grassa e deformata, ma comunque in tutti i casi ripresa nella sua asciutta quasi oggettiva naturalezza. Questo aspetto oggettivamente, ma non soggettivamente da parte del regista, provoca, ma ha la bellezza di una verità non compiaciuta.
E’ infine un film sul desiderio del possesso, desiderio improvviso e violento, come salto della psicologia del protagonista. E’ forse la parte più debole del film, il finale, che porta alla espiazione dei delitti del protagonista. Ed è la zona più deludente del film, perché il cerchio della storia si chiude sulla vicenda personale del protagonista e perde di quell’universalità, che pure aveva in nuce.
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mario_platonov
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domenica 17 ottobre 2010
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scandaloso nulla
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Un film del genere ci pone davanti ad un dubbio amletico: possono alcune sequenze magistrali salvare un film costruito sul nulla (o quasi)?
Parlare di trama, per questo Battaglia nel cielo, sarebbe al limite del ridicolo. Ancor di più cercare tracce di approfondimento psicologico dei personaggi.
Eppure, se per un momento dimentichiamo che dentro al barattolo non c’è niente, possiamo ammettere che per un’ora e trenta ci troviamo di fronte a un qualcosa di malato, erotico, osceno. Il modo in cui il regista stupra (in modo compiaciuto) i corpi nudi e sgraziati dei due protagonisti, un rapporto sessuale che dà il là ad una bellissima panoramica sui tetti di Città del Messico, l’insensata ascesa del protagonista su un colle immerso nella nebbia e il suo folle pellegrinaggio finale, un senso di malessere e sporcizia che, non si sa da dove non si sa perché, pervade l’intero film, portano con sé un fascino sottile, che il minuto dopo siamo costretti a rinnegare perché, dopotutto, qualcosina nel barattolo ci deve pur stare.
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Un film del genere ci pone davanti ad un dubbio amletico: possono alcune sequenze magistrali salvare un film costruito sul nulla (o quasi)?
Parlare di trama, per questo Battaglia nel cielo, sarebbe al limite del ridicolo. Ancor di più cercare tracce di approfondimento psicologico dei personaggi.
Eppure, se per un momento dimentichiamo che dentro al barattolo non c’è niente, possiamo ammettere che per un’ora e trenta ci troviamo di fronte a un qualcosa di malato, erotico, osceno. Il modo in cui il regista stupra (in modo compiaciuto) i corpi nudi e sgraziati dei due protagonisti, un rapporto sessuale che dà il là ad una bellissima panoramica sui tetti di Città del Messico, l’insensata ascesa del protagonista su un colle immerso nella nebbia e il suo folle pellegrinaggio finale, un senso di malessere e sporcizia che, non si sa da dove non si sa perché, pervade l’intero film, portano con sé un fascino sottile, che il minuto dopo siamo costretti a rinnegare perché, dopotutto, qualcosina nel barattolo ci deve pur stare.
Una stella? Due? Tre? Nessuna? Tutti avrebbero ragione nelle loro valutazioni.
Il film si apre e chiude su un rapporto di sesso orale filmato senza indugi e senza un motivo apparente (qualcuno ci ha voluto vedere una metafora del rapporto di classe tra i due personaggi, ma ci pare veramente voler concedere troppa grazia). Uomo avvisato…
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mitzi
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martedì 25 marzo 2008
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il film più brutto e noioso del mondo
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Noioso, lento, inutile, squallido. Di una lentezza e ripetititvità esasperante. Inquadrature orribili, fotografia orrenda, se lo si gira in casa con una telecamera viene meglio. Attori inespressivi, immobili, rigor mortis.
Ma come fate a dire che è un capolavoro????? Non è che per forza bisogna dire che un film è bello se viene da un paese diverso dagli Stati Uniti...
E come si fa a dire che è scandaloso? Farebbe scappare la voglia a chiunque!!!
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patrizio-direktor
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domenica 1 luglio 2007
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troppo gratuito
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Un film che poteva non solo scandalizzare ma stupire...certo nello scandalo il regista è riuscito...nello stupore direi quasi di no....se non scioccando per così dire lo spettatore...con fellatio nel prologo e nell'epilogo...il che totalmente gratuito...solo x scandalizzare...come la scena di sesso fra il protagonista e la moglie...non basta prendere il pubblico a pugni nello stomaco e scandalizzare x fare un buon film...questo poteva esserlo...ma si è perso nella volgarità del sessuale e basta. Deludente.
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kensy
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venerdì 13 aprile 2007
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non ho trovato nulla di tutto questo
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vedendo la copertina pensavo ad un film diverso....il mio giudizio negativo per la recita degli attori...lento...la storia sarebbe stata anche carina se non fosse stato cosi' apatico!e' stato il peggior film che abbia visto in tutta la mia vita!e non sto scherzando!
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swanz
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sabato 2 settembre 2006
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frattaglia nel cielo
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scelgo un titolo velleitario, falso ironico e dissacrante non perche' mi piaccia questo genere di boutade, ma per pura mimesi nei confronti dell'opera. Perche' il film, precededuto da scandalo e alone di maledettismo, e' per l'appunto un pastiche di luoghi comuni in salsa provocatoria, una pellicola con pretese di stile che approda semmai ad una immotivata tediosità pensierosa, saccente e prevedibile come molta arte contemporanea: un uomo si masturba davanti ad una partita di calcio, e siccome il tutto va avanti per le lunghe e le voci fuoricampo della moglie e del figlio chiedono: che cosa fa papa', allora lo spettatore è invitato (?) a riflettere sull'alienazione dell'uomo contemporaneo e via dicendo.
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scelgo un titolo velleitario, falso ironico e dissacrante non perche' mi piaccia questo genere di boutade, ma per pura mimesi nei confronti dell'opera. Perche' il film, precededuto da scandalo e alone di maledettismo, e' per l'appunto un pastiche di luoghi comuni in salsa provocatoria, una pellicola con pretese di stile che approda semmai ad una immotivata tediosità pensierosa, saccente e prevedibile come molta arte contemporanea: un uomo si masturba davanti ad una partita di calcio, e siccome il tutto va avanti per le lunghe e le voci fuoricampo della moglie e del figlio chiedono: che cosa fa papa', allora lo spettatore è invitato (?) a riflettere sull'alienazione dell'uomo contemporaneo e via dicendo. Le sequenze dilatate, la fotografia accurata che scava nel quotidiano per mostrare vere e proprie icone e questi corpi brutti, sgraziati, quasi statuari nella loro palese deformità, sono una chiara presa di posizione nei confronti del cinema di consumo. Ma in tanti riferimenti (dedicati alla dialettica tra bello/brutto; peccato/redenzione; immanente/trascendente; privato/sociale) pesa l'ombra del manierismo. Il regista pare sospeso tra Antonioni e Jodorowski, ma non trova l'eleganza del primo, ne' la visionarietà del secondo. Azzecca qualche buona sequenza, ma esagera con una lentezza che da contemplativa si fa didascalica, danneggiando cosi' i buoni propositi di un'opera che si rivela, tutto sommato, autoreferenziale e un po' forzata. A poco vale la bellissima colonna sonora, le interpretazioni da neorealismo dei protagonisti, la fotografia suggestiva e i movimenti di camera quasi virtuosistici. Persino lo scandalo della fellatio iniziale e finale non aiuta a rendere il film unico quanto vorrebbe: si e' già visto di meglio e di peggio nei film di Oshima. Peccato, perche' la trama, che sa di minimalismo quasi carveriano, meritava di piu'. Ma in fin dei conti tutti questi riferimenti sono inutili, persino nel giudicare il film: non basta inquadrare per cinque interminabili secondi un albero fuori dalla finestra dopo che il personaggio che occupava l'inquadratura si è spostato, per fare del film un film d'arte. Se mai e' un film di rottura, ma quel che davvero rompe non e' il caso di dirlo, per una questione di buon gusto. Lo stesso che manca al regista.
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ari
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lunedì 17 luglio 2006
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una vero peccato
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Questo film è un capolavoro mancato per molti motivi. Vorrebbe essere scandaloso ma certe scene sfiorano il ridicolo o sono a dir poco inutili. Vorrebbe essere neorealista ma nn basta mostrare visi inespressivi. Vorrebbe essere un film "di classe" di quelli con inquadrature lunghe che simboleggiano chissà che o chissà quale alienazione urbana ma che in realtà conducono ben presto alla noia più totale.
Vorrebbe essere metaforico ma nn basta mostrare l'alazata della bandiera all'inizio del film e l'ammainamento alla fine, stessa cosa dicasi per la fellatio. Le metafore sono un'altra cosa. Eppure è un vero peccato perchè tra tanto spreco c'erano delle idee davvero buone come il fatto che il film non sia inutilmente incentrato sul senso di colpa ma sul personaggio di Marcos e cerchi di essere, senza riuscirci, a sua immagine e somiglianza.
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Questo film è un capolavoro mancato per molti motivi. Vorrebbe essere scandaloso ma certe scene sfiorano il ridicolo o sono a dir poco inutili. Vorrebbe essere neorealista ma nn basta mostrare visi inespressivi. Vorrebbe essere un film "di classe" di quelli con inquadrature lunghe che simboleggiano chissà che o chissà quale alienazione urbana ma che in realtà conducono ben presto alla noia più totale.
Vorrebbe essere metaforico ma nn basta mostrare l'alazata della bandiera all'inizio del film e l'ammainamento alla fine, stessa cosa dicasi per la fellatio. Le metafore sono un'altra cosa. Eppure è un vero peccato perchè tra tanto spreco c'erano delle idee davvero buone come il fatto che il film non sia inutilmente incentrato sul senso di colpa ma sul personaggio di Marcos e cerchi di essere, senza riuscirci, a sua immagine e somiglianza.
Inoltre riesce ad essere un film in cui "le parole non servono" e di fatti le uniche due frasi chiave sono quando Marcos si confessa ad Ana e la frase detta durante la fellatio finale.
Anche il fatto che i protagonisti sono degli antieroi è un buona trovata. Carina anche la metafora iniziale con il tunnel della stazione simbolo di una vita senza vie di fuga.
Il fatto è che credo che questo film sia stato semplicemente troppo pretenzioso forse sarebbe stato meglio "comprimere" il materiale e fare un cortometraggio.
Inutilmente dilatato e inutilmente dispersivo.
Forse l'unica nota di merito è la colonna sonora.
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(di swanz)
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nicola
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giovedì 23 febbraio 2006
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de inutilitate
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triste, davvero triste. pretenzioso per nulla, sesso gratuito, tristezza necessaria, violenza incomprensiile, silenzi che in confronto celentano è incalzante. la risata liberatoria e catartica alla fine del film risarcisce per un quarto il prezzo del biglietto.
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ciro
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lunedì 20 febbraio 2006
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(batalla en el cielo)
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Il film si da arie da capolavoro ... ma è terribile si capisce poco la trama . Sembrano frammenti di fotografie scattate male . Le scene di sesso sono del tutto gratuite non fanno parte del film sono state inserite solo per attirare un po di gente al cinema .
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