Battaglia nel cielo |
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Un film di Carlos Reygadas.
Con Marcos Hernández, Anapola Mushkadiz, Bertha Ruiz, David Bornstien, Brenda Angulo.
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Titolo originale Batalla en el cielo.
Drammatico,
durata 98 min.
- Messico, Francia, Belgio, Germania 2005.
uscita venerdì 3 febbraio 2006.
MYMONETRO
Battaglia nel cielo
valutazione media:
2,28
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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frattaglia nel cielodi swanzFeedback: 0 |
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sabato 2 settembre 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
scelgo un titolo velleitario, falso ironico e dissacrante non perche' mi piaccia questo genere di boutade, ma per pura mimesi nei confronti dell'opera. Perche' il film, precededuto da scandalo e alone di maledettismo, e' per l'appunto un pastiche di luoghi comuni in salsa provocatoria, una pellicola con pretese di stile che approda semmai ad una immotivata tediosità pensierosa, saccente e prevedibile come molta arte contemporanea: un uomo si masturba davanti ad una partita di calcio, e siccome il tutto va avanti per le lunghe e le voci fuoricampo della moglie e del figlio chiedono: che cosa fa papa', allora lo spettatore è invitato (?) a riflettere sull'alienazione dell'uomo contemporaneo e via dicendo. Le sequenze dilatate, la fotografia accurata che scava nel quotidiano per mostrare vere e proprie icone e questi corpi brutti, sgraziati, quasi statuari nella loro palese deformità, sono una chiara presa di posizione nei confronti del cinema di consumo. Ma in tanti riferimenti (dedicati alla dialettica tra bello/brutto; peccato/redenzione; immanente/trascendente; privato/sociale) pesa l'ombra del manierismo. Il regista pare sospeso tra Antonioni e Jodorowski, ma non trova l'eleganza del primo, ne' la visionarietà del secondo. Azzecca qualche buona sequenza, ma esagera con una lentezza che da contemplativa si fa didascalica, danneggiando cosi' i buoni propositi di un'opera che si rivela, tutto sommato, autoreferenziale e un po' forzata. A poco vale la bellissima colonna sonora, le interpretazioni da neorealismo dei protagonisti, la fotografia suggestiva e i movimenti di camera quasi virtuosistici. Persino lo scandalo della fellatio iniziale e finale non aiuta a rendere il film unico quanto vorrebbe: si e' già visto di meglio e di peggio nei film di Oshima. Peccato, perche' la trama, che sa di minimalismo quasi carveriano, meritava di piu'. Ma in fin dei conti tutti questi riferimenti sono inutili, persino nel giudicare il film: non basta inquadrare per cinque interminabili secondi un albero fuori dalla finestra dopo che il personaggio che occupava l'inquadratura si è spostato, per fare del film un film d'arte. Se mai e' un film di rottura, ma quel che davvero rompe non e' il caso di dirlo, per una questione di buon gusto. Lo stesso che manca al regista.
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