cassandra88
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martedì 26 febbraio 2013
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domina artifex fortunae suae
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Beatrix Kiddo: il concepimento è un momento epifanico per questa donna ribelle. Dopo lo sgomento, decide di appropriarsi della propria vita e di quella di sua figlia. Vuol vivere con la figlia lontana dalla vita da nomade assassina monitorata dal capo Bill, pertanto Beatrix decide di volersi sposare con un ragazzo che lavora in un negozio di dischi. Una scelta coraggiosa che le costerà quasi la vita.
Bill: capo della squadra di assassini di cui Beatrix fa parte fino alla scoperta della gravidanza. Irato per il potere decisionale che Beatrix ha deciso di afferrare per se stessa e soprattutto per la figlia (sua e di Bill, ma lui lo saprà solo dopo), la spara in testa, ma non riesce ad ucciderla.
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Beatrix Kiddo: il concepimento è un momento epifanico per questa donna ribelle. Dopo lo sgomento, decide di appropriarsi della propria vita e di quella di sua figlia. Vuol vivere con la figlia lontana dalla vita da nomade assassina monitorata dal capo Bill, pertanto Beatrix decide di volersi sposare con un ragazzo che lavora in un negozio di dischi. Una scelta coraggiosa che le costerà quasi la vita.
Bill: capo della squadra di assassini di cui Beatrix fa parte fino alla scoperta della gravidanza. Irato per il potere decisionale che Beatrix ha deciso di afferrare per se stessa e soprattutto per la figlia (sua e di Bill, ma lui lo saprà solo dopo), la spara in testa, ma non riesce ad ucciderla.
Dopo 4 lunghi anni di coma di Beatrix, lei si sveglia e si ritrova il grembo piatto. Iniziano così i suoi viaggi fra Giappone e USA per vendicarsi della squadra di assassini e per ritrovare Bill. Trovatolo, lei incontra sua figlia, creduta morta e invece sopravvissuta anche lei. Padre e madre dunque si affrontano in un violento quanto filosofico combattimento, pieno di interrogativi e risposte (purtroppo date troppo tardi), finché un Bill sorridente si fa sconfiggere dalla forza della Edmond Dantes al femminile.
Più della sete di vendetta di Beatrix, è la sua scelta da femminista doc da dover evidenziare ed esaltare dei due film di Quentin Tarantino, oltre naturalmente alle varie forme di intertestualità (si pensi già al nome e cognome Beatrix Kiddo: la Beatrice dantesca e Nembo Kid) e alle scelte e strategie iconografiche e sonore che rendono questo film un capolavoro assoluto.
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shiningeyes
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venerdì 1 marzo 2013
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un passo avanti in confronto al primo
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Tarantino fa un bel passo avanti con il secondo capitolo riuscendo a superare il già ottimo capitolo precedente, che anche se era semi-perfetto, presentava qualche momento di stanca ed esagerazione.
“Kill Bill -Volume II” è appassionante dalla prima ed ultima scena, è un capolavoro che fregia la bellezza di questa saga, la quale stavolta si veste d'occidente, tra citazioni di spaghetti-western (musiche della trilogia del dollaro), e rimandi a Hitchcock e Ford.
Ma Tarantino non rinuncia al fascino d'oriente, con la scena di dell'addestramento della “sposa” dal severo e inflessibile Pai mei, leccornia per gli appassionati di arti marziali,pieno poi di ottimi insegnamenti di filosofia orientale.
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Tarantino fa un bel passo avanti con il secondo capitolo riuscendo a superare il già ottimo capitolo precedente, che anche se era semi-perfetto, presentava qualche momento di stanca ed esagerazione.
“Kill Bill -Volume II” è appassionante dalla prima ed ultima scena, è un capolavoro che fregia la bellezza di questa saga, la quale stavolta si veste d'occidente, tra citazioni di spaghetti-western (musiche della trilogia del dollaro), e rimandi a Hitchcock e Ford.
Ma Tarantino non rinuncia al fascino d'oriente, con la scena di dell'addestramento della “sposa” dal severo e inflessibile Pai mei, leccornia per gli appassionati di arti marziali,pieno poi di ottimi insegnamenti di filosofia orientale.
La sceneggiatura sembra più curata e avvincente, e presenta delle scene immortali come: la “risurrezione” della “sposa” dalla bara, lo scontro tra la “sposa” ed Elle Driver ed i dialoghi tra il padre adottivo di Bill e Bill stesso, dove in quest'ultimo si ha l'apice dell'epicità e coerenza della conclusione di questa saga; dove poi, ci mostra un tenero scioglimento della “sposa”, con una sempre più brava Uma Thurman.
Le scenografie, più aride, ci affascinano per la loro crudeltà e tipologia western, terra di nessuno dove qualunque cosa accade, non ne rimane traccia; la fotografia sempre più perfetta è tradizionale, ma maledettamente funzionale nel fotografare le intense espressività degli attori.
Gli attori qua funzionano anche meglio, nel quale spiccano gli ottimi Michael Madsen, Daryl Hannah e il leggendario Bill Carradine, autore di un grande e finale monologo con la “sposa”.
Praticamente il volume II si dimostra più solido e completo del più eclettico volume I, e risulta anche più scorrevole ed interessante, lasciandoci con maggiore fiato in sospeso del film precedente.
Conclusione superba di un doppio film con i fiocchi, che per me, rappresenta l'apice della filmografia e delle tecnica tarantiniana.
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great steven
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lunedì 16 settembre 2019
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azioni e parole in sintonia anfetaminica!
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KILL BILL – VOLUME 2 (USA, 2004) di QUENTIN TARANTINO. Interpretato da UMA THURMAN, DAVID CARRADINE, DARYL HANNAH, MICHAEL MADSEN, GORDON LIU
La Sposa/Black Mamba porta a termine la sua vendetta contro i responsabili del Massacro ai Pini alla Chiesa Nuziale di El Paso. Prima della resa dei conti con Bill, elimina Budd/Sidewinder ed Elle Driver/California Mountain Snake. I due film sono consequenziali, le sconnessioni temporali e il citazionismo persistono, ma sono anche radicalmente diversi, quasi contrapposti. Il secondo capitolo del dittico è più parlato, libero e d’autore; vi compaiono molta meno violenza, sangue, azione e coreografie, e in compenso vi è più amore e dolore sino ai confini del melodramma, genere assai estraneo al regista: qui, infatti, scopriamo che la Sposa/Beatrix è anche madre, madre della bambina che ha avuto da Bill, che non ha mai conosciuto e che vede per la prima volta quando lei ha quattro anni.
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KILL BILL – VOLUME 2 (USA, 2004) di QUENTIN TARANTINO. Interpretato da UMA THURMAN, DAVID CARRADINE, DARYL HANNAH, MICHAEL MADSEN, GORDON LIU
La Sposa/Black Mamba porta a termine la sua vendetta contro i responsabili del Massacro ai Pini alla Chiesa Nuziale di El Paso. Prima della resa dei conti con Bill, elimina Budd/Sidewinder ed Elle Driver/California Mountain Snake. I due film sono consequenziali, le sconnessioni temporali e il citazionismo persistono, ma sono anche radicalmente diversi, quasi contrapposti. Il secondo capitolo del dittico è più parlato, libero e d’autore; vi compaiono molta meno violenza, sangue, azione e coreografie, e in compenso vi è più amore e dolore sino ai confini del melodramma, genere assai estraneo al regista: qui, infatti, scopriamo che la Sposa/Beatrix è anche madre, madre della bambina che ha avuto da Bill, che non ha mai conosciuto e che vede per la prima volta quando lei ha quattro anni. Tarantino è un trasformista, un novello Houdini che gioca con gli strumenti stilistici a disposizione e li adopera tutti senza soluzione di continuità: colore e bianconero, schermo panoramico e split-screen, montaggio convulso e piano-sequenza. Rifà la sua apparizione anche l’omaggio al cinema asiatico con lungo e mimetico periodo dedicato all’addestramento di Beatrix alle arte marziali sotto la severa e impietosa guida del Maestro Pai Mei, ma è in funzione della titanica lotta che la guerriera intraprendere per uscire dalla bara dov’è stata sepolta viva da Budd che poco prima le aveva sparato a salve e in seguito l’aveva legata. Il più frequente riferimento meta-cinematografico è condensato nei ritmi lenti dell’epica western, e non soltanto quelli dilatati di Sergio Leone. Più che un film, Tarantino crea un universo filmico. Nel suo repertorio la trama passa sempre in secondo piano per dare maggior risalto alle acrobazie scenografiche, ai colpi di scena mozzafiato, alle scene dal notevole impatto emotivo, ai significati strazianti da ricercare dietro gli atti bellicosi e alla spregiudicatezza di una messa in scena collaudata a puntino nei minimi dettagli prima di riempire lo schermo con un’esplosione che sa al tempo stesso di pacchianeria e raffinatezza. Difficile stabilire se il suo linguaggio espressivo travalichi il sensazionalismo o riguardi più che altro un metodo di rappresentazione che nega l’autocompiacimento per soddisfare le emozioni. Quelle emozioni che, sepolte in fondo all’animo di uno spettatore alla ricerca di brivido, si rivelano poi elementari da espellere quando sorgono, ma tuttavia vanno cercate in luoghi assai reconditi, quasi inespugnabili. Il che fa del nostro film-maker un cultore della settima arte a trecentosessanta gradi abile tanto nell’epurazione dei generi mediante l’impiego di una chimica tutta particolare e molto complessa da esplicare, quanto in una sfrenata e ossessiva caccia all’ultima emozione che si può provare sulla propria pelle osservando spettacoli elaboratissimi di vizi e virtù portati alle loro estreme conseguenze. Nel dare una spiegazione al suo comportamento sanguinosamente preparatorio e per giustificare le sue imprese criminali, Bill afferma: «I overreacted». Nonostante un’eccezione come Jackie Brown, l’intero cinema di Quentin è overeacted, esagerato, mostruosamente tendente all’accumulo e alla ridondanza. La riconoscenza che gli devono quantomeno la Thurman e la Hannah non può conoscere limiti. Del resto, negli anni a venire soprattutto, anche gli altri attori statunitensi che sovente sono stati diretti da lui (Samuel L. Jackson, Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Kurt Russell, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce Dern, Walton Goggins, Christoph Waltz, ecc.) hanno imparato parecchio su un tipo di recitazione dalla grana grossa, ma pur sempre efficace perché finalizzata allo svolgimento di una storia appassionante, di cui lui è il massimo propinatore ed elargitore sul mercato mondiale.
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delfi90
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venerdì 17 giugno 2011
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l'amore dal punto di vista di un killer.
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'' Io sono un killer, un assassino bastardo, e ci sono delle conseguenze quando spezzi il cuore ad un assassino bastardo.''
Queste le parole che Bill dice a Beatrix per giustificare l'incredibile epopea da lui scatenata. Ed è il succo, il nocciolo del film. Per quanto assurdo, violento, cinico, sanguinoso possa essere, lo spirito che governa la pellicola è l'amore, Eros. Che , a volte, per trionfare ha bisogno di guerra, battaglie e morte, Thanatos. Il percorso di vendetta di Uma è sopra le righe, meditato, a volte eccessivo, ma comunque mescolato e speziato da un grande chef come Tarantino. E un grande chef ti fa dubitare un attimo prima di lasciarti stupito.
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'' Io sono un killer, un assassino bastardo, e ci sono delle conseguenze quando spezzi il cuore ad un assassino bastardo.''
Queste le parole che Bill dice a Beatrix per giustificare l'incredibile epopea da lui scatenata. Ed è il succo, il nocciolo del film. Per quanto assurdo, violento, cinico, sanguinoso possa essere, lo spirito che governa la pellicola è l'amore, Eros. Che , a volte, per trionfare ha bisogno di guerra, battaglie e morte, Thanatos. Il percorso di vendetta di Uma è sopra le righe, meditato, a volte eccessivo, ma comunque mescolato e speziato da un grande chef come Tarantino. E un grande chef ti fa dubitare un attimo prima di lasciarti stupito. Ci riesce davvero bene lui, che è senza dubbio il nec plus ultra contemporaneo del pulp.
The revenge is a dish best served cold, per citare ancora citazioni (;P) del film stesso, ma non per la scatenata The Bride... per lei la vendetta si conclude a ritmo di tango, a colpi di katana, stupita e confusa da affascinanti, recitati con tono suadente tralaltro, monologhi del pentito, orgoglioso fino all'ultimo, innamorato, cinico Bill. Una conclusione che lascia l'amaro in bocca, ma un amaro dolcissimo.
Necessariamente romantico il secondo capitolo di un capolavoro, oltre che nel finale, nel flashback che ci mostra finalmente B & B nel corso della loro love story. Personaggi fumettati, frutto di una fantasia e di una cultura davvero ampie ed eclettiche si alternano tra Pai Mei, tanto crudele quanto ingenuo (come si dimostra nel racconto di Elle), e Budd, che ci stupisce mostrandosi davvero diverso da come ce l'avevano fatto immaginare sul finire del primo capitolo. Dubbi aperti su molti aspetti della storia, filosofie da bar rivalutate e rispolverate fino al loro massimo splendore. Tutto sapientemente dosato e condito, con contorno di amore materno, aria fesa da colpi di acciaio giapponese made in Hattori Hanzo e serpenti che non perdonano. Una gargantuesca bottiglia di adrenalina per accompagnare il tutto!
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sixy89
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martedì 21 dicembre 2010
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capolavoro!
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Entrambi i volumi di Kill Bill sono ormai parte della storia del cinema. Chi ama i thriller non può non aver visto questo film. Una pietra miliare, dalla colonna sonora ai costumi ai personaggi. L'impronta di tarantino si nota nelle scene d'azione, il sangue che scorre a fiumi, nonostante appaia innaturale, tarantino lo inserisce lo stesso, volutamente. Film tratto da un libro di David Carradine, quindi con trama ben definita, ma raccontata magistralmente. Film crudo ma accattivante. Ti spinge ad immedesimarti nella protgonista e a provare quella rabbia di chi ha perso tutto e non gli resta altro che la dolce vendetta.
voto:10
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byrne
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domenica 12 gennaio 2014
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non dire "gatto"...
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(3 stelle e mezzo e passa la paura)
I due film aventi per protagonista la Sposa non formano propriamente una "bilogia": i veri sequel sono infatti spesso suscettibili a pesanti cadute di stile, ad una perdita d'uniformità stilistico-narrativa, ad un impoverimento dettato dalle ragioni spesso esclusivamente economiche che portano alla loro realizzazione. Kill Bill è un film di quattro ore diviso in due. E si percepisce nettamente, pur nel netto cambio d'ambientazione e, in una certa misura, di ritmo, la grande affinità tra le due opere. Il secondo capitolo, per essere precisi, è superiore al primo. Perchè ne ha tutte le qualità e diversi valori aggiunti.
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(3 stelle e mezzo e passa la paura)
I due film aventi per protagonista la Sposa non formano propriamente una "bilogia": i veri sequel sono infatti spesso suscettibili a pesanti cadute di stile, ad una perdita d'uniformità stilistico-narrativa, ad un impoverimento dettato dalle ragioni spesso esclusivamente economiche che portano alla loro realizzazione. Kill Bill è un film di quattro ore diviso in due. E si percepisce nettamente, pur nel netto cambio d'ambientazione e, in una certa misura, di ritmo, la grande affinità tra le due opere. Il secondo capitolo, per essere precisi, è superiore al primo. Perchè ne ha tutte le qualità e diversi valori aggiunti. Quel che eredita dal predecessore è di fin troppo facile individuazione: scene di combattimento impeccabili ed iperdinamiche, enfasi similfumettistica in ogni fotogramma, ironia secca, facile ma non priva di seconde letture, personaggi-stereotipo direttamente collegabili all'esasperato citazionismo, uno spaventoso rigore estetico. C'è però qualche cosa di nostalgico, nel secondo Kill Bill. Un'amarezza che, rifacendosi al Ford dei personaggi scriteriati e violenti, nel torto sempre e comunque pur perseguendo l'americanissimo sentimento di vendetta, mette la Sposa sullo stesso livello morale di Bill, Budd e compagnia cantante. Non a caso lo stesso Budd lo palesa, dichiarandosi meritevole della morte tanto quanto lei e quindi in diritto di difendersi, di ucciderla se necessario. E tra le prime inquadrature, due citazioni Western straordinarie: la sposa inquadrata da dentro la chiesa, con la telecamera affacciata sul panorama decisamente inequivocabile di El Paso, rimanda all'opening di "Sentieri Selvaggi". E (ma qui potrei sbagliarmi) quel Bill segaligno che suona il flauto sembra tanto una strizzata d'occhio a "El Topo". Varia come non mai la gamma di atmosfere, da quella incredibilmente drammatica (seppur spezzata dall consueta ironia) delle bellissime sequenze iniziali in bianco e nero a quella leggera e divertita dell'addestramento con Pai Mei. Formidabile il discorso finale di Bill, un David Carradine insolitamente ispirato ed a suo agio, non scontato, e persino poetico il tremendo finale. Come al solito Tarantino è irresistibile, capace come i grandi registi di genere (Leone, Woo ecc.) di crearsi la propria riconoscibilissima retorica. Ricordandosi del grande cinema.
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robert pocket
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giovedì 30 agosto 2007
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hard boiled vestito da western contaminato
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(N.B. Faro' solo una rencensione che varra' per tutti e due gli episodi). Non perdono piu' a Tarantino certe cadute di stile che si potevano perdonare in altre pellicole (vedi l'orecchio mozzato del poliziotto ne "Le Iene"), e quindi non perdono lo spiaccicamento dell'occhio di Daryl Hannah da parte del piede nudo di Uma Thurman ne tutta la carneficina della prima parte con tanto di squartamenti, sbudellamenti e affettamenti. E queste cadute gli fanno inevitabilmente perdere punti. Salvo invece due episodi centrali di tutta la vicenda: la parte dell'addestramento della nostra giustiziera con il maestro Pai Mei (e la conseguente fuga dalla cassa attraverso il metodo appreso grazie al suo mentore semplice metafora che ci insegna che finche' c'e' vita c'e' speranza e che bisogna continuare a lottare anche quando tutto sembra finito) e il bellissimo finale con il ritrovamento (a sorpresa per lei ma, sbagliando a mio avviso, gia' anticipato a noi da Bill alla fine del primo episodio) di sua figlia con tanto di straordinario dialogo di Bill sul concetto di vita e di morte e sul perche' Superman sia davvero Superman che praticamente le ruba la scena per i restanti 20 minuti.
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(N.B. Faro' solo una rencensione che varra' per tutti e due gli episodi). Non perdono piu' a Tarantino certe cadute di stile che si potevano perdonare in altre pellicole (vedi l'orecchio mozzato del poliziotto ne "Le Iene"), e quindi non perdono lo spiaccicamento dell'occhio di Daryl Hannah da parte del piede nudo di Uma Thurman ne tutta la carneficina della prima parte con tanto di squartamenti, sbudellamenti e affettamenti. E queste cadute gli fanno inevitabilmente perdere punti. Salvo invece due episodi centrali di tutta la vicenda: la parte dell'addestramento della nostra giustiziera con il maestro Pai Mei (e la conseguente fuga dalla cassa attraverso il metodo appreso grazie al suo mentore semplice metafora che ci insegna che finche' c'e' vita c'e' speranza e che bisogna continuare a lottare anche quando tutto sembra finito) e il bellissimo finale con il ritrovamento (a sorpresa per lei ma, sbagliando a mio avviso, gia' anticipato a noi da Bill alla fine del primo episodio) di sua figlia con tanto di straordinario dialogo di Bill sul concetto di vita e di morte e sul perche' Superman sia davvero Superman che praticamente le ruba la scena per i restanti 20 minuti. Bravissima comunque Uma Thurman (che qui firma anche il soggetto con Tarantino dove i due si identificano attraverso la sigla Q & U) davvero ammirabile lo spirito e la ferrea abnegazione con la quale si e' calata (subito dopo aver partorito e smaltendo con un duro allenamento e tanta palestra i chili in eccesso facendo slittare le riprese per volere di Tarantino che la volle ad ogni costo e a ragione) in un ruolo che avrebbe tramortito persino un bestione. Una curiosita': per il ruolo di Bill Tarantino contatto' Warren Beatty il quale impossibilitato consiglio' David Carradine ritenendolo adatto. Tarantino lo ascolto' e la scelta e' sotto gli occhi di tutti. Una recitazione mirata che avrebbe meritato ben altra considerazione da parte della famigerata Academy. Golden Globes invece per Uma Thurman in entrambi gli episodi e per Carradine nel secondo episodio (ma solo perche' nel primo non compare quasi mai). A proposito di episodi: ancora c'e'da chiedersi cosa sia passato in testa a quei cervelloni della Miramax per far dividere in due parti un'opera di quattro ore abbondanti quando "Ben-Hur" (1959) ne durava 217. Dedicato a Sergio Leone, Lee Van Cleef, Sergio Corbucci, Lucio Fulci, Charles Bronson e' comunque un hard-boiled vestito da western contaminato da vari generi (anime, kung-fu, cartoon giapponesi, spaghetti-western, teatro d'ombre, action movies di Hong Kong, Opera di Pechino, teatro kabuki, chambara, wu xa pian) con sprazzi di umorismo ghignante e bellissimi dialoghi filosofici. Splendida la colonna sonora che assembla per quasi il 90% brani gia' esistenti e composti nello specifico per colonne sonore a cavallo tra gli anni '60-70.(il restante 10 e da dividere tra RZA e l'amicone di sempre Robert Rodriguez qui nominato addirittura come "fratello" nei titoli di coda). Un bongustaio come Tarantino poi (o un "juke-box vivente" se mi lasciate passare il termine) non si poteva esimere dal ripescare un brano praticamente sconosciuto ai piu' di James Last "The Lonely Shepherd" con l'indimenticabile zufolo (o flauto di pan se preferite) di Zamfir. Cameo per Samuel L. Jackson e apparizione del memorabile Sonny Chiba (gia' nominato da Slater in un film firmato Tarantino "Una vita al massimo") nella parte del cuoco cinese ed ex-fabbricatore di spade Hettori Hanzo.
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[+] aiutoooooooooo
(di frank c)
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