mix ray
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martedì 14 aprile 2009
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razzismo a la
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Molto simile ad America Oggi di Altam per come è girato, ma più crudo e riflessivo. Sotto i riflettori ci sono le strane relazioni tra razze a Los Angeles, cinesi, afro americani, bianchi, persiani, latinos, le loro vite si incontrano e si scontrano,
Spesso è più facile usare un pregiudizio radicato nella società per spiegare una morte accidentale o un abuso di potere, o l'arroganza di un collega, mentre il più delle volte si tratta della natura umana che semplicemente si manifesta nelle sue più svariate forme indifferentemente dalla razza. Il film mostra proprio le contraddizioni che nascono tra le varie razze in una società complessa come quella americana , la mia teoria è che il razzismo non esiste ma esiste solo il bene e il male.
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julian90
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martedì 29 dicembre 2009
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la moda dell'intreccio
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Ruffiano quanto basta per accattivarsi buona parte del pubblico e, di questo mi stupisco, della critica, è un film giusto mediocre che ritrae il razzismo in modo poco più che macchiettistico, con tanti personaggi insulsi, inutili e per niente approfonditi (vedi Sandra Bullock). Haggis è un cantastorie piuttosto confusionario, lasciatosi cogliere, appunto, dalla "moda dell'intreccio", quello stesso espediente utilizzato da (per citarne alcuni) Almodovar e Inarritu (in modo superbo), Anderson e Soderbergh (in modo discreto e sicuramente più interessante). Non stiamo qui a fare i confronti, sarebbe una sfida impari soprattutto con gli ispanici, e gli altri due film, Magnolia e Traffic, avevano un loro perchè e molti più argomenti interessanti da discutere.
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Ruffiano quanto basta per accattivarsi buona parte del pubblico e, di questo mi stupisco, della critica, è un film giusto mediocre che ritrae il razzismo in modo poco più che macchiettistico, con tanti personaggi insulsi, inutili e per niente approfonditi (vedi Sandra Bullock). Haggis è un cantastorie piuttosto confusionario, lasciatosi cogliere, appunto, dalla "moda dell'intreccio", quello stesso espediente utilizzato da (per citarne alcuni) Almodovar e Inarritu (in modo superbo), Anderson e Soderbergh (in modo discreto e sicuramente più interessante). Non stiamo qui a fare i confronti, sarebbe una sfida impari soprattutto con gli ispanici, e gli altri due film, Magnolia e Traffic, avevano un loro perchè e molti più argomenti interessanti da discutere.
Crash spara poche cartucce, si rende interessante in davvero pochi punti e terminata la visione si può concludere che il tutto è un sofisticato mosaico spaccato in mille pezzi, ricomposto all'ultimo con un finale che chiude tutti i cerchi (roba che può fare solo uno sceneggiatore di professione, uno che è riuscito a far sgarrare persino zio Clint), scritto programmaticamente per avere le seguenti morali: i pregiudizi generano odio razziale il quale a sua volta genera violenza ed è tutto un circolo vizioso; i cattivi possono redimersi; i buoni possono cadere in miseria con una sola azione.
Un'altra sconcertante svista agli Academy Awards.
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pierluigi79
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martedì 14 marzo 2006
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il grande boh!
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E' a dir poco inspiegabile l'affannarsi di critiche entusiaste su questo film. Un film molto pretenzioso, molto retorico (pur volendo fingere di non esserlo), di una complicatezza inutile e alla fine banale. Tutti i fili si riannodano per bene uno dopo l'altro, secondo uno schema già visto mille volte, e per tutti ci deve essere per forza la redenzione. Ma perchè tanto buonismo? Mi aspettavo davvero molto di più da un film onorato dell'Oscar come BEST PICTURE. L'unica cosa buona di questa pellicola è la regia che mostra un'ottima padronanza del mezzo tecnico, anche se troppo spesso sembra autocompiacersi dela propria bravura e indugia troppo su alcuni trucchetti narrativi che vorrebbero spiazzare e alla lunga stancano.
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E' a dir poco inspiegabile l'affannarsi di critiche entusiaste su questo film. Un film molto pretenzioso, molto retorico (pur volendo fingere di non esserlo), di una complicatezza inutile e alla fine banale. Tutti i fili si riannodano per bene uno dopo l'altro, secondo uno schema già visto mille volte, e per tutti ci deve essere per forza la redenzione. Ma perchè tanto buonismo? Mi aspettavo davvero molto di più da un film onorato dell'Oscar come BEST PICTURE. L'unica cosa buona di questa pellicola è la regia che mostra un'ottima padronanza del mezzo tecnico, anche se troppo spesso sembra autocompiacersi dela propria bravura e indugia troppo su alcuni trucchetti narrativi che vorrebbero spiazzare e alla lunga stancano. In generale un film in cui risulta difficile trovare un significato, perchè quello banale banale che emerge alla fine non può essere il messaggio del film, vero? Lo spero, almeno. Se questo è il film che doveva battere "Brokeback Mountain" non ho problemi a dire che l'Academy ha preso la sua ennesima cantonata. Non a caso stampa e critica americane si sono rivoltate di fronte all'inutile (anzi dannoso) voltafaccia dell'Academy, che all'utimo momento decide di non premiare il film favorito, una volta tanto che il favorito però era anche il film più bello fra i cinque candidati.
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