filippo catani
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venerdì 2 settembre 2011
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los angeles mai così buia
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Nel film ci sono varie storie che inevitabilmente andranno a intrecciarsi fra loro. Il filo rosso che le unisce tutte quante è un misto di misantropia e razzismo. Ci sono una coppia di ladruncoli, un regista nero che non riesce a reagire alle provocazioni dei poliziotti (uno pare buono e l'altro pare cattivo), un procuratore che ha problemi con la moglie, un agente di polizia perseguitato dai problemi familiari e un negoziante iraniano che fatica a integrarsi e cerca di farlo con l'aiuto della figlia.
Tutti gli elemnti del film che già presi singolarmente prometterebbero scintille, vengono uniti insieme per dare una miscela esplosiva. Alcune storie si mescoleranno tra loro e altre continueranno ad andare avanti parallele a queste ma il grande messaggio di fondo è il fatto che ormai non riusciamo più ad accorgerci di queste cose.
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Nel film ci sono varie storie che inevitabilmente andranno a intrecciarsi fra loro. Il filo rosso che le unisce tutte quante è un misto di misantropia e razzismo. Ci sono una coppia di ladruncoli, un regista nero che non riesce a reagire alle provocazioni dei poliziotti (uno pare buono e l'altro pare cattivo), un procuratore che ha problemi con la moglie, un agente di polizia perseguitato dai problemi familiari e un negoziante iraniano che fatica a integrarsi e cerca di farlo con l'aiuto della figlia.
Tutti gli elemnti del film che già presi singolarmente prometterebbero scintille, vengono uniti insieme per dare una miscela esplosiva. Alcune storie si mescoleranno tra loro e altre continueranno ad andare avanti parallele a queste ma il grande messaggio di fondo è il fatto che ormai non riusciamo più ad accorgerci di queste cose. La nostra società finisce per relegarci in uno spazio dove noi ci chiudiamo e o fingiamo di non vedere quello che ci accade intorno oppure lo seguiamo con indifferenza. Ecco allora che l'indifferenza mista all'odio e al razzismo non può che portare alla dissoluzione di questa stessa società ormai corrotta dai vizi peggiori.
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arnaco
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martedì 15 gennaio 2013
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ottimismo pessimista
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Leggendo le recensioni mi ha colpito la presenza di due giudizi contrastanti: da un lato quello di inutile buonismo, dall'altro quello di pessimismo senza speranza. Il fatto che tutte le storie del film (tranne quella del giovane delinquente nero) si ricompongano in una sorta di lieto fine sembrerebbe avvalorare l'accusa di buonismo. Ma ripensandoci mi sono convinto del contrario. Ad esempio il poliziotto razzista salva la vita di una automobilista nera, a rischio della propria. Buonismo? Certamente la vita umana è un valore assoluto, ma anche la dignità umana lo è e non è detto che il poliziotto lo abbia capito. Infatti non lo si vede andare a scusarsi con la signora nera la cui dignità ha calpestato, palpeggiandola volgarmente di fronte al marito.
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Leggendo le recensioni mi ha colpito la presenza di due giudizi contrastanti: da un lato quello di inutile buonismo, dall'altro quello di pessimismo senza speranza. Il fatto che tutte le storie del film (tranne quella del giovane delinquente nero) si ricompongano in una sorta di lieto fine sembrerebbe avvalorare l'accusa di buonismo. Ma ripensandoci mi sono convinto del contrario. Ad esempio il poliziotto razzista salva la vita di una automobilista nera, a rischio della propria. Buonismo? Certamente la vita umana è un valore assoluto, ma anche la dignità umana lo è e non è detto che il poliziotto lo abbia capito. Infatti non lo si vede andare a scusarsi con la signora nera la cui dignità ha calpestato, palpeggiandola volgarmente di fronte al marito. Altro esempio, il negoziante iracheno spara a bruciapelo ad una bambina(nera) che però rimane illesa perchè la pistola era caricata a salve (a sua insaputa). Poi decide di non tenere più armi (per sempre?) non perchè si sia convinto razionalmente che non si deve uccidere, specialmente i bambini, ma perchè è convinto di avere assistito a un miracolo, che la bambina sia un angelo, anzi il suo angelo custode (buonismo fideista). Ancora, il giovane poliziotto bianco, animato da buoni sentimenti finisce con l'uccidere il giovane delinquente nero, armato solo della statuetta di un santo (ancora buonismo fideista?). La moglie del procuratore (lui è filonerista solo per motivi elettorali) abbraccia la cameriera messicana proclamandola la sua migliore amica, solo dopo che la sua migliore amica si è dimostrata un pezzo di merda (sic!). Infine la madre del devoto (a lei) detective nero gli preferisce il figlio delinquente arrivando ad incolparlo della sua morte. E via dicendo. Per concludere, l'elemento che accomuna i diversi episodi è la considerazione, se non buonista per lo meno ottimista, che i pregiudizi razziali, e più in generale i contrasti umani, possano essere superati mediante un rapporto di comunicazione. Purtroppo, ed ecco prevalere il pessimismo, in una grande città, come LA, un rapporto (contatto) umano si instaura solamente per un incidente, stradale o di altra natura. Altrimenti, solitudine di massa.
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(di kondor17)
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marta scattoni
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martedì 23 aprile 2013
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un inedito sguardo sulla paura dell' "altro"
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Un inedito e lucidissimo sguardo sulla paura, l'ignoranza, il pregiudizio che esplodono in una realtà dove quasi nessuno riesce a preservare la propria innocenza. Un originale affresco della difficile convivenza razziale negli U.S.A. dei giorni nostri, attualissimo anche per qualsiasi altro paese moderno aperto, volente o nolente, alla globalizzazione.
"Crash, contatto fisico" è un film del 2004, diretto da Paul Haggis, che ha meritatamente vinto tre Premi Oscar nel 2006 (film, sceneggiatura originale, montaggio) insieme ad altri prestigiosi riconoscimenti; la vicenda è l'incontro – scontro tra una pluralità di vite in un arco limitato di tempo (non più di un paio di giorni).
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Un inedito e lucidissimo sguardo sulla paura, l'ignoranza, il pregiudizio che esplodono in una realtà dove quasi nessuno riesce a preservare la propria innocenza. Un originale affresco della difficile convivenza razziale negli U.S.A. dei giorni nostri, attualissimo anche per qualsiasi altro paese moderno aperto, volente o nolente, alla globalizzazione.
"Crash, contatto fisico" è un film del 2004, diretto da Paul Haggis, che ha meritatamente vinto tre Premi Oscar nel 2006 (film, sceneggiatura originale, montaggio) insieme ad altri prestigiosi riconoscimenti; la vicenda è l'incontro – scontro tra una pluralità di vite in un arco limitato di tempo (non più di un paio di giorni). Il titolo dell'opera trova la sua spiegazione nella frase pronunciata dal personaggio del poliziotto di colore Graham Waters (Don Cheadle) all'inizio del film, appena dopo un tamponamento; il personaggio riflette sul fatto che nel tipo di società in cui vive, le persone riescono a non ignorarsi, ad incontrarsi e ad interagire solo attraverso eventi in qualche modo traumatici, attraverso lo scontro.
Nella vicende l'incontro – scontro avviene, in modo più o meno diretto, tra diversi gruppi di personaggi, ciascuno rappresentativo di un microcosmo sociale: I poliziotti bianchi (quello razzista afflitto dalle sofferenze del padre e dai problemi economici che non gli consentono di farlo curare adeguatamente e quello giovane animato da buone intenzioni e da uno spiccato senso della giustizia), i giovani rapinatori neri (quello più ingenuo e quello cinico), la coppia benestante di bianchi (lui dirigente della polizia e futuro deputato, lei frustrata e sola) con la loro domestica messicana, la coppia benestante e apparentemente integrata di neri, la famiglia di un immigrato iraniano, la giovane famiglia di un immigrato sudamericano, una coppia di cinesi (marginale) ed infine altri due poliziotti che lavorano in squadra (lui, G. Waters, nero con madre anziana e depressa a causa della delinquenza del figlio minore, lei bellissima poliziotta sudamericana).
All'interno della storia ci sono diversi momenti, fortemente commoventi, che potremmo chiamare di 'redenzione', certo numericamente assai inferiori rispetto a quelli di 'caduta', altrettanto toccanti: la protagonista di uno di questi momenti è la figlia del negoziante iraniano che, lavorando in ospedale ed essendo costretta ad assistere alla morte di tante persone a causa dell'uso spropositato di armi da fuoco, riesce ad evitare un'idiozia del padre legata proprio all'idea di sfogare la propria rabbia attraverso un'arma senza rendersi conto delle terribili ed irreparabili conseguenze che tale sfogo può avere. Altro straordinario momento di 'redenzione' è quello che vede protagonista il poliziotto razzista (Matt Dillon), che il giorno prima, con la scusa di una perquisizione, molesta la giovane moglie nera (Thandie Newton) di un regista di colore (quest'ultimo a sua volta poi protagonista di una scena memorabile) ed il giorno dopo la salva in extremis dalla macchina capovolta ed in fiamme in cui si trovava intrappolata dopo un incidente.
Terribile, soprattutto in ragione del fatto che lo spettatore è consapevole della rettitudine morale del ragazzo, è invece il momento di caduta del giovane poliziotto bianco.
Infine c'è la buona azione del giovane e cinico rapinatore di colore,interpretato dal rapper Ludacris, alla quale segue la scena finale del film, incorniciata dal lento cadere di candidi fiocchi di neve: un altro tamponamento multirazziale che ha come esito un litigio quasi comico (o che perlomeno, nella tristezza generale trasmessa dal film, riesce a strappare un sorriso) tra personaggi che parlano americano ognuno con un inflessione linguistica diversa, accusandosi sommariamente ("tu cinese..!!", "ma che cinese, sono coreano!" oppure "tu messicano...!" "ma se sono del Salvador!" ecc...) l'uno con l'altro di appartenere ad una nazionalità diversa dalla propria.
Da vedere per capire meglio in che mondo stiamo vivendo e quali siano realmente i problemi ed i pregiudizi con cui abbiamo il dovere di confrontarci.
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samanta
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lunedì 10 giugno 2024
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una sinfonia cinematografica
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Il film uscito nel 2004 ottenne non solo successo di critica ricevendo numerosi premi (Oscar 2005 come migliore film, sceneggiatura, montaggio), ma anche di pubblico a fronte di un budget di 7 milioni di $ conseguì un incasso al box office di circa 100 milioni di $. La regia è di Paul Haggis (anche cosceneggiatore) regista TV e poi andato nel cinema come sceneggiatore (Million Dollar Baby, Flags our father) e come direttore (Nella valle di Elah, Next Three Days), dimostrando sempre di essere preparato tecnicamente e intelligente.
Crash è un film difficile da inquadrare come genere: drammatico, ma anche sentimentale, poliziesco ma con risvolti da thriller, una trama in cui si svolgono vicende che non sembrano avere qualcosa in comune ma che si intrecciano sembrebbe inestricabilmente per poi trovare una soluzione, tutto questo nella durata temporale di soli 2 giorni.
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Il film uscito nel 2004 ottenne non solo successo di critica ricevendo numerosi premi (Oscar 2005 come migliore film, sceneggiatura, montaggio), ma anche di pubblico a fronte di un budget di 7 milioni di $ conseguì un incasso al box office di circa 100 milioni di $. La regia è di Paul Haggis (anche cosceneggiatore) regista TV e poi andato nel cinema come sceneggiatore (Million Dollar Baby, Flags our father) e come direttore (Nella valle di Elah, Next Three Days), dimostrando sempre di essere preparato tecnicamente e intelligente.
Crash è un film difficile da inquadrare come genere: drammatico, ma anche sentimentale, poliziesco ma con risvolti da thriller, una trama in cui si svolgono vicende che non sembrano avere qualcosa in comune ma che si intrecciano sembrebbe inestricabilmente per poi trovare una soluzione, tutto questo nella durata temporale di soli 2 giorni. Le vicende e i personaggi sono numerosi: la coppia della high societydi Los Angeles Jean (Sandra Bullock) moglie di Rick Cabot (Brendan Fraser) Procuratore distrettuale e politico emergente rapinati da una coppia di teppisti afroamericani Anthony (Ludacris) e Peter (Larenz Tate) il primo paranoico che vede solo razzisti bianchi e il secondo, più tranquillo, fratello di Graham Waters (Don Cheadle) poliziotto detective. Graham insieme alla collega Ria (Jennifer Esposito), sua amante, sta indagando su un ragazzo ucciso ed arriva sulla scena del crimine, il film con un flashback ricostruisce cosa è successo 48 ore prima. Intervengono altri personaggi: il duro e rancoroso poliziotto John Ryan (Matt Dillon) insieme al collega alle prime armi Tom Hansen (Ryan Philippe), entrambi bianchi, fermano una coppia di neri ricchi, lui Cameron Thayer (Terrence Howard) noto regista tv lei la bella moglie Christine, Ryan con un pretesto li fa scendere dall'auto e li perquisisce infilando le mani nelle parti intime della donna, poi Ryan li fa andare via dopo che Cameron gli ha dovuto chiedere scusa. Tom rimasto esterafatto e chiede al superiore (un afromericano) di cambiargli collega ma incontra ostilità e dovrà fare il servizio da solo.Un altro personaggio è l'ispanico Daniel Ruiz (Michael Pena) uomo onesto ed educato, lavoratore, sposato con una figlia , incontra solo persone maleducate ed esagitate come Jean o l'immigrato iraniano Faradh (Shaun Toub) che grazie alla figlia Dori non commetterà l'omicidio di Ruiz. Altri protagonisti si intromettone nelle varie vicende che si concluderanno in maniera sorprendente coinvolgendo tutti.
Il film si presenta come una sinfonia (tra l'altro ha una bella colonna sonora) comincia con un adagio, che diventa andante e poi andante mosso per finire nel finale con un adagio poco mosso. il tema centrale della trama non è solo il razzismo, ma soprattutto le relazioni umane che appaiono complicate, rancorose. Prendiamo il caso del poliziotto Ryan che si comporta spregevolmente con la donna afroamericana, un uomo frustrato che vive solo con il padre anziano che non riesce a farlo curare litigando con l'assicurazione che nongli vuole pagare la visita da uno specialista, eppure quando casualmente girando con l'auto soccorre un'auto che si incendia occupata proprio da Christine e a cui salva la vita rischiando di perdere la sua. viene descritta un'umanità dolente, stremata quasi cattiva in cui però brilla qualche scintilla di generosità. Altro personaggio simbolico è Jean che tratta male tutti: il fabbro , la persona di servizio, la dolce cameriera Maria, il giardiniere, il marito e che a un certo punto si accorge di essere "sempre incaxxxta", sarà uno scivolone sulle scale che la porta in ospedale a fargli scoprire come è piacevole essere comprensiva. Varia e complessa l'umanità descritta da Haggis che alla fine riesce, magistralmente, a dare un senso unitario alla storia. ottimo il cast, ben diretto e di buon livello tutti gli interpreti, se dovessi esprimere qualche valutazione citerei il poliziotto "cattivo" Matt Dillon (Sex crimes giochi pericolosi, Insospettabili sospetti), Sandra Bulloch convincente nevrotica moglie e il bravo Michael Pena (Hustle, Il corriere).
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fabio
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sabato 3 dicembre 2005
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buon film anche se ci si aspettava di più
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Probabilmente da Paul Haggis, sceneggiatore di Million dollar baby e qui autore di soggetto e sceneggiatura e produttore/regista, ci si aspetterebbe un attimino di più, nonostante nel complesso sia un buon film.
Storie di vita quotidiana che si intrecciano, stile Magnolia, America oggi, 21 grammi, dove alcuni personaggi risultano essere azzeccati (M. Dillon, ma anche gli altri attori di colore) ed altri sarebbero potuti essere approfonditi un poco di più (vedi i personaggi di S. Bullock e compagno).
Alcune scene potrebbero risultare leggermente lente, mentre altre risultano ottime: sopra tutti quella dello sparo alla bambina che lascia veramente a bocca aperta.
Per essere migliore sarebbe dovuto durare qualcosina di più per approfondire meglio i vari personaggi, oppure si sarebbe potuto eliminarne un paio mantenendo la stessa lunghezza.
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Probabilmente da Paul Haggis, sceneggiatore di Million dollar baby e qui autore di soggetto e sceneggiatura e produttore/regista, ci si aspetterebbe un attimino di più, nonostante nel complesso sia un buon film.
Storie di vita quotidiana che si intrecciano, stile Magnolia, America oggi, 21 grammi, dove alcuni personaggi risultano essere azzeccati (M. Dillon, ma anche gli altri attori di colore) ed altri sarebbero potuti essere approfonditi un poco di più (vedi i personaggi di S. Bullock e compagno).
Alcune scene potrebbero risultare leggermente lente, mentre altre risultano ottime: sopra tutti quella dello sparo alla bambina che lascia veramente a bocca aperta.
Per essere migliore sarebbe dovuto durare qualcosina di più per approfondire meglio i vari personaggi, oppure si sarebbe potuto eliminarne un paio mantenendo la stessa lunghezza.
Addirittura divertenti in alcuni passaggi Ludacris e socio.
Film che comunque consiglio, sa far riflettere sicuramente si distingue da tutta la spazzatura che ci viene propinata ultimamente al cinema.
Il voto sarebbe potuto essere più alto se non avessi tenuto conto delle aspettative che mi ero creato nei confronti di Haggis.
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marco santillani
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mercoledì 29 ottobre 2014
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capolavoro
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Molte storie che si intrecciano tra di loro ma che poi confluiscono in un unico grande finale, uno dei più belli di tutti i tempi, al pari de LA 24^ ORA.
Poesia, tensione, dramma, sono gli ingredienti di questa pellicola che regala 2 ore di emozioni autentiche. Difficile al giorno di oggi replicare simili film.
Non c'è più la cultura per ricreare film d'autore che riescano a piacere anche al pubblico. Gli attori sono superbi : l'unica al di sotto della sufficienza a mio avviso, forse è proprio Sandra Bullock.
Magari il motivo è da ricercare nel suo ruolo antipatico che le fa perdere interesse.
E' Don Cheadle a primeggiare su tutti e a dare il titolo al film.
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Molte storie che si intrecciano tra di loro ma che poi confluiscono in un unico grande finale, uno dei più belli di tutti i tempi, al pari de LA 24^ ORA.
Poesia, tensione, dramma, sono gli ingredienti di questa pellicola che regala 2 ore di emozioni autentiche. Difficile al giorno di oggi replicare simili film.
Non c'è più la cultura per ricreare film d'autore che riescano a piacere anche al pubblico. Gli attori sono superbi : l'unica al di sotto della sufficienza a mio avviso, forse è proprio Sandra Bullock.
Magari il motivo è da ricercare nel suo ruolo antipatico che le fa perdere interesse.
E' Don Cheadle a primeggiare su tutti e a dare il titolo al film. Sue le scene più belle, quelle di notte alla ricerca di indizi, in una Los Angeles fredda e distaccata, che solo con lo scontro (automobilistico in quel caso) riesce a far incontrare le persone. << Dicono che nevicherà questa notte>> sussurra Don Cheadle alla sua assistente ed amante. Quella neve arriverà nel finale, quando tutti hanno già dimenticato quella battuta e sarà proprio la neve a dare quel contatto fisico, frutto di un tamponamento stradale. Matt Dillon alle prese col padre affetto da problemi di prostata, compie una metamorfosi, da bastardo poliziotto che "palpeggia" una malcapitata e troppo snob automobilista a salvatore della vita della stessa automobilista, incastrata tra le lamiere della sua macchina in fiamme. Scena bellissima sostenuta da una muisca bellissima, come è bella tutta la colonna sonora. Un film da vedere 100, 1000 volte.
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ale_coly
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giovedì 24 settembre 2015
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un tema difficile, affrontato egregiamente
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Di film sul razzismo ne sono stati sfornati in quantità industriali, specialmente in America. Questo ne è però, forse, l'esempio migliore. Questo pellicola non scende mai, nemmeno lontanamente, nella stucchevolezza, rischio enorme quando si trattano temi inflazionati come questo. E' realistico e credibile dall'inizio alla fine ed è coronato da alcune scene di un'intensità emotiva spaventosa, che proiettano questo film nell'Olimpo del cinema. Recitazione perfetta, regia suggestiva, musiche egregie. Un film da vedere assolutamente.
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ennio
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venerdì 7 settembre 2018
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com'è triste l'america del melting pot
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O sarebbe meglio dire com'è triste l'America di Hollywood, sempre più rinchiusa in clichè e spot politicamente corretti.
“Crash” è un film con pretese di intreccio altmaniano, poco riuscite. L'ossessione del “razzismo” è portata all'inverosimile, è ovunque e riguarda tutti. Dai poliziotti bianchi che umiliano belle passeggere di colore, ai rapinatori neri che disprezzano i consimili che non rapinano i bianchi, agli immigrati asiatici che odiano quelli messicani perchè li ritengono disonesti, fino al paradosso totale del politicante bianco rapinato da neri che vuole mettere a tacere il fatto per non inimicarsi il voto della comunità nera.
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O sarebbe meglio dire com'è triste l'America di Hollywood, sempre più rinchiusa in clichè e spot politicamente corretti.
“Crash” è un film con pretese di intreccio altmaniano, poco riuscite. L'ossessione del “razzismo” è portata all'inverosimile, è ovunque e riguarda tutti. Dai poliziotti bianchi che umiliano belle passeggere di colore, ai rapinatori neri che disprezzano i consimili che non rapinano i bianchi, agli immigrati asiatici che odiano quelli messicani perchè li ritengono disonesti, fino al paradosso totale del politicante bianco rapinato da neri che vuole mettere a tacere il fatto per non inimicarsi il voto della comunità nera.
E poi clichè su clichè da America sazia e disperata, coppie nevrotiche in cui è sempre lei a portare i pantaloni e a fare scenate isteriche salvo poi chiedere scusa piangendo. Film di maniera, appena passabile e certo da non rivedere.
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paolo salvaro
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mercoledì 29 aprile 2015
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grande sceneggiatura ed atmosfere affascinanti
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Decisamente un buon film. Con quest'opera il non certo eccelso Paul Haggis si è guadagnato un posto nell'Olimpo dei grandi registi. La pellicola affronta la stessa tematica vista in numerosi modi diversi, ossia la convivenza nel mondo contemporaneo che ci circonda. Armato di un cast di buon livello, il regista viaggia intorno alla città di Los Angeles, raccontandoci varie storie ed aneddoti dei suoi abitanti: dal poliziotto altruista reso cieco dalla rabbia per le condizioni in cui si trova sua padre che si sfoga sui più deboli, all'orgoglioso persiano proprietario di un negozio sempre aperto che, sentendosi americano a tutti gli effetti, tenta disperatamente di farsi accettare dall'ambiente ostile che lo circonda.
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Decisamente un buon film. Con quest'opera il non certo eccelso Paul Haggis si è guadagnato un posto nell'Olimpo dei grandi registi. La pellicola affronta la stessa tematica vista in numerosi modi diversi, ossia la convivenza nel mondo contemporaneo che ci circonda. Armato di un cast di buon livello, il regista viaggia intorno alla città di Los Angeles, raccontandoci varie storie ed aneddoti dei suoi abitanti: dal poliziotto altruista reso cieco dalla rabbia per le condizioni in cui si trova sua padre che si sfoga sui più deboli, all'orgoglioso persiano proprietario di un negozio sempre aperto che, sentendosi americano a tutti gli effetti, tenta disperatamente di farsi accettare dall'ambiente ostile che lo circonda. Ciascun personaggio sceglie un diverso approccio alla vita ed all'esistenza, cercando come ogni persona di difendere ed esaltare la propria individualità soggiogando quelle altrui. Da ciò deriva il contatto, lo scontro con il prossimo dal quale non potrà che scaturire dolore, sofferenza e malinconia.
Vincitore di 3 premi Oscar nel 2006, Crash è senza dubbio una pellicola eccellente, forse semplice nel messaggio che intende comunicare, ma sicuramente efficace.
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paolo pizzato
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mercoledì 12 aprile 2006
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contatto riuscito
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La prima cosa che viene spontaneo fare dopo aver visto l’ottimo Crash è pensare a quante pellicole questo film è debitore. Dopo un rapido conto emergono Magnolia, Amores perros e 21 grammi per la struttura a episodi, il montaggio alternato e la corale rappresentazione di vite diverse che in qualche modo finiscono per intrecciarsi tra loro, e il lacerante Monsters ball per una figura specifica; il poliziotto bastardo, razzista, ma a ben guardare non del tutto spregevole interpretato con felice misura da Matt Dillon. Il commento “a caldo” dunque è che ci si trova di fronte a una scopiazzatura. Ma siccome fin dai lontani tempi della scuola ci è stato insegnato che copiare bene, se proprio non è un merito di sicuro è un esercizio che alla lunga può risultare utile, viene fuori che Crash è una scopiazzatura con i fiocchi.
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La prima cosa che viene spontaneo fare dopo aver visto l’ottimo Crash è pensare a quante pellicole questo film è debitore. Dopo un rapido conto emergono Magnolia, Amores perros e 21 grammi per la struttura a episodi, il montaggio alternato e la corale rappresentazione di vite diverse che in qualche modo finiscono per intrecciarsi tra loro, e il lacerante Monsters ball per una figura specifica; il poliziotto bastardo, razzista, ma a ben guardare non del tutto spregevole interpretato con felice misura da Matt Dillon. Il commento “a caldo” dunque è che ci si trova di fronte a una scopiazzatura. Ma siccome fin dai lontani tempi della scuola ci è stato insegnato che copiare bene, se proprio non è un merito di sicuro è un esercizio che alla lunga può risultare utile, viene fuori che Crash è una scopiazzatura con i fiocchi. Haggis, sceneggiatore prestato alla reagia, compone un quadro di piccole e grandi miserie, di meschinità, contraddizioni e tragedie nel quale ciascuno può riconoscersi (perché al centro c’è l’uomo, ogni uomo, che a tutte le latitudini e in qualsiasi contesto è sempre uguale a se stesso), e nel quale tutti recitano la propria parte, senza sconti e senza sorprese. Los Angeles, spesso ripresa di notte, è città simbolo di un mondo nel quale le luci, fossero anche le più scintillanti, non scacciano le tenebre; un mondo in cui ciascuno è prigioniero di se stesso, delle proprie paure, dei propri pregiudizi, dei propri egoismi, dei sogni svaniti, di una vita dalla quale si desidera fuggire. Chi pensa di non soffrire di questi mali semplicemente sbaglia, e toccherà al caso - o alla superiore trama del destino, per chi ci crede - ricondurlo alla realtà. C’è salvezza da tutto questo, sembra a un certo punto chiedersi, e chiederci, Haggis? La sua risposta è positiva, ma non confortante. Positiva perché salvezza c’è; c’è nell’amore puro di un padre per la sua bambina così come c’è nella consapevolezza antirazzista e nella tolleranza illuminata della figlia di un immigrato e nella ruvida umanità di un ladro d’auto, ma questi tiepidi raggi di sole (ed ecco la mancanza di conforto) somigliano troppo a casuali colpi di fortuna perché ci si possa fare reale affidamento. È possibile che accada qualcosa di buono, questo ci dice Haggis, è possibile che spunti un fiore anche nel deserto, ma se succede, succede per meccanismi che sfuggono, e non certo perché qualcuno si mette, giorno dopo giorno, ad annaffiare un rettangolo di sabbia. Fin qui la tematica, cui regala sostanza, emozione e appassionata identificazione un cast in stato di grazia. Don Cheadle su tutti, ottimo poliziotto che al proprio lavoro chiede di tappare le falle di una vita privata che se va alla deriva (una madre che non lo ama, un fratello delinquente e l’amore che è sempre un passo più in là, indecifrabile, irraggiungibile), poi Matt Dillon, quasi un “clone” (ma perfortuna con una sua personalità den definita) del monumentale Billy Bob Thornton di Monsters Ball, e Thandie Newton, affermata e colta signora dell’alta borghesia la cui vita rischia di andare in frantumi a causa un’umiliazione subita, e infine, seppur un gradino più in basso rispetto agli altri, anche Brendan Fraser e Sandra Bullock, coppia bianca e liberal che ormai da troppo tempo ha smesso di conoscersi e di capirsi. Un film da vedere insomma, e che una volta visto, volenti o nolenti, si finisce per portare con sé. Forse perché, in buona parte, ciascuno di noi lo ha già dentro di sé.
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[+] sono proprio d'accordo con te
(di pierluigi)
[ - ] sono proprio d'accordo con te
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