Luther

Sandro Magister

Le trombe supercattoliche della “Passione” di Mel Gibson, i protestanti rispondono con le loro campane. il 30 aprile arriva nei cinema d’italia e di Roma, fin sotto le mura vaticane, il film che in Germania ha già venduto quattro milioni di biglietti. Il titolo della pellicola è Luther. E il soggetto è proprio lui, Martin Lutero, l’uomo simbolo della protesta anticartolica e antipapale che dal Cinquecento arriva ai giorni nostri, tagliando in due la cristianità d’Europa.
Non fosse stato per le cinque settimane di sciopero dei doppiatori, l’edizione italiana di Luther sarebbe entrata in scena in contemporanea con The Passion, in piena Settimana Santa, promettendo faville. Ma il gran duello resta. Perché tra i due film c’è un abisso. Anche Lutero ha il Cristo al centro della sua fede, ed anzi, la sua protesta contro la Chiesa nasce proprio dalla fede nuda nel Figlio di Dio. Ma mentre il Gesù di Mel Gibson è di una carnalità smisurata, di un realismo spinto all’estremo, il Gesù di Luther non si vede mai, nemmeno in immagine. Le chiese di Sassonia sono spoglie anche prima che la furia iconoclasta delle plebi le devasti. Le stesse croci sono nude, senza il corpo dell’affisso: è nuda anche la piccola croce pettorale che il priore affida al giovane Lutero nella scena clou del suo tormento interiore.
Cristo sì, Chiesa no. E poi un Cristo rarefatto, tutto nell’anima. L’attore scelto da Eric Tili, il regista, per impersonare Lutero è a sua volta una sublimazione del vero Lutero della storia. Joseph Fiennes dà al fondatore del protestantesimo il volto charmant che nei celebri ritratti di Cranach proprio non compare. Il vero Lutero era rozzo e plebeo come i genii talvolta sanno essere. Qui no: è così bello ed ascetico, talmente assorbito dalla sua missione religiosa, da intristire persino la sua sposa Katarina von Bora, interpretata da Claire Cox, nella prima notte di nozze.
Il film ha avuto l’imprimatur delle Chiese luterane tedesche e d’America, che in parte hanno anche pagato la produzione. Per l’edizione italiana la Federazione delle Chiese evangeliche d’italia ha attivato i suoi esperti. Tutto in regola. Protestantesimo autenticato. Ma in Germania il film ha sfondato anche nella Baviera cattolica. E in Italia potrebbe benissimo replicare il successo: chi mai si sentirà di difendere le indulgenze comprate con monete sonanti, il lusso delle corti ecclesiastiche, io sfruttamento della fede dei semplici, il cliché di una Roma papale ridotta a bordello?
Luther si attaglia alla perfezione al cristianesimo modernizzante che traversa tutte ie confessioni. La vena antiromana che serpeggia in Germania anche in campo cattolico è una ragione in più di questa massiccia simpatia per il Lutero del film. Il ritmo della trama incalzante è un altro atout. Ma il segreto del suo successo è nel sovrano distacco con il quale assiste alla medesima trama un altro protagonista del film: Federico di Sassonia col volto di Peter Ustinov nella sua ultima interpretazione, così soffusa d’ironia. Viva Lutero. Applausi. Ma con moderazione. La Grande Protesta c’è stata e il pubblico ama chi la rende domestica e mite.
Da L’Espresso, 15 aprile 2004


di Sandro Magister, 15 aprile 2004