Lietta Tornabuoni
La Stampa
Il barbiere di Siberia di Nikita Mikhalkov, che ha inaugurato ieri sera il 52 festival, è un kolossal costoso e poco interessante, un film in costume sulla Grande Russia e su un grande amore fine Ottocento pittoresco, colorato e convenzionale, una prova di abilità nella quale la grande bravura del regista diventa maniera: una sola immagine del precedente film di Mikhalkov Il sole ingannatore era più emozionante delle tre ore che sono la durata del Barbiere. Un unico momento è davvero intenso, bello: nel cortile del Cremlino, nel 1885, i cadetti dello zar prestano giuramento, schierati in sapienti e nobili coreografie; sul suo cavallo bianco arriva Alessandro III (è Nikita Mikhalkov) reggendo in sella il figlio bambino; il suo discorso ai nuovi ufficiali (siete forti e coraggiosi, amate la vostra patria, abbiate l'orgoglio di essere russi) condensa con sincerità l'intento del regista, risvegliare sentimenti di patriottismo, dignità e speranza nella Russia contemporanea disfatta, assediata dalla povertà e dalla corruzione. [...]
di Lietta Tornabuoni, articolo completo (2994 caratteri spazi inclusi) su La Stampa 13 Maggio 1999