tony montana
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domenica 17 ottobre 2010
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kubrick colpisce ancora
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Non tutti sono in grado di trasformarsi da «pezzi informi di materia organica anfibia comunemente detta merda» a dispensatori di morte che pregano per poter entrare in combattimento. Ma dopo otto settimane, arriva il momento di dare il bacio d’addio alla propria fidanzata e dare il buongiorno al Vietnam. E al soldato “Joker” è anche andata di lusso, visto che è riuscito a farsi assegnare un incarico come inviato di guerra per il giornale militare Stars & Stripes. Ma anche lui finisce per essere coinvolto nell’offensiva del Tet del 1968… Tratto dal romanzo di Gustav Hasford, Full Metal Jacket è un film nettamente diviso in due parti (ma qualcuno ha fatto giustamente notare che i capitoli sono tre: l’addestramento, la giungla e l’assedio della cittadella, con le prostitute a dividere i capitoli), che prima ancora di farci vedere una singola sequenza di combattimento ci ha già mostrato tutto l’orrore della guerra.
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Non tutti sono in grado di trasformarsi da «pezzi informi di materia organica anfibia comunemente detta merda» a dispensatori di morte che pregano per poter entrare in combattimento. Ma dopo otto settimane, arriva il momento di dare il bacio d’addio alla propria fidanzata e dare il buongiorno al Vietnam. E al soldato “Joker” è anche andata di lusso, visto che è riuscito a farsi assegnare un incarico come inviato di guerra per il giornale militare Stars & Stripes. Ma anche lui finisce per essere coinvolto nell’offensiva del Tet del 1968… Tratto dal romanzo di Gustav Hasford, Full Metal Jacket è un film nettamente diviso in due parti (ma qualcuno ha fatto giustamente notare che i capitoli sono tre: l’addestramento, la giungla e l’assedio della cittadella, con le prostitute a dividere i capitoli), che prima ancora di farci vedere una singola sequenza di combattimento ci ha già mostrato tutto l’orrore della guerra. La prima parte, quella dedicata all’addestramento a Parris Island, è leggendaria. A questo non sono estranei Lee Ermey – che interpreta con convinzione ed efficacia il Sergente Maggiore Hartman (ottimamente doppiato da Eros Pagni) – e Vincent D’Onofrio nel ruolo del soldato “Palla di Lardo” – prima, vittima abituale del sergente istruttore per via della sua imbranataggine, e poi, inquietante e metodico cecchino ( la sequenza nei bagni con l’angosciante espressione folle di Palla di Lardo è entrata negli annali del cinema ). Ma dare solo a loro due il merito dell’efficacia dei primi 45 minuti di pellicola non sarebbe corretto nei confronti della sceneggiatura di Kubrick, Hasford e Michael Herr, perfettamente in grado di trasmettere la durezza dell’addestramento, la sua forza “spersonalizzante’” («Qui non si fanno distinzioni razziali: qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani. Qui vige l’eguaglianza: non conta un cazzo nessuno!»). Attraverso i dialoghi da loro scritti diventa perfettamente comprensibile l’ipocrisia insita nell’ideologia militare, quella che ti porta a scrivere «born to kill» sull’elmetto anche se ti sei appuntato un simbolo della pace sulla divisa; grazie al modo in cui hanno orchestrato gli eventi ci si rende perfettamente conto di come il singolo individuo non ci metta molto a perdersi nell’inferno della guerra, finendo per restare «in riga con gli altri, e avanti per la grande vittoria». Nella seconda parte, quella in Vietnam, non si può negare ci siano un paio di scene eccessivamente retoriche, ma la grande capacità del film è quella di presentare adeguatamente le diverse reazioni che i ragazzi spediti in guerra possono avere in situazioni critiche: da quello che si trasforma in un Rambo psicopatico («Come faccio a sparare su donne e bambini? È facile: vanno più lenti, miri più vicino!») al fotografo cui tremano troppo le mani per scattare; da quello che in fondo la prende alla leggera («Volevo essere il primo ragazzo del mio palazzo a fare centro dentro qualcuno») a chi ancora ci crede («Almeno sono morti per una buona causa: la Libertà»). Dal canto suo, Kubrick – regista sempre molto attento al tema della de-umanizzazione – è eccezionale nel creare inquietudine nello spettatore ogni volta che c’è in scena il sergente Hartman, ci presenta con particolare vigore le varie sezioni dell’addestramento e sa rendere sconvolgente ma non melodrammatico il finale della prima parte. Una volta “sul campo” alterna ottimamente le scene di riposo a quelle di battaglia, dando un buon ritmo alla pellicola e inchiodando lo spettatore ogni volta che si apre il fuoco. E poi c’è quel cecchino… quella lunga sequenza d’assedio in cui la tensione è palpabile come in nessun altro film e Kubrick riesce a far girare la macchina da presa attorno allo stesso set senza mai stancare, usando ralenti ed effetti sonori in modo da far rimbombare nelle orecchie e nello stomaco degli spettatori ogni colpo sparato. Forse l’utilizzo di finte interviste ai protagonisti è una soluzione semplice per fare critica alla guerra e all’ideologia militare, ma in questo caso la realizzazione è efficace e per nulla banale. Attraverso le parole dei ragazzi, e della voce fuori campo che – ben dosata – sottolinea alcuni momenti del film, traspare chiaramente come non sia la politica che a loro interessa: «sono vivo, e non ho più paura». Capolavoro.
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seancobb
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mercoledì 9 dicembre 2015
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il gioiello di kubrick
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Kubrick ci mostra come il lato disumano dell’uomo(Hartman) possa essere capace di disumanizzare(marines), traspare l’insensatezza della guerra, l’ inconsapevolezza dei soldati, la loro superficialità nei confronti della vita, l’istinto prevaricatore su ogni cosa perfino sull' esistenza umana, la distruzione spietata e infondo incompresa dai soldati, solo strumenti del potere. una brutalità dopo l’altra saggiamente smorzate dall’ironia dei soldati(joker) e dai canti volgarmente forzati. Capolavoro indiscusso del genere.
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jekyll
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domenica 20 dicembre 2015
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dalla disciplina alla bolgia
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Il film è diviso in due parti, l'addestramento e la guerra. Con uno stacco memorabile, si passa al Vietnam con l'entrata in campo di una prostituta in un set allegro, dopo la plumbea atmosfera di tutta la prima parte, in una sequenza dal tono di commedia ma che contiene tutti gli elementi non solo del senso del film ma del discorso di Kubrick sulla società americana e occidentale e l'esportazione del suo sistema di vita. La seconda parte stessa è divisa in due sottoparti, la prima aperta e chiusa, con una delle simmetrie care al regsta, da una scena con una prostituta. La capacità di Kubrick di subordinare la padronanza eccezionale della tecnica a fini espressivi trova un perfetto esempio dall'effetto terrificante degli zoom nella sequenza del cecchino.
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Il film è diviso in due parti, l'addestramento e la guerra. Con uno stacco memorabile, si passa al Vietnam con l'entrata in campo di una prostituta in un set allegro, dopo la plumbea atmosfera di tutta la prima parte, in una sequenza dal tono di commedia ma che contiene tutti gli elementi non solo del senso del film ma del discorso di Kubrick sulla società americana e occidentale e l'esportazione del suo sistema di vita. La seconda parte stessa è divisa in due sottoparti, la prima aperta e chiusa, con una delle simmetrie care al regsta, da una scena con una prostituta. La capacità di Kubrick di subordinare la padronanza eccezionale della tecnica a fini espressivi trova un perfetto esempio dall'effetto terrificante degli zoom nella sequenza del cecchino. Modine interpreta il personaggio centrale del soldato Joker, burlone capace di tener testa al sergente, insieme cinico e umano, uno dei personaggi schizofrenici emblematici del mondo di Kubrick. Lee Ermey, all'inizio scritturato come consulente, finì per diventare l’eccellente interprete del sergente Hartman. Egli aveva fatto l'istruttore dei marines a Parris Island e buona parte degli improperi che rivolge alle reclute nel film erano farina del suo sacco. Il film é visivamente livido, verdastro, con una gamma limitata di colori; una secchezza funzionale alla storia di cui aumenta la potenza delle immagini. Dal realismo il film approda attraverso il fantastico all'horror e al delirio. Il finale mostra l'uomo regredito a un nuovo Alex, l'uomo smarrito che è uscito dalla strada della conoscenza attraverso ideologie e credenze fallimentari. Di che cosa non ha più paura il soldato Joker? Del suo lato ancestrale, dei suoi demoni ("Il mio cuore è nero", dice la canzone "Paint it black" dei Rolling Stones che si ascolta sui titoli di coda del film).
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nicolò
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venerdì 4 maggio 2007
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gli orrori del vietnam in un capolavoro di kubrick
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Con "Apocalypse Now" il miglior film sul Vietnam. Un magistrale affresco con cui Stanley Kubrick coglie l'occasione di dire no a tutte le guerre. E lo fa con una sceneggiatura perfetta - ispirata ad un romanzo di Gustav Hasford, anche collaboratore allo script - e attori straordinari, tra cui un memorabile Vincent D'Onofrio nella parte di Pyle "Palla di lardo". Il film è sostanzialmente diviso in due parti: c'è la prima, quella migliore, incentrata sull'addestramento tenuto da un severo sergente bianco (Lee R. Ermey), e la seconda, sugli orrori della guerra. Inutile dire che la prima è più incisiva, straordinaria, sensazionale: riassume perfettamente la filosofia di Kubrick. E in essa c'è anche più violenza, poichè il personaggio di Ermey, per allenare i cadetti, ricorre a qualsiasi tipo di violenza, psicologica e fisica.
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Con "Apocalypse Now" il miglior film sul Vietnam. Un magistrale affresco con cui Stanley Kubrick coglie l'occasione di dire no a tutte le guerre. E lo fa con una sceneggiatura perfetta - ispirata ad un romanzo di Gustav Hasford, anche collaboratore allo script - e attori straordinari, tra cui un memorabile Vincent D'Onofrio nella parte di Pyle "Palla di lardo". Il film è sostanzialmente diviso in due parti: c'è la prima, quella migliore, incentrata sull'addestramento tenuto da un severo sergente bianco (Lee R. Ermey), e la seconda, sugli orrori della guerra. Inutile dire che la prima è più incisiva, straordinaria, sensazionale: riassume perfettamente la filosofia di Kubrick. E in essa c'è anche più violenza, poichè il personaggio di Ermey, per allenare i cadetti, ricorre a qualsiasi tipo di violenza, psicologica e fisica. E il pubblico - ma anche Eros Pagni che lo doppia nella versione italiana - ha fatto di tutto per renderlo memorabile. Non ci si dimentica di lui neanche quando Pyle lo fa saltare con un fucile e poi si suicida, anche se manca ancora un'ora alla fine del film.
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(di alessandro)
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domenica 17 luglio 2016
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la guerra in 116 minuti
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Nella prima parte di Full Metal Jacket emerge la figura di Hartman capace di trasformare uomini in soldati disumani pivi di emozioni. Nella seconda parte a mio avviso c’è una frase eloquente, pronunciata dal soldato Animal che spiega cos’è la guerra:” Meglio io che loro “, con quest’espressione Kubrick riesce a mostrare quanto egoismo ci sia nella guerra anche all’interno dello stesso schieramento, la frase verrà poi ripresa in Pulp Fiction e pronunciata da Tarantino stesso, motivo per cui continuo a sostenere che ci sia un divario abissale tra i due a favore di Stanley. Inserire in un film crudele e straziante come questo “la marcia di topolino” rende il tutto ancora più geniale, questa canzone simboleggia la digressione del soldato Joker da reporter a assassino spietato e la sua incapacità di diventare grande.
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Nella prima parte di Full Metal Jacket emerge la figura di Hartman capace di trasformare uomini in soldati disumani pivi di emozioni. Nella seconda parte a mio avviso c’è una frase eloquente, pronunciata dal soldato Animal che spiega cos’è la guerra:” Meglio io che loro “, con quest’espressione Kubrick riesce a mostrare quanto egoismo ci sia nella guerra anche all’interno dello stesso schieramento, la frase verrà poi ripresa in Pulp Fiction e pronunciata da Tarantino stesso, motivo per cui continuo a sostenere che ci sia un divario abissale tra i due a favore di Stanley. Inserire in un film crudele e straziante come questo “la marcia di topolino” rende il tutto ancora più geniale, questa canzone simboleggia la digressione del soldato Joker da reporter a assassino spietato e la sua incapacità di diventare grande.
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sergente hartman
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mercoledì 8 agosto 2007
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capolavoro mi permetto di citare frasi celebri
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troppo bella l'interpretazione del sergente hartman e secondo quale punto di vista fa morire dal ridere oppure fa rattristare vedendo come un uomo possa ridursi alla follia.la frase che piu mi piace è quando il soldato joker dice (chi sei tu john wayne e io chi sarei ?e il sergente hartman va fuori di testa e inizia ad urlare "chi ha parlato chi cazzo ha parlato chi è quella lurida checca pompinara che ha firmato la sua condanna a morte" .questa frase mi è piaciuta veramente tanto .io l' ho visto in inglese,francese,italiano ,tedesco ,spagnolo e portoghese questa parte dell'addestramento ,ma vi assicuro che la voce dl doppiaggio di eros pagani è eccezzionale davvero unica
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mik
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mercoledì 11 marzo 2009
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fmj: analisi della violenza collettiva organizzata
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Inizio col dire che è chiaro che "Full Metal Jacket" è molto più di un film di condanna della guerra. Qui si scava nelle implicazioni più sottili della mentalità non solo militare, ma anche umana che portano alla violenza (un tema che ricorre spesso nella filmografia del regista americano). E cos'è la guerra se non la razionalizzazione e l'organizzazione collettiva della violenza umana?
E' in questa chiave che si spiega il preludio che mostra l'addestramento delle reclute e il graduale processo di disumanizzazione cui sono costrette, cosa che pochi film di genere hanno mostrato. Kubrick compie il primo passo nella sua immersione allucinatoria: qui la tensione è smorzata da una figura quasi caricatuale come quella del tenente istruttore(ma le caricature qui hanno il potere di rendere l’effetto allucinatorio ancora maggiore) ma di contro c'è tutta la tronfia retorica maschilista dominante di cui sono imbevute le reclute, e la progressiva sostituzione del desiderio sessuale per la donna verso una pulsione di morte.
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Inizio col dire che è chiaro che "Full Metal Jacket" è molto più di un film di condanna della guerra. Qui si scava nelle implicazioni più sottili della mentalità non solo militare, ma anche umana che portano alla violenza (un tema che ricorre spesso nella filmografia del regista americano). E cos'è la guerra se non la razionalizzazione e l'organizzazione collettiva della violenza umana?
E' in questa chiave che si spiega il preludio che mostra l'addestramento delle reclute e il graduale processo di disumanizzazione cui sono costrette, cosa che pochi film di genere hanno mostrato. Kubrick compie il primo passo nella sua immersione allucinatoria: qui la tensione è smorzata da una figura quasi caricatuale come quella del tenente istruttore(ma le caricature qui hanno il potere di rendere l’effetto allucinatorio ancora maggiore) ma di contro c'è tutta la tronfia retorica maschilista dominante di cui sono imbevute le reclute, e la progressiva sostituzione del desiderio sessuale per la donna verso una pulsione di morte. Ma questo maschilismo che schernisce e umilia il diverso (omosessuale e/o minorato ) mostra tutta la sua contraddizione nel ricreare un rapporto omosessuale tra la reclute e il fucile/fallo, cancellando del tutto l’elemento femminile, che sembra così rimosso e invece ritornerà prepotente nel finale del film.
La figura di Joker merita un' analisi a parte. Se le caricature sono personaggi mono dimensionali, Joker è invece qualcosa di più complesso e sfuggente, e forse addirittura un drammatico stravolgimento rispetto ad un altro consueto dualismo stereotipato (quello soldato buono vs soldato cattivo). Joker imita buffamente John Wayne ma allo stesso tempo ne subisce il fascino, si è arruolato perchè "volevo essere il primo del mio palazzo a fare centro dentro uno". Kubrick ci pone di fronte ad un personaggio forse con più scuri che chiari e sembra domandare allo spettatore fino a dove giurerebbe che i semi di quest'odio non siano arrivati, fin dove la fascinazione per la guerra possa arrivare a fagocitare un prototipo ben diverso dall’idea di soldato-tipo: Joker rappresenta una figura border-line a cavallo tra lucidità e schizofrenia, che sembra essere più consapevole ma allo stesso forse addirittura più responsabile dell’inferno che si muove intorno perché aderisce ad esso con più lucidità razionale.
Con la seconda parte del film l’allucinazione si completa con l’arrivo nel Vietnam. “La sporca guerra” nel sud-est asiatico è un’ ideale palcoscenico dove proseguire il proprio viaggio nell’orrore e la spettrale città di Huè (tra macerie fumanti, fiamme, desolazione totale) ne rappresenta lo sfondo, modificando il significato della città da luogo di aggregazione sociale a luogo di distruzione e morte. Ma dov’è il “nemico” , o meglio chi è? Sembra non avere volto e muoversi alle spalle di soppiatto, quasi uno spettro. Solo la sequenza finale ne restituisce una figura nitida. Il cecchino annidato tra le macerie che miete vittime tra i marines, è in realtà una donna (quasi una ragazzina): tutto l’inconscio rimosso durante l’addestramento ritorna fuori prepotentemente…il “nemico” di questi uomini non è altro che la parte di se stessi diversa da se, o più generalmente il diverso da se (donna, orientale, ragazzina e non maschio occidentale adulto) . Joker stesso, colui che sembra aver salvato un briciolo di quella diversità, dimostrerà come è pronto ad annullarla per aderire idealmente alla lucida schizofrenia del gruppo di soldati, finendo di uccidere quel residuo di innocenza e umanità che ancora conserva. Tornerà a casa sano e salvo, ma non sarà mai più lo stesso.
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aristoteles
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martedì 21 luglio 2015
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maledetta guerra
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Chi di noi non ha mai amato il sergente Hartman alzi la mano, i suoi monologhi hanno fatto impazzire generazioni.
La fase dell'addestramento è molto ben curata ed anche se ovviamente nel film vi saranno state delle esagerazioni ,di sicuro l'addedstramento dei marines è duro e porta alla formazione del "Noi" piuttosto che a lasciare all'individuo libertà di azione.
Ma sono soldati e forse è anche logico che vada così.
Il film mi è piaciuto molto anche se non sono amante dei film sulla guerra in particolare.
Dopo la fase di addestramento la parte sul campo di battaglia è abbastanza curato e dettagliato sopratutto rimangono impressi i momenti in cui gli amici che fino a un momento prima sono accante a te li ritrovi ,morti un attimo dopo senza neanche avere un attimo per compiangerli , per dargli un saluto decoroso.
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Chi di noi non ha mai amato il sergente Hartman alzi la mano, i suoi monologhi hanno fatto impazzire generazioni.
La fase dell'addestramento è molto ben curata ed anche se ovviamente nel film vi saranno state delle esagerazioni ,di sicuro l'addedstramento dei marines è duro e porta alla formazione del "Noi" piuttosto che a lasciare all'individuo libertà di azione.
Ma sono soldati e forse è anche logico che vada così.
Il film mi è piaciuto molto anche se non sono amante dei film sulla guerra in particolare.
Dopo la fase di addestramento la parte sul campo di battaglia è abbastanza curato e dettagliato sopratutto rimangono impressi i momenti in cui gli amici che fino a un momento prima sono accante a te li ritrovi ,morti un attimo dopo senza neanche avere un attimo per compiangerli , per dargli un saluto decoroso.
Mi sarebbe piaciuto vedere "Palla di Lardo" sul campo di battaglia ma oramai l'addestramento lo aveva consumato.
Gran bel film che fa riflettere sul fatto che la guerre non dovrebbero esistere e non dovrebbero far parte di questo mondo,tuttavia.....
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rocky
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giovedì 15 settembre 2005
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no alla guerra
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Memorabile film di Kubrick sugli orrori della guerra del Vietnam (di tutte le guerre).
Racconto corale di un 'esperienza umana tragica quanto effimera. Dall'addestramento dei futuri marines, alle battaglie nei campi avversari, l'opera è un ritratto della solitudine dell'uomo- recluta, vittima e carnefice di se stesso.
L'alone dell'irreparabile imminente circonda la vicenda narrata: dall'omicidio-suicidio di "Palla di Lardo" in poi il film è un ritratto fedele della non logica della guerra. Carne da macello arriverà al massacro in un ordine di sequenza dove non si respira simpatia per nessuno dei personaggi: ciascuno interprete di un proprio destino scelto solo in apparenza.
Si afferma così nell'opera lo schema Kubrichiano di tensione-orrore-dileggio verso i vari protagonisti, senza colpe ma anche senza giustificazioni verso l'uomo che si fa morte
La comprensione si posa sui soli destini già assegnati alle vittime-carnefici: l'impossibilità di ribaltare la propria storia se non nella morte propria o dell'avversario, assume agli occhi del regista un senso di pietà e amarezza per quello che non avrebbe dovuto essere ed invece è stato e sarà sempre.
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Memorabile film di Kubrick sugli orrori della guerra del Vietnam (di tutte le guerre).
Racconto corale di un 'esperienza umana tragica quanto effimera. Dall'addestramento dei futuri marines, alle battaglie nei campi avversari, l'opera è un ritratto della solitudine dell'uomo- recluta, vittima e carnefice di se stesso.
L'alone dell'irreparabile imminente circonda la vicenda narrata: dall'omicidio-suicidio di "Palla di Lardo" in poi il film è un ritratto fedele della non logica della guerra. Carne da macello arriverà al massacro in un ordine di sequenza dove non si respira simpatia per nessuno dei personaggi: ciascuno interprete di un proprio destino scelto solo in apparenza.
Si afferma così nell'opera lo schema Kubrichiano di tensione-orrore-dileggio verso i vari protagonisti, senza colpe ma anche senza giustificazioni verso l'uomo che si fa morte
La comprensione si posa sui soli destini già assegnati alle vittime-carnefici: l'impossibilità di ribaltare la propria storia se non nella morte propria o dell'avversario, assume agli occhi del regista un senso di pietà e amarezza per quello che non avrebbe dovuto essere ed invece è stato e sarà sempre.
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[+] simpatia
(di kosky)
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paolo 67
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venerdì 10 agosto 2012
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può la guerra essere bella?
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In «Full metal jacket» (tratto dal romanzo «Nato per uccidere» di Gustav Hasford, un veterano del Vietnam), Kubrick esplora le contraddizioni, la dualità dell'uomo come l'ansia di vita e la pratica di morte. Nelle intenzioni di Kubrick non un film contro la guerra come era stato «Orizzonti di gloria» – sebbene il regista fosse stato contrario alla guerra in Vietnam –, ma un'opera senza posizione morale o politica, un'analisi distaccata della guerra come fenomeno. Una delle cose che al regista piacevano in una storia di guerra è la mancanza di un atteggiamento morale facilmente distinguibile: «Mi piace l'onestà omerica, quando Joker dice: non mi sono mai sentito così vivo».
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In «Full metal jacket» (tratto dal romanzo «Nato per uccidere» di Gustav Hasford, un veterano del Vietnam), Kubrick esplora le contraddizioni, la dualità dell'uomo come l'ansia di vita e la pratica di morte. Nelle intenzioni di Kubrick non un film contro la guerra come era stato «Orizzonti di gloria» – sebbene il regista fosse stato contrario alla guerra in Vietnam –, ma un'opera senza posizione morale o politica, un'analisi distaccata della guerra come fenomeno. Una delle cose che al regista piacevano in una storia di guerra è la mancanza di un atteggiamento morale facilmente distinguibile: «Mi piace l'onestà omerica, quando Joker dice: non mi sono mai sentito così vivo». D'altra parte egli riteneva che la guerra fosse «una delle poche situazioni che restano in cui gli uomini si alzano e parlano per quello che ritengono essere i loro principi». Un film estremamente riuscito e centrato nel tono documentaristico, molto secco e molto bello, dalla fotografia superba (di Stanley Kubrick stesso senza intermediari, non poteva essere altrimenti, di una profondità di campo che rapisce lo sguardo) uno dei successi più grandi di Kubrick che manifesta le sue ossessioni e esplora nuovamente la psicosicità insita nella natura umana e che l'ha contraddistinta in tutta la sua storia.
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