noia1
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lunedì 10 novembre 2014
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“non pensavo facessero pezzi di merda così alti!”
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Addestramento e pratica alla guerra in Vietnam, un’esperienza sconvolgente.
Stanley Kubrick ci ha abituato a prove cinematografiche eccezionali senza smentirsi nemmeno in questo capolavoro, intenso e spaventoso.
Al di là di immagini concrete e paroloni tutto viene trasmesso attraverso la maturazione dei personaggi, ognuno reagisce a modo suo ma sempre e comunque evidenziando, in modo più o meno evidente e più o meno innocente, l’assurdità della guerra e di ciò che si crea attorno.
Nella prima parte c’è un durissimo addestramento, vengono messi in evidenza i due poli opposti, il sergente maggiore Hartman e l’impreparato Palla di lardo.
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Addestramento e pratica alla guerra in Vietnam, un’esperienza sconvolgente.
Stanley Kubrick ci ha abituato a prove cinematografiche eccezionali senza smentirsi nemmeno in questo capolavoro, intenso e spaventoso.
Al di là di immagini concrete e paroloni tutto viene trasmesso attraverso la maturazione dei personaggi, ognuno reagisce a modo suo ma sempre e comunque evidenziando, in modo più o meno evidente e più o meno innocente, l’assurdità della guerra e di ciò che si crea attorno.
Nella prima parte c’è un durissimo addestramento, vengono messi in evidenza i due poli opposti, il sergente maggiore Hartman e l’impreparato Palla di lardo. Hartman è brutale e i suoi metodi sono resi ancora meglio da una formula grottesca e quasi ironica di presentazione, il suo scopo è creare macchine da guerra ma risulta solo un completo abbattimento dell’individualità con conseguente creazione di automi senza uno straccio di umanità dove chi è fuori dal gruppo viene maltrattato. La cosa peggiore è che il crudele sergente ha dei principi ben saldi per cui non è un semplice caso di cattiva persona, il suo è un vero e proprio metodo, una mentalità di trattare le persone, insegnamento che si trasferisce quindi ai suoi allievi, non esempio di persona deviata.
Sempre nella prima parte, opposto al sergente, c’è Palla di lardo, il soldato che nessuno vorrebbe essere. Attraverso la vicenda del poveraccio i metodi brutali sono accentuati, ad un certo punto è evidente il distacco tra il giovane e l’ormai coalizzato gruppo per cui Hartman trova il modo di mettere tutti contro l’unico ancora diverso annientandolo e senza lasciargli più scelta. Alla fine si vedrà un Palla di lardo completamente integrato ma ormai alienato tanto da non farsi alcuno scrupolo nell’uccidere sia il sergente che se stesso.
Nella seconda parte il protagonista è Joker, la trama si fa più avvincente ma anche brutale, ogni film di guerra è brutale ma qui si distingue per l’accentuato arricchimento dei protagonisti sui quali gli effetti della guerra saranno devastanti. Le chiacchierate tra soldati sono importanti, si fanno considerazioni sulla guerra ormai ritenuta persa, su ciò che si può fare, sull’inutilità della loro missione di liberazione. C’è l’ipocrita, quello che pur di salvare il gruppo è disposto a sacrificare alcuni membri, il cinico, chi ci crede, tanti universi a confronto posti da essere credibili, si potrebbe dare ragione a tutti. È evidente però con il proseguire della trama l’inutilità di ciò che si sta facendo, il terrore e la rassegnazione ne fanno da padroni e la follia spinta dalla rabbia porta i protagonisti ad una missione finale che sembra più per poveri kamikaze, vinceranno, la marcia finale sulle note di “Viva topolin” rende però appieno l’inutilità per la quale si sono scannati e per la quale tanti altri sono morti sotto i loro occhi.
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great steven
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giovedì 16 aprile 2015
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trasformati da damerini in apocalittici assassini.
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FULL METAL JACKET (GB/USA, 1987) diretto da STANLEY KUBRICK. Interpretato da MATTHEW MODINE, ADAM BALDWIN, VINCENT D'ONOFRIO, KEVIN MAJOR HOWARD, JOHN TERRY, R. LEE ERMEY
Mentre infuria la guerra in Vietnam, in un campo di addestramento dei Marines nel South Carolina, diciassette giovani civili sostengono un allenamento massacrante e spietato sotto la guida inflessibile del feroce e cattivissimo sergente maggiore Hartman, istruttore che li opprime senza pietà e pretendendo l’impossibile da essi. Il più vessato fra le reclute è Leonard, soprannominato spregiativamente "palla di lardo" da Hartman, ma saprà poi farsi valere nelle numerose discipline militari e diventare un soldato assassino nel vero senso della parola, tanto che si vendicherà del motteggio del sergente istruttore uccidendolo con un fucile per poi togliersi la vita lui stesso con uno sparo in bocca.
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FULL METAL JACKET (GB/USA, 1987) diretto da STANLEY KUBRICK. Interpretato da MATTHEW MODINE, ADAM BALDWIN, VINCENT D'ONOFRIO, KEVIN MAJOR HOWARD, JOHN TERRY, R. LEE ERMEY
Mentre infuria la guerra in Vietnam, in un campo di addestramento dei Marines nel South Carolina, diciassette giovani civili sostengono un allenamento massacrante e spietato sotto la guida inflessibile del feroce e cattivissimo sergente maggiore Hartman, istruttore che li opprime senza pietà e pretendendo l’impossibile da essi. Il più vessato fra le reclute è Leonard, soprannominato spregiativamente "palla di lardo" da Hartman, ma saprà poi farsi valere nelle numerose discipline militari e diventare un soldato assassino nel vero senso della parola, tanto che si vendicherà del motteggio del sergente istruttore uccidendolo con un fucile per poi togliersi la vita lui stesso con uno sparo in bocca. Terminato l’addestramento e divenuto sergente, Joker, una delle diciassette ex reclute, va a lavorare presso la sede giornalistica di un commando militare e, insieme ai commilitoni Animal e Cowboy (che assumerà il comando di una pattuglia in esplorazione), si ritrova coinvolto nell’offensiva del Tet (1968). L’esperienza traumatizzante dei vietcong che cercano disperatamente e in tutti i modi di difendersi e della necessità di ammazzare per sopravvivere segnerà nel profondo Joker, cambiando per sempre il suo animo e la sua interiorità. Kubrick, trent’anni dopo Orizzonti di gloria, recupera la sua passione per il cinema di guerra facendo i conti con la realtà attuale, andando al di là del Vietnam per scagliare frecce decisive e definitive contro l’atrocità del secolo e il trascorrere imperterrito della Storia che lascia sempre sul suo cammino una sporcizia incancellabile non dettata solo dalle innumerevoli morti ma anche dall’utilizzo più ignobile e distruttivo che l’uomo da sempre fa delle novità tecnologiche e meccaniche. E anche di sé stesso: quando mai non ha approfittato di pretesti territoriali, economici, politici o sociali per tramutarsi in un diffusore indiscriminato di morte in ogni luogo e spazio? I soldati addestrati dal perfido sergente Hartman (la cui voce italiana è del bravissimo Eros Pagni) divengono schiavi di un conflitto inevitabile e sfegatato servendolo con una devozione paragonabile soltanto a un fanatismo religioso che esaspera la relativa mania. L’iperrealismo necessario veicola una brezza gelida di umorismo nero che la dice lunga sulla violenza dell’istituzione militare e soprattutto sulla sua insensatezza: la prosa asciutta, che rivela comunque una consistenza inconfutabile, si serve dei contributi tecnici per rappresentare un dramma postmoderno dominato da colori spenti ed emozioni che tolgono il fiato per troncare sul nascere ogni manifestazione di umanità in favore della destrutturazione caratteriale e passionale. La guerra e l’esercito vengono entrambi diffamati in egual misura, e il regista non perde tempo per decidere quale dei due sia il male peggiore: si tratta di due facce della stessa medaglia, e pertanto di una coppia di organizzazioni che non meritano altro che una polemica attiva e respingente. M. Modine è bravissimo nella parte di Joker, il sergente che ha scritto sull’elmetto Born to Kill, mentre A. Baldwin appare efficace e sicuro nelle vesti di Animal, il guerriero intimamente nichilista e dal piglio autoritario che vuole sempre averla vinta nelle diatribe coi compagni d’armi. Lode anche a V. D’Onofrio, che interpreta con simpatica autoironia e voluta goffaggine la recluta buona a nulla che poi prende coscienza della sua latente aggressività, e soprattutto a R. L. Ermey, che in passato militò davvero nelle schiere dei Marines, che regala al pubblico uno dei migliori personaggi militari del cinema statunitense di tutti i tempi, funzionale proprio per le sue doti di capo intransigente, malvagio e dispotico. Girato intermente in Inghilterra, e premiato da un successo di pubblico ben più che discreto.
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fabio1957
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venerdì 29 maggio 2015
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straordinario
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kubrick non si discute, si ama.In questo film raggiunge livelli di perfezione quasi assoluta.Fare un film di guerra, contro la guerra, è difficile,quello del regista non è un pacifismo senza se e senza ma , bensì un atto d'accusa contro un militarismo ottuso e arrogante ,che fa il lavaggio del cervello e crea delle macchine da guerra al posto degli uomini che smettono di essere tali per diventare dei mostri senza moralità e pietà.L'escalation di follia, che consuma uno degli allievi più fragili, è sintomatico di un sistema che annienta le coscienze e produce carne votata al macello, priva ormai di emozioni, di sentimenti.I deliri di onnipotenza del sergente,le sue allucinanti paranoie, sono lo specchio di questa società, che annichilisce l'individuo e i suoi valori omologandoli al credo di uccidere per salvare la patria, la famiglia e Dio.
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kubrick non si discute, si ama.In questo film raggiunge livelli di perfezione quasi assoluta.Fare un film di guerra, contro la guerra, è difficile,quello del regista non è un pacifismo senza se e senza ma , bensì un atto d'accusa contro un militarismo ottuso e arrogante ,che fa il lavaggio del cervello e crea delle macchine da guerra al posto degli uomini che smettono di essere tali per diventare dei mostri senza moralità e pietà.L'escalation di follia, che consuma uno degli allievi più fragili, è sintomatico di un sistema che annienta le coscienze e produce carne votata al macello, priva ormai di emozioni, di sentimenti.I deliri di onnipotenza del sergente,le sue allucinanti paranoie, sono lo specchio di questa società, che annichilisce l'individuo e i suoi valori omologandoli al credo di uccidere per salvare la patria, la famiglia e Dio.
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domenica 17 luglio 2016
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la guerra in 116 minuti
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Nella prima parte di Full Metal Jacket emerge la figura di Hartman capace di trasformare uomini in soldati disumani pivi di emozioni. Nella seconda parte a mio avviso c’è una frase eloquente, pronunciata dal soldato Animal che spiega cos’è la guerra:” Meglio io che loro “, con quest’espressione Kubrick riesce a mostrare quanto egoismo ci sia nella guerra anche all’interno dello stesso schieramento, la frase verrà poi ripresa in Pulp Fiction e pronunciata da Tarantino stesso, motivo per cui continuo a sostenere che ci sia un divario abissale tra i due a favore di Stanley. Inserire in un film crudele e straziante come questo “la marcia di topolino” rende il tutto ancora più geniale, questa canzone simboleggia la digressione del soldato Joker da reporter a assassino spietato e la sua incapacità di diventare grande.
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Nella prima parte di Full Metal Jacket emerge la figura di Hartman capace di trasformare uomini in soldati disumani pivi di emozioni. Nella seconda parte a mio avviso c’è una frase eloquente, pronunciata dal soldato Animal che spiega cos’è la guerra:” Meglio io che loro “, con quest’espressione Kubrick riesce a mostrare quanto egoismo ci sia nella guerra anche all’interno dello stesso schieramento, la frase verrà poi ripresa in Pulp Fiction e pronunciata da Tarantino stesso, motivo per cui continuo a sostenere che ci sia un divario abissale tra i due a favore di Stanley. Inserire in un film crudele e straziante come questo “la marcia di topolino” rende il tutto ancora più geniale, questa canzone simboleggia la digressione del soldato Joker da reporter a assassino spietato e la sua incapacità di diventare grande.
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massimo rocca
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martedì 7 agosto 2007
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azione e dramma: un capolavoro!
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La spersonalizzazione dell'uomo/soldato e l'atrocità della guerra sono rappresentate da Kubrick in due parti nettamente divise: sia posta attenzione sul fatto che la prima è necessaria per l'altra!
Hartman (Lee Ermey), per quanto grottesco è sergente istruttore dei Marines anche nella vita reale, ha il compito di spersonalizzare le reclute. Il film inizia con un taglio "a zero" per tutti, tutti uguali, tutti destinati ad essere miseramente appiattiti al ruolo di macchina di morte. Il soldato è sottoposto ad un addestramento che è un processo più psicologico che fisico: è necessario che abbandoni il concetto di sè (hanno tutti dei soprannomi ridicoli, così il compito è più facile) e si identifichi come parte di qualcos'altro più grande e invincibile: il "corpo" dei Marines.
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La spersonalizzazione dell'uomo/soldato e l'atrocità della guerra sono rappresentate da Kubrick in due parti nettamente divise: sia posta attenzione sul fatto che la prima è necessaria per l'altra!
Hartman (Lee Ermey), per quanto grottesco è sergente istruttore dei Marines anche nella vita reale, ha il compito di spersonalizzare le reclute. Il film inizia con un taglio "a zero" per tutti, tutti uguali, tutti destinati ad essere miseramente appiattiti al ruolo di macchina di morte. Il soldato è sottoposto ad un addestramento che è un processo più psicologico che fisico: è necessario che abbandoni il concetto di sè (hanno tutti dei soprannomi ridicoli, così il compito è più facile) e si identifichi come parte di qualcos'altro più grande e invincibile: il "corpo" dei Marines. Il più debole, Palla-di-lardo (Vincent D'Onofrio) non sopporta lo stress psicologico, uccide il sergente e poi si spara. La follia e la morte chiudono la prima parte lasciando un messaggio che è anche un presagio del seguito. L'attenzione si ferma sul soldato Joker (Mattew Modine), narratore della parte relativa alla guerra. Ossevatore privilegiato perchè l'unico che conserva spirito critico, le imitazioni di John Waine sono lo strumento ironico per il distacco dalle circostanze. Non è un caso che svolga funzioni giornalistiche, benchè Stars and Stripes appaia, per ovvi motivi, fortemente controllato dal governo. "Lo stemma della pace rappresenta la dualità dell'uomo, Signore!" replica Joker alle questioni poste da un comandante, che indispettito non riesce a capire. Joker, brillante recluta, non trovò d'altra parte nemmeno la comprensione di Hartman essendosi arruolato come giornalista. Segnali di distacco dai quadri dell'esercito sono l'evidenza che anche nei vertici l'atteggiamento critico non può penetrare. La guerra rappresentata come gratuita brutalità: il soldato che dall'elicottero spara a zero sui civili è il risultato del processo di spersonalizzazione. Il soldato inserito nel contesto civile vietnamita appare goffo, sbruffone, si fa rubare la macchina fotografica e va a puttane, non parla la lingua e non capisce il contesto. Precursore dopo quarant'anni di un turista comune? La scena finale è onirica, una città distrutta rappresenta meglio la guerra anche se sarebbe più credibile immaginare la giungla come scenario. Il manipolo è decimato da un cecchino, la morte non è improvvisa, si soffre, ci si nasconde, si aiuta il compagno o si pensa a salvare sè stessi? Questa fase è immersiva un capolavoro di azione e dramma. Joker uccide il cecchino da breve distanza, lo guarda negli occhi, sceglie coscientemente di uccidere per sottrarlo al dolore di una ferita mortale. Non è la morte che dà un soldato è una scelta umana. Spietata analisi (benchè ovvietà) della mentalità militare ma lontana, per fortuna, dalla retorica pacifista.
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hollywoodstefano
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sabato 24 novembre 2007
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stanley kubrick's full metal jacket
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Kubrick ci regala un film strano,atipico e contradditorio.Un film sul vietnam senza il vietnam.Quì sta il lavoro di Kubrick che si differenzia da Coppola,da Cimino da Stone e elimina la jungla:in full metal jacket essa è assente del tutto.Il film si divide in due parti la prima ancora più tragica della seconda.L'addestramento militare(condotto da un vero sergente uno storico R.Lee Emey)ha lo scopo di annullare la personalità di ogni ragazzo e farlo divenire una macchina da guerra il cui unico scopo è uccidere al servizio dell'america.Kubrick realizza un film freddo,freddo come la critica all'esercito e alla guerra stessa del vietnam inutile e odiata da tutti ma che è stata combattuta.Colpisce molto l'abbigliamento di Joker al fronte con l'elmetto born to kill e la spilla pacifista sul petto!Una contraddizione che fa riflettere sul fatto che questi giovani siano stati costretti a fare una guerra inutile e priva di senso.
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Kubrick ci regala un film strano,atipico e contradditorio.Un film sul vietnam senza il vietnam.Quì sta il lavoro di Kubrick che si differenzia da Coppola,da Cimino da Stone e elimina la jungla:in full metal jacket essa è assente del tutto.Il film si divide in due parti la prima ancora più tragica della seconda.L'addestramento militare(condotto da un vero sergente uno storico R.Lee Emey)ha lo scopo di annullare la personalità di ogni ragazzo e farlo divenire una macchina da guerra il cui unico scopo è uccidere al servizio dell'america.Kubrick realizza un film freddo,freddo come la critica all'esercito e alla guerra stessa del vietnam inutile e odiata da tutti ma che è stata combattuta.Colpisce molto l'abbigliamento di Joker al fronte con l'elmetto born to kill e la spilla pacifista sul petto!Una contraddizione che fa riflettere sul fatto che questi giovani siano stati costretti a fare una guerra inutile e priva di senso.Dopo la gioventù bruciata di Platoon, la follia di Apocalypse Now arriva l'annientamento del carattere dei soldati che non avviene al fronte ma bensì in addestramento.Oltre ad una regia superlativa come di norma per Kubrick, vanno ampliamente citate le interpretazioni degli attori un Modine eccellente nel rappresentare un personaggio particolare come Joker ma soprattutto va fatta menzione di uno spettacolare D'Onofrio che ci regala Palla di Lardo.Per chi non ha visto questo film guardi la faccia di D'Onofrio nei bagni insieme a Joker e capirà benissimo perchè ho fatto questo commento.
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la grappa di pino
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mercoledì 22 luglio 2009
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da riflettere
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Parris Island, campo di addestramento dei marines: vi spadroneggia il sergente Hartman (R. Lee Ermey) che cerca di trasformare i "vermi" che gli capitano "non i robot, ma in killers". Una delle reclute, Palla di Lardo (V. D'Onofrio) non regge e uccide l'istruttore: gli altri, tra cui Joker (M. Modine) e Cowboy (A. Howard) sono mandati in Vietnam, dove impareranno a "non avere paura". Il penultimo film di Kubrick, basato su "The short-timers" di Gustav Hasford, sceneggiatore insieme a Kubrick e Michael Herr ("Apocalypse Now"), è una fredda e atroce discesa nell'inferno della guerra sporca del Vietnam e "nell'atrocità del secolo" (M. Morandini), una riflessione consunta e affilatissima sulle pazzie del militarismo, delle gerarchie politico-militari e dell'uomo, sorretta dalla scarnezza quasi sciatta che vi può essere nella geometicità dei movimenti di macchina (alla fotografia vi è Douglas Milsome, succeduto allo scomparso John Alcott)e nei dialoghi impregnati di humour nero.
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Parris Island, campo di addestramento dei marines: vi spadroneggia il sergente Hartman (R. Lee Ermey) che cerca di trasformare i "vermi" che gli capitano "non i robot, ma in killers". Una delle reclute, Palla di Lardo (V. D'Onofrio) non regge e uccide l'istruttore: gli altri, tra cui Joker (M. Modine) e Cowboy (A. Howard) sono mandati in Vietnam, dove impareranno a "non avere paura". Il penultimo film di Kubrick, basato su "The short-timers" di Gustav Hasford, sceneggiatore insieme a Kubrick e Michael Herr ("Apocalypse Now"), è una fredda e atroce discesa nell'inferno della guerra sporca del Vietnam e "nell'atrocità del secolo" (M. Morandini), una riflessione consunta e affilatissima sulle pazzie del militarismo, delle gerarchie politico-militari e dell'uomo, sorretta dalla scarnezza quasi sciatta che vi può essere nella geometicità dei movimenti di macchina (alla fotografia vi è Douglas Milsome, succeduto allo scomparso John Alcott)e nei dialoghi impregnati di humour nero. Questo è l'inferno della guerra che Kubrick vuole raccontare: la disumanizzazione dell'uomo, la cui intrinseca duaità Pace-Guerra o comunque Bene-Male viene radicalizzata ed esasperata (da riflettere che la canzone finale sia "Paint it black" dei Rolling Stones) e che trova il suo campo di preparazione nell'addestramento militare, dove la violenza verbale dell'istruttore è metafora di quella fisica della guerra e anticipazione della volgarità usata dai soldati per tenersi calmi di fronte alla morte. Come ha scritto il critico Paolo Cherchi Usai, "Kubrick ha lasciato che il Nulla diventasse il monolito oltre il quale l'astronave Discovery, il suo cinema, si sta dirigendo": qui, il Nulla dell'autoannientamento. Per il critico Jay Scott, addirittura "il miglior film di guerra mai realizzato".
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viola96
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giovedì 18 agosto 2011
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la guerra di kubrick.
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Bisognerebbe andare all'apice della cultura americana della guerra,del conflitto,del dolore e dell'autorità,per comprendere veramente quest'immensa epopea bellica di un Kubrick strepitoso.Questo tassello nel suo immenso puzzle di conoscenza,Kubrick lo dedica all'esplorazione della violenza e all'esternazione fugace di essa.Ma Kubrick non si serve della guerra come veicolo per raccontare una vera e propria storia di guerra.Kubrick punta alla parte esterna alla guerra,alla preparazione del conflitto,all'addestramento dei soldati.Addestramento devastante e impressionante,dove il simbolo del potere massimo,l'autorità militare prepara delle macchine da guerra per la macelleria del Vietnam.
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Bisognerebbe andare all'apice della cultura americana della guerra,del conflitto,del dolore e dell'autorità,per comprendere veramente quest'immensa epopea bellica di un Kubrick strepitoso.Questo tassello nel suo immenso puzzle di conoscenza,Kubrick lo dedica all'esplorazione della violenza e all'esternazione fugace di essa.Ma Kubrick non si serve della guerra come veicolo per raccontare una vera e propria storia di guerra.Kubrick punta alla parte esterna alla guerra,alla preparazione del conflitto,all'addestramento dei soldati.Addestramento devastante e impressionante,dove il simbolo del potere massimo,l'autorità militare prepara delle macchine da guerra per la macelleria del Vietnam.Il soldato Joker sa che la guerra (non) è bella,anche se fa male,come cantava De Gregori,no.Il sergente istruttore è un automa della socirtà americana,un uomo(se così si può chiamare) dedito alla decomposizione umana del cervello,per una preparazione serrata ad un qualcosa di inevitabile(in questo momento).Il soldato Palla di Lardo non è attento alle regole,è un illuso,un bonaccione.Catapultato all'inferno diventa un corpo privo di vita.Così come Joker,o come il soldato Biancaneve.Tutte pedine nelle mani di un mondo che non sa smettere di fare del male,o non vuole.Un mondo che non si è rassegnato alla sua bellezza e che quindi cerca di (auto)distruggersi,mandandosi messaggi subliminali o liminali con frequenza costante.Non ci sono eroi,solo martiri.Ma i martiri a Dio,non gli hanno fatto mai cambiar giudizio,diceva Gaber.E aveva pienamente ragione.La contemplazione dell'Altissimo è dovere dell'istruttore,che agisce nel nome di un Dio invisibile,che nelle macerie del Vietnam non mette piede e gira gli occhi verso il nulla.Verso uno spazio bianco.Forse,la miglior sequenza di questo capolavoro è la genesi del soldato semplice Palla di Lardo:Stanco delle angherie dell'istruttore,si ribella e nasce come soldato perfetto.Quando capisce di non riuscire a sopportare la sua nuova vita si fa carnefice di sè stesso.Un respiro ampio apre le fondamenta del Vietnam,dove si svolge la seconda parte del racconto di quel geniaccio di Kubrick.Si cambia tono,ma non realtà.Non ci stiamo addestrando,ora siamo cresciuti,ora combattiamo.Ma perchè combattiamo?Chi siamo?Cosa vogliamo?Sono domande senza senso,una risposta non l'avrai mai.Ma è meglio se continui a farle,perchè di altre non ne hai.Non è una contemplazione della bellezza della vita,quella di Kubrick,come in altri film di guerra("La sottile linea rossa" su tutti).Anzi."Full Metal Jacket" è un grido disperato verso un'umanità che si è pian piano smarrita,e che come icona ha la distruzione di massa,senza alcuna pietà per nessuno e per niente(Quando il soldato Joker domanda,nell'orrore del Vietnam,a un soldato se uccide anche donne o bambini,questo gli dice che sono molto più facili da colpire,in quanto corrono meno in fretta e sono bersagli elementari).Un mondo senza scampo dalle insidie di sè stesso.Kubrick,probabilmente,realizza il suo capolavoro.Una lucida riflessione sulla follia umana e su di una violenza collettiva senza ragione e senza scopo alcuno.Macelleria pura.E allora,i soldati Joker,Biancaneve,Palla di Lardo e gli altri,con gli sguardi cari a Kubrick(quello che hanno al massimo della loro cruda realtà,gli ominidi di "2001",il Nicholson di "Shining" e l'Alex DeLarge di "Arancia Meccanica") potrebbero essere i nostri padri,i nostri nonni,i nostri figli,o i figli dei nostri figli.Un mondo del genere può produrre soltanto del marcio,senza dubbio.Un mondo in cui l'Onnipotente ci ha voltato le spalle e ci guarda,magari sorridendo.Ma non è il Dio che ci hanno insegnato a venerare e rispettare.Esso è il God of War.Il Dio della Guerra.L'ultima sequenza di questo profetico capolavoro rappresenta il massimo del Kubrick pensiero,ampliato al reale.I soldati(così chiamati quando sono partiti,ora il loro nome è reduci,per dirla alla Faletti del bellissimo "Io sono Dio",ambientato in Vietnam e che,probabilmente,deve moltissimo a questo grandissimo film) concludono la loro marcia,mentre nell'aria riecheggia una delle più famose melodie di Topolino.Un piccolo omaggio alla cultura americana delle origini.Quella da conoscere,se si vuole sul serio comprendere la bellezza di Full Metal Jacket.Forse,nella top 10 dei migliori film della storia del Cinema.Senza dubbio,nella top 5,dei film del mio cuore.Voglio concluderla qui questa recensione,perchè forse sono stato un pò logorroico,con una piccola riflessione:Che futuro c'è in un mondo in cui la violenza(Egitto,Libia,Siria)continua ad essere l'unico veicolo di comunicazione con le altre parti del mondo?Meditate,uomini,meditate.A mandarvi questo invito,è un certo Stanley Kubrick.
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cinemalife
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giovedì 25 agosto 2011
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la guerra di kubrik
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È così che Stanley Kubrik racconta il genero bellico. Uomini trasformati in macchine da guerra, fatti per uccidere, born to kill. E lo spiega attraverso un impressionante pellicola per volgarità e crudeltà. Si può dividere il film in due distinte parti: inizialmente giovani ragazzi ma futuri marines vengono duramente addestrati dal severo generale Hartman, che sfoggia orgogliosamente il proprio disprezzo nei confronti delle giovane reclute e del loro aspetto fisico, della loro infima importanza all’interno della società e via dicendo. Fra di essi si distingue Joker che anni più tardi finisce in Vietnam, dove si combatte l’atroce guerra che vede schierati, fra gli altri, gli Stati Uniti. Ritrova un compagno d’addestramento, poi la morte se lo prende.
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È così che Stanley Kubrik racconta il genero bellico. Uomini trasformati in macchine da guerra, fatti per uccidere, born to kill. E lo spiega attraverso un impressionante pellicola per volgarità e crudeltà. Si può dividere il film in due distinte parti: inizialmente giovani ragazzi ma futuri marines vengono duramente addestrati dal severo generale Hartman, che sfoggia orgogliosamente il proprio disprezzo nei confronti delle giovane reclute e del loro aspetto fisico, della loro infima importanza all’interno della società e via dicendo. Fra di essi si distingue Joker che anni più tardi finisce in Vietnam, dove si combatte l’atroce guerra che vede schierati, fra gli altri, gli Stati Uniti. Ritrova un compagno d’addestramento, poi la morte se lo prende. Infine fa fuori un cecchino, sa che uccidere è ingiusto, ma si sente bene. È una macchina da morte ed è forte.
Un film tipicamente rientrante nello stile del grande regista: riprese, montaggio, colonne sonore. Si ritrovano in tutte le sue pellicole. Si rimane stupefatti da come riesca a gestire temi ostici come quello della guerra, condannandoli – o lodandoli, a seconda del caso – con semplicità, linearità, senza bisogno di grandi scenografie. Dialoghi sintetici, ma perfetti. E complimenti alle corde vocali del generale Hartman.
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pilats
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giovedì 8 settembre 2011
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un concentrato di epicità e di realismo
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questo è sicuramente un capoloro. un film di guerra, ma anche sulla guerra. kubrik sa infatti mescolare benissimo ad azione, sparatorie, addestramenti, insulti, una profonda moralità sulla guerra. film nettamente diviso in due parti davvero ben congegnate: il reclutamento e il fronte vietnamita. trama semplice ma per nulla scontata. secondo me il maggior motivo per la grande riuscita di questo colossal è il realismo. il regista non sorvola su nulla e questo è davvero un gran pregio. le scene di guerra e di vita quotidiana nell'esercito sono rappresentate ottimamente e con molto fedeltà, anche perchè praticamente tutti i personaggi sono soldati semplici e perchè non ci sono scene di eroismo "bellico puro", solo, diciamo, il classico cameratismo virile militare.
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questo è sicuramente un capoloro. un film di guerra, ma anche sulla guerra. kubrik sa infatti mescolare benissimo ad azione, sparatorie, addestramenti, insulti, una profonda moralità sulla guerra. film nettamente diviso in due parti davvero ben congegnate: il reclutamento e il fronte vietnamita. trama semplice ma per nulla scontata. secondo me il maggior motivo per la grande riuscita di questo colossal è il realismo. il regista non sorvola su nulla e questo è davvero un gran pregio. le scene di guerra e di vita quotidiana nell'esercito sono rappresentate ottimamente e con molto fedeltà, anche perchè praticamente tutti i personaggi sono soldati semplici e perchè non ci sono scene di eroismo "bellico puro", solo, diciamo, il classico cameratismo virile militare. ottima la scelta e la caratterizzazione dei personaggi e le relazioni che li collegano, dando vita a dialoghi bellissimi e coinvolgenti. ciò rende film ancora più movimentato, avvincente, e se vogliamo, anche più vicino a noi spettatori. il massimo del realismo e, di conseguenza, della bravura di kubrik, viene probabilmente raggiunto nello spiegare come, in guerra, gli uomini vengono trasformati in autentiche macchine della guerra; (born to kill)e ancora di più nella scena del cecchino, semplicemente epica e travolgente. ma passiamo alle (pochissime) pecche del film. la prima è che probabilmente è un film che non può piacere a chi odia i film di guerra, anche se è un mega-classico del cinema. secondo me all'inizio della seconda parte del film, si perde un po' di "velocità" e di "ritmo", il tutto viene però smentito quando cominciano le scene di battaglia vera. in particolare, ripeto, la scena del cecchino. il film è sicuramente volgare e pieno di parolacce, ma tutto ciò non deve infastidire gli spettare o fargli sgradire kubrik, bensì quotare ancora di più il regista per il suo realismo. inoltre c'è moltissima violenza, ovviamente, ma non è mai gratuita e non c'è mai sadismo. ma fino a che non si vede la scena finale, non si è visto veramente film. è lì infatti che si ascende all'apice dell'epicità (scusate il bisticcio). la marcia dei marines mentre si canta la marcetta di topolino è una trovata semplicemente straordinaria che coinvolge e pervade ancora di più lo spettatore. bellissime pure le frasi conclusive dal protagonista "joker". ottima la colonna sonora. attori sensazionali e magnetici, in particolare, non serve dirlo, il sergente hartman
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