candido89
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sabato 10 luglio 2021
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un film riuscito
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Un film che, senza tante pretese, fa il suo e riesce a tenere lo spettatore nel vivo dell'azione, sebbene l'intero film sia
girato in uno sgabuzzino. Manfredi è perfetto nel suo ruolo e la sintonia con il cast è più che buona.
Finale frettoloso e alla ''volemose bene'', ma forse va bene così; per il capolavoro basta andare un po' più in là: Pane e Cioccolata
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parsifal
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lunedì 6 luglio 2020
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guerra tra poveri
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Agli inizi degli anni '80, decennio all'insegna dell'edonismo e del riflusso, Manfredi interpretò questo film , tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto in Inghilterra, dove si svolge l'intera vicenda. L'attore collaborò anche alla stesura della sceneggiatura, in compagnia di Age e Scarpelli, mentre la regia è di G.Paradisi. Nella capitale inglese, un gruppo di lavoratori italiani, nel settore della ristorazione, arrabattandosi ogni giorno con problemi di tutti i generi, ivi compresala compatibilità tra di loro, accarezzano il sogno di affrancarsi dal ruolo di subalterni e diventare imprenditori, rilevando un locale messo in vendita da una ristoratrice cinese ( il film indubbiamente, preconizza il ruolo che la comunità cinese andrà ad occupare nella società occidentale).
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Agli inizi degli anni '80, decennio all'insegna dell'edonismo e del riflusso, Manfredi interpretò questo film , tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto in Inghilterra, dove si svolge l'intera vicenda. L'attore collaborò anche alla stesura della sceneggiatura, in compagnia di Age e Scarpelli, mentre la regia è di G.Paradisi. Nella capitale inglese, un gruppo di lavoratori italiani, nel settore della ristorazione, arrabattandosi ogni giorno con problemi di tutti i generi, ivi compresala compatibilità tra di loro, accarezzano il sogno di affrancarsi dal ruolo di subalterni e diventare imprenditori, rilevando un locale messo in vendita da una ristoratrice cinese ( il film indubbiamente, preconizza il ruolo che la comunità cinese andrà ad occupare nella società occidentale). Ma il denaro che occorre per l'acquisto è stato faticosamebnte guadaganto da tutti, in anni lunghi e faticosi di permanenza all'estero e più di uno di loro , vorrebbe far ritorno sul patrio suolo, inficiando i progetti dei colleghi. Mentre sono sul punto di decidere, interviene il fattore X; degli uomini di colore, spiantati , disoccupati e pronti a tutto, tentano una rapina a tarda notte nel ristorante in cui lavorano i protagonisti, ne nasce un iniziale parapiglia, la rapina va a vuoto e tutti restano intrappolati nella cambusa, mentre la Polizia assedia il locale. Il capo dei disperati dunque, per dare una connotazione nobile ad un gesto nato dal fatto che nessuno di loro aveva nulla da perdere, comunica alle Forze dell'Ordine di essere i Comandante di una cellula del Fronte di Liberazione Nero e comincia così un lungo ed estenuante braccio di ferro tra sedicenti ribelli e Istituzioni, che tendono a prendere tempo, nella convizione che l'assedio dovrà cadere in tempi brevi. Durante questo lasso di tempo, che sembra infinito a tutti, veniamo a conoscenza delle personlalità dei presenti, delle loro paure, delle idiosincrasie accumulate negli anni di lavoro e sacrifici, dei loro desideri inconfessati. Altresì il rapporto con i sequestratori, dopo le liti iniziali, si ammorbidisce e tende a divenire quasi una vera e propria Sindrome di Stoccolma. La situazione non rimarrà a lungo sugli equlibri precari tra i due gruppi di protagonisti, ma si vedrà nel corso della narrazione, lo spaccato di un'umanità profonda a tratti dolorante, con ferite inferte dal un sistema che tende a mettere i poveri gli uni contro gli altri, praticando il divide et impera. Manfredi non era nuova alla narrazione delle condizioni degli italiani all'estero, ci fu un illustre precedente cinematografico, " Pane e Cioccolata" di F. Brusati , nel 1974. Non erano solo ed esclusivamente commedie, ma molto di più.
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toty bottalla
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mercoledì 3 giugno 2015
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manfredi e gullotta: una garanzia assoluta!
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Una rapina in un ristorante londinese gestito da italiani si trasforma in un sequestro di persona...cinque vittime e tre malviventi neri, una situazione claustrofobica ideale per le qualità del grande manfredi di imbattersi in una recitazione ravvicinata ed esplosiva che impone al personaggio di domenico ceccacci un'ironia drammatica che solo a lui riusciva così bene, bravo anche l'allora giovane leo gullotta un altro grande del nostro cinema, un film che non nasconde debolezze, difetti e virtù dell'italiano medio. Saluti.
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alessandro vanin
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venerdì 11 luglio 2014
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film particolare che di distingue dagli altri
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Spaghetti House è un film particolare che si distingue dagli altri film Non è una commedia (si parla di sequestrati) Non è neppure un film drammatico perché si sorride Pur toccando tematiche sociali (italiani immigrati, persone di colore) non è neppure un film a sfondo sociale Spaghjetti House è un po' tutto questo insieme e questa è la sua forza però allo stesso tempo anche un po' il suo limite. Bella l'idea finale dell'amicizia. tra Manfredi e il capo.
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vattelappesca
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mercoledì 30 luglio 2008
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super nino
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un Manfredi meraviglioso, non ci trovo nessuna demagogia e poi per quanto riguarda i dialoghi interamente in italiano.. pensate se fosse stato il contrario che complicazione!
A me è piaciuto.
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g-ho
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mercoledì 30 luglio 2008
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sarà pure come dice il morandini...
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Sarà che vedere un film con Manfredi mi lascia sempre una certa emozione, notare poi un buon affiatamento tra gli attori, un ritmo decisamente più serrato e senza fronzoli delle varie fiction che si spacciano oggi come ritrovato miracoloso per avvinghiare lo spettatore televisivo. Però non sono riuscito a distrarmi, neanche volendo. E' un film un pò ingenuo? Forse i personaggi richiamano troppo le caricature regionalistiche a cui tanto ci hanno abituato i trailer dei cinepanettoni? La mano è leggera però, e forse quando si esagera si vuole sottolineare come da emigranti si tengano strette le proprie radici, ben sapendo di essere schiacciati, resi stereotipi e mescolati indistintamente dagli indigeni che li circondano.
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Sarà che vedere un film con Manfredi mi lascia sempre una certa emozione, notare poi un buon affiatamento tra gli attori, un ritmo decisamente più serrato e senza fronzoli delle varie fiction che si spacciano oggi come ritrovato miracoloso per avvinghiare lo spettatore televisivo. Però non sono riuscito a distrarmi, neanche volendo. E' un film un pò ingenuo? Forse i personaggi richiamano troppo le caricature regionalistiche a cui tanto ci hanno abituato i trailer dei cinepanettoni? La mano è leggera però, e forse quando si esagera si vuole sottolineare come da emigranti si tengano strette le proprie radici, ben sapendo di essere schiacciati, resi stereotipi e mescolati indistintamente dagli indigeni che li circondano. La situazione paradossale poi non poteva essere resa meglio, con i banditi improvvisati che non riescono nemmeno a spegnere le luci. D'altra parte i salvatori dei malcapitati ristoratori, non sono da meno, dimostrando qualche imbarazzo sulla strategia da adottare... Tra dialoghi surreali e inciampi, in particolare ricordo la scena dell'inserimento della microcamera, gli stessi sequestrati avanzano dubbi sulle reali buone intenzioni delle forze dell'ordine. Dopo aver collezionato tutte le sere su varie reti e in varie salse l'apologo dell'investigatore super tecnologico e infallibile, senza incertezze e con protocolli inviolabili da seguire alla lettera, mi ha colpito favorevolmente l'impaccio del commissario in capo ee dei suoi uomini. Non parliamo della squadra speciale poi... con un ingresso in campo piuttosto malfermo. Il modo di affrontare il tema del razzismo e dei diritti è demagogico? Può essere. Sicuramente alle volte sembra ingenuo, ma il rapporto umano che si intaura tra Martin e Gianni è reso con delicatezza, con misura, cosa che invece non mi pare riesca spesso, anche oggi, con la politica (e qui divago, mi si scusi) che celebra la capacità di accogliere, ma con i rapporti interpersonali che raccontano una realtà molto diversa.
Conclusione (finalmente...): forse è la mia astinenza prolungata dal vedere un film ben progettato, imperfetto certamente, ma per questo ancora più coinvolgente. E scritto con perizia, soprattutto. Non è un capolavoro? Meno male, dico io. E chi saprà goderselo comunque, ben po gli faccia!
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