La presenza di Sam Peckinpah nel ruolo neppure troppo marginale dello scribacchino Wilbur Olsen basterebbe da sola ad attirare l'attenzione degli appassionati su questo western crepuscolare e pessimista. Se poi a dirigerlo c'è un nome di sicura fiducia per chi ama i film di culto come Monte Hellman (produttore esecutivo delle Iene di Quentin Tarantino) si capisce che si tratta di un film da vedere. I codici del western all'italiana si saldano con le tecniche e l'indole del cinema idipendente statunitense degli anni Settanta e il risultato è un gioiellino amato da schiere di cultori di entrambi i generi. Il titolo originale era "China 9, Liberty 37", cioè la scritta di un semplice cartello indicatore sospeso in un territorio deserto.
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La presenza di Sam Peckinpah nel ruolo neppure troppo marginale dello scribacchino Wilbur Olsen basterebbe da sola ad attirare l'attenzione degli appassionati su questo western crepuscolare e pessimista. Se poi a dirigerlo c'è un nome di sicura fiducia per chi ama i film di culto come Monte Hellman (produttore esecutivo delle Iene di Quentin Tarantino) si capisce che si tratta di un film da vedere. I codici del western all'italiana si saldano con le tecniche e l'indole del cinema idipendente statunitense degli anni Settanta e il risultato è un gioiellino amato da schiere di cultori di entrambi i generi. Il titolo originale era "China 9, Liberty 37", cioè la scritta di un semplice cartello indicatore sospeso in un territorio deserto. Uscito nella sale nel 1978, quando l'epopea del western all'italiana era tramontata da un pezzo, lascia comunque un segno importante indicando una possibile, ma non seguita, evoluzione del genere. Solo sui manifesti europei il nome di Monte Hellman appare affiancato da quello di Tony Brandt
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