gordiano lupi
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sabato 13 settembre 2008
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un film folle e geniale
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Yuppi Du (1975)
di Adriano Celentano
Yuppi Du è il film - simbolo del Celentano pensiero, caratterizza un’epoca, ci riporta alle battaglie ecologiste degli anni Settanta e alle favole pop di un periodo storico ormai lontano. Il soggetto è di Adriano Celentano, Micky Del Prete e Alberto Silvestri, ma pare ispirato ai racconti di Cesare Zavattini, perché la suggestione onirica riporta - pur con tutti i distinguo del caso - alle atmosfere di Miracolo a Milano (1951). Alfio Contini realizza una fotografia densa di sperimentalismi, abbonda di split screen, immagini in bianco e nero, dissolvenze ed effetti anticati. Adriano Celentano si occupa di un montaggio, rapido e surreale, che alterna presente e passato, realtà e fantasia, elementi realistici a divagazioni surreali.
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Yuppi Du (1975)
di Adriano Celentano
Yuppi Du è il film - simbolo del Celentano pensiero, caratterizza un’epoca, ci riporta alle battaglie ecologiste degli anni Settanta e alle favole pop di un periodo storico ormai lontano. Il soggetto è di Adriano Celentano, Micky Del Prete e Alberto Silvestri, ma pare ispirato ai racconti di Cesare Zavattini, perché la suggestione onirica riporta - pur con tutti i distinguo del caso - alle atmosfere di Miracolo a Milano (1951). Alfio Contini realizza una fotografia densa di sperimentalismi, abbonda di split screen, immagini in bianco e nero, dissolvenze ed effetti anticati. Adriano Celentano si occupa di un montaggio, rapido e surreale, che alterna presente e passato, realtà e fantasia, elementi realistici a divagazioni surreali. Le scenografie di Giantito Burchiellaro sono suggestive e una Venezia da cartolina, alternata ai fumi della fabbrica di Porto Marghera, fa da sfondo alle azioni dei personaggi. La musica - scritta dallo stesso Celentano - è la parte migliore della pellicola e decreta il successo di un film che si segnala come il primo caso italiano di merchandising cinematografico. Chi non ha avuto una maglietta che raffigurava Celentano di spalle nell’atto di cantare Yuppi Du? Per non parlare del disco che per mesi restò in testa a tutte le Hit Parade nazionali. Celentano produce in proprio con il suo Clan Celentano Film, che nel 2008 cura il restauro per inserire la pellicola nel circuito Sky e sul mercato home video. Yuppi Du non è più una rarità e, dopo la celebrazione di Venezia 2008, può essere visto e apprezzato da ogni famiglia italiana.
Il cast degli interpreti è interessante. A parte l’onnipresente Celentano, troviamo Claudia Mori, Charlotte Rampling, Lino Toffolo, Gino Santercole, Memmo Dittongo, la piccola Rosita Celentano, Carla Brait, Sonia Viviani, Jack La Cayenna e altri caratteristi.
Yuppi Du racconta la storia di Felice Della Pietà, un povero pescatore veneziano che si è appena risposato con Adelaide (Mori), quando scopre che la prima moglie Silvia (Rampling), sei anni prima non si era suicidata, ma aveva finto la morte per andare a vivere a Milano con un uomo molto ricco. Felice scopre di essere ancora innamorato di lei, fa di tutto per riconquistarla, ma non è possibile, perché la donna è troppo attratta dal denaro. Felice finisce per perdere anche la figlia che decide di vivere a Milano insieme alla madre e il nuovo compagno, al termine di una scena intensa che vede il padre trattare la vendita sulla base di tre milioni al chilo.
La trama non è importante per un film folle e geniale come Yuppi Du, una delle più ispirate regie di Celentano, senz’altro superiore alla precedente Super rapina a Milano (1964), ma anche alle successive e troppo cervellotiche Geppo il folle (1978) e Joan Lui (1985).
Yuppi Du è una via di mezzo tra il musical e la fiaba per adulti, raccoglie tutti i temi cari a Celentano, dall’ecologismo alla politica dalla parte della povera gente, anticipa i silenzi televisivi, le pause interminabili e le pose da santone che costituiranno la sua fortuna. Celentano è un autore bizzarro, fuori dagli schemi, costruisce una figura tragicomica di barcaiolo veneziano che si barcamena tra due mondi, inserendolo in un’opera pop di rara bellezza e intensità espressiva. Un po’ musical, un po’ ballata, con un frequente uso del ralenti e delle parti oniriche, dando spazio alle suggestioni surreali e inserendo intensi momenti musicali. Ricordiamo l’attacco sopra le righe con il barcaiolo che affonda ma continua a remare a tempo di musica, una povera casa piena di acqua nel pavimento ma senza acqua corrente nel bagno, ma anche le scene di un matrimonio surreale tra borghesi e barboni. Celentano è dalla parte degli umili e dei diseredati, prova empatia per i barboni veneziani che hanno come unica ricchezza la loro prole. Commette l’errore (voluto) di rappresentare i poveri come tutti buoni e belli, tipico del neorealismo rosa, ma in una favola come questa pare inevitabile. Lino Toffolo, Gino Santercole e Memmo Dittongo sono tre perfetti poveracci del sottobosco veneziano che fanno da contorno surreale alle gesta di Celentano. Ricordiamo tra le cose migliori della pellicola la sequenza onirica che racconta il finto suicidio della moglie in una giornata di pioggia, ma anche la lite sulla tomba tra Felice e Silvia, quando lui si accorge che è viva. “Sai, mi sono risposato, un uomo non può per sei anni fare solo la pipì…” commenta. Da citare un dialogo fischiettato tra Celentano e un passante, ma anche la scena surreale delle sigarette accese a ripetizione da Santercole e Dittongo, per distrarre Claudia Mori e non farle incontrare la rediviva Charlotte Rampling. Sono notevoli le soluzioni pop di montaggio, il colore intenso alternato a dissolvenze in bianco e nero, il musical scatenato a base di rock and roll, fermo immagine e sequenze caotiche sempre ben gestite dal regista. Jack La Cayenna interpreta un pezzo di ballo mimico tra le stradine di Venezia che resta nella storia del cinema musicale italiano. Altre trovate geniali sono le finte stimmate alle mani di Celentano, le didascalie che accompagnano i dialoghi muti, il coro da chiesa che racconta l’amore tra due persone così diverse e la bella fotografia veneziana che pare uscita da un film di Tinto Brass.
Sonia Viviani è protagonista di una scena onirica a metà tra l’erotico e il violento, che descrive una realistica violenza carnale, importante per raccontare la storia di Napoleone (Santercole) che per difenderla ha perso l’uso delle gambe. Si apprezzano buone parti musicali, come un bel pezzo country cantato da Gino Santercole, mentre Celentano e la Rampling consumano un amore ritrovato, un gay offre denaro al barcaiolo Toffolo e compare persino la Morte che porta via il povero Scognamillo (Dittongo). Torna il sapore da fiaba in una sequenza suggestiva che mette in primo piano il dialogo tra la Morte e l’operaio veneziano, schiacciato da una cassa che cade da un montacarichi. Tutto molto poetico, dal fermo immagine, alla corsa disperata degli amici, fino alla morte tra le braccia di Celentano e Claudia Mori che ormai non sentono più le sue parole. “Allora è questa la morte…” sussurra.
Celentano continua il suo discorso ecologista cominciato in musica con Il ragazzo della via Gluck, dipingendo una Porto Marghera inquinata, gli operai con le maschere antigas, il petrolio che esce al posto dell’acqua e che incrosta le parti cromatiche delle fontane, dove compare un cuore che simboleggia il vecchio amore di Silvia e Felice.
“Chi lo può sapere meglio di un povero cosa sono i soldi?” è forse la frase migliore del film e sottolinea il motivo per cui l’amore tra Felice e Silvia è finito. La donna cercava una vita facile, nella quale potesse avere tutto, non voleva vivere con un poveraccio in una casa umida e fatiscente. “Ma c’era l’amore…” sussurra Felice. Non bastava.
Da manuale la caratterizzazione di Milano come città caotica popolata da grigi fantasmi che hanno perso l’allegria. Celentano dà il meglio di sé con una scena surreale nel bar della metropolitana, dove si fa a cazzotti per ordinare cornetto e cappuccino. Va citato lo scambio di battute tra un negro che chiede un bianchino e Felice che per tutta risposta ordina un negroni. Tra le parti surreali va inserita anche la sequenza del tappo di spumante che fa crollare una parete mentre un uomo al bagno risponde: “Grazie, non bevo mai prima di cagare”.
A questo punto si innesta la scena simbolo della pellicola, con il pezzo base Yuppi Du cantato da Celentano e Claudia Mori, mentre Charlotte Rampling balla seminuda. Si giunge al triste finale. Felice è rimasto solo, prima si illude sul ritorno di Silvia, poi scopre dove vive e allora va a Milano, dove decide di vendere la felicità della bambina. “Qui c’è tutto. Resti papà?” dice la piccola Rosita Celentano. Non può farlo. Felice torna al suo mondo di poveri ma belli, fugge via da una Milano popolata da fantasmi che hanno perso la voglia di sorridere e cantare. Felice stringe il suo pacco di banconote sotto il braccio, ripensa al primo incontro con Silvia, comprende che le donne sono inaffidabili, ma sa che l’amore lo porterà ancora a illudersi. Partono, lente ma dolci, le note di Yuppi Du, mentre in sottofondo c’è Venezia che attende.
Da riscoprire.
Gordiano Lupi
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nick distefano
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sabato 11 aprile 2009
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sempre più bello!
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Lo adoro, ha scatenato in me la Celentanomania, e dire che prima neanche lo consideravo a Celentano, lo consideravo un mito senza conoscerlo, ma adesso posso davvero dire che è un mito davvero! Solo lui ha fatto quello che gli piaceva e se ne è fregato di quello che gli altri avrebbero pensato. Con Super rapina a Milano lo stile non c'è perchè il suo nome nella regia è fasullo(il vero regista è Piero Vivarelli), con Yuppi Du ariva alla perfezione, completo in un contesto filosofico-sociale, Yuppi Du è la sintesi del Celentano-pensiero, il mitico Celentano imbastisce Yuppi Du con un ottima fotografia di Alfio Contini(il John Alcott italiano), regia elaborata, attenta ai particolari e innovativa, effetti visici prospettici, inquadrature al grandangolo, montaggio veloce e spezzato, coreografie elaborate e trovate comiche tipicamente italiane.
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Lo adoro, ha scatenato in me la Celentanomania, e dire che prima neanche lo consideravo a Celentano, lo consideravo un mito senza conoscerlo, ma adesso posso davvero dire che è un mito davvero! Solo lui ha fatto quello che gli piaceva e se ne è fregato di quello che gli altri avrebbero pensato. Con Super rapina a Milano lo stile non c'è perchè il suo nome nella regia è fasullo(il vero regista è Piero Vivarelli), con Yuppi Du ariva alla perfezione, completo in un contesto filosofico-sociale, Yuppi Du è la sintesi del Celentano-pensiero, il mitico Celentano imbastisce Yuppi Du con un ottima fotografia di Alfio Contini(il John Alcott italiano), regia elaborata, attenta ai particolari e innovativa, effetti visici prospettici, inquadrature al grandangolo, montaggio veloce e spezzato, coreografie elaborate e trovate comiche tipicamente italiane. La versione del 2008 invece inserisce quello che nel 1975 poteva essere futile, ma che per me ha ben più significato, la scena dei fiammiferi rimontata(in meglio) con il commento musicale della canzone "Azzurro" remixata e rallentata è per quanto strana geniale, e forse Celentano aveva ragione, alla vecchia scena dei fiammiferi gli mancava qualcosa, era la musica e qualche effetto digitale(poi la scelta degli effetti visvi è più che discutibile, Andrea Baracca ha restaurato il colore perfettamente, ma con gli effetti visivi non ci sa proprio fare). Collaborando sempre con Alfio Contini alla fotografia ha girato Geppo il folle e Joan Lui, definiti da Morando Morandini di una squallidità imbarazzante, comunque non penso siano così brutti, anche se non li ho ancora visti, aspetto con ansia che vengano pubblicati in DVD, perchè per Adriano lì comprerei seduta stante a scatola chiusa(senza averli mai visti) a quasi-qualsiasi prezzo. C'è da dire che forse Adriano non ha mai avuto un pubblico che lo apprezzasse per quel che davvero vale, guardando bene la sua produzione ha spaziato in molti generi musicali(rock'n'roll, pop, proto-rap, musica leggera, musica dance, ecc.), è proprietario di una sua etichetta discografica, è un conduttore televisivo, attore, regista, sceneggiatore, montatore. Travatemi qualcun altro in Italia a cui abbiano dato 40 miliardi di lire per fare un film, dopo alcune produzioni di dubbio impatto commerciale. Sicuramente anche se i Cecchi Gori in cambio dei 40 miliardi per il suo film hanno avuto due sue prove d'attore, non ci hanno guadagnato, questo è sicuro al cento per cento!
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renato c.
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sabato 8 marzo 2014
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celentano era partito bene!
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Sono d'accordo col Morandini che senz'altro questo è il miglior film di Celentano come regista e produttore! Fa vedere le sue idee ecologiste ed il suo pensiero sulla differenza di vita tra Milano e Venezia. A Venezia i poveri vivono nell'acqua in case con pareti sottilissime che crollano al solo stappare una bottiglia di spumante! A Milano la vita è molto diversa ma tutti hanno le facce pallide e tristi per lo smog e vivono sempre di corsa ingoiati dalla metropolitana le cui porte, per l'occasione, si trasformano in bocche di squalo che si ingoiano tutti i passeggeri! Celentano non risparmia nemmeno una presa in giro a sua moglie Claudia Mori che spacca tutte le sedie su cui si siede; e non evita nemmeno scene drammatiche come il tentativo di stupro della ragazza di Napoleone (Gino Santercole), che per salvarla rimane menomato a vita su una sedia a rotelle; e poi la morte dell'operaio sul lavoro.
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Sono d'accordo col Morandini che senz'altro questo è il miglior film di Celentano come regista e produttore! Fa vedere le sue idee ecologiste ed il suo pensiero sulla differenza di vita tra Milano e Venezia. A Venezia i poveri vivono nell'acqua in case con pareti sottilissime che crollano al solo stappare una bottiglia di spumante! A Milano la vita è molto diversa ma tutti hanno le facce pallide e tristi per lo smog e vivono sempre di corsa ingoiati dalla metropolitana le cui porte, per l'occasione, si trasformano in bocche di squalo che si ingoiano tutti i passeggeri! Celentano non risparmia nemmeno una presa in giro a sua moglie Claudia Mori che spacca tutte le sedie su cui si siede; e non evita nemmeno scene drammatiche come il tentativo di stupro della ragazza di Napoleone (Gino Santercole), che per salvarla rimane menomato a vita su una sedia a rotelle; e poi la morte dell'operaio sul lavoro. Charlotte Rampling fa bene la parte di donna arrivista che, al contrario della seconda moglie Adelaide (Claudia Mori)che ha sempre lo sguardo dolcissimo, mostra due occhi freddi ed uno sguardo egoistico; non esita a lasciare marito e figlia per andarsene a vivere a Milano con un uomo ricco "che la amava!", diceva nel film, ma che lei non ha mai confessato di amare! Voleva solo la vita agiata, i bei vestiti,ecc.E dopo sei anni di silenzio in cui si è fatta credere morta suicida, non esita a tornare a prendersi la figlia, facendo allontanare la buona seconda moglie Adelaide e lasciando il povero Celentano solo, disilluso e infelice, con un pacco di soldi che gli dava solo il timore che gli venissero rubati. Il film è piacevole, anche se un po lento a differenza dei film con Celentano diretti da Castellano e Pipolo, e sono molto belle le parti coreografiche, alcune dissolvenze,ed alcune foto panoramiche di Venezia che facevano un bellissimo effetto con la cinepresa che andava all'indietro!
Celentano era partito bene! Peccato che poi abbia rallentato fino a finire col pessimo "Joan Lui" come produttore e regista, ed a lasciare definitivamente il cinema anche come attore dopo l'insuccesso di "Jackpot" del 1992.
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fabio1957
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venerdì 9 gennaio 2015
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stravagante
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Già ai primordi della sua carriera cinematografica ,Celentano non si smentisce,il suo è uno stile irriverente,bizzarro surreale, a tratti perfino sganngherato, ma con punte di vera genialità. I temi sono quelli soliti congeniali a all'artista, in primis l'ecologia,l'alienazione della grande città, il rapporto con le donne ,con la religione.I balletti sono coreograficamente perfetti,i passaggi comici si alternano a quelli drammatici, a tratti un pò lento e ripetitivo.Insomma decisamente stravagante ed estroso.
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blackandwhite
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giovedì 27 aprile 2017
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l'amore rovinato dal denaro
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Questo è un film sul denaro. Il tema centrale del film è il denaro. Ci sono altri temi secondari degni di nota, come la violenza sulle donne, l'inquinamento, lo sfruttamento dei lavoratori, ma il più importante è certamente questo. Il denaro corrompe gli animi, imbruttisce la gente e siccome non basta mai, impedisce il raggiungimento della felicità. Come una droga conduce rapidamente alla morte, una morte spirituale che viene prima di quella materiale, simbolizzata dalla creduta morta di Silvia.
Chi cade nella dipendenza dal denaro, difficilmente riesce a liberarsene (è ancora il caso di Silvia).
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Questo è un film sul denaro. Il tema centrale del film è il denaro. Ci sono altri temi secondari degni di nota, come la violenza sulle donne, l'inquinamento, lo sfruttamento dei lavoratori, ma il più importante è certamente questo. Il denaro corrompe gli animi, imbruttisce la gente e siccome non basta mai, impedisce il raggiungimento della felicità. Come una droga conduce rapidamente alla morte, una morte spirituale che viene prima di quella materiale, simbolizzata dalla creduta morta di Silvia.
Chi cade nella dipendenza dal denaro, difficilmente riesce a liberarsene (è ancora il caso di Silvia). Chi crede nel denaro pensa di poter comprare tutto con esso (come il ricco amante di Silvia), ma ciò che si fa comprare col denaro in realtà ha già perso di valore. Ma quasi tutti ormai desiderano il denaro e nient'altro che il denaro, come manifestamente mostrato dall'avidità suscitata nella gente quando Felice viaggia con un ben visibile pacco di soldi estorti al capitalista amante di sua moglie.
Felice invece rappresenta l'uomo libero, che non ha per il denaro maggiore considerazione che per l'amore. Celentano mette a confronto due modelli di vita, due città famose d'Italia: Milano e Venezia. Ma si tratta solo di un confronto parziale, perché ormai il capitalismo e l'adorazione del denaro hanno fatto presa dappertutto. Solo l'individuo si può ribellare a questo stato di cose. Non ci resta che questa possibilità di scelta e Felice è un esempio di chi fa la scelta giusta, nonostante le difficoltà ad attuare questa scelta nell'ambiente in cui vive.
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dandy
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mercoledì 1 maggio 2019
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yuppi du yuppi du yuppiduppi du.
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Alla sua seconda opera da regista,Celentano(anche co-sceneggiatore)tira fuori un prodotto inclassificabile,quasi alieno.La trama è un sempice pretesto per mettere in scena numerini surreali,gag elementari ma che a freddo (almeno in parte) sono innegabilmente esilaranti,siparietti da cinema sperimentale undeground e tocchi degni di Bunuel(i tentativi di distrarre Adelaide,il flashback dell'aggressione a Napoleone e alla ragazza).Il tutto ovviamente condito da dosi massicce di egocentrismo e le tipiche massime da Celentano(ecologia,pacifismo,confronto tra classi).Alla fine più che il potere negativo del denaro a farla da padrone è la visione misognia della donna materialista e ingannatrice,ma a differenza dei lavori futuri come "Joan Lui" qui la tracotanza e la regia caotica e iperframmentata sono utilizzate nel modo giusto.
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Alla sua seconda opera da regista,Celentano(anche co-sceneggiatore)tira fuori un prodotto inclassificabile,quasi alieno.La trama è un sempice pretesto per mettere in scena numerini surreali,gag elementari ma che a freddo (almeno in parte) sono innegabilmente esilaranti,siparietti da cinema sperimentale undeground e tocchi degni di Bunuel(i tentativi di distrarre Adelaide,il flashback dell'aggressione a Napoleone e alla ragazza).Il tutto ovviamente condito da dosi massicce di egocentrismo e le tipiche massime da Celentano(ecologia,pacifismo,confronto tra classi).Alla fine più che il potere negativo del denaro a farla da padrone è la visione misognia della donna materialista e ingannatrice,ma a differenza dei lavori futuri come "Joan Lui" qui la tracotanza e la regia caotica e iperframmentata sono utilizzate nel modo giusto.E la rappresentazione dei milanesi come figure grigiastre ingessate è azzeccata.Solo tre numeri misicali,anche in inglese.Il migliore è quello che da il titolo al film,dove Celentano balla con la Rampling mezza svestita(al top della sua bellezza).Immancabili gli attori di colore,fortunatamente non doppiati in modo idiota.Il finale dove Felice tratta per la figlia,ha una spregiudicatezza sia notevole che discutibile.Sicuramente il miglior film diretto dal Molleggiato,prima che l'egogentrismo e il qualunquismo si impossessassero definitivamente di lui.Nonostante il grande successo di pubblico,dopo l'iuscita al cinema Celentano non lo fece editare in cassetta,e restò invisibile per oltre un decennio.Fu trasmesso tra l'87 e il '97 su Italia 1 e Canale 5.Poi nel 2008 il regista lo mise in circolazione in DVD in una nuova versione accorciata,con nuove musiche ed orrendi effetti digitali.Con grande delusione di tutti.Inutile dire che va visto esclusivamente nella vesione originale,anche se non è certo facile reperirla.
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