luca scialò
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venerdì 5 agosto 2011
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pregi e difetti dei movimenti degli anni '70
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Lulu' Massa (GianMaria Volontè) è un operaio stacanovista, il quale, per i suoi eccellenti ritmi di lavoro e di produzione di cottimo, è malvisto dai suoi colleghi. Anche la sua vita privata non è delle migliori. Separato, deve mantenere la moglie e il figlio, mentre convinve con una parrucchiera e il suo bambino. Anch'essa (Mariangela Melato) critica verso di lui, soprattutto per la sua scarsa vena sessuale, dovuta proprio allo stress da lavoro. Ma un giorno la sua vita cambia. Perde un dito e così viene coinvolto nelle lotte sindacali e studentesche della sinistra in fermento d'inizio anni '70. Movimenti fino a quel momento snobbati. Ma ne assaggerà anche le utopie e le contraddizioni, con la paura di finire in manicomio come un altro ex operaio, anch'egli troppo zelante.
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Lulu' Massa (GianMaria Volontè) è un operaio stacanovista, il quale, per i suoi eccellenti ritmi di lavoro e di produzione di cottimo, è malvisto dai suoi colleghi. Anche la sua vita privata non è delle migliori. Separato, deve mantenere la moglie e il figlio, mentre convinve con una parrucchiera e il suo bambino. Anch'essa (Mariangela Melato) critica verso di lui, soprattutto per la sua scarsa vena sessuale, dovuta proprio allo stress da lavoro. Ma un giorno la sua vita cambia. Perde un dito e così viene coinvolto nelle lotte sindacali e studentesche della sinistra in fermento d'inizio anni '70. Movimenti fino a quel momento snobbati. Ma ne assaggerà anche le utopie e le contraddizioni, con la paura di finire in manicomio come un altro ex operaio, anch'egli troppo zelante.
Elio Petri continua nel suo impegno cinematografico verso il sociale e la politica, "servendosi" ancora una volta di un superbo Volontè nei panni del confuso operaio Lulu'. Il film non è un semplice inno alla classe operaia o una marchetta alla sinistra. Bensì ne sottolinea le rispettive contraddizioni, le lacerazioni interne, le utopie, le confusioni; ma anche la caparbietà nella lotta e i successi. La conclusione di fatti non è netta e chiara. Non si intuisce in modo definito se gli operai hanno vinto o perso. In fondo, gli stessi movimenti, operaio e studentesco, non sapevano come sarebbe andata a finire la loro rivoluzione.
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libero contumace
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venerdì 11 febbraio 2011
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la consolazione dell'aldilà
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Il messaggio del film sta nel titolo.
L'unica consolazione che può avere la classe degli sfruttati è il "paradiso", ammesso che esista, e ammesso che non si vada a finire all'inferno.
La classe operaia non può dunque che sperare.
Infatti ogni tentativo di cambiamento radicale porta solo guai: Lulù perde il posto di lavoro, si avvicina pericolosamente alla pazzia, iniziano le crisi con la compagna.
Il regista, notoriamente di sinistra, da un lato riconosce e denuncia le pessime condizioni di lavoro degli operai negli anni settanta, ma al contempo critica i paladini della rivoluzione, studenti e (una minoranza fra gli) operai.
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Il messaggio del film sta nel titolo.
L'unica consolazione che può avere la classe degli sfruttati è il "paradiso", ammesso che esista, e ammesso che non si vada a finire all'inferno.
La classe operaia non può dunque che sperare.
Infatti ogni tentativo di cambiamento radicale porta solo guai: Lulù perde il posto di lavoro, si avvicina pericolosamente alla pazzia, iniziano le crisi con la compagna.
Il regista, notoriamente di sinistra, da un lato riconosce e denuncia le pessime condizioni di lavoro degli operai negli anni settanta, ma al contempo critica i paladini della rivoluzione, studenti e (una minoranza fra gli) operai.
Alla fine del film si torna al punto di partenza, nulla è cambiato, ma Lulù impara, amaramente, che non c'è scampo dalla sua triste condizione, o meglio l'unica possibilità è un lento cambiamento, l'accettazione dei compromessi, i cui frutti magari saranno raccolti da altre generazioni.
Gian Maria Volontè è eccellente, più bravo che in "A ciascuno il suo" e "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto".
La seconda parte del film è lenta e pesante, ma nonostante ciò merita di essere visto.
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ralphscott
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martedì 25 gennaio 2011
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io sono brava,io me la merito la pelliccia
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Son passati quasi quarant'anni,ma questo resta un film attuale. Le rivendicazioni,i timori,l'alienazione dell'uomo nella fabbrica son sempre quelle. Mentre Mike Bongiorno torchia i concorrenti,in sottofondo,la vita degli operai nelle loro umili case va avanti,fin quando una sveglia,l'indomani,darà inizio ad altre fatiche. Accanto al "mostro" Volonté,troviamo una Melato eccentrica,commovente nel sognare una vita migliore,magari aiutata dalle parrucche e dal visone,a cui aspira. Risate amare
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estremista di sinistra
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sabato 7 marzo 2009
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un film pericolosamente reazionario
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"La classe operaia va in paradiso" è un film pericolosamente reazionario: non c'è nessun sincero odio nei confronti del lavoro, della macchina, della catena di montaggio. Chiunque sia autenticamente di sinistra invochi il rogo per questa pellicola infame e fascista.
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(di federer85)
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anonimo
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giovedì 22 gennaio 2009
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a film politico, giudizio politico
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Leggere la scheda di Goffredo Fofi su questo film (scheda presente in questo sito nella zona "Critica") per imparare qualcosa.
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(di federer85)
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anonimo
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domenica 28 dicembre 2008
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elio petri bocciato a piacenza
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La più giusta critica a questo film la scrisse Goffredo Fofi sul n. 44-45 dei "Quaderni Piacentini", nel 1971.
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(di joecondor)
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pol68
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domenica 30 novembre 2008
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mondo operaio degli anni 70 e recensori del 2008
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sembra che molti non si ricordino quando fu girato questo film: il mondo agitato di quegli anni sembra un lontano ricordo e chi recencisce oggi pensa di trovarsi di fronte ad un film barzelletta, alla fantozzi, direi! In realtà, pur portato al parossismo in certi frangenti, rimane uno spaccato vero, autentico della vita in fabbrica di quel decennio, dove scioperi e scontri di piazza erano all'ordine del giorno e dove la rivoluzione sembrava dietro l'angolo. Quel che si puo' rimprovare, piuttosto, è l'incapacità di dare un indirizzo preciso al film. in altre parole, Petri, da che parte sta? meglio il tutto e subito degli studenti o il qualcosa e un po alla volta del sindacato? meglio il licenziamento per aver difeso le proprie idee o la riassunzione con la degradazione in catena di montagg
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sembra che molti non si ricordino quando fu girato questo film: il mondo agitato di quegli anni sembra un lontano ricordo e chi recencisce oggi pensa di trovarsi di fronte ad un film barzelletta, alla fantozzi, direi! In realtà, pur portato al parossismo in certi frangenti, rimane uno spaccato vero, autentico della vita in fabbrica di quel decennio, dove scioperi e scontri di piazza erano all'ordine del giorno e dove la rivoluzione sembrava dietro l'angolo. Quel che si puo' rimprovare, piuttosto, è l'incapacità di dare un indirizzo preciso al film. in altre parole, Petri, da che parte sta? meglio il tutto e subito degli studenti o il qualcosa e un po alla volta del sindacato? meglio il licenziamento per aver difeso le proprie idee o la riassunzione con la degradazione in catena di montaggio? meglio il lavaggio del cervello operato dal capitale o quello degli studenti fancazzisti? ai posteri l'ardua sentenza
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erma46
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giovedì 20 novembre 2008
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poco è cambiato
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nessun moralismo,personaggi veri straordinario volontè
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anonimo
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mercoledì 29 ottobre 2008
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uno studente-operaio pugliese accanto a volontè
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Un giovane pugliese che studia alle scuole serali entra in una grande fabbrica della Lombardia per lavorare come operaio, pagarsi la scuola e contemporaneamente imparare sulla vita di fabbrica, secondo le sue idee politiche di sinistra. Subito cerca di mettersi sotto l'ala dello stakanovista Lulù Massa (Gian Maria Volontè), ma prende posizione contro il padrone, e partecipando agli scioperi perde l'amicizia dell'uomo (che perderà un dito in un incidente e, "presa coscienza", sarà licenziato). Nel finale, il giovane scopre la doppiezza del sindacato, viene scoperto da Lulù come studente serale, ma riesce a non perdere il posto, diventando un "ribelle all'interno del sistema".
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populista
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lunedì 27 ottobre 2008
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elio petri, ugo pirro e gian maria volontè
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Con "La classe operaia va in paradiso" il regista Elio Petri, lo sceneggiatore Ugo Pirro e l'attore (qui mediocre) Gian Maria Volontè, anche attraverso concessioni alle esigenze immediate delle masse popolari, tendevano in realtà alla conservazione del proprio potere nel "mondo del cinema", accattivandosi il favore popolare con promesse di miglioramenti economici e sociali difficilmente realizzabili, cercando di accreditare le proprie tesi con affermazioni di facile presa, propagandistiche. "Demagogia", lo Zingarelli.
[+] assurdo
(di darkovic)
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