atokit80
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martedì 14 agosto 2007
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giallo all'italiana
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Più che sufficiente il voto che merita questo giallo all'italiana del 1972. Emilio P. Miraglia non è un grandissimo regista, ma il film non è male. Ugo Pagliai, Barbara Bouchet (splendida come sempre) e Marina Malfatti fanno il loro dovere, il sangue non manca, le musiche non sono niente male e l'ambientazione è intrigante. I problemi sono nella sceneggiatura (troppo macchinosa e in parte inverosimile), risate subdole e logica del delitto un pò farragginosa. Ma rispetto ad un'altra pellicola dello stesso autore, "La notte che Evelyn uscì dalla tomba" questo film merita un premio Oscar!!!
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alan lester
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domenica 12 ottobre 2014
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la dama rossa uccide sette volte
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Film che racchiude tre generi giallo, thriller e a tratti anche horror dalle tinte gotiche.
L'ambientazione in un castello, dimora abituale dei Wildebruch, con nascondigli, segrete e cripte rende questa pellicola suggestiva dal punto di vista tematico. Visionario e a tratti goffo nell'interpretazione del personaggio principale soprattutto nella risata frivola che alleggerisce l'atmosfera dalla suspance che precede ogni delitto.
La dama rossa soggetto di un quadro appeso nel castello dove si svolge un'intricata vicenda di eredità dai risvolti macabri, diventa ossessiva allucinazione per Ketty (Barbara Bouchet) e nello stesso tempo spietata e fantasiosa assassina dalla caratteristica risatina isterica.
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Film che racchiude tre generi giallo, thriller e a tratti anche horror dalle tinte gotiche.
L'ambientazione in un castello, dimora abituale dei Wildebruch, con nascondigli, segrete e cripte rende questa pellicola suggestiva dal punto di vista tematico. Visionario e a tratti goffo nell'interpretazione del personaggio principale soprattutto nella risata frivola che alleggerisce l'atmosfera dalla suspance che precede ogni delitto.
La dama rossa soggetto di un quadro appeso nel castello dove si svolge un'intricata vicenda di eredità dai risvolti macabri, diventa ossessiva allucinazione per Ketty (Barbara Bouchet) e nello stesso tempo spietata e fantasiosa assassina dalla caratteristica risatina isterica. Interessante nello stile è la soggettiva della dama rossa che rivela passo dopo passo le reali intenzioni omicide facendo attenzione a celare e non dissimulare una scontata identità di essa.
La fitta trama riesce a fare da filo conduttore tra i vari delitti fino ad un finale inaspettato le cui scene girate nei sotterranei contrastano nettamente con il contesto immerso nel clima urbano di una Germania all'inizio degli anni 70.
Miraglia propone un originale tentativo di accordo tra arte, leggenda e la cruda modernità riuscendo a sorprendere fino alla fine con scene abbastanza realistiche e personaggi al limite dei clichè.
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elgatoloco
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venerdì 8 maggio 2020
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in complesso modesto, non disprezzabile
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"La dama rossa uccide sette volte"(1972, Emilio P.Miraglia, anche autore di soeggetto e sceneggiatura con Fabio Pittorru, ultimo film del regista e secondo"giallo"da lui realizzato)si basa su elmenti ben conosciuti nel cinema "di paura": vecchi castelli, cunicoli, topi, apparizioni spettrali(che in realtà, però, nascondono personaggi reali), porte che nascondono passaggi segreti e molto altro, sempre del"repertorio detection". Colori sgargianti alternati all'oscurità, dato che l'alternanza luce/ buio-oscurità è classica per tutto il cinema, appunto, che vuole indurre alla paura , ma anche nella letteratura fantastica e anche non, legata al"poliziesco", anche vagamente inteso.
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"La dama rossa uccide sette volte"(1972, Emilio P.Miraglia, anche autore di soeggetto e sceneggiatura con Fabio Pittorru, ultimo film del regista e secondo"giallo"da lui realizzato)si basa su elmenti ben conosciuti nel cinema "di paura": vecchi castelli, cunicoli, topi, apparizioni spettrali(che in realtà, però, nascondono personaggi reali), porte che nascondono passaggi segreti e molto altro, sempre del"repertorio detection". Colori sgargianti alternati all'oscurità, dato che l'alternanza luce/ buio-oscurità è classica per tutto il cinema, appunto, che vuole indurre alla paura , ma anche nella letteratura fantastica e anche non, legata al"poliziesco", anche vagamente inteso... Qui l'ambientazione è nel Sud della Germania, Baviera, trattandosi di una coproduzione italo-tedesca, con interpreti delle due aree linguistico/culturali, con una certa prevalenza italiana. C'è anche di mezzo un'eredità , di tale Tobias, un castellano, dove sovviene, inevitabile, la memoria non tanto del profeta biblico, ma di zio Tobia(yah yah Ho, "Nella vecchia fattoria"...). In più, quasi a confronto con il tema del castello e della leggenda del titolo, per cui ogni 14 anni(2 volte sette, dove il sette è notoriamente numero magico, alchemico, come dimostra ogni tradizione culutrale, pitagorica compresa, essnedo la somma del primo numero pari, il 2 e del primo numero dispari il 3, dato che l'uno è praticamente considerato solo uno "start")c'è quello dell'impresa di moda femmnile, un'occasione non da poco per mostrare nudità femminili(in questi fil,m, in anni nei quali la censura era ancora vigile e molto attiva., a tratti"parruccona", il giallo italian style "doveva"fondersi con un po'di erotismo, altrimenti non aveva futuro commerciale)e le interpreti femminili sono molte e eventualmente da confondere, se non si è espertissimi a livell di attrici di quegli anni, essendo spesso vestite e pettinate anche allo stesso modo o simile. uN altro tema, che in questo fil,m, francamente non memorable ma neppure disprezzabile, risalta, anche se non è preicsamente prioritario, è quello della droga legata alla"follia", in anni nei quali la droga era già molto diffusa anche in Europa, ma non saltava ancora"à la une", ossia non era molto in prima pagina. Tra gli/le interpreti, due attori teatrali e legati alla TV dell'epoca molto popolari come Ugo Pagliai(pistoiese)e Marina Malfatti(fiorentina), nonché Maria Pia Giancaro, forse meno nota, il meno noto Fabrizio Maresco come Peter, il drogato e piccolo spacciatore. Ma emerge in questo film anche quella che sarà la"diva"sexy, non italiana ma molto attiva negli anni 1970-1980 nella commedia sexy italiana, Barbara Bouchet. senza volere svelare nulla dell'intrico e della sua"soluzione;" basterà dire che il tutto si spiega naturalmente e fantasmi e voci misteriose sono solo un pretesto per sviare l'attenzione, che la motivazione(il"movente")è solo di ordine"molto, troppo umano", ossia pecuniario, che molto altro non è da aggiungerere, salvo che si tratta, appunto, di un film non eccelso(già detto sopra, in realtà)ma che corrisponde a uno standard"medio"vigente in quegli anni, dove il cienma italiano osccilava tra capolavori e film di modsta ma discreta fattura, dove si deve intendere il temrine in chaive decisamente artiginale. El Gato
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