Benito Freire, modesto viandante che si arrabatta facendo commercio ambulante di immagini sacre e piccole commissioni lungo il 'camino de Santiago' nel primo ottocento, è in realtà un essere solitario e infelice affetto da una particolare forma di epilessia che lo trasforma in feroce assassino di giovani donne che, con subdoli pretesti, attira nei suoi pellegrinaggi tra i boschi della Galizia. Non ostante la fiducia riposta in lui dagli abitanti dei villaggi che egli è solito frequentare, la allarmante scomparsa di una giovane nubile ed i pesanti indizi che gravano sulla sua persona, fomenteranno una serrata caccia all'uomo che porterà alla sua inevitabile cattura.
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Benito Freire, modesto viandante che si arrabatta facendo commercio ambulante di immagini sacre e piccole commissioni lungo il 'camino de Santiago' nel primo ottocento, è in realtà un essere solitario e infelice affetto da una particolare forma di epilessia che lo trasforma in feroce assassino di giovani donne che, con subdoli pretesti, attira nei suoi pellegrinaggi tra i boschi della Galizia. Non ostante la fiducia riposta in lui dagli abitanti dei villaggi che egli è solito frequentare, la allarmante scomparsa di una giovane nubile ed i pesanti indizi che gravano sulla sua persona, fomenteranno una serrata caccia all'uomo che porterà alla sua inevitabile cattura.
Basato sul romanzo 'El bosque de Ancines' di Carlos Martínez-Barbeito e ispirato alla figura del leggendario bandito 'licantropo' Manuel Blanco Romasanta, il film dello spagnolo Pedro Olea è un adattamento piuttosto modesto che mette in scena le tristi vicissitudini di un assassino psicotico nella Spagna del XIX secolo, cercando di recuperare una ricostruzione d'ambiente che evochi lo spirito del tempo tra superstizioni popolari (il licantropismo) e il dramma umano di un 'essere inferiore' segnato dallo stigma di un male sconosciuto e terribile. Piuttosto incongruente e frammentato a livello narrativo, difetta nella totale assenza di tensione drammatica limitandosi ad una elementare alternanza di scene conviviali e di sequenze che illustrano con meccanica semplicità i raptus omicidi del protagonista (si limita a strangolare le vittime e a farsi un pisolino,sic!), mancando tanto nella elaborazione credibile di un soggetto tragico (salvo per un breve prologo che esemplifica didascalicamente il trauma infantile subito dal nostro) quanto nel pauperismo di una messa in scena puramente illustrativa e quasi priva di digressioni che enfatizzino la ineluttabilità delle vicende narrate. Il risultato è un collage piuttosto statico di sequenze narrative dove appare del tutto assente l'idea di montaggio ed una convicente caratterizzazione dei personaggi ed in particolare del protagonista, lombrosianamente presentato come un povero demente afflitto da un male incurabile piuttosto che come la maschera di un mostro brutale animato dalle perversioni di una spietata premeditazione omicida (perchè allora indurrebbe le sfortunate donzelle ad accompagnarlo per boschi?). Rivestono un certo interesse solo alcune scene legate ai rituali funebri diffusi fino a qualche decennio fa nei paesi mediterranei tra cui il sud Italia (il lamentoso girotondo di uomini attorno alla salma del giovane all'inizio del film, è una scena che conserva una certa attendibilità antropologica) e l'evocazione delle leggende sulla licantropia come forma di superstizione legata ad una oscura interpretazione del male epilettico. Curiso ruolo di biondo ministro presbiteriano sul cammino di Santiago per il caratterista inglese (italiano d'adozione) John Steiner.Implacabile condanna...in salsa galiziana.
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