il cinefilo
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venerdì 23 aprile 2010
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un film leggendario...
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Il film in questione è,come molti sapranno,uno dei più famosi film di A.Hitchcock in assoluto se non addirittura quello che lo ha consacrato definitivamente nell'olimpo dei registi leggendari(senza nulla togliere ovviamente ad altre sue grandi opere come LA FINESTRA SUL CORTILE,INTRIGO INTERNAZIONALE o REBECCA LA PRIMA MOGLIE)ed è anche il film che ha elevato Anthony Perkins all'unico ruolo che gli sia rimasto impresso in tutta una carriera...quello di Norman Bates che è un personaggio dell' cinema che ormai conoscono anche coloro a cui il cinema non frega un accidente,poichè il nome stesso "Norman Bates"viene utilizzato per soprannominare certi psicopatici...il colpo di scena finale dovrebbe essere un autentica sorpresa per lo spettatore ma ormai è talmente entrato nell'mito che lo spettatore lo conosce ancora prima di visionare il film.
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Il film in questione è,come molti sapranno,uno dei più famosi film di A.Hitchcock in assoluto se non addirittura quello che lo ha consacrato definitivamente nell'olimpo dei registi leggendari(senza nulla togliere ovviamente ad altre sue grandi opere come LA FINESTRA SUL CORTILE,INTRIGO INTERNAZIONALE o REBECCA LA PRIMA MOGLIE)ed è anche il film che ha elevato Anthony Perkins all'unico ruolo che gli sia rimasto impresso in tutta una carriera...quello di Norman Bates che è un personaggio dell' cinema che ormai conoscono anche coloro a cui il cinema non frega un accidente,poichè il nome stesso "Norman Bates"viene utilizzato per soprannominare certi psicopatici...il colpo di scena finale dovrebbe essere un autentica sorpresa per lo spettatore ma ormai è talmente entrato nell'mito che lo spettatore lo conosce ancora prima di visionare il film.
TRAMA:una giovane ragazza fugge via dall'Arizona dopo aver sottratto 40.000 dollari a una banca,cambia l'auto e si ritrova pedinata da un poliziotto...alla fine raggiunge un hotel dove intende fermarsi per la notte e dove viene accolta da un timido "gestore"che trascorre la sua vita ad assistere la sua anziana madre malata e reclusa in una inquietante casa...non mi spingo oltre con la trama e giungo all'mio giudizio critico:per tutta la prima parte moltissime sequenze del film sono avvolte da un "aura" di inquietante e grandiosa suspance che rendono PSYCO un thriller perfetto ma poi nella seconda parte la suspance viene a mancare(ignoro se intenzionalmente o accidentalmente)per poi risollevarsi alla grande negli ultimi 10 minuti prima della scoperta della terribile verità circa Norman Bates e sua madre...una pietra miliare dei classici film americani e a mio giudizio imperdibile per ogni buon cinefilo.
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nicolòmatta
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martedì 13 aprile 2010
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psyco
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Una ragazza sotto la doccia. Il rumore dell'acqua che scende la isola da tutto il resto. Marion Crane è in fuga, ha appena rubato 40.000 dollari dal suo principale ed è fuggita da Phoenix (Arizona) per raggiungere il fidanzato Sam a Fairvale per sposarlo. Si è fermata per la notte in un tetro motel fuori mano, il cui proprietario, Norman Bates, pare assai oppresso dalle ire della dispotica mamma, che non ama che il figlio frequenti compagnie femminili. E' lei l'omicida della povera ragazza, accoltellata nella vasca da bagno? L'apparenza inganna. Con un magistrale colpo di scena, facendo morire Janet Leigh a metà del film, Hitchcock gioca un brutto tiro allo spettatore. Nello stesso tempo, ha ribaltato e stravolto i canoni della suspense e così li ha rinnovati.
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Una ragazza sotto la doccia. Il rumore dell'acqua che scende la isola da tutto il resto. Marion Crane è in fuga, ha appena rubato 40.000 dollari dal suo principale ed è fuggita da Phoenix (Arizona) per raggiungere il fidanzato Sam a Fairvale per sposarlo. Si è fermata per la notte in un tetro motel fuori mano, il cui proprietario, Norman Bates, pare assai oppresso dalle ire della dispotica mamma, che non ama che il figlio frequenti compagnie femminili. E' lei l'omicida della povera ragazza, accoltellata nella vasca da bagno? L'apparenza inganna. Con un magistrale colpo di scena, facendo morire Janet Leigh a metà del film, Hitchcock gioca un brutto tiro allo spettatore. Nello stesso tempo, ha ribaltato e stravolto i canoni della suspense e così li ha rinnovati. Non per nulla "Psyco" - tratto da un mediocre romanzo slasher (1959) di Robert Bloch, ispirato a quel serial killer, Ed Gein, che i mass media USA ribattezzarono "il macellaio di Plainfeld", sceneggiato da Joseph Stefano - è uno dei suoi thriller più riusciti, oltre che uno dei maggiori successi di pubblico della carriera di Hitch. Voleva creare un film "puro", dove l'efficacia del montaggio, della fotografia, della musica (la superba colonna sonora di Bernard Herrmann, un cult) sono mescolati in un cocktail perfetto. Sul versante del thriller funziona perché tiene lo spettatore sulla corda dell'incertezza, lo suggestiona continuamente con colpi di scena incatenati uno dietro l'altro, in uno straordinario climax di tensione. La ricerca dello shock è completata. Anthony Perkins, adattissimo per la parte dell'inquieto Norman, restò intrappolato nel suo ruolo per oltre 20 anni, interpretandolo di nuovo in tre sequel di scarso interesse fra il 1985 e il 1990. Fra i personaggi secondari spicca il pacato detective di Martin Balsam. Nel 1998 Gus Van Sant ne ha fatto un interessante remake shot-to-shot (ripresa per ripresa) fotografato a colori da Chris Doyle.
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joker95
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venerdì 2 aprile 2010
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terrificante
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capolavoro assoluto, girato con una maestria incredibile e in un perfetto bianco e nero. Il re di tutti i thriller. Veramente incredibile. Incute un'angoscia e un timore non mostrando (o almeno la minima) violenza. Colonna sonora, usata principalmente nella prima parte, trascina lo spettatore nel vortice senza uscita, che si concluderà con la famigerata scena della doccia. Da lì in poi si riparte con nuovi protagonisti, fino al soprendente finale.
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capolavoro assoluto, girato con una maestria incredibile e in un perfetto bianco e nero. Il re di tutti i thriller. Veramente incredibile. Incute un'angoscia e un timore non mostrando (o almeno la minima) violenza. Colonna sonora, usata principalmente nella prima parte, trascina lo spettatore nel vortice senza uscita, che si concluderà con la famigerata scena della doccia. Da lì in poi si riparte con nuovi protagonisti, fino al soprendente finale.
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venerdì 2 aprile 2010
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terrificante
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capolavoro assoluto, girato con una maestria incredibile e in un perfetto bianco e nero. Il re di tutti i thriller. Veramente incredibile. Incute un'angoscia e un timore non mostrando (o almeno la minima) violenza. Colonna sonora, usata principalmente nella prima parte, trascina lo spettatore nel vortice senza uscita, che si concluderà con la famigerata scena della doccia. Da lì in poi si riparte con nuovi protagonisti, fino al soprendente finale.
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terrificante
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capolavoro assoluto, girato con una maestria incredibile e in un perfetto bianco e nero. Il re di tutti i thriller. Veramente incredibile. Incute un'angoscia e un timore non mostrando (o almeno la minima) violenza. Colonna sonora, usata principalmente nella prima parte, trascina lo spettatore nel vortice senza uscita, che si concluderà con la famigerata scena della doccia. Da lì in poi si riparte con nuovi protagonisti, fino al soprendente finale.
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luca scialò
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martedì 9 febbraio 2010
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il re dei thriller
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Un thriller capolavoro, storia geniale e diabolica, con una trama che inizia in un modo per poi portarti tutta su un altro scenario. Un'impiegata fugge con 40 mila dollari di un cliente della banca per la quale lavora, anzichè depositarli, dirigendosi verso il suo compagno con la speranza che quei soldi cambino la vita ad entrambi, che trovano insoddisfacente; arriva in un motel per passare la notte e riposarsi, vista anche la pioggia intensa, ma qui inizia un'altra storia, inquietante, tragica.
Un film forse mai superato nei 40 anni di thriller successivi, aiutato anche dal bianco e nero che permette inquietanti scene in chiaro scuro. La scena della doccia è diventata un classico che ha spaventato generazioni intere quasi impaurite nel compiere quell'atto quotidiano.
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Un thriller capolavoro, storia geniale e diabolica, con una trama che inizia in un modo per poi portarti tutta su un altro scenario. Un'impiegata fugge con 40 mila dollari di un cliente della banca per la quale lavora, anzichè depositarli, dirigendosi verso il suo compagno con la speranza che quei soldi cambino la vita ad entrambi, che trovano insoddisfacente; arriva in un motel per passare la notte e riposarsi, vista anche la pioggia intensa, ma qui inizia un'altra storia, inquietante, tragica.
Un film forse mai superato nei 40 anni di thriller successivi, aiutato anche dal bianco e nero che permette inquietanti scene in chiaro scuro. La scena della doccia è diventata un classico che ha spaventato generazioni intere quasi impaurite nel compiere quell'atto quotidiano. Ma in generale, un film che impressiona ancora oggi, nell'era del digitale. Figuriamoci quando uscì...
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g. romagna
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sabato 16 gennaio 2010
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psycho
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Non c'è dubbio: In Hitchcock il culto dell'immagine -inteso come elemento significante- raggiunge apici mai toccati da nessun altro (il che non è poco, visto che si parla di cinema; forse, a ben pensarci, solo il Fritz Lang de Il Mostro di Dusseldorf riesce a tenergli testa), ed anche questo film non fa difetto. Un thriller semplice per trama ed elaborazione, con una cura, un'eleganza ed una raffinatezza stilistica nella ricerca delle immagini degne delle migliori pellicole del regista. Anche parecchie delle stesse chiavi evolutive della vicenda, come Hitchcock era solito fare, sono spiegate solamente tramite l'occhio della telecamera che si focalizza sugli elementi decisivi.
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Non c'è dubbio: In Hitchcock il culto dell'immagine -inteso come elemento significante- raggiunge apici mai toccati da nessun altro (il che non è poco, visto che si parla di cinema; forse, a ben pensarci, solo il Fritz Lang de Il Mostro di Dusseldorf riesce a tenergli testa), ed anche questo film non fa difetto. Un thriller semplice per trama ed elaborazione, con una cura, un'eleganza ed una raffinatezza stilistica nella ricerca delle immagini degne delle migliori pellicole del regista. Anche parecchie delle stesse chiavi evolutive della vicenda, come Hitchcock era solito fare, sono spiegate solamente tramite l'occhio della telecamera che si focalizza sugli elementi decisivi. Tante sono le scene celebri o cinematograficamente mirabili: l'occhio del gestore del motel che scruta, con aria minacciosa, la sua cliente da un foro ricavato nel muro; Vera Miles che si fa la doccia mentre sulla destra del teleschermo vediamo comparire da dietro la porta l'omicida (un uomo? Una donna?); l'acqua zampillante vista del basso, come se fosse lo stesso occhio della vittima a vederla, prima di trapassare; l'investigatore privato che sale la scala con la telecamera che, muovendosi sul carrello, come a far capire su chi si concentrerà drammaticamente tutta l'evoluzione dell'immagine stessa, lo inquadra ponendo leggermente fuori fuoco tutto lo sfondo a lui circostante... E poi il finale, non solo un capolavoro del brivido da mostrare a quanti, a tutt'oggi, pensano ancora che per spaventare si debbano per forza mostrare squartamenti di ogni tipo con litri di sangue che scorrono come fiumi in piena, ma anche una splendida ed inquietante spiegazione logica di tutta la vicenda in chiave psicanalitico-freudiana (noto debole del regista, si pensi solamente a Io ti Salverò, altro suo grande film di pregevole fattura). Secondo la mia modestissima opinione, con Psycho Hitchcock ci offre uno dei suoi migliori lavori, forse secondo solamente a La Finestra sul Cortile, pellicola considerabile la quintessenza di quel culto dell'immagine sopra citato. Magnifico.
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riccardo-87
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domenica 3 gennaio 2010
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quando il genio appare sullo schermo
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Premettendo che non è il mio genere e che quindi non ne sono rimasto estasiato come molti, ritengo che questo è un film davanti al quale le critiche sono totalmente inopportune. Nel suo genere è un vero capolavoro, niente da dire; la famosa scena della doccia ritengo che sia un po' troppo sopravvalutata, almeno per i giorni nostri, anche se è innegabile che abbia altissimo valore per come è stata costruita (il tempo e il numero di riprese che ci sono volute è veramente singolare). Ma ciò che mai potrà morire di questo film sono 1) la trama, congegnata ad altissimo livello; 2) l'interpretazione di Perkins e quel suo sorriso nell'ultima scena, da monumento; 3) la costante tensione che il film crea nello spettatore e la curiosità di arrivare a conoscere come stanno veramente le cose.
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Premettendo che non è il mio genere e che quindi non ne sono rimasto estasiato come molti, ritengo che questo è un film davanti al quale le critiche sono totalmente inopportune. Nel suo genere è un vero capolavoro, niente da dire; la famosa scena della doccia ritengo che sia un po' troppo sopravvalutata, almeno per i giorni nostri, anche se è innegabile che abbia altissimo valore per come è stata costruita (il tempo e il numero di riprese che ci sono volute è veramente singolare). Ma ciò che mai potrà morire di questo film sono 1) la trama, congegnata ad altissimo livello; 2) l'interpretazione di Perkins e quel suo sorriso nell'ultima scena, da monumento; 3) la costante tensione che il film crea nello spettatore e la curiosità di arrivare a conoscere come stanno veramente le cose. Insomma, “psyco” raggiunge in pieno tutti gli scopi che voleva raggiungere. Che altro dire: non è il mio film, ma quando si arriva a certi livelli credo sia impossibile criticare, perché criticare varrebbe a dire rifiutare il genio.
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sergio rizzitiello
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lunedì 7 dicembre 2009
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il legame che distrugge
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In questo film credo che siano presenti tutti gli ingredienti della nostra società, resi drammaticamente, ma mai troppo: azione nullificante della madre, incapacità del figlio ad opporre una valida resistenza, impotenza, solitudine e patologia del figlio stesso, odio spaventoso che dalla madre al figlio ritorna come un boomerang dal figlio alla madre.
Sicuramente sono stati questi motivi profondi che hanno decretato il successo del film e che ancora oggi incollano lo spettatore davanti allo schermo quando se ne proiettano le immagini.
Il film di Hitchock è riuscito sinteticamente e potentemente a toccare le profonde dinamiche psicologiche che albergano in ognuno di noi.
Ovviamente non diventiamo tutti come il protagonista del film, perché diversi sono i gradi dell'azione materna e diverse sono anche le resistenze che il nostro psichismo riesce ad opporre ad essa, però se ad una fonte va rintracciata la nostra incapacità di vivere, la nostra impotenza di vivere, questa è senz'altro la madre che vive in ognuno di noi.
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In questo film credo che siano presenti tutti gli ingredienti della nostra società, resi drammaticamente, ma mai troppo: azione nullificante della madre, incapacità del figlio ad opporre una valida resistenza, impotenza, solitudine e patologia del figlio stesso, odio spaventoso che dalla madre al figlio ritorna come un boomerang dal figlio alla madre.
Sicuramente sono stati questi motivi profondi che hanno decretato il successo del film e che ancora oggi incollano lo spettatore davanti allo schermo quando se ne proiettano le immagini.
Il film di Hitchock è riuscito sinteticamente e potentemente a toccare le profonde dinamiche psicologiche che albergano in ognuno di noi.
Ovviamente non diventiamo tutti come il protagonista del film, perché diversi sono i gradi dell'azione materna e diverse sono anche le resistenze che il nostro psichismo riesce ad opporre ad essa, però se ad una fonte va rintracciata la nostra incapacità di vivere, la nostra impotenza di vivere, questa è senz'altro la madre che vive in ognuno di noi.
Paradossalmente da fonte della vita, la madre nel nostro inconscio è colei che sbarra l'accesso alle emozioni più belle, più vitali, più creative.
E se questa è una civiltà che non ama la vita è perché ha nel suo inconscio (perché anche una civiltà ha un inconscio) un principio materno altamente negativo.
Uno dei sentimenti che più paralizza un figlio e che dalla madre è indotto fin dalla tenera età è il senso di colpa.
Il senso di colpa non fa più muovere in autonomia il figlio, lo rende sterile, stitico psichicamente, arido spiritualmente, impotente sessualmente.
L'impotenza sessuale non è soltanto quella che si esprime nella capacità di erezione e quindi di penetrazione, ma nella capacità di esprimere attraverso la sessualità una calda emozione, un commovente sentimento di unione con l'altro sesso.
La donna viene resa frigida anche se poi riceve il fallo maschile, la sua vagina si anestetizza, e non è più in contatto con la mente e il cuore.
Il senso di colpa è vago, invadente, non circoscrivibile, non identificabile in questo o quello, infatti si ha la sensazione che si sia indegni di esistere, indegni di meritare considerazione, non parliamo poi di ricevere amore.
E' tutta colpa nostra, e se qualcuno ti chiede "Ma colpa di che, per aver fatto cosa?" lo smarrimento è totale, la frustrazione ancora più grande, la rabbia sempre più forte.
Nasce però a questo punto qualcosa di veramente sconvolgente: si prova piacere di questo stato di impotenza.
Per usare una motto celebre "Si fa di necessità virtù" cioè si libidizza la frustrazione, lo smacco, la sconfitta e ci si compiace.
Si osservi l'espressione resa dal bravissimo attore Anthony Perkins: in essa c'è tutto.
C'è la distruzione della propria identità, della propria autonomia, la rivelazione attraverso il corpo del principio materno negativo, ma c'è una soddisfazione, un compiacimento nel sorriso beffardo e crudele, una misera gratificazione che quello che si è è quello che doveva essere soprattutto se quell'essere è ciò che porta alla perdizione, alla nullificazione, al baratro, al precipizio, all'inferno.
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