rongiu
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martedì 4 gennaio 2011
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un piccolo, grande uomo
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Una donna gravida è una donna che prende in carico al suo interno un nuovo corpo. La donna, durante questo periodo chiamato gravidanza, è in stato di grazia, il più delle volte. Succede, purtroppo, che questo stato di grazia si può trasformare per tantissimi motivi, mentalmente, in una situazione qualitativamente anomala. Cioè la grazia, si perde, trasformandosi prima in dis/grazia e ciò che è stato preso in carico, diventa avversità. Ci sono comunque persone, femmine e maschi, che in situazioni avverse riescono a riorganizzare positivamente la propria vita.
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Una donna gravida è una donna che prende in carico al suo interno un nuovo corpo. La donna, durante questo periodo chiamato gravidanza, è in stato di grazia, il più delle volte. Succede, purtroppo, che questo stato di grazia si può trasformare per tantissimi motivi, mentalmente, in una situazione qualitativamente anomala. Cioè la grazia, si perde, trasformandosi prima in dis/grazia e ciò che è stato preso in carico, diventa avversità. Ci sono comunque persone, femmine e maschi, che in situazioni avverse riescono a riorganizzare positivamente la propria vita. Sono persone resilienti. E gli altri? Perché non riescono ad essere resilienti? Questa risposta è difficilissima da dare. E’ compito degli esperti. Ma qui non sono in un poliambulatorio, non sono un medico, parlo di un film; provo quindi, basandomi solo su esperienze di tipo soggettivo a dare la mia, di risposta. Mancanza di ascolto da parte degli altri. Il mio problema, per me gravissimo, non trova uditori. Ritengo l’ascolto il primo aiuto terapeutico. François Truffaut, regista e sceneggiatore, ci presenta in una Parigi di fine anni ’50 un ragazzino. Ha dodici anni, il suo nome è Antoine Doinel \ Jean-Pierre Léaud / Antoine la prima cosa che ha fatto, non ha chiesto di nascere. Il suo rendimento scolastico non è brillante. Discolo, combina guai, accusato ingiustamente anche delle altrui mancanze, cerca in tutti i modi di attrarre a sé l’attenzione di una mamma, la signora Doinel \Claire Maurier / e del legal padre, il signor Doinel \ Albert Rémy /. Antoine ha un amico, René, con il quale condivide un bel po’ di esperienze non certo educative per ragazzi della loro età. Ed è così che Antoine finirà per… Ma perché? I genitori di Antoine sono resilienti? E le “Istituzioni”? Dov’è finito l’Illuminismo Francese? E la sua pedagogia sperimentale? Quanti bambini, presi in carico da un ventre materno, hanno voglia di vedere la luce? Mah, non possono risponderci e quindi… non lo sapremo MAI. Un gran film che ha vinto una infinita quantità di premi; Il British Film Institute lo ha inserito nella lista dei 50 film più adatti ad un pubblico giovane.
Dimenticavo, Antoine non ha MAI conosciuto il mare. Un giorno... forse.
Good Click!
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[+] il primo truffaut, interessante e coinvolgente
(di antonio montefalcone)
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reservoir dogs
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sabato 30 ottobre 2010
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una corsa verso la comprensione
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Antoine Doinel è un bambino come tanti della Parigi degli anni 50', bigia la scuola per andare al cinema e non ha buoni rapporti con i genitori nonostante li aiuti nei piccoli lavori quotidiani.
Il ragazzo è alla continua ricerca d'affetto da parte dei genitori che non lo considerano molto un pò per le sue marachelle a scuola un pò per i loro problemi personali; il padre prende tutto poco sul serio, la madre rimpiange la sua giovinezza ed ha un amante.
Il piccolo Antoine ruberà "frammenti" di Balzàc e una macchina da scrivere per l'approvazione dei più "grandi", ma gli adulti che siano genitori o che siano maestri sembrano aver dimenticato di esser stati bambini decidendo così di spedirlo in riformatorio.
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Antoine Doinel è un bambino come tanti della Parigi degli anni 50', bigia la scuola per andare al cinema e non ha buoni rapporti con i genitori nonostante li aiuti nei piccoli lavori quotidiani.
Il ragazzo è alla continua ricerca d'affetto da parte dei genitori che non lo considerano molto un pò per le sue marachelle a scuola un pò per i loro problemi personali; il padre prende tutto poco sul serio, la madre rimpiange la sua giovinezza ed ha un amante.
Il piccolo Antoine ruberà "frammenti" di Balzàc e una macchina da scrivere per l'approvazione dei più "grandi", ma gli adulti che siano genitori o che siano maestri sembrano aver dimenticato di esser stati bambini decidendo così di spedirlo in riformatorio.
Qui verrano presa la sua giovinezza, le sue impronte e le sue foto per essere schedato come un criminale.
Subirà un interrogatorio da una psicologa perchè incompreso quindi "disturbato" in cui la cinepresa non riprende mai chi lo interroga alimentando così nello spettatore il senso d'ansia.
Appena avrà l'opportunità il bambino fuggirà dal riformatorio per andare a vedere il mare che non aveva mai visto.
Memorabile la sequenza finale della corsa "assieme" alla camera-car dove si ha la sensazione di fuggire assieme a lui da un mondo che non comprende e in un certo senso non lo vuole comprendere.
Considerato il manifesto della Nouvelle Vauge, è forse il film più autobiografico di Truffaut.
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roberta gilmore
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lunedì 25 gennaio 2010
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capolavoro indiscusso
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un inno alla libertà, un profondo rimpianto per l'infanzia, l'età più bella... scena finale (la corsa verso il mare di antoine doinel) emblematica, meravigliosa, irripetibile... truffault genio... il miglior film della storia del cinema...
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g. romagna
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venerdì 30 ottobre 2009
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i 400 clpi
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Credo che I Quattrocento Colpi sia una delle più feroci critiche al perbenismo borghese che la storia del cinema abbia mai prodotto, perlomeno per quello che la mia non eccelsa conoscenza può permettermi di affermare. E' un film feroce proprio per i suoi toni dimessi, che riescono a colpirti nel profondo pur tenendosi lontani da qualsiasi sensazionalismo di sorta (ed è qui che sta la magia della pellicola), e che ti rendono partecipe emotivamente delle sventure del piccolo protagonista cercando di aprire -e con efficacia- uno squarcio sull'ottusità di una realtà ipocrita che rende carnefici le vittime e si volta dall'altra parte incolpando chi invece è costretto a subire e pagare, fin dalla più tenera età, per colpe tutt'altro che sue.
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Credo che I Quattrocento Colpi sia una delle più feroci critiche al perbenismo borghese che la storia del cinema abbia mai prodotto, perlomeno per quello che la mia non eccelsa conoscenza può permettermi di affermare. E' un film feroce proprio per i suoi toni dimessi, che riescono a colpirti nel profondo pur tenendosi lontani da qualsiasi sensazionalismo di sorta (ed è qui che sta la magia della pellicola), e che ti rendono partecipe emotivamente delle sventure del piccolo protagonista cercando di aprire -e con efficacia- uno squarcio sull'ottusità di una realtà ipocrita che rende carnefici le vittime e si volta dall'altra parte incolpando chi invece è costretto a subire e pagare, fin dalla più tenera età, per colpe tutt'altro che sue. Magico ed illuminante.
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il cinefilo
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giovedì 2 luglio 2009
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un film sull' infanzia...
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il film I 400 COLPI di Francois Truffaut mi è sembrato,davvero,uno dei rari capolavori cinematografici che si possono trovare incentrati sull'tema dei problemi dell'infanzia e della maturità che possono attanagliare un bambino...in quest'opera,F.Truffaut mi è sembrato veramente capace di dimostrare,scena per scena,e di possedere una sensibilità e un enorme intelligenza in quanto è stato capace di "avere" una piena comprensione di quelli che possono essere i fatti drammatici della vita di un bambino che si trova a doversela vedere con una famiglia "difficile" e con la maturità...una sceneggiatura che affronta questo tema,di solito,si trova dinanzi alla difficolta(seria)di riuscire a creare un autentico "spessore" di realtà attorno a questo tema(mi riferisco a questo tema perchè la questione dell'infanzia è un argomento veramente complesso e difficile da portare sullo schermo in maniera funzionale all obiettivo che ci si prefigge(non è l'unico argomento complesso ma mi sembra uno dei principali)di commuovere e spingere ad una seria riflessione lo spettatore)ma mi sembra che il grande Truffaut ci sia riuscito in pieno,e della sua riuscita ne è prova anche lo stupendo finale della fuga dell ragazzo fino al mare dove ho visionato uno dei finali più belli che,effettivamente,si potessero realizzare.
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il film I 400 COLPI di Francois Truffaut mi è sembrato,davvero,uno dei rari capolavori cinematografici che si possono trovare incentrati sull'tema dei problemi dell'infanzia e della maturità che possono attanagliare un bambino...in quest'opera,F.Truffaut mi è sembrato veramente capace di dimostrare,scena per scena,e di possedere una sensibilità e un enorme intelligenza in quanto è stato capace di "avere" una piena comprensione di quelli che possono essere i fatti drammatici della vita di un bambino che si trova a doversela vedere con una famiglia "difficile" e con la maturità...una sceneggiatura che affronta questo tema,di solito,si trova dinanzi alla difficolta(seria)di riuscire a creare un autentico "spessore" di realtà attorno a questo tema(mi riferisco a questo tema perchè la questione dell'infanzia è un argomento veramente complesso e difficile da portare sullo schermo in maniera funzionale all obiettivo che ci si prefigge(non è l'unico argomento complesso ma mi sembra uno dei principali)di commuovere e spingere ad una seria riflessione lo spettatore)ma mi sembra che il grande Truffaut ci sia riuscito in pieno,e della sua riuscita ne è prova anche lo stupendo finale della fuga dell ragazzo fino al mare dove ho visionato uno dei finali più belli che,effettivamente,si potessero realizzare.
Propongo di fare un brindisi a F.Truffaut per averci regalato questo bellissimo film.
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exitplanetdust
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domenica 8 febbraio 2009
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il mistero dell'infanzia
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Il bambino non può essere con-preso. Può essere rappresentato, ma con lo sguardo necessariamente adulto (Rossellini docet). Truffaut può riflettersi, rispecchiarsi in un alter-ego qui ancora poco più che bimbo. Ma questo è uomo e bambino assieme, è una creatura in metamorfosi, e come ogni creatura in metamorfosi, genera orrore, nella sua sfuggevolezza: l'orrore dell'ignoto, per l'appunto, che insieme ci attrae irresistibilmente, e ci atterra. Sfuggevolezza qui tematizzata, problematizzata, oltre che letterale: Antoine scappa sempre, trova costitutivamente una via d'uscita, VIVE in tale via, cioè, in un processo; non è, chiaramente, uno stato (quindi, uno Stato); per sua natura, non può esserlo.
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Il bambino non può essere con-preso. Può essere rappresentato, ma con lo sguardo necessariamente adulto (Rossellini docet). Truffaut può riflettersi, rispecchiarsi in un alter-ego qui ancora poco più che bimbo. Ma questo è uomo e bambino assieme, è una creatura in metamorfosi, e come ogni creatura in metamorfosi, genera orrore, nella sua sfuggevolezza: l'orrore dell'ignoto, per l'appunto, che insieme ci attrae irresistibilmente, e ci atterra. Sfuggevolezza qui tematizzata, problematizzata, oltre che letterale: Antoine scappa sempre, trova costitutivamente una via d'uscita, VIVE in tale via, cioè, in un processo; non è, chiaramente, uno stato (quindi, uno Stato); per sua natura, non può esserlo. Il celebre fermo-immagine lo inquadra definitivamente, lo con-gela, lo con-stringe e lo con-segna, nel finale: il tempo passa, lo spirito leggero, guizzante, sbarazzino, ancora non con-stretto, dell'infanzia è destinato a soccombere? Sì. E no. Vive nei sogni, vive DEI sogni, così come il Cinema. Potremmo dire: il Cinema E' il *mistero dell'infanzia*. Cessa solo laddove il Cinema rinunzia al proprio tratto fondante: in altre parole, per fortuna, il Cinema NON E' fermo-immagine: è immagine-movimento (e/o, immagine-tempo).
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(di diletta di donato)
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ombre rosse
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mercoledì 21 gennaio 2009
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l'unico capolavoro di truffaut
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"I 400 colpi" è l'unico capolavoro di Truffaut, il suo ultimo film bello prima che si rincoglionisse e diventasse il piagnone reazionario e consolatorio-sentimentale che è stato.
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paioco89
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lunedì 1 dicembre 2008
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poesia con la macchina da presa
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Senza effetti speciali, senza una sceneggiatura forte, senza un cast di stelle. Senza dubbio un film eccellente. Truffaut mostra la realtà così com'è, semplice nella sua quotidianità: un ragazzo che va male a scuola desta problemi in famiglia la quale, col passare del tempo, lo rifiuta sempre di più fino a che, divenuto il ragazzo un "criminale", lo rinchiudono in un riformatorio dove da li fuggirà.
Me è anche una pellicola pregna di poesia: la scena finale del film dove Antoine si trova spaesato sulla spiaggia è un invito all'evasione, alla fuga dal mondo e dai suoi problemi, un provare con qualsiasi mezzo la libertà vera e propria.
Il film porta i suoi personaggi ad una evoluzione psicologica, ad una maturazione: prima la madre di Antoine rifiuta quest'ultimo, lo maltratta, dimostra il suo dissenso e il suo ripudio mentre il padre sembra più tollerante e benevolo verso il figlio.
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Senza effetti speciali, senza una sceneggiatura forte, senza un cast di stelle. Senza dubbio un film eccellente. Truffaut mostra la realtà così com'è, semplice nella sua quotidianità: un ragazzo che va male a scuola desta problemi in famiglia la quale, col passare del tempo, lo rifiuta sempre di più fino a che, divenuto il ragazzo un "criminale", lo rinchiudono in un riformatorio dove da li fuggirà.
Me è anche una pellicola pregna di poesia: la scena finale del film dove Antoine si trova spaesato sulla spiaggia è un invito all'evasione, alla fuga dal mondo e dai suoi problemi, un provare con qualsiasi mezzo la libertà vera e propria.
Il film porta i suoi personaggi ad una evoluzione psicologica, ad una maturazione: prima la madre di Antoine rifiuta quest'ultimo, lo maltratta, dimostra il suo dissenso e il suo ripudio mentre il padre sembra più tollerante e benevolo verso il figlio. Poi, a causa della cattiva condotta a scuola, i genitori sembrano scambiarsi i ruoli: il padre è severo, intransigente, acido, accusa la madre di utilizzare un metodo troppo dolce e protettivo; la madre, appunto, assume un comportamento protettivo, probabilmente anche per proteggersi dal tradimento coniugale scovato dal figlio.
Antoine si sente sempre più escluso dalla famiglia, la teme, non ha fiducia e proprio per questo si rifugia a casa del suo caro amico di scuola, il quale non sembra avere una situazione familiare tanto migliore. Poi, dopo l'ennesima malefatta (ruba una macchina da scrivere) viene spedito al riformatorio dove da li fuggirà per quella libertà che in qualche modo gli è sempre stata negata.
Una vera e propria poesia calata all'interno del periodo della "Nuovelle Vague", dove si ritrova una stile un po' poetico ed un po' narrativo del Fellini della "Dolce Vita" ed uno stile scarno, caratterizzato esclusivamente dalla macchina da presa "nuda e cruda" del Rossellini di "Paisà".
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ziogiafo
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domenica 28 settembre 2008
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un classico della "nouvelle vague"…
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ziogiafo - I quattrocento colpi, Francia 1959 - Uno dei film più rappresentativi di François Truffaut e della cosiddetta “Nouvelle Vague”, il nuovo stile cinematografico francese, che a partire dal 1959 si propone di catturare "lo splendore del vero" e di riportarlo nei film. Riprendendo con la macchina da presa tutto alla luce naturale del giorno, con attori poco noti, riducendo tutti gli artifici tecnici allo stretto necessario, in modo da avvicinarsi sempre di più alla realtà. François Truffaut è stato uno dei fondatori della Nouvelle Vague, insieme a Jean-Luc Godard ed altri importanti registi. Truffaut, grande estimatore di Roberto Rossellini, rappresenta in questa storia in parte autobiografica, la problematica esistenziale degli adolescenti e lo fa alla maniera del grande regista italiano.
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ziogiafo - I quattrocento colpi, Francia 1959 - Uno dei film più rappresentativi di François Truffaut e della cosiddetta “Nouvelle Vague”, il nuovo stile cinematografico francese, che a partire dal 1959 si propone di catturare "lo splendore del vero" e di riportarlo nei film. Riprendendo con la macchina da presa tutto alla luce naturale del giorno, con attori poco noti, riducendo tutti gli artifici tecnici allo stretto necessario, in modo da avvicinarsi sempre di più alla realtà. François Truffaut è stato uno dei fondatori della Nouvelle Vague, insieme a Jean-Luc Godard ed altri importanti registi. Truffaut, grande estimatore di Roberto Rossellini, rappresenta in questa storia in parte autobiografica, la problematica esistenziale degli adolescenti e lo fa alla maniera del grande regista italiano. Attraverso le vicissitudini del piccolo Antoine Doiniel (Jean Pierre Leaud), che ha un solo interesse nella vita quello di andare a cinema… Truffaut, descrive con una cadenza poetica la difficile vita dei ragazzi parigini, costretti a subire sin dalla prima infanzia le dure regole del riformatorio, che invece di riportarli sulla “retta via” ne aumenta il danno esistenziale. I volti, le espressioni, i discorsi di questi piccoli uomini dilaniati da una realtà che li opprime, sono alla base delle struggenti inquadrature che il regista ci offre con una delicatezza straordinaria, abbracciando l’intimità di queste figure fragili che si protendono verso un futuro incerto ma hanno tanta voglia di ribellarsi ad uno stato sociale che non li comprende. Questo stato d’animo, Truffaut lo racchiude meravigliosamente in una delle ultime sequenze del film, quando Antoine, in seguito all’apparente furto di una macchina da scrivere, finisce in riformatorio da cui scappa per correre verso il mare… un mare che tra l’altro non aveva mai visto. Il regista chiude “I quattrocento colpi” con uno storico “fermo immagine”, sulla suggestiva espressione di Antoine Doiniel che ormai è pronto ad affrontare senza timore quel futuro che prima gli faceva tanta paura, tutto in nome di una libertà conquistata grazie al suo spirito ribelle e alla sua grande voglia di vivere.
Un classico della "Nouvelle Vague"…
Cordialmente, ziogiafo
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massimiliano
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domenica 13 luglio 2008
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educazione
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film superbo, dove l'aspetto sociale è tanto importante quanto quello privato, personale. la violenza che si percepisce non è frutto del caso: per farla breve, questa pellicola è il più bell'inno contro l'educazione e quella società, intrinsecamente "fascista", che sia stato mai girato (oddio, è ancora attualissimo purtroppo).
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