Alessandro Cappabianca
Benché sembri, a prima vista, raccontare la storia dell’educazione impartita da un medico (Jean Itard) ad un ragazzo “selvaggio” (trovato in una foresta, dall’apparente età di dodici anni, sordo, muto, incapace di mantenere la posizione eretta, ecc. ecc.), L’enfant sauvage finisce con l’essere, soprattutto, una storia di educazione mancante: mancata quella di Itard, la cui sauvagerie culturale nessuno sforzo, nessun esercizio, nessuna prova, riescono a scalfire; e mancata quella di Victor, nonostante la “riuscita” degli esperimenti di Itard. [...]
di Alessandro Cappabianca, articolo completo (7661 caratteri spazi inclusi) su