Un film che distorce il confine tra realtà e finzione fino a renderlo impercettibile. Su Netflix.
di Lucrezia Ceglie, Vincitrice del Premio Scrivere di Cinema
Jeff Baena, da regista e sceneggiatore e Alison Brie da co-sceneggiatrice e attrice protagonista tessono la storia di Sarah, una giovane ragazza impiegata in un negozio di tessuti, che guarda serie TV sul soprannaturale ed è ossessionata dal dover proteggere il suo cavallo. È una storia fatta di allucinazioni, manie persecutorie e vuoti di memoria che alterano i piani temporali e spaziali, una storia che volutamente confonde lo spettatore inducendolo a revocare in dubbio ciò che vede e ha visto, dapprima, in modo graduale poi in modo sempre più rapido quasi schizofrenico come se la protagonista, la quale sprofonda nella sua psiche per non uscirne più, volesse trascinarci con sé in questa deriva.
Deriva che travolge i nessi vero/falso, verità/menzogna che strutturano le nostre categorie interpretative e che appaiono insufficienti, fin troppo schematici.
Possiamo appigliarci e dar fede ad una sola battuta della protagonista di questo Horse Girl, narratrice inattendibile e punto di vista distorto della storia, e cioè: “So bene che sembra folle ma sembra anche molto reale”. Frase che sottende un latente legame tra follia e realtà ma anche la possibilità che qualcosa di non reale possa essere percepito come reale.
Una dinamica, questa, simile a quella innescata dalle serie tv oggi radicate nelle nostre vite, nella nostra quotidianità. Siamo noi stessi, spesso, a radicarle fino a sovrapporle con la nostra vita, a porle a confronto con essa quasi inconsciamente, a eleggerle a termine di paragone ma è un confronto destinato a non reggere e non perché l’una sia migliore o peggiore dell’altra ma semplicemente perché è la finzione che dovrebbe trarre ispirazione dalla vita e non viceversa, mentre oggi sembra essere la vita a voler ispirarsi, a provare spasmodicamente ad ispirarsi alle serie tv con effetti talvolta deformanti. Siamo noi ad interpretare l’esistenza a partire dalle serie tv quando invece la realtà dovrebbe accompagnarci come una bussola nella comprensione di esse e ricordarci dell’alterità che la fiction costituisce rispetto a noi e alle nostre vite.